XXXI. Dominus et libertus

Il desiderio di stare accanto alla sua donna, in un momento così delicato, lo tormentava. Non poteva fare altro che restarsene chiuso nel suo cubiculum a pensare. Non poteva allenarsi a causa della ferita alla gamba, perciò non poteva sfogare tutta la rabbia repressa nel combattimento e prendersela con chi meritava la sua ira.

E non poteva andare da Castria, non sapeva neanche come uscire dalla scuola senza cacciarsi nei guai. Avrebbe rischiato, per la sua donna, lo avrebbe fatto immediatamente, ma non potevano permettersi altre mosse avventate. Già per lui sarebbe stato difficile tornare in carreggiata per racimolare i soldi che gli rimanevano per ottenere la libertà. Una breve fuga per raggiungere casa di Castria, se pur ben gradita, sarebbe stato uno rischio troppo alto nelle sue condizioni.

Per questo si tormentava nella sua stanza, annoiandosi a morte e passando il tempo a riflettere su come affrettare i tempi della sua liberazione. Era convinto che sarebbe stato in grado di rimettersi in sesto in pochi giorni, per tornare ad allenarsi ed infine sull'arena. Doveva farlo, il più in fretta possibile perché aveva la netta sensazione che non avevano più molto tempo.

In un momento così difficile per Castria, come la perdita della sua amica, una bella notizia come la sua ritrovata libertà poteva renderla di nuovo felice. E in quel momento non voleva altro che farla contenta, vederla sorridere di nuovo e mettere apposto i problemi che poteva risolvere. Non poteva ridarle Crisante, anche se avrebbe voluto, e non poteva investigare sulla sua morte, perciò l'unica cosa che era in grado di fare era concentrarsi sulla sua salute e raggiungere il suo obbiettivo.

Quando Adriano entrò nella sua piccola stanza, lui era sdraiato sul letto e fissava il soffitto, pensieroso. Neanche si accorse dell'arrivo del suo ospite. Non lo stava aspettando, aveva previsto di passare l'ennesima giornata da solo in convalescenza. Perché se fino a qualche giorno prima lui era il campione, amato da tutti, ormai nessuno faceva più caso a lui. Proprio come aveva immaginato, la fama è effimera e passeggera. Ma non si sarebbe arreso, avrebbe continuato a lottare, riconquistando la gloria perduta e lo avrebbe fatto solo per Castria.

"A cosa pensi?", la voce dolce come il miele di Adriano attirò la sua attenzione e quando volse lo sguardo lo trovò ad osservarlo, vicino alla porta. Improvvisamente in imbarazzo, Falco si alzò a sedere e fissò l'uomo con un inquietudine negli occhi che non era difficile da scorgere. "Problemi", fu la sua unica risposta che racchiudeva almeno cento altre parole e anche Adriano intuì immediatamente di cosa stava parlando. 

Fece due passi all'interno del cubiculum per avere un po' di intimità. Ciò di cui dovevano parlare, nonostante fosse ovvio a tutti, richiedeva circospezione. "Mi dispiace Falco, mio padre ha deciso di non darti il rudis, dopo quello che è successo hai perso il consenso della plebe e lui non può andare contro il popolo", sembrava perfino più dispiaciuto di lui, perché aveva davvero creduto di poter fare qualcosa di buono per l'uomo che amava. 

Falco si aspettava di sentire quelle parole, le aveva attese nei giorni e si era chiesto perché tardavano ad arrivare, eppure fu come ricevere il colpo di un gladio al cuore. Fece male, anche di più di tutte le ferite che gli avevano inferto in quegli anni, perché finché Adriano era rimasto in silenzio, per lui c'era stata una piccola possibilità. Minuscola, inesistente quasi, ma pur sempre una possibilità. Che si era infranta definitivamente con le sue parole. 

Si demoralizzò per soli cinque secondi, per poi pensare che forse era meglio così. Avere delle speranze lo rendeva ingenuo, proprio nel momento in cui doveva essere vigile e contare solo su stesso. Le uniche possibilità che aveva di trovare una soluzione contavano solo sulla sua forza di ripresa, sulla sua tenacia e sul desiderio di poter stare con Castria.  E questo poteva, e doveva, bastargli, per il bene di entrambi. 

