XXXIII. Ego Exemplum sum

Il clangore dei gladi di legno che cozzavano l'uno con l'altro era perfettamente udibile anche nelle celle, e proprio per questo Falco non riusciva a stare tranquillo. Nella sua lunga carriera da gladiatore non era mai successo che si ferisse a tal punto da rimanere fermo per molti giorni.

Zoppicava ancora un po' ma non poteva stare sdraiato sul suo scomodo letto tutto il giorno e così se ne andava in giro per la scuola, con un'aria sofferente. Non era in grado di sopportare tanta inattività quando avrebbe dovuto riconquistare la sua libertà.

Restare fermo ed aspettare di rimettersi completamente era fuori discussione, soprattutto perché all'interno di quelle quattro mura non si sentiva più a suo agio. Era sempre stato considerato uno schiavo, certo, ma anche da uomo non libero avevo ricevuto rispetto dal suo padrone, essendo un campione. Fin da quando Apollonio non aveva tramato contro di lui.

Non avrebbe mai immaginato di diversi guardare le spalle dall'uomo per il quale aveva combattuto per tutti quegli anni. Perché anche se erano padrone e schiavo, Falco si fidava di lui. Ed invece lo aveva pugnalato alle spalle. Tutto solo perché non voleva perdere il suo campione.

La rabbia era tanta, e la voglia di rimettersi in gioco ancora di più. Anche solo per dimostrare a tutti i loro nemici che non era un bene mettersi contro di lui. Mostrarsi sempre pronto e battagliero era fondamentale. 

Il piano che aveva ideato con l'aiuto di Adriano era andato in fumo, ma Falco non si abbatteva facilmente, forse perché in realtà fin dall'inizio il suo piano era sempre stato un altro. Ancor prima di conoscere Castria aveva deciso di riconquistare la libertà persa con il sudore e la fatica. Doveva solo tornare al principio e mettere fretta alla sua guarigione per poter tornare nell'arena prima del previsto. 

Perciò quella mattina, stanco di restarsene in disparte, dopo solo una settimana di convalescenza, si avvicinò pericolosamente alla piccola arena di addestramento. Poteva sentire anche le urla dei suoi fratelli gladiatori ad ogni colpo sferrato, e più si addentrava più sentiva crescere la voglia di prendere un'arma e tornare in pista. 

Quella mattina faceva molto caldo e l'intera arena era sotto al sole, con giovani e vecchi gladiatori ad allenarsi senza sosta nonostante le alte temperature. Le loro figure si vedevano e non si vedevano, a causa della sabbia che ad ogni movimento si alzava e copriva gran parte dei loro corpi. 

Il maestro Rubilio era in piedi sotto al portico, coperto dall'ombra, con le braccia conserte e l'espressione solenne di chi osserva tutto e trae le sue conclusioni in silenzio. Anche soltanto la sua immobile presenza poteva incutere terrore e rispetto negli altri gladiatori e proprio per questo nessuno si azzardava a dargli contro. 

Il primo a vederlo fu proprio lui, nonostante fosse dall'altra parte dell'arena. Falco si appoggiò ad una colonna per sorreggersi e rimase ad osservare per qualche istante i suoi fratelli, cercando di evitare proprio gli occhi indagatori del maestro. 

Non poteva vederlo ma era sicuro che stava attraversando il porticato per avvicinarsi a lui e magari fargli una sonora strigliata. Distolse lo sguardo dagli altri gladiatori sono all'ultimo, quando ormai Rubilio era al suo fianco ed in tempo per sentirsi dire: "Non dovresti essere qui, ma nel tuo cubiculum a riposarti e a riprenderti". 

Il tono non sembrava troppo accusatorio ma Falco conosceva bene il suo maestro da sapere che non era affatto contento di vederlo lì. Anche se il maestro era dalla sua parte, e lo stimava quasi fosse un suo pari, non poteva certo capire la forza che spingeva il gladiatore a tornare su quella sabbia nonostante non fosse del tutto pronto. 

"Lascia che mi alleni, ho bisogno di farlo", non nascose tutta la sua urgenza, quasi una supplica, perché sapeva che non aveva bisogno di fingersi troppo orgoglioso di fronte a Rubilio. Con lui poteva anche svelare la sua vera natura e i suoi più intimi desideri senza la paura che potesse usarli per pugnalarlo alle spalle. 

Rubilio fece un altro passo verso il suo allievo migliore con le braccia dietro alla schiena, e cercò in tutti i modi di farlo ragionare e desistere dal suo intento: "Falco, la gamba non è ancora guarita del tutto e non sei nel pieno delle tue forze. Non puoi allenarti, non in queste condizioni". 

