Capitolo 12
La notizia di quel fatto di cronaca violenta si diffuse in fretta e mentre facevo colazione, nonostante fosse mezzogiorno, non potevo non notare quanti pagine online di notiziari ne stessero parlando. Avevo provato ad ignorare io tutto ma era stato impossibile e quel senso di paranoia era ritornato prepotente.
I Vendicatori.
Molti puntavano a loro ma altri, le stesse istituzioni di difesa, non ci credevano. Era un modus operandi simile al loro ma non lo stesso, e loro, serial killer per crimini specifici, non si sarebbero allontanati da quella strada. Inoltre di loro non si sapeva nulla. Quello che facevano, lo facevano in luoghi isolati e ovviamente sempre diversi, così da non essere scoperti. Sarebbe stato assurdo rischiare tutto così. Di quell'uomo non si sapeva nulla, non si avevano nemmeno ipotesi che potesse essere un violentatore, perchè era questa la tipologia delle loro vittime.
Però, era sicuramente un episodio ambiguo. Molto. Era stata una violenza bruta che per forza di gioco veniva collegata solo a quelle cinque persone mascherate, non essendoci stati casi simili. L'uomo in questione non aveva rilasciato nessuna intervista in quanto ancora ricoverato, perciò ancora non si sapeva cosa fosse successo davvero. Tutto ciò che si diceva era che dei passanti avevano visto l'uomo strisciare fuori da questa radura dal ciglio della strada e avevano chiamato i soccorsi.
«Buongiorno.»
La voce gracchiante di Phoebe mi fece staccare gli occhi dal telefono.
Sorrisi. «È quasi l'una.»
Lei si grattò la testa e fece una smorfia. «Lo so. Ho la testa che mi scoppia.»
«C'è del caffè nella caffettiera, basta scaldarlo.»
«Grazie.»
Chiusi la pagina del notiziario e continuai la mia colazione.
«Allora.» Phoebe allungò le lettere mentre si sedeva al mio fianco con volto indagatore. «Se non ricordo male c'è stato qualcuno qui.»
Ridacchiai scuotendo la testa. «Non farti strane idee--»
«Pf.» Ruotò gli occhi. «Dici sempre così ma poi succedono queste cose.»
«Si è presentato qui da solo.» Dissi, raccogliendo un po' di yogurt col cucchiaino.
«Sa i codici?»
«Dopo l'Iniziazione mi ha portato lui qui, ricordi?»
«Che memoria.»
Già. Sospirai. «Be', era fatto. Non sa nemmeno lui perchè sia venuti qui. Non voleva tornare a casa e quindi abbiamo dormito insieme ma non c'è stato niente. Non ci siamo nemmeno sfiorati di notte.»
Avevo dormito malissimo perchè continuavo a svegliarmi per controllare di star tenendo delle distanze da lui. L'ultima volta che mi svegliai era attorno alle sei del mattino e lui era già sparito e anche tutte le sue cose erano sparite.
Socchiuse gli occhi. «Mh, quindi quel succhiotto di chi è?»
Cristo. Arrossii e lei rise per come mi grattai la guancia imbarazzata.
«Be', ieri io e Chen ci siamo baciato.»
«Chen? Il suo migliore amico? Wow, ragazza. Ti invidio. Ottime conquiste.»
«Non è stato niente.» Dissi. «Entrambi non eravamo in noi e quello che ho preso mi ha fatto fare pensieri strani.»
Tuttavia avrei voluto parlargli per chiarire fino in fondo questa storia.
Quel giorno ero fortunata perchè avevo solo una lezione al pomeriggio. Terminato di mangiare andai in camera per rivedere gli appunti e sistemarli.
Diversi minuti dopo ricevetti un messaggio che mi distrasse. Era di mia madre. Questo mi fece immediatamente irrigidire perché sapevo già cosa avrebbe scritto.
-Non perdo nemmeno
tempo a chiamarti.
Vorrei solo ricordarti
che hai dei genitori dall'altra
parte del paese che ti pagano l'università che hai scelto senza nemmeno considerarci.
Detto questo spero
vivamente che tu abbia
già provveduto all'acquisto
dei biglietti
per il Ringraziamento.
Mi stropicciai gli occhi sentendo le solite emozioni ribollirmi dentro. Mi tolsi il pensiero e risposi immediatamente.
-Si
-Bene. Vedo che ti ricordi ancora che hai una famiglia
Certo. Famiglia.
Scossi la testa e bloccai il telefono senza nemmeno rispondere.
Non capivo proprio come mia madre potesse vivere così. Far finta di non aver fatto le cose che aveva fatto. Era come se la maschera che indossava l'avesse completamente assorbita e l'avesse allontanata dalla realtà, ben diversa da ciò che lei voleva far credere a se stessa e agli altri.
Quando fu il momento di prepararmi persi almeno una decina di minuti davanti all'armadio aperto non sapendo cosa indossare. Era arrivato quel mese in cui la temperatura scendeva di molto ma si stava lo stesso bene al sole, se coperti; tuttavia potevano esserci quelle giornate completamente invernali. E quel giorno era esattamente così. Il cielo era di un fitto grigio con tanto di aria frizzante. Considerando che dovevo fare solo una lezione mi vestii comoda. Indossai un completo di tuta, sia pantalone che felpa, beige e sopra un cappotto lungo.
«Oggi state a casa?» Chiesi, vedendo Zara e Phoebe sul divano a guardare la televisione.
Zara era tornata da poco.
«Certo.» Rispose quest'ultima. «Dobbiamo assolutamente smaltire la sbornia.»
«Tu vai?» Parlò Phoebe.
