XXXIV. Fides
Nonostante Tullio fosse sempre all'erta, e si guardava in continuazione sia a destra che a sinistra, per paura di essere seguito, non notò che c'era proprio un'ombra alle sue spalle. Furtivo e silenzio, si muoveva a qualche passo da lui, senza mai perderlo di vista, trovando in ogni anfratto e oscurità la sua casa. Era il migliore in quel lavoro.
Addestrato fin da quando era solo un bambino a diventare una grande spia, il suo futuro era stato compromesso solo quando il padre lo aveva venduto come schiavo per soldi. Da quel momento aveva passato le sue giornate a soddisfare i capricci di qualche nobile romano fino a capitare, quasi per sbaglio, nella casa di Longino.
Lui era stato il primo, e l'unico, ad aver compreso il suo potenziale e le sue abilità. E per questo aveva deciso di usarle a suo vantaggio. Non che a Parmenione faceva tanto piacere andare in giro per a città a pedinare gente, ma doveva ammettere di essere notevolmente bravo. E comunque non c'era stato modo migliore per ringraziare il suo padrone, dopo tutto quello che lui aveva fatto in suo favore.
Tradirlo per servire la figlia era stata la cosa più difficile che aveva mai fatto ma per una volta in tutta la sua vita stava usando le sue qualità per fare del bene. E per raggiungere la sua felicità. Se lo meritava, dopo aver servito per tutta la sua vita.
Non gli fu difficile seguire l'uomo anche perché, nonostante fosse in evidente ansia e portasse uno schiavo con sé, non avrebbe mai saputo dove guardare. Girava la testa a destra e a manca, frettolosamente, ma in realtà non osservava bene.
Non sarebbe neanche riuscito a scorgere il gatto rannicchiato in un angolo che mangiava degli avanzi lasciati lì da qualcuno. Come non sarebbe riuscito a scorgere, appunto, Parmenione.
Il liberto si chiedeva che cosa tormentasse il giovane romano al punto di non riuscire a camminare per strada senza la paura di essere seguito. Un uomo che ambisce al potere si fa molti amici, ma anche molti nemici. E forse Tullio aveva da poco iniziato a capirlo.
La verità era che Parmenione non aveva mai speso così tanto tempo con una singola persona, spiandola e cercando di capire come pensava e come agiva. E non aveva trovato ancora nulla che potesse servire a Castria. Neanche un piccolo misfatto, qualcosa di così ignobile da convincere Longino che non fosse l'uomo adatto alla figlia.
Eppure era un politico, un futuro politico, e come tutti gli uomini di quella categoria doveva anche lui avere qualche piccolo ed oscuro segreto. Solo che era talmente bravo a nasconderlo che neanche Parmenione era riuscita a scoprire di che si trattava.
E mentre gli uomini assoldati dal senatore seguivano delle piste per cercare l'assassino della lupa, lui perdeva il suo tempo tra case di patrizi, lupanari e simposi. Almeno il giovane Tullio sapeva come divertirsi. E a dirla tutta non sembrava affatto un uomo pronto a sposarsi e mettere la testa apposto. Al contrario, dava l'idea di qualcuno che avrebbe continuato a fare tutto ciò che gli aggrada nonostante non sarebbe stato più solo lui.
Ma neanche quel suo comportamento e le supposizioni di Parmenione sarebbero servite a Longino. Ci voleva qualcosa di meglio, e purtroppo non era ancora riuscito a trovarlo. E più passava il tempo più iniziava a credere che non lo avrebbe mai provato.
Si scoraggiò ancora di più quando lo vide entrare nel lupanare a cui sembrava davvero affezionato, visto che era la terza volta in pochi giorni che vi si presentava. Un luogo un po' angusto in una zona non proprio sicura. Con una sola lucerna ad illuminare l'entrata, il lupanare era quasi del tutto nascosto alla via principale eppure nessuno dei suoi clienti abitudinari faceva fatica a trovarlo.