"è l'ordine del maestro o il consiglio di un amico?", chiese Falco, per niente deciso a voltare i tacchi e tornarsene nella sua camera, voltandosi invece a fissare di nuovo gli altri gladiatori con la smania di seguirli. Prima tornava ad allenarsi prima avrebbe potuto combattere nell'arena di nuovo. 

"Se fosse un ordine, lo ascolteresti?", a Rubilio non gli servì neanche ascoltare una risposta, l'espressione motivata e battagliera di Falco, che sembrava quasi promettere sangue, lasciava intendere che ancora una volta avrebbe fatto di testa sua e il maestro non poteva fermarlo. Non più, perché anche se aveva clamorosamente perso nell'ultimo combattimento, perdendo così il suo posto di campione, per il maestro lui era e sarebbe sempre rimasto il gladiatore migliore di tutta la scuola. 

E anche gli altri fratelli lo sapevano bene, nonostante fossero smaniosi di far vedere il loro valore ad Apollonio nella speranza di guadagnare quel titolo ormai vacante. Lo si poteva capire da come lo guardavano mentre passava nei corridoi, con un misto di coraggio credendo di poter osare, ma allo stesso tempo una leggera paura era visibile nei loro occhi, consapevoli di non poter tirare troppo la corda. 

"Sei testardo come un mulo, ragazzo", furono le ultime parole di Rubilio, accompagnate da una pacca sulla spalla. Quando Falco si voltò di nuovo a guardarlo, gli stava offrendo un gladio di legno per potersi allenare, ma era evidente dalla sua espressione che neanche lui era convinto di quello che aveva appena fatto. 

Il gladiatore non esitò un secondo, per paura che il maestro ci potesse ripensare, e prese l'arma che gli veniva offerta, senza però mostrare quanto fosse contento. In realtà non stava nella pelle e non vedeva l'ora di far vedere a tutti quanti che il campione era tornato. 

Con il cuore che gli batteva a mille fece il primo passo all'interna dell'arena, assaporando ogni odore e sapore che quella sensazione gli stava trasmettendo. Sentiva la morbida sabbia sotto i sandali, accarezzare il suo cammino, i raggi del sole che gli riscaldavano la pelle e l'aria tersa e carica di sudore e sangue. Non era mai stato tanto lontano dall'arena come in quel momento e, nonostante tutto, doveva ammettere che un po' gli era mancata. 

Non provava la stessa gioia che percepiva ogni qualvolta riusciva finalmente a rivedere la sua Castria, però era una sensazione che si avvicinava molto. Era come riabbracciare una vecchia amica e rendersi conto che non era cambiato nulla dall'ultima volta che si erano visti. 

Tutti si voltarono a guardarlo, nell'attimo in cui fece il suo ingresso, da vero campione nonostante avesse perso la corona. Non c'era storia, il potere e la grandezza è qualcosa che ci si porta dentro sempre, e che non si può né ottenere né comprare. 

Ignorò tutti gli occhi che aveva addosso, e anche chi si voltò a sussurrare qualcosa ai suoi compagni. Sapeva che da quando aveva perso era sulla bocca di tutti, ma non gli importava affatto di quello che pensavano.Gli avrebbe fatto mangiare la polvere e avrebbero compreso sulla loro pelle che Falco era, e sarebbe sempre stato superiore a loro. 

Non riuscivano a capire se potevano guardarlo con derisione perché aveva perso il suo titolo, oppure temerlo perché comunque restava un gladiatore molto forte. Perciò facevano entrambe le cose, rideva ma allo stesso tempo evitano di guardarlo in faccia per paura di farlo esplodere dall'ira. 

Falco aspettava proprio che qualcuno avesse il coraggio di farsi avanti e sfidarlo, ma aveva già deciso chi doveva essere il suo primo avversario dopo la convalescenza. Non poteva perdere il suo prezioso tempo con loro, quando nel mucchio c'era proprio un giovane gladiatore che meritava tutta la sua attenzione. 

Si aspettava che Ferus, il più coraggioso ma anche il più stupido della scuola, uscisse fuori dalla massa, con aria spavalda e atteggiamento da gallo del pollaio. In assenza di Falco, il gladiatore aveva preso il comando di tutta la scuola e faceva rigare dritto i fratelli come se fosse già il campione. Ma per avere quel titolo doveva dimostrare di essere il combattente migliore di tutta la ludus. 