Annuii. «Non mi piace studiare dagli appunti degli altri.»
«Che ragazza diligente.» Borbottò Phoebe, nascondendosi nella coperta.
«Vuoi seguire anche le nostre lezioni?» Scherzò Zara.
«Sono diligente ma non pazza. Addio!»
Appena uscii dalla portineria mi bloccai alla vista di Seth in mezzo al marciapiede. Rispetto alla sera prima si era decisamente ripreso nell'aspetto. Aveva nuovamente quell'espressione sfacciata che mi irritava al novanta percento delle volte.
«Che ci fai qui?» Chiesi, stringendo la borsa di tela con dentro l'occorrente per la lezione e avanzando lentamente.
Quella mattina se n'era andato senza nemmeno lasciarmi un messaggio. Non che avrebbe dovuto farlo però non mi aveva avvisata di nulla.
«So che hai lezione.»
«E come lo sai?»
«Ti accompagno.»
A quando pare si era svegliato bene. Aveva evitato una domanda e impartito una richiesta sotto forma di ordine.
Mi morsi il labbro evitando di ribattere perché non avrebbe avuto senso e, sospirando, iniziai a camminare con lui al mio fianco.
Nessuno parlò per un bel po' di minuti. Finché non spezzò lui il silenzio.
«Per sbaglio ho bruciato le mutande del tuo ex.»
«Cosa?» Mi bloccai di colpo. «Che diavolo--Perchè? Come?!»
Lui mi guardò brevemente con indifferenza. «Non ho fatto apposta.»
«E come diavolo puoi bruciare delle mutande per sbaglio, sentiamo?»
Lui ruotò gli occhi. «Te le ricompro.»
Scossi la testa incredula.
«O ti presto le mie.»
«No, grazie.» Schioccai e ripresi a camminare.
Incredibile. Era assurdo.
Seth fu presto al mio fianco. Il suo braccio sinistro sfiorò il mio destro e lo guardai. Sapevo non fosse stato uno sfioramento casuale.
«So di chi è quel succhiotto.» Tossì, guardando avanti.
Avvampai. «Oh. Um--te l'ha detto?»
«Solo perché pensava lo sapessi già.»
«Si be'...» Mi schiarii la voce e guardai la strada con un leggero imbarazzo. «Vorrei parlargli.»
«Perchè?» Sentii il suo sguardo addosso.
«Perchè non voglio che ci siano incomprensioni o situazioni imbarazzanti.» Buttai fuori. «È stato solo un momento così. Non ero lucida.»
«Quindi non ti piace?»
Gli lanciai uno perplessa. «Perchè lo chiedi?»
«Magari l'hai baciato perché ti interessa.»
Qualcosa mi spingeva a non credergli. E decisi di stuzzicare quel tasto che sembrava infastidirlo.
«È un bel ragazzo.»
Mi guardò con la coda dell'occhio.
Sogghignai. «E ha un bel fisico.»
«Il mio è più bello.»
Iniziai a vedere il mio edificio da camminando nel campus. Sembrava che Halloween avesse tramortito mezzo campus, non c'erano in giro molti studenti.
Alzai le spalle. «Non ha niente da invidiare a nessuno.»
«Quindi ti piace.» Sembrava seccato.
«Anche se fosse non sarebbero affari tuoi.»
Inspirò a fondo al mio fianco. «Comunque, a Chen non interessi.»
«Wow.» Schioccai. «Gentile.»
«Lo dico solo perché tu lo sappia e non perda tempo con lui.»
«Che pensiero altruista.»
Arrivai davanti alle scalinate del mio edificio, feci un paio di gradini e mi fermai, girandomi di scatto. Lui era rimasto in basso, le mani nelle tasche e lo sguardo impenetrabile.
«Mi dispiace ancora per ieri.» Dissi. «Quello che ho pensato di te è stato sbagliato e non avrei dovuto.»
Si pizzicò il naso, guardando rapidamente altrove. «È tutto okay.»
«No, non è tutto okay. Ho sbagliato.» Mi tirai una ciocca dietro l'orecchio dal nervoso. «Non è bello quando ti puntano il dito contro per un qualcosa che non hai fatto e io ti ho incolpato di un fatto grave--»
«Ho detto che è okay, Blake.» Replicò, quasi seccato. Alzò le spalle. «Non sono arrabbiato. Non me la sono presa. Non pensarci.»
Perchè non si era offesa? Io l'avrei fatto se fossi stata al suo posto. Tuttavia, mi limitai ad annuire.
«Però, devo chiederti una cosa.» Disse poco dopo, salendo di un gradino.
Ora mi superava di nuovo.
«Si?»
I suoi occhi color pece mi scavarono a fondo. «Hai detto che quella notizia ti ha dato alla testa. Perchè?»
Il mio cuore prese a battere più veloce. Abbassai lo sguardo con nervoso. «Oh, b-be', è stato insolito, no?» Lo guardai, deglutendo. «Proprio la sera prima ero in quella zona e poi si, insomma, quello che gli è stato fatto è molto...crudo.»
Sollevò leggermente le sopracciglia. «Anche tu pensi siano stati loro? Com'è che li chiamano...i Vendicatori?»
Il modo in cui pronunciò il loro nome mi fece rabbrividire. Con quel solito mezzo sorrisetto, quasi divertito. Beffeggiando quell'idea. Come se fosse assurda.
«Spero di no.» Buttai fuori senza nemmeno rendermene conto.
Il divertimento si perse di colpo e strinse gli occhi. «Perchè? Hai paura di loro?»
Approfittai di un gruppo di ragazze che salirono le scale per girarmi e notare che molti altri stavano entrando.