Si alzò e sorrise all'uomo che aveva davanti, all'apparenza più distrutto di lui per la pessima notizia che gli aveva appena dato. Adriano era sempre stato un ottimo amico, una persona che teneva davvero a lui e l'unico, tra le tante che conosceva, che aveva deciso di stargli accanto anche nel momento della caduta. Non poteva fare nulla contro il padre, ma a Falco bastava la sua presenza per rendersi conto di non essere proprio solo. Aveva Castria, e anche Adriano. 

"Grazie, davvero, per tutto quello che hai fatto", il suo tono era sinceramente grato e forse proprio per ciò l'uomo lo fissò scettico, incredulo: "Non ho fatto nulla, purtroppo. Tu vivi ancora qui, in catene, e non credo che riuscirò più a convincere mio padre a darti un aiuto di nuovo". Falco riuscì a capire, solo dal suo modo di parlare, che si sentiva perfino in colpa per non essere stato in grado di aiutarlo. 

Adriano era un uomo dall'animo nobile, sensibile, e giusto. Per questo era contento che presto sarebbe diventato il princeps, sicuro che nelle sue mani l'Impero non solo sarebbe stato al sicuro ma anche più equo. 

"Non è affatto causa tua, Adriano. Hai fatto tutto quello che potevi e te ne sono davvero grato, prendi per vere le mie parole. Ho perso un occasione, ma credo di sapere a chi dare la colpa. Ora, dovrò cavarmela da solo e stai sicuro che otterrò quello che voglio. Lo sai che non mi arrendo facilmente, che sono testardo e ora ho un obbiettivo", dalla sua voce e dal modo in cui lo osservava traspariva sicurezza e tenacia. Qualcosa che negli ultimi tempi aveva perso ma che in fretta stava riacquistando. 

Gli diede una vigorosa pacca sulla spalla, anche se era convinto che Adriano avrebbe preferito qualcosa di più intimo, e continuò a sorridergli. Voleva fargli capire che non aveva davvero nulla di cui preoccuparsi, che non doveva sentirsi in pena per lui. E quando finalmente l'uomo se ne rese conto, in risposta aggiunse: "Per amore si è pronti a tutto". 

Una semplice constatazione che in molti casi poteva significare nulla, ma che per entrambi era tutto. Adriano aveva sempre inseguito l'amore, lo aveva venerato e aveva sperato di trovarlo negli occhi di qualcun'altro. Lui sapeva meglio di chiunque altro quanto potesse essere forte quel sentimento che faceva battere forte il cuore. Non c'era bisogno di altre spiegazioni. 

E proprio perché sapeva che cosa voleva dire sacrificarsi per amore, e fare tutto ciò che era in suo potere per rendere felice la dolce metà, si sarebbe sempre esposto per Falco. Nonostante comprendeva che non sarebbe mai stato ricambiato. 

"Vedo che cosa posso fare, magari non riuscirò a farti avere il rudis, ma la spada di legno non è l'unico modo per acquistare la libertà. Se posso dare una spinta al sistema, stai tranquillo che lo farò", si allontanò dal gladiatore, improvvisamente troppo in imbarazzo per poter sopportare anche solo il suo tocco. Era davvero deciso a fare la sua parte, anche se forse sarebbe stato inutile. 

Falco sapeva che la cosa giusta da fare era rifiutare il suo aiuto, si era già approfittato troppo di lui e non poteva dargli nulla in cambio. Eppure si ritrovò a ringraziarlo di nuovo, di fatto accettando qualsiasi cosa potesse offrirgli. Aveva bisogno di qualsiasi tipo di appoggio, perché la situazione era davvero critica. E anche se si sentiva in colpa per il suo amico, non ebbe il coraggio di rifiutarsi. 

Si fissò sul pensiero di Castria, mentre Adriano se ne andava, ripetendosi che era solo per lei che aveva accettato l'aiuto dell'uomo. Era solo per lei che era disposto a fare cose che di solito, per onore, non faceva mai. Solo ed unicamente per lei. 

Non credeva che Adriano sarebbe riuscito ad aiutarlo in qualche modo, ma farlo provare non gli costava nulla. Era ancora sovrappensiero quando Rubilio entrò nel suo cubiculum, con aria seria e solenne. Sembrava sul punto di dirgli qualcosa di veramente importante e, preoccupato, pensò che si trattasse della sua salute. 