A suo vantaggio c'erano solo i muscoli e lo sguardo truce, che induceva gli altri a fare un passo indietro e lasciargli lo spazio. Proprio come in quel momento, che si creò perfino uno spazio vuoto al passaggio del gladiatore. l'ego di Ferus era già abbastanza grande senza il contributo di terzi, ma da quando Falco era rinchiuso nel suo cubiculum, era perfino peggiorato. 

"Guardate chi è tornato in gioco", esordì l'avversario con un sorriso maligno in volto e guardandosi intorno per incitare la folla a stare dalla sua parte. Non c'era neanche bisogno, visto che tutti sembravano troppo spaventati da lui, a tal punto da non preoccuparsi della minaccia chiamata Falco. 

Ma lui non preoccupava né di quei gladiatori, e neanche di quello che aveva di fronte, che l'osservava come se fosse il numero uno. Era solo un pallone gonfiato e non si meritava neanche un secondo del suo tempo. 

"Falco, non credo ci sia più spazio per te qui... Il tuo tempo è finito, fattene una ragione", iniziò a schernirlo, continuando a guardarsi intorno in cerca di appoggio. Perché non era nessuno senza i gladiatori che aveva tutti intorno, i suoi cani da compagnia. 

Se fossero stati loro due da soli, sicuramente Ferus non avrebbe avuto alcun motivo per attaccarlo. Primo perché non ne aveva il coraggio e poi perché se non c'era un pubblico per mostrare quanto fosse coraggioso, non aveva senso. Quello che voleva era una scenata in pubblico, che sarebbe sfociata senz'altro in un combattimento. Voleva batterlo davanti a tutti da poter convincere l'intera scuola che era lui il nuovo campione. 

Per questo Falco gli si avvicinò così tanto da potergli alitare sul volto e, senza neanche battere ciglio, rispose: "Ti sbagli di grosso, Ferus, non sono io ad essere nel posto sbagliato", si guardò attorno, cercando di capire gli animi degli altri gladiatori. Erano tutti in fermento ed era ovvio che avrebbero voluto vedere un combattimento tra di loro, se lo aspettavano e lo desideravano più di qualsiasi altra cosa. 

Ma Falco aveva altri piani per il suo rientro nell'arena e quando finalmente riuscì ad inquadrare il volto che stava cercando, tornò a fissare Ferus con un sorriso pericoloso in volto: "Nonostante fremo dalla voglia di darti una lezione, c'è un altro gladiatore che devo battere prima di te... una questione personale". 

Sentì chiaramente il brusio di voci che scaturì dalla sua affermazione ma non ci badò molto. Tutti erano in subbuglio ed aspettavano solo di sapere chi era il fortunato, o sfortunato, che aveva fatto arrabbiare così tanto Falco da voler sfidare subito. E lui li accontentò puntando il suo gladio sul novellino, che fino a quel momento se ne era rimasto in disparte. 

Calò il silenzio tra i presenti, nonostante tutti si stessero chiedendo quale fosse il problema tra Falco ed Aimeric. Il ragazzo era il suo pupillo e nonostante Falco fosse sempre stato un po' severo, nessuno aveva notato attriti fra di loro. 

Il novellino, immobile e bianco come una statua, si raddrizzò e si costrinse a mantenere gli occhi fissi sul suo maestro per non dare l'idea di essere troppo spaventato. In realtà se la stava facendo sotto, solo perché Falco lo fissava con il fuoco negli occhi, come se avesse voluto fare molto di più che battersi con lui. 

Nella sua espressione c'era rabbia e delusione, una voglia di vendetta che si poteva ben vedere e che faceva tremare anche il più coraggioso dei guerrieri. E questo gli fece capire che Falco sapeva. Sapeva che Aimeric aveva accettato di ingannarlo, sapeva che aveva mentito e che lo aveva fatto apposta per distrarlo e farlo perdere. 

Mandò giù la saliva che rischiava di soffocarlo e pensò alle alternative che aveva in quel momento. Poteva tirarsi indietro di fronte alla palese sfida di falco, facendo però così la figura del codardo di fronte a tutti gli altri gladiatori. E non poteva proprio permetterlo, non nel momento in cui stava iniziando a farsi valere. 

Gli rimaneva solo una alternativa, farsi avanti e combattere con valore. Sapeva con chi aveva a che fare e nonostante la ferita era sicuro che Falco sarebbe sempre stato un degno avversario difficile, se non impossibile, da battere. 

E comunque si fece avanti a testa alta, mascherando bene la paura che aveva di perdere e raccogliendo così la sfida. Non poteva fare altrimenti. 