«La mia lezione sta per iniziare, Seth.» Tossii e salii un altro gradino di spalle. «Grazie per avermi accompagnata. Ci vediamo.»
Lui accennò un sorriso di plastica. «Certo.»
Ricambiai a fatica e mi voltai. Il cuore palpitava ancora incessante. Quando entrai in aula mi obbligai a smetterla di pensarci. Incrociai lo sguardo di Ryan in prima fila e mi avviai verso di lui.
«Ehi.» Salutò. «Sembra tu abbia visto un fantasma. Stai bene?»
«Si, certo.» Finsi un sorriso. «Sto alla grande.»
Stavo talmente alla grande che per tutta l'ora non riuscii a smettere di far rimbalzare il piede dall'agitazione e persi talmente tanti punti di spiegazione che ero costretta a riascoltare tutta la registrazione una volta che sarei tornata a casa.
Δ
Boston.
Nonostante fossi nata lì per molte cose che erano successe era sempre una città da cui volevo allontanarmi, tuttavia, non potevo negare che ci fossero bellezza oggettive della città che mi erano mancate.
Una di queste era Courtyard Tea Room alla Boston Public Library. Era quasi una tradizione per chi era di Boston venire a prendere un classico tè pomeridiano proprio qui. Mi piaceva molto l'ambiente rilassante accompagnato da una musica classica e i dolcetti che venivano offerti insieme alla famosa bevanda calda.
Mi sarebbe piaciuto godermi un pomeriggio come questo con Winter ma i miei piani non prevedevano la sua compagnia, piuttosto quella di mia madre che voleva di fronte a tutte queste persone fingere il suo amore e interesse per la propria figlia.
«Mi stai ascoltando, Nyxlie?»
Spostai lo sguardo dalla finestra della sala a mia madre.
«No, mamma.» Dissi piano. «Non ti sto ascoltando mentre mi fai notare quanto le figlie delle tue amiche ti soddisfano più di me.»
«Questo perché ti sei comportata da ingrata nei nostri confronti.» Sputò, non accennando a perdere l'eleganza che aveva imparato ad acquistare in quegli anni. Mescolò il suo tè con la schiena dritta e i gomiti vicino al corpo. Passò una cameriera e lei finse un sorriso raffinato prima di tornare alla ribalta. «Un assurdo e insensato capriccio, figlia mia. La Columbia è un college prestigioso, Nyxlie, e tu l'hai buttato via così. Sei proprio una sciocca. E tuo padre...era cosi orgoglioso di avere la propria figlia a seguire le sue orme.»
«E non sto continuando a farlo?» Commentai seccata.
«Si.» Mi guardò traverso. «In un college senza riconoscimenti dall'altra parte dello stato.»
«Berkeley è un college importante.»
Lei fece una smorfia contrariata e si portò la tazzina decorata floreale alle labbra sottili tinte di rosso fuoco.
Era assurda.
Ero arrivata quella mattina all'aeroporto di Boston. Ovviamente i miei genitori non si erano preoccupati di venire a prendermi e dopo un lungo viaggio in taxi ero finalmente arrivata a casa, nell'area di Jamaica Pond. A casa non c'era nessuno e così avevo approfittato del silenzio e della solitudine per buttarmi in vasca e stare in ammollo per un po'. Quando avevo sentito la porta di casa sbattere, forse un'ora dopo, ero uscita in fretta. Mia madre aveva aperto la porta della mia stanza senza nemmeno bussare mentre stavo cercando dei vestiti.
"Andiamo a prendere un tè." Aveva esordito guardando il suo telefono, senza nemmeno salutare. "Ci saranno anche Cordelia Williams e Andreea Cox, devono vedere che tra di noi non ci sono problemi. Indossa qualcosa di elegante."
Adoravo il tè della Courtyard Tea Room. Odiavo essere con mia madre. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che tartassarmi di informazioni sulle figlie delle sue amiche. Qualcuna di loro aveva addirittura ricevuto un anello di fidanzamento. Dobbiamo farti uscire con William, aveva aggiunto, prima però dovresti coprire quell'orrendo succhiotto che hai. Dio, non voglio nemmeno sapere come te lo sei procurata.
A quel commento avevo ruotato gli occhi ma avevo portato in avanti i capelli. La mia pelle era molto sensibile e ci stava mettendo una vita a sparire.
«Dovresti darti una sistemata ai capelli per domani.» Disse, osservando la mia testa.
«Sono come sempre.»
«Appunto.» Sospirò. «Fanno pena.»
Affondai le unghie nei palmi e mi tenni la bocca occupata mordendo con forza un biscotto.
«E ovviamente ci saranno anche i Fletcher.»
Il mio corpo si irrigidii e non potei che affilare la voce. «Perchè dobbiamo fare sempre tutto insieme?»
«È il socio di tuo padre, Nyxlie.» Disse sprezzante. «E anche il suo migliore amico. È sempre stato così.»
Infatti. Era sempre stato così e lo avevo sempre odiato. Ogni domenica, ogni festività--sempre con loro. Di colpo il mio stomaco si era chiuso ed allontanai il piattino con i biscotti che erano rimasti.
«Ormai siamo come una famiglia.» Continuò. «E quando sposerai William--»
A quel punto mi alzai. La sedia stridette in quel silenzio con solo il sottofondo dei chiacchiericci dei presenti. Mi sentii improvvisamente osservata e mia madre mi lanciò un'occhiataccia.
«Cosa pensi di fare?» Sibilò, guardandosi attorno e regalando finti sorrisi di scuse.
«Me ne vado.» Indossai il cappotto e recuperai la borsetta.