"Posso parlarli?", chiese il permesso senza un minimo cenno di cambiamento di umore ed espressione. Non aspettò una risposta, chiuse la porta della stanza, segno che voleva un momento per poter parlare senza orecchie indiscrete nei dintorni. E nella scuola abitavano così tanti gladiatori e guardie che era praticamente impossibile tenere un segreto. 

Guardando il suo maestro, scettico e in pensiero, che non sembrava avere la minima voglia di parlare, prese lui il coraggio per chiedere: "Si tratta della mia ferita? Perché tra qualche giorno sarò completamente guarito e potrò tornare ad allenarmi... Tu sai meglio di chiunque altro che ho una ripresa molto...", ma non ebbe modo di completare la sua frase perché venne bruscamente interrotto da Rubilio. 

"Non è per questo che volevo parlarti, in privato", eppure tacque di nuovo, come se stesse cercando la forza per dirgli quella dolorosa verità. Il che era molto strano perché il maestro non aveva mai paura di nulla. Era stato un gladiatore per almeno venti anni, e un allenatore per altri dieci. Un uomo di onore, che aveva sempre guardato in faccia il pericolo e che non si era mai tirato indietro. Sembrava così strano che stesse esitando in quel momento. 

E proprio quell'assenza di parole tra di loro, quel vuoto nel silenzio, gli metteva ancora più ansia, tanto che avrebbe voluto scuotere ed urlare contro Rubilio solo per farlo parlare. Non si prospettava nulla di buono, ma era stanco di ascoltare brutte notizie e di essere travolto dalla sfortuna. La dea bendata doveva smettere di giocare con lui e con i suoi sentimenti. 

Dopo un lungi sospiro, l'uomo, che non era per niente abituato a scene del genere, decise di rivelargli ciò che aveva scoperto da poco. Si era sempre tenuto lontano dagli inganni e dagli intrighi classici di Roma e dei suoi abitanti. Ma ormai non poteva più farne a meno, non dopo aver accidentalmente ascoltato una conversazione molto interessante. 

"Si tratta del tuo ultimo incontro e di quello che Aimeric ti ha detto prima del combattimento", non aveva quasi la forza di dire la verità, consapevole che se l'avesse fatto si sarebbe ritrovato in mezzo a quel silenzioso ma esistente conflitto. Forse Falco ne era all'oscuro, ma c'era più di una persona che tramava alle sue spalle e l'affetto che lo univa ai suoi campioni gli imponeva di metterlo in guardia. 

Naturalmente Falco finse di non sapere a cosa si stava riferendo, curioso di scoprire quando Rubilio sapeva e quanto invece per lui era oscuro. "Di cosa stai parlando?", lo incitò con quella semplice domanda a palesare la sua conoscenza, perché se aveva anche un solo dubbio che Falco fosse incurante di ciò che lo attendeva, era suo dovere avvertirlo. 

"Non conosco tutti i dettagli, ma so che il ragazzo ti ha detto qualcosa di talmente sconvolgente da farti perdere la concentrazione e questa mattina ne parlava con il padrone. Sembrava pentito, perché non si era reso conto prima di quanto tu rischiassi", non aveva ascoltato tutta la conversazione e alcuni passaggi per lui erano oscuri ed indecifrabili. Quello che aveva capito era ben poco ma sufficiente per tirare le somme. 

"Per qualche ragione, a me sconosciuta, il padrone voleva che tu perdessi. Non so che cosa hai fatto per farlo adirare, ma i fido di te e so che sei nel giusto. Ti conosco troppo bene per sapere che è così", la fiducia che il maestro stava riponendo in lui era tanta, talmente alta che Falco fu quasi sul punto di rivelargli che cosa c'era sotto. Che stava facendo tutto solo ed unicamente per amore. 

In fondo, Rubilio stava apertamente ammettendo che sarebbe stato dalla sua parte contro perfino il padrone - uomo che lui ammirava molto - e lo stava facendo senza sapere tutti i dettagli. In parte sapeva che si meritava la verità, ma era ancora combattuto e dell'idea che meno persone erano a conoscenza di lui e Castria meglio era. Già troppe persone aveva scoperto la verità, e alcune di queste rischiavano di rovinare tutto. 