Tutti gli altri si fecero subito da parte, creando una sorta di piccola arena all'interno di quella più grande, tutti quanti in cerchio ad osservare proprio come il loro primo combattimento, quando Aimeric era appena arrivato nella scuola ed era il più coraggioso dei nuovi schiavi. 

Di cose ne erano successe da allora ma c'era sempre un fattore che non sarebbe mai cambiato ed era superiorità di Falco sul suo avversario. Avrebbe dimostrato non solo al suo allievo, ma a tutta la scuola, che facevano bene ad avere ancora timore di lui. 

Smise di sorridere nell'istante in cui il combattimento iniziò, tenendo sempre gli occhi fissi sull'avversario che nel suo caso era anche il nemico. Sua amica, invece, era la voglia di vendicarsi per la pugnalata alle spalle che aveva subito. Ne era rimasto sorpreso, perché proprio non si era aspettato un atteggiamento simile da Aimeric, e la sua ingenuità lo aveva ripagato con la più terribile delle punizioni. 

Girò intorno al novellino, come a volerlo studiare, osservandolo bene, ed Aimeric evitò strategicamente di dargli le spalle, con la paura di un colpo basso. Ancora una volta il campione si stava prendendo il suo tempo, facendo innervosire l'avversario. Era una sua tattica, una cosa che il novellino aveva visto spesso fargli eppure non poté non cascare nella sua trappola.

Preso dalla foga di voler concludere l'allenamento in fretta, fece lo stesso errore di qualche mese prima, partendo all'attacco senza pensare troppo. Con un grido sovrumano tentò di colpirlo sul fianco ma Falco parò la parte del corpo scoperto con la sua arma e spingendo via il ragazzo con tanta violenza che nel indietreggiare quasi cadde a terra. 

In quel momento, distratto e preso dal non cadere sulla sabbia, Aimeric era distratto al punto giusto da poter sferrare un colto e fu proprio quello che fece Falco. Con un solo balzò gli fu addosso e lo colpì in pieno petto lasciandolo senza fiato. Ignorò il dolore alla gamba, lancinante ed incessante, che rischiava di farlo cedere, e si concentrò sull'avversario, ormai caduto a terra. 

Quello era il momento giusto di colpire, senza sosta, e con tutta la forza che aveva, per questo puntò la lama di legno diritto sul suo volto, deciso a rovinargli per sempre quei bei lineamenti nordici che si ritrovava per pura fortuna. 

All'ultimo il novellino riuscì a schivarlo, rotolando su se stesso ed alzandosi con un unico scatto, in tempo per osservare la lama che si conficcava con forza nella sabbia, proprio ne punto dove pochi istanti prima c'era il suo volto. 

Con gli occhi sbarrati dalla paura, e il cuore che gli batteva all'impazzata, Aimeric si era appena reso conto che Falco era una furia, una furia impossibile da fermare. Era così arrabbiato con lui che avrebbe voluto anche ucciderlo, davanti a tutti, se solo non fosse costretto a rispettare le regole della scuola. 

Ancora inginocchiato, con la spada nel terreno, Falco si voltò versò l'avversario e gli  sorrise malignamente, facendogli perdere un colpo al cuore a causa di quell'espressione. Cercò d'indietreggiare, ma era a tal punto paralizzato dalla paura da non riuscire a fare neanche questo. 

E non poté cercò sfuggire alla furia di Falco, che dopo aver tirato fuori la lama di legno dalla sabbia, corse contro il novellino ed iniziò a sferzare colpi su colpi, senza sosta, saltando da un punto all'altro per evitare di essere preso. Nessuno mai aveva visto il campione con quella grinta, come se fosse animato da una forza oscura ed estranea. 

Aimeric cercò di parare i suoi colpi, uno dopo l'altro, come meglio poté, proteggendo le parti del suo corpo più sensibili, mentre intorno a loro tutti incitavano Falco. Gli era bastato davvero poco per tornare ad ammirarlo come un tempo. Eppure a Falco non importava nulla del potere e della fama che aveva in quella scuola, voleva solo vendicarsi. 

Il pensiero che per colpa del novellino era stato costretto a rinunciare temporaneamente alla sua libertà e che stava rischiando di perdere per sempre Castria, lo riempiva di forza e volantà a tal punto da permettergli di continuare ad inveire sul suo avversario nonostante i dolori. Era solo vagamente consapevole di tutti gli occhi puntati su di loro e dei loro eventuali giudizi. 

Sempre più veloce ed efficace, riuscì finalmente a farsi breccia nella difesa di Aimeric, che ancora non era riuscito a passare all'attacco, e lo colpì in pieno sullo zigomo sinistro, facendogli un uscire un po' di sangue dalla bocca e costringendolo a voltarsi. 