Avrei dovuto immaginarlo che sarebbe andata a finire così. Per due mesi non aveva potuto stressarmi con queste cose e non poteva aspettare un solo giorno per riprendere la tortura. Senza nemmeno incrociare i suoi occhi glaciali me ne andai con le mani infilate nelle tasche e il passo spedito. Forse quella sera era meglio se fossi andata da Winter.
Stavo scendendo una delle grandi scalinate della biblioteca storica quando sentii degli inconfondibili tacchi echeggiare nell'aria e la voce di mia madre che mi ordinava di fermarmi.
«Nyxlie!»
Mi fermai di colpo sull'ampio pianerottolo in marmo e mi voltai. Qualcuno stava salendo le scale e ci lanciò delle occhiate incuriosite.
«Sei la solita bambina viziata.» Sputò una volta che fu di fronte a me. «Si può sapere qual è il problema?»
«I Fletcher sono un problema.» Scattai. «Tu e la tua stupida ossessione nel farmi sposare con William, è un problema.»
Ruotò gli occhi. «William è un eccellente ragazzo. Chi vorresti sposare, sentiamo? Uno scappato di casa.» Rise come se fosse un'assurdità. «Inoltre sai quanto è importante per l'azienda.»
«Per voi non sono altro che una merce di scambio.» Sentii gli occhi pizzicare e strinsi i denti. «Volete giocare alla famigliola perfetta e felice ma fate schifo come genitori.»
Il suo volto di oscurò e alzò il mento con aria severa. «Non ti permettere. Noi abbiamo fatto di tutto per te, per questa famiglia.»
«Non avete fatto nulla.» Scossi la testa con rabbia. «L'unica cosa che avete fatto è stata quella di abbandonare vostro figlio e--»
Non vidi la sua mano partire e raggiungere la mia guancia. Non la vidi. Ma la sentii. Lo schiaffo risuonò sottile nell'aria e lei si impettì, osservandomi come se non fossi altro che un insulso insetto. «Non nominarlo più.»
Sbattei le palpebre e ricacciai dentro le lacrime. Quello schiaffo non aveva fatto male, fece male il motivo. Per zittirmi di fronte alla verità. Come sempre.
«Prima o poi uscirà la verità e non vedrò l'ora di vedervi crollare.»
Accennò una smorfia di astio. «Tu fai parte della famiglia. Crolleresti anche tu.»
«Se il motivo è la verità, sarò felice di farlo.»
Winter mi aveva salvata.
Come sempre.
L'avevo chiamata con la voce che ancora mi tremava dalla rabbia e dalle lacrime di nervoso che stavo trattenendo, mi disse che quella sera sarebbe rimasta a New York e di raggiungerla per andare a fare serata con lei.
Lo feci.
Presi il primo treno disponibile e passai tre ore a fissare il finestrino e ad ascoltare la musica per distrarmi.
Viveva nel dormitorio della Columbia ma era da sola perciò non avrei creato problemi a nessuno.
"Tua madre è una vera stronza. Di prima categoria." Aveva detto mentre mi abbracciava. "Questa sera usciamo e ti dimenticherai di questa giornata." Aveva aggiunto dopo con un sorrisetto.
Ci preparammo lì e fu divertente fare la doccia in un bagno comune e ricevere occhiate perplessa dalle ragazze. Probabilmente mi avevano capito che non fossi di quel college. Tuttavia nessuno di loro disse niente.
I vestiti me li prestò Winter perché io non avevo niente con me, se non la mia borsa.
Io e lei avevamo più o meno le stesse misure, avevo leggermente più forme rispetto a lei ma niente che non potesse farmi entrare nei suoi vestiti. Però, i vestiti della mia amica erano molto succinti e io non ero abituata ad essere così tanto appariscente.
Era un mini abito argentato, tutto luccicante. Aveva delle spallini sottili e lo scollo a V morbido e anche profondo. La schiena era completamente scoperta e il tessuto cadeva arricciandosi proprio sul fondoschiena, inoltre aveva uno spacco sulla coscia che arrivava fianco. Un movimento di troppo e si sarebbe visto tutto. Per fortuna che avevo il mio cappotto lungo e pesante altrimenti sarei morta di freddo.
«Oddio mi sei mancata così tanto.» Disse appena uscimmo dalla metropolitana.
Era tarda sera ormai. Avevamo mangiato al dormitorio e dopo esserci preparate eravamo uscite.
«Non è lo stesso stare qui senza di te.» Si avvinghiò il mio braccio.
Sorrisi guardandola. «Anche tu mi sei mancata. Mi sento a casa ora.»
Il locale in questione era chiamato Angels. La scritta a neon illuminava il cunicolo freddo. C'era parecchia fila all'esterno ma Winter aveva delle conoscenze ed entrammo prima di altri facendo lamentare quelli in coda.
Non ero mai venuta qui e questo perché poche volte andavo effettivamente in locali di questo tipo. Era molto esclusivo e la mia amica aveva conosciuto qualcuno che ci lavorava, non mi aveva detto chi o come. La prima sala in cui ci trovammo era ampia, era divisa in zone per i vari divanetti e ciò che attirava molto l'attenzione era il soffitto coperto di specchi e le palle da discoteca che riflettevano la luce ovunque. Winter mi spiegò che al piano di sopra si giocava d'azzardo e le scale erano controllate da due bodyguard grossi e dallo sguardo di pietra. Mi piaceva giocare a poker. Mio padre organizzava spesso viaggi di lavoro a Las Vegas e anche se non avevo mai avuto l'età per giocare, avevo avuto modo di imparare ed ero piuttosto brava. Tuttavia non mi sarei mai messa a giocare quella sera, in quel posto.
