XXVIII. Odi et amo

"Falco, smettila, qualcuno ci sentirà", ma non riuscì a finire il suo rimprovero perché scoppiò a ridere quando il gladiatore le leccò una parte delicata del suo corpo. Zittita dai suoi modi così passionali, abbassò lo sguardo per ammonirlo solo con gli occhi ma lui non parve minimamente dispiaciuto, anzi, sorrise birichino.

"Lascia che ci sentano, tutti i gladiatori passano la loro notte in dolce compagnia", ammiccò in sua direzione, ritrovata la forza di giocare nel momento esatto in cui Castria gli aveva dato tutto l'amore di cui aveva bisogno. Poteva anche morire in pace, sapeva che la sua donna lo desiderava tanto quanto lui, e questo era sufficiente, almeno per il momento. Agli intrighi, le lotte e la sopravvivenza ci avrebbe pensato il giorno dopo, quando Castria non sarebbe stata lì con lui.

Doveva aver detto qualcosa di sbagliato perché Castria si scurì in volto e con tono quasi minaccioso, lo interrogò: "Anche tu passi le tue notti in dolce compagnia?". Non riusciva a non ammettere che non fosse gelosa, perché lo era da impazzire. Falco aveva tanta esperienza, con molte donne - e anche uomini- più intraprendenti e più sapienti di lei nell'arte del sesso. Come poteva competere con una donna che lo faceva per mestiere? O chi invece pagava per allontanarsi dalla quotidiana noia di tutti i giorni? Si sentiva piccola e troppo innocente di fronte a tutti quei pensieri.

Ma lui non rise, di fronte alla sua bambinesca insicurezza, anzi, le accarezzò delicatamente una guancia e le sfiorò il volto con il naso, in un tocco così affettuoso e dolce. Si strusciò su di lei, sempre con un sorriso sul viso mentre le sussurrava: "Da qualche mese il mio letto è vuoto e stava aspettando solo te".

Detto ciò torno all'attaccato e all'esplorazione di quel corpo che aveva da poco conosciuto ma che ancora sapeva di poter scoprire ancora di più. Con più decisione, dato che non era ormai spaventato dal poter far male o a spaventarla, usò le mani per insinuarsi dentro di lei, allargandole le gambe e trovandola già pronta per lui.

Sorreggendosi sui gomiti, non solo per non gravare con il peso su di lei ma anche per poter vedere bene, passò il suo sguardo famelico su ogni sua curva, mentre con le dita creava immaginari cerchi, accarezzandola e portandola quasi sull'orlo del precipizio della passione.

"Guardami!", le ordinò quando lei chiuse gli occhi, completamente rapita da quel piacere di cui prima ne aveva avuto quasi solo un assaggio e scoprendo improvvisamente che i limiti erano ben oltre. Ubbidendogli, riaprì gli occhi e l'incastrò nei suoi, trasmettendo al gladiatore tutte le emozioni incontrollate che stava provando. A Falco bastò semplicemente quello sguardo per farlo eccitare come mai prima.

Ma non s'immerse immediatamente in lei, continuò gustarsi quel momento, tocco dopo tocco, carezza dopo carezza, quasi sul punto di avere un orgasmo senza neanche essere penetrato, sapendo che anche lei era vittima di una lenta e dolce tortura. Assecondava con il bacino ogni suo gesto e ogni suo movimento, spingendo le sue dita sempre più affondo, scossa da brividi di piacere. E ad ogni minuto che passava i suoi lamenti si facevano sempre pi forti, fino a quando non eruppe in un grido disperato: "Falco, ti prego", lo supplicò senza vergogna, con la fronte imperlata di sudore.

Il sorriso soddisfatto che spunto sul volto mascolino del suo compagno le fece perfino tirare un sospiro di sollievo e quando sentì chiaramente la sua forte e calda mano uscire da lei, quasi si pentì. Per qualche secondo si sentì fredda e vuota senza di lui, agognando sempre di pi quel contatto fisico di cui non poteva più fare a meno. Ma quella tristezza durò solo qualche istante, perché subito dopo il gladiatore fece qualcosa che mandò letteralmente su di giri la ragazza.

Continuando a guardarla con quella scintilla maliziosa negli occhi, e un sorriso che la diceva lunga su quanto fosse sicuro delle sue prestazioni sessuali, Falco si portò le dita alla bocca, quelle con le quali l'aveva toccata fino a quel momento, e le leccò, davanti agli occhi stupiti ed eccitati di Castria. Non sapeva il perché, ma trovava quel gesto talmente intimo, eccitante e sessuale che qualcosa dentro di lei si mosse, incontrollato e desideroso di portare avanti quella danza di corpi.

"Ora la mia bocca sa di te, ed è un sapore davvero molto buono", la stuzzicò lui con una voce talmente bassa e gutturale da sembrare quasi il ringhio di un animale, in grado di bagnare ancora di più le gambe di lei. "Vuoi assaggiare?" le chiese un istante prima di calare sulla sua bocca e baciarla, mischiando i loro sapori nel modo più dolce e sensuale possibile.