A quel punto, dolorante e con le difese a terra, il novellino venne colpito di nuovo prima alla spalla e poi al fianco. Un colpo dopo l'altro, una fitta dopo l'altra, e, senza aver neanche provato a colpire il suo avversario, le forze lo stavano abbandonando a causa del dolore. Ma soprattutto perché Falco non gli dava neanche la possibilità di riprendersi che già era tornato ad assediarlo. 

Con una furia omicida negli occhi, un sorriso divertito in bocca e i muscoli del braccio che fremevano, non dava un attimo di tregua al ragazzo, colpendolo ogni volta in un punto diverso e costringendolo non solo ad arretrare ma anche a chiudersi su se stesso. 

L'adrenalina aveva fatto sparire del tutto il dolore alla gamba e l'unico suo obbiettivo era mandare a terra il suo nemico e farcelo restare. Con un ultimo slancio, si abbassò quel poco che basta per poter colpire di netto con la spada il ragazzo alle gambe. Un assetto così forte che Aimeric urlò di dolore e cadde a terra, senza più la forza di rialzarsi. 

Le ginocchia gli tremavano e sicuramente avrebbe dovuto aspettare diversi minuti prima di potersi rialzare, eppure, testardo come era sempre stato, tentò di sollevarsi, nonostante nella caduta aveva perfino perso il suo gladio. 

A bloccarlo a terra, con la testa bassa, fu il lancinante dolore alle gambe e la spossatezza che lo aveva investito. Non poteva neanche immaginare quello che Falco gli aveva fatto al volto ma riusciva a sentire il sangue che colava da più punti sul suo viso e le ferite che pulsavano quasi fossero vive. 

Per assicurarsi che avesse afferrato il messaggio, Falco gli piantò il gladio sotto la gola e sempre con quel sorriso che lo aveva contraddistinto per tutto il combattimento, urlò per farsi sentire: "Ricordati che sono sempre il numero uno, anche se zoppo. Non riuscirai mai a sconfiggermi, puoi impegnarti tanti, sputare sangue e sudore su quest'arena e riportare cicatrici d'onore, ma non potrai mai raggiungere il mio livello". 

Alle sue spalle poteva sentire gli occhi incessanti dei gladiatori su di lui. Qualcuno si era illuso di poter prendere il posto di campione ma in quel momento si erano resi conto che Falco non aveva mai perso realmente quel titolo. 

"Ti conviene tenerlo a mente, novellino, la prossima volta che penserai di metterti contro di me", ed infine, glaciale e senza pietà, sferrò un calcio con la gamba buona dritto all'addome del ragazzo, lasciando a terra a sputare sangue e lamentarsi dal dolore. 

Ci girò intorno come se non fosse una cosa importante, lasciò cadere il gladio a terra e, sempre un po' zoppicante, si allontanò deciso a tornare nella sua camera da letto. Per quel giorno si era allenato abbastanza e, nonostante avesse la voglia di tornare subito in pista, sapeva bene di non dover tirare troppo la corda. 

"Dove vai, campione? Solo perché hai battuto un ragazzino non vuol dire che ti sei ripreso il titolo. è con me che ti devi battere!", Lo incitò a tornare indietro Ferus, voglioso di mettere sempre zizzania. In una situazione normale avrebbe anche accettato la sfida, ma la gamba era tornata a pulsargli e fargli male perciò non poteva esagerare. 

Con Aimeric ci era riuscito solo perché spinto dal pensiero di vendetta e da quello che rischiava di perdere, ma con Ferus sarebbe stato diverso. Non poteva battersi ancora, almeno non quel giorno. 

Per questo ignorò la provocazione e urlò soltanto: "Ci batteremo domani, puoi starne certo", era una promessa che non si sarebbe mai sognato di non mantenere. Gli serviva soltanto un bel bagno caldo, un po' di riposo e il giorno dopo sarebbe stato pronto per battersi contro Ferus. Si sarebbe ripreso finalmente il suo titolo e tutto sarebbe andato per il meglio. 

Il suo obbiettivo era tornare il prima possibile nell'arena, per poter continuare a guadagnare i soldi che gli avrebbero permesso la libertà. Ed ogni giorno che passava e si impegnava, era sempre un passo più vicino al suo traguardo. 

Nell'allontanarsi passò al fianco di Rubilio che in quel momento gli stava sorridendo e lo vide perfino annuire impercettibilmente. Quella mattina Falco aveva dato una piccola prova di quanto forte era. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top