«A quanto pare i proprietari sono qui questa sera.» Urlò Winter per sovrastare la musica.
«Ed è una novità?»
Ci appoggiammo al lungo bancone. L'area alcool era al centro del locale.
«Non sempre ci sono.» Spiegò. «Anzi, da quello che mi ha detto Greg quasi mai.»
Non lo reputavo così strano.
«Sono giovani.» Continuò. «Pochi sanno chi sono.»
Questo era già più strano.
Winter ordinò due drink, uno per me e l'altro per lei. Il suo conoscente, Greg, era qui con altri suoi amici. Mi disse che avevano ordinato un tavolo e se volessimo raggiungerli. Mi sembrava brutto non farlo dato che era grazie a lui se avevamo evitato tutta quella fila, perciò accettai.
Dopo l'arrivo dei nostri drink, ci incamminammo tra la folla per raggiungere il privé in cui erano loro. Winter disse il nome ad un grosso omone con una lista in mano e poi ci fece entrare.
Qui tutti stavano per lo più seduti, o affacciati al balconcino che dava sulla sala colma di persone. Il mio cappotto stava diventando d'intralcio perché faceva caldo qui ma c'erano davvero molti ragazzi in quest'area e mi sentivo un po' in soggezione.
«Greg!» Esclamò Winter.
Un ragazzo di spalle davanti ad un divanetto bianco si voltò. Il ragazzo era carino. Capelli biondo cenere e corti e occhi chiari, probabilmente era uno che faceva palestra o comunque qualche sport.
«Ehi. Ce l'hai fatta.» Sogghignò lui avvinghiando un braccio dietro alla schiena della mia amica.
«Ci siamo fermate a prendere da bere.» Disse e poi si girò verso di me. «Lei è Nyxlie, la mia migliore amica.»
Lui sorrise e si sporse per salutarmi con due baci sulla guancia. Lo feci un po' forzata. Odiavo il contatto con persone sconosciute, preferivo di gran lunga una stretta di mano.
«Nyxlie Blake, giusto?» Disse.
Annuii con un mezzo sorriso. «Giusto.»
«Nyx, vieni lasciami qui le giacche.» Winter mi afferrò il braccio.
I divanetti erano due, uno era contro al muro e tra il muro e il divanetto c'era un'asse di legno in cui c'erano tutte le altre giacche. Lasciai lì la mia ma mi tenni la borsetta in spalla. Ero consapevole di essere molto scoperta, ma cercai di scolarmi velocemente quel drink per avere la mente più vuota e non pensarci.
Con Greg andammo verso il balconcino. Lui e Winter si misero a chiacchierare, lei iniziò a tastargli molto le braccia e il petto e sapevo come sarebbe finita quella serata. Io mi limitai a sorseggiare il mio drink e a far vagare gli occhi attorno all'ambiente.
Il mio occhio catturò un gruppo di persone, sembravano ragazzi, che senza nemmeno aver comunicato con i due bodyguard davanti a quelle scale dal tappeto rosso bordeaux, salirono senza problemi. Due indossavano un cappuccio. Mi sembrò qualcosa di insolito ma non riuscii a seguire i loro movimenti perché Winter mi distrasse.
«Ehi. Andiamo a ballare?»
«Si, andiamo.»
I drink li avevamo finiti così scendemmo a mani vuote. Winter mi trascinò nella folla facendo ondeggiare le nostre braccia mentre cantava le parole della canzone che conoscevamo entrambe. Allacciai le braccia dietro al suo collo e ballammo insieme, muovendo a ritmo i nostri bacini. Le mani della mia amica tenevano i lembi del mio vestitino facendomi ridere.
Stare con lei era l'unico modo che avevo per non impazzire. Stare a casa era sempre stato un problema e sapevo che tornando avrei assorbito tutto lo stress che emanavano i miei genitori, mia madre soprattutto, per cui avevo bisogno di un po' di svago prima di sopportare la giornata che sarebbe arrivata presto.
Qualche ragazzo provò ad approcciarci ma Winter li cacciò via da vera guardia del corpo professionista.
Trascorse un po' di tempo prima che arrivò Greg e richiese un ballo con la mia amica.
«Io vado in bagno!» L'avvisai al suo orecchio.
«Ti accompagno.»
«No.» La bloccai. «Stai con lui.» Ammicai.
Lei ruotò gli occhi divertita e poi mi puntò un dito contro. «Se non torni tra dieci minuti ti vengo a cercare.»
«Ricevuto.»
Stringendo la mia borsetta al fianco, mi trascinai fuori da quella folla quasi soffocante. Non dovevo davvero andare in bagno ma volevo lasciarli soli.
Mi passai una mano tra i capelli notai in fondo al corridoio libero dalla massa proprio quelle scale rosse. Ero davvero curiosa di vedere quel pieno però non sapevo come passare, sicuramente bisognava avere qualche nome o addirittura una parola in codice. Continuai ad avanzare perchè la freccia dei bagni era proprio vicino a quelle scale, magari avrei fatto comunque un giro lì per rinfrescarmi o per capire come distrarre i due uomini.
Quando fui più vicina noi anche che avessero degli auricolari. I loro occhi scannerizzavano la sala con autorità. Poco dopo arrivò una coppia, un ragazzo e una ragazza, vestiti eleganti. Lui disse qualcosa all'uomo di destra e senza dire nulla si spostò per farli passare. Ovviamente a causa di quella musica non sentii nulla.