Ma era combattuto, perciò fu felice e grato al suo maestro quando lo sentii aggiungere: "Non voglio sapere che cosa nascondi, non m'interessa. Ma devi capire che qualsiasi cosa sia, il padrone lo sa e ne ha reso partecipe Aimeric quindi rifletti prima di agire perché chissà quanti altri gladiatori sanno la verità e sono pronti ad esaudire i desideri del padrone. Devi guardarti le spalle, perché quelli che credi i tuoi fratelli, ora potrebbero essere i tuoi nemici", con quelle ultime parole di avvertimento Rubilio lo lasciò da solo a riflettere. 

Apollonio sapeva di lui e Castria, e non aveva dubbi che fosse stato Tullio Decio a fare la spia, perché lo voleva fuori dai giochi. Non aveva ancora compreso perché il padrone aveva scelto proprio il novellino per attuare il suo subdolo e ben architettato piano - così complesso che poteva non funzionare - quando aveva a disposizione tanti altri pretendenti. Ma forse aveva ragione il suo maestro, forse Aimeric non era l'unico nemico che aveva nella scuola. 

Mai come in quel momento sarebbe stato costretto a stare più attento, a guardarsi intorno e a considerare pericolosi qualsiasi persona gli stava troppo vicino. Poteva fidarsi solo nella portatrice del suo cuore, la sua amata Castria. 

Parmenione la stava aspettando sul retro della domus, proprio come la volta prima. Più passava del tempo con lui e più si convinceva che non poteva essere stato un semplice schiavo di suo padre, ma bensì era stato incaricato di missioni ben particolari. La sua capacità di mimetizzarsi, a tal punto da essere un'unica cosa con il buio, l'abilità di muoversi senza creare alcun tipo di suono e il suo aspetto così banale e neutro da riuscire a passare inosservato, sicuramente erano tutte buone qualità per schiavi a cui venivano chiesti compiti speciali. 

Non lo aveva visto in azione ma era sicura che era molto capace con le armi e con la lotta e che sotto ai suoi abiti teneva nascoste lame e oggetti pericolosi. Qualche mese prima aveva la paura e la diffidenza negli occhi ogni volta che lo incontrava, ma ormai lui era l'unica possibilità che le era rimasta. Si fidava della sicurezza di Falco e delle sue parole, era convinta che sarebbe riuscito ad ottenere la libertà, ma non poteva restare con le mani in mano mentre lui faceva dei grossi sacrifici per entrambi. 

Parmenione, stranamente, ispirava la sua fiducia, forse perché lei poteva dargli qualcosa in cambio e così era spinto ad aiutarla. O forse perché sotto a quella corazza indurita dagli anni, aveva scorto un sentimento di dolcezza e purezza. Un po', pensandoci, le ricordava il suo gladiatore. Entrambi tutti i giorni si mostravano forti per non essere aggrediti dagli altri, ma in realtà erano umani come tutti gli altri. 

Gli sorrise, quando lo vide nascosto nel buio, solo perché era stato lui a volersi palesare perché altrimenti non sarebbe riuscita a scorgerlo. Ormai aveva capito che non era un uomo di troppe parole e manifestazione, bensì uno di azione e molto silenzioso. Perciò non si stupì quando lui aprì la bocca, senza neanche lasciare spazio ai saluti: "Purtroppo non sono ancora riuscito a trovare qualcosa di compromettente su Tullio Decio, ma solo perché negli ultimi giorno è preso da altri impegni", non era da Parmenione fare troppi giri di parole, perciò la sua generalità la sorprese molto. 

Per un attimo pensò che forse c'era qualcosa che potevano usare contro di lui, e che l'uomo le stava tenendo nascosto per qualche strano motivo ed era sul punto di chiedergli spiegazioni. Solo che non ne ebbe il tempo perché lui aggiunse: "Si sta dedicando anima e corpo alla ricerca dell'assassino di Crisante, a quanto pare a preso seriamente la tua promessa e vuole affrettare i tempi". 

Non le aveva dato certo una buona notizia, anzi, tutto il contrario. Ma Castria non avrebbe mai permesso a Tullio di sposarla e per questo aveva più di un'idea. Aveva organizzato tutto, coinvolgendo quante persone possibili di cui si fidava per impedire a Tullio di arrivare prima di lei alla verità. 