Con la mano la prese dietro al collo, proprio sotto all'attaccatura dei capelli, e la costrinse ad alzare leggermente la testa dal letto, per poter stare ancora più schiacciati l'un l'altra. E solo in quel momento lui entrò dentro di lei, unendo finalmente i loro corpi per la seconda volta in una sola notte. Castria pensò che, se fosse possibile, era ancora più bello della prima volta, forse perché non più preoccupata dal dolore e dalla sensazione di non essere all'altezza.

Poteva finalmente capire perché molti uomini si erano rovinati la vita a causa di quegli unici intensi momenti di sesso. Ma tra lei e Falco non era semplice, come qualsiasi atto sessuale consumato con una semplice lupa o schiava. Perché quando lui la riempiva in quel modo, sembrava che perfino gli Dei fossero così vicini da poterli toccare e vivere per qualche minuto come sull'Olimpo.

"Parlami della tua vita da uomo libero", esordì lei dopo svariati minuti di silenzio, con la testa di Falco posata sul suo seno, ancora stanchi ed affaticati dal sesso. Era sempre stata curiosa di scoprire qualcosa di più del suo misterioso passato ma ogni volta che aveva fatto qualche domanda, Falco si era chiuso in se stesso e aveva deciso di non condividere con lei la parte più dolorosa della sua vita. Poteva capire che per lui era difficile, ma sapere quello che aveva passato, come era nato e cresciuto, poteva essere di vitale importanza per capire fino in fondo la sua natura.

Lo sentì irrigidirsi, sopra di lei, e deglutire così forte che ebbe quasi paura si potesse strozzare. Credeva che lui le avrebbe negato ancora una volta quella storia, ma avevano condiviso qualcosa di talmente intimo, in una sola notte, che ormai entrambi potevano considerarsi come una persona sola. E aprirsi con la donna che amava, raccontarle tutto di lui, per fare l'ennesimo passo avanti verso un futuro insieme. Castria gli aveva raccontato praticamente tutto di lei, anche le cose più banali, marcando le sue storie con la sua voglia di libertà e su quanto si sentisse sempre inappropriata in quella società così maschilista.

Nonostante non avesse una storia tanto travagliata alle spalle, lei aveva comunque deciso di fargli conoscere ogni suo dubbio, ogni sua paura, ogni piccola storiella, anche la più imbarazzante, che la riguardava. Il minimo che poteva fare era raccontarle come era finito all'interno di un'arena a combattere per la propria.

Per questo dopo aver tirato un lungo sospiro, e senza mai staccare la guancia dal suo petto, iniziò a parlare: "Sono nato in Dacia, una terra selvaggia e piena di barbari, come direbbe la tua gente", sapeva che Castria non aveva nulla a che spartire con i romani che lo avevano considerato solo un pezzo di carne, eppure erano nati tutti sotto le stessi leggi, allattati da quella madre lupa che era Roma.

"La mia era una famiglia molto numerosa, sono cresciuto con tanti fratelli e sorelle, così tanti che non ricordo neanche il numero. In realtà, molto dettagli della mia vita passata sono sfocati, alcuni dimenticati del tutto, altri solo così surreali da non sembrarmi neanche veri. Ricordo di essere cresciuto vicino ad una foresta, e che ero uno dei più grandi in famiglia, prossimo ad assuolarmi nell'esercito Dacico. Ricordo che con i miei fratelli andavamo spesso a caccia nel bosco, e che ci piaceva arrampicarci sugli alberi. Ricordo che ogni volta che tornava a casa, mia madre e le mie sorelle avevano preparato qualcosa di delizioso per noi..."

Era da tanto tempo che non pensava più alla sua famiglia, che non si concentrava per ricordare qualcosa in più che non fosse solo un nome o un semplice ricordo, e nonostante ormai le avesse persi da molto tempo, nonostante ad un uomo con il desiderio di sopravvivere non era concesso il dolore, sentì una fitta al cuore. Non era riuscito a piangerli, era stato strappato via da loro con una tale brutalità che una parte di lui non credeva neanche alla loro morte.

Era andato avanti, con tale facilità perché la vita da schiavo glielo aveva imposto, ma lì sdraiato con Castria, poteva permettersi di essere debole per qualche ora. Poteva permettersi di ripensare a loro, rattristarsi e sentire la loro mancanza. "Non ho molti ricordi di mio padre, era sempre via. Ma ricordo che lo stimavo moltissimo perché era una guerriero, forte, orgoglioso e credeva fortemente nella libertà del nostro popolo. E all'epoca anche io volevo diventare un guerriero come lui".

"Del villaggio dove vivevo, ricordo solo che non era molto grande ma che sembrava sempre in pieno fermento, forse perché ognuno aveva sempre qualcosa da fare. Le donne erano sempre pi numerose perché gli uomini erano via per la guerra, e i bambini giravano e correvano tra le vie delle villaggio, senza controllo. Era un luogo pieno di vita, come Roma ma in modo diverso, non so se mi spiego", era difficile per lui mettere in parole tutto ciò che aveva visto, sentito e provato, eppure Castria si limitò ad annuire, accarezzandogli i capelli per dargli un po' di conforto. Non avrebbe saputo comunque che cosa dire.