Mi arresi all'idea di salire quelle scale e andai in bagno. Il pavimento del bagno non era il massimo della pulizia e cercai di non scivolare. Mi misi davanti ad un lavandino e mi specchiai. Il trucco che avevo fatto non era andato via, per fortuna, mai capelli si erano leggermente gonfiati e si erano create quelle onde naturali che avevo piastrato prima di uscire. Sbuffai e mi passai la mano tra i capelli per pettinarli con le dita.
Quando uscii dal bagno sollevai lo sguardo e vidi quattro ragazzi scendere dalle scale. Sembravano gli stessi che avevo visto prima dal balconcino. Camminai piano perchè due continuavano ad avere un cappuccio in testa e uno dei due anche un lungo cappotto nero con una sciarpa. Non si vedeva il volto ma si muovevano come se fossero importanti.
Magari erano i proprietari.
Ero in linea con la fine delle scale e quello col cappotto lungo girò la testa verso di me. A causa dell'atmosfera buia e delle luci che andavano e venivano non vidi molto del viso, già nascosto di per sé, ma anche se non riconobbi gli occhi sentii un brivido percorrermi le ossa, perchè avevo comunque incrociato il suo sguardo. Quel contatto durò pochissimo perchè una volta sceso l'ultimo gradino i quattro si persero nella folla.
Tornai da Winter.
«Ehi, Greg dice se vogliamo andare con loro ad un evento.» Disse, mentre salivamo le scale che ci avrebbero portato all'area privé
«Un evento?» Aggrottai la fronte.
«Si. Tipo un incontro.»
«Di cosa?»
«Boxe, penso. Lo fanno nella vecchia area nord.»
Quell'area era completamente abbandonata. C'erano gli scheletri di vecchi edifici abbandonati e mai ristrutturati.
«Sai che non mi piacciono queste cose, Terry.» Sbuffai. «Tu vuoi andarci?»
Lei scrollò le spalle. «Solo per poco, dai. Magari vinciamo un bel gruzzolo.»
Mi accigliai. «Non scommetterò su persone che si pestano, e non dovresti farlo nemmeno tu.»
Lei si strinse nelle spalle e poi recuperò la sua giacca. «Ti metto la mano davanti agli occhi se diventa troppo violento.»
«Ah ah, simpatica.»
Sorrise e mi diede un buffetto sul naso. «Ti adoro.»
«Si si.»
Uscimmo da quella discoteca dopo due ore che eravamo dentro. Era già notte e il freddo si faceva sentire. Eravamo venute con i mezzi ma ora essendoci aggregati al gruppo di Greg, il quale aveva anche delle ragazze che però non si avvicinarono per presentarsi, eravamo con le loro auto. Mi faceva sempre strano dover 'sfruttare' questi passaggi perchè non conoscevo le persone e se avessi avuto voglia di tornare indietro, dovevo dipendere sempre da loro. Soprattutto adesso che stavamo andando dall'altra parte della città. E fuori dalla città.
Io e Winter salimmo nella macchina di Greg insieme ad un suo amico, Mark. Per fortuna la mia amica si mise nei sedili posteriori con me e non mi lasciò con l'amico.
Durante il viaggio scoprii da Greg e il suo amico che erano solito tenersi questi eventi in quella zona e loro avevano partecipato come spettatori diverse volte. Era una specie di torneo illegale, con tanto di scambio di soldi.
«Questa sera dicono ritorni Bulldog.»
«Chi è?» Chiese Winter al mio posto.
«Non si sa.» Disse Mark. «Ha il volto sempre coperto ma è il migliore.»
Ottimo. Di questi tempi avevano tutti una passione per le maschere.
Si parcheggiò in un ampio stradone deserto. Appena scendemmo, udii subito un gran vociare e del fuoco proveniente da vecchi cassonetti dell'immondizia. C'era anche della musica ad alto volume.
Winter mi prese a braccetto e col gruppo ci avviammo verso la folla di persone.
«Ehi, bellezze! Volete scommettere?» Si avvicinò un ragazzo dal nulla.
Winter declinò con un sorriso accennato e lui se ne andò facendo la stessa domanda a quelle dietro.
«Dieci minuti all'incontro!» Sentii urlare da qualcuno.
La folla era tutta attorno ad un ring improvvisato.
Il ring era semplicemente all'interno del cerchio di persone che si era creato, infatti per poter vedere qualcosa, ci spingemmo con gomitate tra la massa di gente gasata per l'incontro finché non arrivammo quasi in prima fila.
C'era già un ragazzo al centro del cerchio. Faceva paura. Oltre ai tatuaggi anche sul volto aveva delle cicatrici da taglio sulle braccia.
«Non ha freddo?» Domandai stupidamente alla mia amica.
Indossava solo dei jeans e delle fasce sulle mani. Nient'altro.
«Probabilmente è sotto qualche stupefacente.»
Pure.
Inspirai e nascosi il mento del cappotto. Faceva un freddo cane ma almeno essere circondata da tutte quelle persone mi proteggeva dal freddo invernale di New York.
Qualcuno arrivò al centro del ring con un megafono.
«Eccoci finalmente!» Il ragazzo aveva un stravante rosso di capelli. «È finalmente arrivata la serata che tutti stavamo aspettando, cazzo! Il super incontro tra il campione dei campioni, Bulldog--»
La folla cominciò ad abbaiare per simulare il verso del cane.
«E lo sfidante che quest'anno non ha ancora perso un incontro, Il Tritaossa!»
Bulldog. Tritaossa...ma che razza di nomi erano?
In pochi lo incoraggiarono ma lui fece un grosso medio a tutti.
Simpatico.
La folla chiamò a gran voce Bulldog e il ragazzo ci fece accendere diversi secondi prima di chiamarlo.