Era strano che un uomo come Tullio, che poteva avere tutte le donne che voleva, si abbassava a far visita ad un luogo che non sembrava affatto alla sua altezza. E questa era una delle tante domande che Parmenione si era fatto riguardo all'uomo che stava seguendo. Giungendo alla conclusione che, non potendo scoprire che cosa passava per la testa di Tullio, poteva solo pensare che era alquanto bizzarro.
Parmenione non era mai stato con una prostituta, era sempre stato fedele all'unica donna che avesse mai amato in tutta la sua vita. Anche quando non poteva stare con lei, non gli era mai passato per la mente di andare con un'altra. Perciò non poteva capire che cosa ci provava un uomo come Tullio ad un effimero atto sessuale come quello.
Ma decise comunque di restare a sorvegliare il lupanare, chiedendosi se gli uomini del senatore erano riusciti ad avere più fortuna di lui. Sarebbe rimasto deluso se quei piccoli tirapiedi fossero riusciti a rintracciare l'assassino. Voleva farlo lui, voleva riuscire a guardarlo in faccia e ad interrogarlo per scoprire chi era il mandante. Solo per soddisfazione personale ma anche perché sapeva che Crisante meritava giustizia. E per una volta voleva essere lui a darla.
Ringraziò tutti gli Dei quando finalmente il romani uscì da quella bettola e, per sicurezza, lo seguì fino a casa, quando fu sicuro che ormai la giornata era finita anche per lui. Solo allora poté andarsene, anche se aveva ancora un'altra sosta da fare prima di tornare nella piccola stanza dell'insula dove viveva.
Castria era stata costretta a partecipare all'ennesima cena di famiglia. Negli ultimi tempi Longino non era mai stato molto presente e sua figlia sapeva che non era solo per il lavoro. Ma quando era in giro per casa, la tensione tra lui e la Castria era così palpabile che perfino la madre riusciva a sentirla. Lucilla era una buona madre, ma di certo era sempre più presa da se stessa che dagli altri, tanto da non aver bene notato il malessere della figlia.
Eppure perfino lei aveva capito che c'era qualcosa che non andava, che l'armonia della famiglia era svanita all'improvviso e anche se non era molto intuita, poteva immaginare e capire da cosa derivasse. Per questo dopo una cena alquanto silenziosa, intervallata solo da qualche occhiata di fuoco di Castra per il padre, Lucilla aveva deciso di far visita alla figlia nel suo cubiculum.
Era notte fonda e probabilmente anche gli schiavi stavano dormendo, ma la domina di casa girava tra i corridoi della domus con una lucerna per farsi luce e non inciampare. Con la mano libera si teneva la veste per evitare che toccasse terra e nel silenzio più assoluto bussò alla porta di Castria. Era quasi convinta che la figlia fosse ancora sveglia, aveva un presentimento riguardo a ciò, perciò non fu sorpresa quando sentì la sua voce invitarla ad entrare.
Castria, dal canto suo, era sveglia solo ed unicamente perché stava aspettando Parmenione. Lui le aveva promesso che sarebbe passato per raccontarle come stavano andando le ricerche e le aveva assicurato che avrebbe trovato un modo per entrare senza essere scoperto, per evitarle di uscire nella notte.
Non si aspettava certo di vedere sua madre entrare, quasi di soppiatto, con il suo classico sorriso dolce ed affabile. Ma per lei era un grosso problema perché lei non doveva assolutamente essere lì nel momento in cui Parmenione sarebbe entrato nella sua camera da letto. Si sarebbe scatenate troppe domande alle quali non poteva rispondere.
"Che cosa ci fai tu qui?", le chiese con evidente ansia nel tono della voce, alzandosi dal letto e facendo due passi nella sua direzione quasi a volerla fare uscire di nuovo dalla porta. Ma la madre non notò l'urgenza che aveva nel cacciarla via, un po' perché era molto buio e un po' perché era preoccupata da ben altri pensieri.
"Volevo parlarti", le disse soltanto non vedendoci niente di male nel far visita a sua figlia nel cuore della notte. E in altre circostanza Castria avrebbe accolto anche volentieri un momento tra madre e figlia come quello, se non fosse stato per il liberto che sarebbe potuto entrare da un momento all'altro.