"Il Senatore Valerio Flavino ci ha messo a disposizione tutti gli uomini che ha per scoprire che ha ucciso Crisante, e tu sei già molto occupato a seguire Tullio", non gli aveva ordinato esplicitamente nulla ma le sue parole erano ben chiare anche senza precisazioni. Castria voleva che Parmenione collaborasse con quegli uomini perché più persone erano alla ricerca di quel vile che aveva strappato la vita alla sua amica, più possibilità avevano non solo di trovarlo ma di farlo prima di Tullio. 

Quando gli aveva proposto di sposarlo dopo le ricerche, infatti, lo aveva fatto apposta sapendo che un uomo come Tullio, l'emblema della società più ipocrita Romano, non sarebbe mai stato in grado di risolvere il caso, semplicemente perché a lui della morte di una lupa non gli importava nulla. L'aiuto del senatore era arrivato in seguito ma era ben accetto. E siccome si vedeva che ci teneva a Crisante, Castria era sicura che avrebbe di tutto per darle giustizia. 

"Io lavoro da solo, non collaboro con nessuno", fu la secca risposta dell'uomo, che sembrava non ammettere repliche. Nonostante in teoria Parmenione erano solo un liberto, Castria non era convinta di riuscire a fargli fare quello che voleva. Lui in realtà avrebbe dovuto essere fedele a suo padre, non a lei, e la stava aiutando solo perché sapeva di poter ottenere qualcosa in cambio. Convincerlo ad aiutarla era semplice, ma convincerlo a fare a modo sua era tutt'altra storia. 

"Ti prego, Parmenione, qui non c'è in ballo solo il mio futuro, che pur sempre molto importante per me, ma si tratta anche della mia unica e più cara amica. Ho bisogno di tutto l'aiuto che posso ottenere e tu devi scendere a compromessi", difficilmente si trovava a supplicare qualcosa ma dire che era disperata era quasi un eufemismo. 

Con le braccia conserte, Parmenione la fissò dritta negli occhi, onore che riservava solo a chi riteneva degno di fiducia: "Anche io sto rischiando il mio futuro", non aveva mai apertamente parlato del perché voleva liberare Eliona e Clelia anche se ormai Castria si era fatta un'idea. Ed era palese che quelle due donne erano molte care al liberto, tanto da spingerlo a rischiare il rapporto con il suo padrone, che tanto ammirava e stimava e che aveva servito per molti anni. 

"Parlerò con mio padre domani, posso occuparmi della liberazione di Clelia ma tu devi assicurarmi che sarai in grado di comprare la libertà di Eliona", ribatté Castria, decisa finalmente ad affrontare il padre non solo perché così avrebbe avuto la piena fiducia di Parmenione ma anche perché era sicura che la sua schiava meritava la sua stessa felicità. Tutti meritavano l'opportunità di essere felice. 

Parmenione rimase impassibile, come se la notizia non lo smuovesse di una virgola, anche se interiormente si stava lasciando andare alla gioia pura: "Ad Eliona posso pensarci io, grazie", non lo aveva mai sentito ringraziare qualcosa, neanche suo padre e ciò le fece intuire che forse tra di loro si poteva creare un legame ancora più stretto di quello che il liberto negli anni aveva avuto con Longino. 

Si fissarono per istante infiniti, come a volersi sfidare l'un l'altra, e solo all'ultimo Parmenione sospiro ed aggiunse: "MI farò aiutare da quegli uomini, ma se non fanno come dico io non se ne farà più nulla e tornerò a lavorare da solo". Era consapevole che quello che gli stava chiedendo era un enorme sacrificio e che lui non era proprio tipo da manifestazioni di affetto, ma si lasciò andare in un slancio di felicità e lo abbracciò. 

Naturalmente lui rimase di pietra, immobile, mentre sentiva quel corpo piccolo da bambina su di lui. Il pensiero che quando le avesse detto la verità anche Clelia un giorno lo avrebbe abbracciato in quel modo, gli diede la spinta per lasciarsi andare e ricambiare il gesto. Un intimo abbraccio paterno che, senza alcuna parola, significava tutto. 

Spazio autrice: 

Scusatemi per il ritardo (ultimamente lo dico spesso) ma questi ultimi giorni sono stati difficili a causa del caldo, per fortuna oggi ha rinfrescato parecchio e sono riuscita a mettermi di nuovo al computer. A presto con il prossimo capitolo 😘😘😘😘😘.

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