Si aprì un corridoio e poi apparve nel cerchio un ragazzo con un passamontagna in testa. Un passamontagna in testa, solo la fessura degli occhi e delle labbra era ritagliata. Al contrario dell'avversario lui indossava una tuta scura. Non era stupido lui. Però, non aveva nemmeno delle fasce attorno alle mani che sembravano tatuate. Stavo provando ad analizzare quei disegni quando venni spinta da quelli dietro e mi girai uno sguardo seccato. Ovviamente nessuno fece caso alla mia occhiatacce e tornai al cerchio. Winter era sempre al mio fianco e aveva iniziato a fischiare anche lei.
Bulldog si prese gli applausi senza rivolgere nessun cenno di ringraziamento, fissava il suo avversario che aveva iniziato a scrocchiarsi il collo e mani.
«Spero che abbiate scommesso bene, cazzoni!» Disse il presentatore di quell'incontro assurdo. «Che lo show abbia inizio!»
Indietreggiò e la folla si fece un po' indietro, quasi inciampai nel farlo, per lasciare più spazio ai due che si stavano studiando attentamente.
L'avversario di Bulldog non perse tempo e attaccò subito un feroce verso di rabbia. Lui però schivò il colpo con un'agilità che sorprese. Tritaossa si innervosì e strinse i denti e caricò nuovamente un pugno che venne bloccato con fermezza e velocità da Bulldog. In contrattacco, gli assestò un pugno al fianco e subito dopo lo colpì al volto.
Sussultai per la violenza di quei colpi. Non riuscii a non sentire il mio cuore battere più veloce con lo stomaco chiuso. Dovevano fare male.
La folla incitava il campione in carica ad ogni suo movimento.
Era effettivamente più in gamba dell'altro. Era svelto. Si muoveva come se sapesse già che mossa avrebbe fatto l'altro e questo gli permetteva di anticiparlo e contrattaccare con più astuzia.
I due giocarono al gatto al topo per un bel po'. Bulldog venne colpito in faccia un paio di volte ed entrambe le volte mi sentii male per lui. Non vedevo il suo fisico ma quel Tritaossa era davvero grosso, anche se era in vantaggio, un suo pugno poteva davvero spaccarti la faccia.
Winter urlava nel mio orecchio così come tutti i presenti. Si incitava ad andare avanti e io ero l'unica che non stava urlando. Odiavo davvero tanto la violenza. Era inutile. Soprattutto questa.
Tritaossa provò a colpire Bulldog ma con insuccesso perché di nuovo il suo tiro andò a vuoto e, con un movimento rapido, la tua testa venne ingabbiata in una morsa quasi letale dell'avversario con le braccia. Erano alti uguali e non aveva trovato difficoltà in quella mossa.
In quell'istante. In quel preciso istante. I due erano rivolti verso il mio raggio e non potei non portare il mio sguardo in quelle due fessure.
Quando lo feci, però, sentii un brivido di stupore e shock percorrermi la schiena.
Quegli occhi mi sembrava di conoscerli.
Tritaossa tirò una forte gomitata nello stomaco di Bulldog che gli fece perdere la presa dal suo collo.
Il mio cervello però aveva smesso di stare attenta a quello che stava succedendo lì e pensai a quello che avevo appena visto.
Non poteva essere vero.
Però, perché no?
Bulldog sembrò stancarsi dopo aver ricevuto l'ennesimo colpo e iniziò ad ricambiare. Con diversi pugni secchi, uno dei quasi gli fece sputare sangue, riuscì a metterlo in ginocchio e gli assestò un calciò allo stomaco che lo fece rannicchiare a terra.
Risucchiai un sospiro di terrore perché la faccia dell'avversario era gonfia e piena di sangue.
Si mise sopra di lui e iniziò a colpirlo ancora. E ancora. La folla andò in delirio. Tritaossa sembrava essersi arreso e non reagiva nemmeno più. La sua testa andava a destra e sinistra, in base ai colpi ricevuti e il mio stomaco voleva rimettere quello che aveva ingerito in quelle ore. Era tutto così sbagliato. Poco dopo Bulldog si alzò, il petto che si alzava e abbassava sotto quella felpa. Aveva le nocche sporche di sangue. Restò in piedi a fissare dall'alto il suo avversario che grazie al cielo sembrava respirasse ancora.
«E uno...due...e tre!» Urlò al megafono il ragazzo di prima. «E vince ancora BullfottutoDog!» Gli prese il braccio e lo sollevò di fronte a tutti noi.
Qualcuno andò a recuperare Tritaossa che sembrava aver perso i sensi. Il vincitore invece si prese gli applausi facendo scorrere gli occhi su di noi.
Finché non si fermò su di me.
E quella seconda volta non potei non avere la certezza delle mie ipotesi.
Quello era Seth.
Qualcosa dentro di me graffiò. Urlò. Fece male.
Perché?
Ricevetti delle spinte che non riuscirono a farmi distogliere lo sguardo da lui, ma lui lo fece con me.
Mi sentii soffocare ed ebbi il bisogno di uscire da quella massa. Mi voltai e ignorai i richiami della mia amica. Mi feci spazio tra i corpi principalmente maschili e appena fui fuori respirai a fondo.
Non conoscevo Seth. Le cose che sapevo di lui erano davvero minime ma non credevo che l'avrei incontrato in certe circostanze. In queste circostanze.
Mi guardai attorno finché non vidi alla mia destra Bulldog allontanarsi con altre persone.
Non sapevo dove trovai il coraggio di far muovere le mie gambe verso di loro. Non sapevo nemmeno il perché lo feci. Non doveva darmi spiegazioni. Non eravamo nulla.