"Non possiamo parlare domani? Sono davvero stanca e vorrei solo andare a dormire", mentire a sua madre non le piaceva, ancor meno che mentire al padre, perché sapeva che in fondo lei voleva solo il suo bene. E pensare che da mesi la teneva all'oscuro di tutto, che lei era convinta che sua figlia avrebbe ben presto sposato un Romano e che sarebbe stata felice e contenta per il resto della sua vita.
Non aveva ancora pensato realmente a come avrebbero reagito i suoi genitori all'idea che si sposasse con gladiatore, ma poteva solo immaginare che sarebbe stato difficile riuscire a convincerli che era la cosa migliore per lei. Suo padre sicuramente si sarebbe opposto, magari disconoscendola per quel suo gesto, ma sperava che alla fine entrambi avrebbero capito che aveva fatto tutto per amore.
Lucilla allargò il suo sorriso e non si scompose un secondo di fronte alla scusa della figlia, che per lei poteva anche essere la verità: "Farò presto, ci metterò solo qualche secondo", non le diede il tempo di ribattere che già si era inoltrata all'interno della stanza e si era seduta sul letto, invitandola a fare lo stesso con dei piccoli colpetti.
Non riuscì a vedere lo sguardo preoccupato della figlia, perché troppo buio, lanciato alla porta semi aperta. In quel momento stava pregando tutti gli Dei affinché Parmenione ritardasse il suo arrivo.
Fu costretta a sedersi accanto alla madre, pensando ad un modo per velocizzare quella conversazione, perché aveva l'impressione che non sarebbe stata affatto rapida come invece aveva detto sua madre. Ma quando Lucilla era decisa a portare a termine un compito, non c'era niente e nessuno che poteva fermarla. In quel momento credeva di dover ascoltare i problemi della figlia e di doverle dare qualche perla di saggezza, perché era quello che secondo lei una madre doveva fare.
"Ti ho vista strana in questi giorni posso intuire che la natura del tuo turbamento è l'imminente matrimonio con Tullio. Non so che cosa è successo con tuo padre, ma posso capire che tu adesso ti senti spaventata e...", ma Castria non riusciva proprio a lasciarla parlare a vanvera, senza che sapesse la vera natura delle sue preoccupazioni.
Lucilla pensava che la figlia soffrisse di quel classico dolore che prima o poi hanno tutte le donne romane, ovvero la paura di sposarsi e l'ignoto di una vita matrimoniale con un perfetto sconosciuto. Ma c'erano molti fattori che la madre ignorava e perciò non poteva giudicare veramente la situazione di Castria.
Lei non aveva né il tempo né la voglia di spiegarle tutto, dal primo incontro con Falco fino a quel giorno ed inoltre non era convinta che potesse ancora fidarsi di lei. Era sua madre, certo, ma era anche la moglie devota di Longino e tra di loro non c'erano molti segreti. Perciò si limitò ad interromperla e a dire: "Il matrimonio non è l'unica cosa che mi preoccupa, certo non è che ne sono entusiasta, ma sono altri motivi che non mi fanno dormire bene la notte".
Voleva solo togliersi di torno la presenza della madre, per poter poi accogliere Parmenione, ma parlando in quel modo non aveva fatto altro che incuriosite di più Lucilla che a quel punto voleva sapere tutto. Interdetta, ma per niente infastidita per essere stata interrotta, affermò con totale sicurezza: "Puoi parli di tutto quello che vuoi".
E sarebbe stato davvero bello se fosse stata la verità. Ma se c'era una cosa che aveva imparato Castria da quando tutta quella storia era iniziata era proprio quella di non fidarsi più di nessuno, neanche di sua madre. L'unica persona a cui aveva raccontato di Falco, Crisante, era stata ritrovata morta, e tutti quelli che già lo sapevano avevano tentato di tenerli lontani.
Le dispiace non fidarsi veramente di lei ma non aveva altra scelta, non poteva per nessuna ragione mettere il destino del suo amato nelle mani di sua madre. Dando di nuovo una leggera occhiata alla porta, senza però notare nulla, tornò a fissare il volto oscurato della madre, ringraziando che fosse così buio ed impossibile vedersi chiaramente.
Prese un lungo respiro prima di ammettere, quasi con finta timidezza: "E se fossi innamorata di un'altra persona?", lo aveva detto quasi fosse una probabilità anche se Falco era sempre stato una certezza, fin da quando i loro sguardi si era incrociati in quell'arena e a lei era sembrato che il mondo girasse solo intorno a loro due.
Non le avrebbe parlato di Falco, e di quello che faceva per sopravvivere, perché voleva proteggerlo, ma almeno poteva dirle perché non avrebbe sposato Tullio. E sperava che la donna che aveva accanto si potesse ricordare quanto fosse bello essere giovani ed innamorati.
Il silenzio però che calò nel cubiculum le fece accelerare il cuore, desiderosa di scoprire che cosa pensava sua madre di tutta quella storia. Non sapeva se la sua riluttanza fosse un buon segno oppure no e, non essendo molto paziente, era quasi sul punto di continuare a parlare, raccontando qualche dettaglio, quando la sentì affermare: "Perché non ne hai parlato con tuo padre?".
Evitava appositamente di esprimere un suo pensiero riguardo alle parole della figlia, mettendo in mezzo il marito come ogni volta quando si trattava di faccende che era sicura non fossero di sua competenza. Lei poteva anche occuparsi della casa e dare consigli alla figlia, ma alla fine era l'uomo di casa che decideva del loro futuro. E Lucilla, nonostante a volte sembrava volersi distinguere, restava sempre una ferrea donna romana.
Con tutta la delusione nella voce, Castria rispose: "Non ne parlerò con lui, non ora. Lui non capirebbe e credo che neanche tu puoi capire. Ma quando sarà il momento glielo dirò, perciò ti prego di non fargliene parola", non poteva vederla bene in volto ma era convinta che sua madre la stava guardando quasi a volerla ammonire, eppure rimase in silenzio.
Lucilla non mentiva mai a suo marito, neanche per una piccola sciocchezza, perché era stata educata così. Ma non poteva neanche deludere la fiducia della figlia, per questo si prese qualche secondo prima di aggiungere: "Non glielo dirò solo perché è un tuo dovere, ma ti prego di farlo presto. Se gli parli con il cuore, forse ti darà ascolto".
Castria non era tanto convinta delle sue parole, avrebbe anche voluto smentirla, dirle che il padre non avrebbe mai accettato Falco, ma la madre si alzò quasi di scatto. Per lei la conversazione era finita, non perché non ci fosse niente da dire ma perché si stava inoltrando in cose che era meglio non venir a sapere.
Pensava che la figlia fosse solo preoccupata per il matrimonio, ed invece era tutt'altro tormento che l'affliggeva e lei non poteva darle una mano. L'unica cosa che poteva fare era stare dalla sua parte, il giorno in cui Castria sarebbe stata costretta a dire tutto al padre. E proprio questo le disse prima di uscire dalla sua stanza, quasi di fretta: "Quando arriverà i momento, conta pure su di me".
Era meglio per lei non sapere neanche chi fosse l'uomo misterioso di cui si era innamorata la figlia, perché più cose le diceva e più avrebbe dovuto mentire al marito. Per lei sarebbe stato meglio dimenticare quasi del tutto quella conversazione e riprenderla solo al momento giusto.
Castria rimase sorpresa di essere riuscita a far scappare sua madre dicendole soltanto una parte della verità ma, conoscendola, avrebbe dovuto immaginarlo. Lucilla era una vera donna di casa, ma quando si trattava di pensare fuori dalle righe andava letteralmente nel pallone e non riusciva più a pensare lucidamente.