Ma io continuai a seguirli finché non mi fermai e rimasi a debita distanza mentre li osservavo.
Ero nel bel mezzo di quell'ampia strada senza un lampione. C'era un grosso furgoncino nero con la porta laterale aperta, degli uomini erano davanti ad essa. Quando videro il gruppo avvicinarsi a loro rizzarono le schiene.
Quello che scommettevo fosse Seth avanzò e lo vidi allungare una mano per recuperare qualcosa, sembrava una mazzetta di soldi. Ricevette una pacca sulla spalla dall'uomo che gliela diede.
Uno del gruppo di Seth si girò, indossava un cappuccio sulla testa per cui non riuscii a scorgere il suo volto ma ero sicura che stesse guardando me. Le mie gambe tremarono e feci un passo indietro, deglutendo.
Lo stesso si voltò e disse qualcosa a Seth, di colpo girò la testa verso di me coperta e a quel punto mi rigirai.
Cosa diavolo volevo fare?
Iniziai a camminare per tornare dove ancora c'era la folla e raggiunsi Winter la quale appena mi vide spalancò le braccia.
«Dove diavolo eri finita?!»
«Io...niente.»
Scosse la testa e mi afferrò il braccio. «Torniamo al dormitorio, va bene?»
«Si.»
Da quel momento in poi non dissi più nulla.
Il brivido che aveva percorso il mio corpo quando avevo incrociato gli occhi di quel ragazzo all'Angels e di Bulldog, cioè Seth, era lo stesso.
Seth era stato anche lì? Era lui?
Sinceramente non avevo idea di quello che avrebbe fatto per i giorni del Ringraziamento. Lui era di New York quindi, per quanto assurdo potesse sembrare, poteva davvero essere lui.
Mi venne mal di testa e, una volta tornate nella stanza del dormitorio di Winter, le chiesi se avesse una pastiglia per farmelo passare.
«Da quanto tempo ci sono questi...incontri?» Chiesi mentre mi pettinavo i capelli.
Entrambi ci stavamo preparando per andare a dormire. Aveva solo un letto ma eravamo abituate a dormire nello stesso.
«Suppongo da un po'.» Disse. «Credo che ci siano sempre stati, sai. La gente fa molte cose quando ha bisogno di soldi.»
«Esistono i lavori normali.» Replicai.
«Ma non tutti sono così intelligenti.»
E chi andava a vedere queste cose era più o meno intelligente di loro?
Scossi la testa provando ad eliminare quel pensiero e poi aspettai che Winter si mettesse a letto a la raggiunsi.
«Non tirarmi i calci, Nyxlie.»
Ruotai gli occhi. «Non tiro i calci ma tu vedi di non russare.»
«Ehi! Io non russo.»
«Russi.»
«Stronza.»
Ridacchiai e la guardai. «Domani sarà una giornata orrenda.»
Il suo volto si ammorbidì. «Se potessi stare con te lo farei.»
«Lo so.»
Mi abbracciò e mi lasciai scaldare da quell'abbraccio. Senza di lei non avrei saputo davvero come fare. Era la mia roccia.
Mi sistemai sul fianco e chiusi gli occhi. Le immagini di quella serata apparvero come un rapido film. Riprovai le sensazioni di confusione e il nodo allo stomaco si strinse. Winter non sapeva nulla e non glielo avrei detto per non farla preoccupare ma io sicura di quello che avevo visto.
Era passata quasi mezz'ora e il respiro regolare e pesante della mia amica alle mie spalle mi fece capire che ormai fosse nel mondo dei sogni.
Io invece non riuscivo a prendere sonno.
Da dietro le palpebre abbassate percepii un fascio di luce e aprii gli occhi. Il mio telefono sul comodino si spense proprio in quel momento.
Lo afferrai per sapere chi mi stesse cercando in piena notte.
Il nome mi bloccò il respiro. Mi misi a sedere mentre sbloccavo il telefono.
Entrai nella sua chat e lanciai un'occhiata a Winter. Continuava a dormire beatamente. Quando tornai al mio schermo lessi il messaggio.
-Esci
Aggrottai la fronte e deglutii. Non avrei dovuto rispondergli. Ma mentre il mio cervello provava ad imporre questo ordine, le mie dita stavano già scrivendo.
-Cosa?
La risposta non tardò ad arrivare.
-Esci dalla camera
Risucchiai un respiro e voltai la testa verso la porta.
No. No, non era possibile.
Il mio cuore martellò con insistenza nel mio petto.
Pochi secondi dopo sentii due tocchi leggeri alla porta e apparve un nuovo messaggio.
-Dobbiamo parlare
Venni travolta da una rabbia e un'improvvisa confusione. Mi dimenticai di star indossando solo delle misere mutandine e una canotta di seta e andai alla porta, sperando che Winter restasse nel suo profondo sonno.
La mia mano restò ferma attorno alla maniglia per diversi secondi, poi, l'abbassai e contro la parete del corridoio di fronte alla porta trovai proprio lui.
Seth.
S/A.
Ehi, Peaches🤭😏Come state?❤️
Probabilmente non vi sareste aspettate un finale del genere ma questo non è niente in confronto al prossimo capitolo 😎
Forse ne vedremo di belle🔥🌶 o forse no😇
Seth è un tipo particolare, come ben sappiamo. E ancora non lo abbiamo visto davvero nel suo ✨️hobby✨️ preferito.
Lasciate un voto e un commento se vi è piaciuto!
A presto, Xx🍒
Profili Social
IG e TT: anonwriter23
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top