Le dispiaceva che sua madre non riuscisse davvero a capire che cosa provava, ma non poteva neanche biasimarla. Lei aveva sposato l'uomo che suo padre le aveva imposto, pressoché uno sconosciuto più vecchio di lei, e non aveva neanche pensato di obbiettare. Con il tempo tra di loro si era creato quel tipico rapporto di complicità tra marito e moglie che devono affrontare ogni di problema legato alla vita, ed era anche arrivato l'amore, ma all'inizio non erano altro che due sconosciuti.
Lei, come tante altre donne, lo avevano fatto, e per lei era la normalità, perciò non poteva capire che cosa significare incontrare qualcuno e perdersi in quell'amore così puro, a tal punto da voler andare contro tutti e contro tutto solo per poter stare insieme.
I suoi pensieri vennero interrotti da un leggero bussare alla porta di legno che la fece letteralmente saltare dalla paura. Nonostante sapeva chi fosse, si allungò per poter vedere bene le fattezze di Parmenione. Anche lui portava una lucerna per fari luce e il suo solito mantello a coprirgli perfino il volto.
Ma Castria ormai riconosceva perfino il tessuto dei suoi abiti, per questo non ebbe dubbio che era lui e, in preda all'ansia per possibili sue notizie, si alzò in piedi e quasi gli corse incontro. Ancor prima che lui potesse parlare, lo prese per il braccio muscoloso e lo trascinò all'interno della camera, per poi chiudersi la porta alle spalle.
"Ho visto tua madre, ci è mancato poco che non mi scoprisse", iniziò Parmenione, evidentemente non troppo agitato come invece lo era lei. Ma Castria evitò i convenevoli ed andò dritta al punto: "Dimmi che hai una buona notizia", la conversazione con la madre le aveva fatto capire ancora di più quanto fosse importante annullare quel matrimonio, trovare l'assassino di Crisante e rimettere tutte le cose al giusto posto.
Non poteva vedere l'espressione di Parmenione, non poteva neanche capire dai suoi gesti se era soddisfatto o no perché sembrava totalmente imperscrutabile perciò non le restava che aspettare le sue parole. Fortunatamente non tardarono ad arrivare: "Purtroppo non ho scoperto nulla. Gli uomini del senatore stanno alle costole dell'uomo che ha uccido Crisante, ci sono molti vicini ma vorrei essere io ad avere il piacere di parlare con lui".
Trovare chi aveva ucciso la sua migliore amica era importante, ma anche scoprire qualcosa di scandaloso riguardo a Tullio era altrettanto importante per tutto il suo futuro. Per questo chiese: "E Tullio? Hai scoperto qualcosa?".
Ancora una volta Parmenione non esitò a darle la notizia, seppur non fosse buona come avrebbe sperato: "A parte il fatto che gli piace frequentare lupanari per niente di lusso, il ragazzo sembra più immacolato di un neonato. La cosa mi sembra alquanto strana, ma per il momento niente", anche lui era deluso da se stesso, e frustrato, perché non aveva mai fallito e non voleva iniziare proprio in quel momento.
"Immagino che non potrei usarlo a suo svantaggio, mio padre non lo screditerebbe solo perché gli piacciono le prostitute", proprio quello che aveva pensato Parmenione in quei giorni di noiosi inseguimenti. Ma nessuno dei sue si sarebbe arreso.
"Ci deve essere qualcosa, anche una piccola cosa, ed io la troverò... Te l'ho promesso e mantengo sempre le promesse", la voce sicura di Parmenione non lasciava spazio ad esitazioni e dubbi e perciò Castria era portata a credergli, anche se negli ultimi tempi faticava a fidarsi di qualcuno. Ma loro avevano fatto un patto, Parmenione ci guadagnava qualcosa e forse proprio per quel motivo poteva affidarle il suo futuro.
Poteva quasi considerarlo come l'uomo più onorevole che avesse mai conosciuto, una di quelle persone di cui puoi fidarti solo perché sai che fanno sempre la cosa più giusta. Non sono persone che ti tradiscono, che ti pugnalano alle spalle e che ti mentono. E proprio per questo avrebbe voluto averlo al suo fianco in quello che sapeva sarebbe stato il momento più difficile.
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