Lui non sembrò accorgersi molto della sua presenza, ormai con lo spirito tornato indietro a cercare di ricordare un tempo che non era più suo. "Ogni volta che mio padre tornava da una guerra, portava tutti i suoi figli maschi nel bosco per la notte. Cacciavamo tutti insieme e mangiavamo ciò che avevamo ucciso, davanti ad un fuoco, mentre lui ci raccontava storie di guerra, di sangue ed onore. Pendevamo tutti dalle sue labbra, così eccitati all'idea che un giorno anche noi saremo stati su un campo di battaglia ad uccidere nemici in nome del nostro popolo".

"All'epoca credevo che uccidere una persona fosse la cosa più semplice al mondo, ed invece non è affatto così. Ogni volta che togli la vita a qualcuno, una parte di te se ne va insieme a lui, per sempre, e a te non rimane che sognarti la notte il momento in cui hai smesso di essere un uomo e sei diventato una belva. Ma questo mio padre non me lo ha mai detto e ho dovuto scoprirlo nel peggiore dei modi".

Castria capì che stavano per raggiungere il momento del racconto più difficile e doloroso per Falco, perché il suo tono assunse tinte fosche e il suo respiro si fece più corto. Lo sentiva soffrire, come se lo stesso dolore lo provasse anche lei, e avrebbe tanto voluto farlo smettere, per dargli solo amore e affetto. Ma non parlarne non avrebbe significato che quegli eventi terribili non erano mai successi. Non parlarne voleva solo dire ignorarlo, ma prima o poi sarebbe comunque venuto a galla tutto quel dolore, tutta quella disperazione.

Per questo non lo fermò, lasciò che continuasse a parlare, sicura che il peggio stava arrivando e che per Falco era come rivivere quei momenti. "E poi sono arrivati i legionari. Il mio popolo credeva di farcela, pensavano tutti di essere abbastanza forti da distruggere l'Impero più potente e, senza fare troppe domande, hanno seguito un re pieno di orgoglio, riempiti di quegli ideali con i quali sono cresciuto anche io. Ho chiesto a mio padre di andare con lui, mi sentito pronto per affrontare i romani, ma lui mi lasciò a casa. Mi disse che dovevo prendermi cura della famiglia, e lo vidi andare via una notte, insieme agli altri uomini del villaggio".

Non ricordava molto della sua infanzia ma quei giorni, quei momenti che hanno segnato per sempre il suo destino, quelli li ricordava con tale nitidezza che sembrava quasi accaduto il giorno prima. E più ne parlava più nuovi particolari tornava a galla. "Venimmo a sapere che si suicidò, quando fu catturato dai legionari. Non riuscii a piangerlo, perché mi aveva insegnato ad essere orgoglioso di un uomo che si toglie la vita con onore pur di cadere in mano dei nemici".

Per Castria era incomprensibile una mentalità del genere, nonostante anche tra le file romane fosse in uso il suicidio in molti casi e veniva considerato un atto di sacrificio. Eppure per lei, che di guerra non se ne intendeva, la morte non era la salvezza. Non disse nulla, continuò ad accarezzargli i capelli come se fosse un bambino, anche se dentro di lei una voragine di tristezza stava crescendo sempre di più, man mano che i ricordi uscivano da Falco.

Lui ormai non sembrava più cosciente di essere sdraiato con la donna che amava, anzi, ormai era lì, in quella casa vicino al bosco, con i suoi fratelli e sorelle e la madre sempre preoccupata per la guerra. "Avevo intenzione di partire per la guerra, per onorare il nome di mio padre, o fare la sua stessa fine. Ma non ne ebbi il tempo", iniziò a parlare ma improvvisamente fu costretto a smettere perché la voce gli mancò.

Non aveva avuto difficoltà a parlare fino a quel momento, neanche quando aveva rivelato del suicidio di suo padre, eppure quella notte per lui era uno dei ricordi che più di tutti avrebbe voluto tanto cancellare dalla sua mente. A volte se la sognava, incessantemente, un incubo che sembrava non avere mai fine. Sospirò e prese fiato per ben tre volte, sopra al petto di Castria che continuava ad aspettare con tranquillità. Gli avrebbe dato tutto il tempo di cui aveva bisogno.

E quando finalmente ritrovò la voce, ed il coraggio, la sua voce era ancora più bassa del normale. "Arrivarono al villaggio di notte, quando ormai si erano già presi tutto e del nostro regno non era rimasto quasi nulla. Al villaggio c'erano solo donne, anziani e bambini. Tutti quelli si arresero vennero fatti prigionieri, mentre gli altri uccisi. Mia madre si è rifiutata di arrendersi, la donna di un comandante, di un uomo così forte come colui che ci aveva messo al mondo, non si sarebbe mai inginocchiata. Io ho cercato di combattere per tutti loro, ero l'unico con un minimo di addestramento, ma non sono riuscito a salvarli".

Una sola, singola e solitaria lacrima gli rigò il viso e cadde proprio sul petto di Castria, umida e fredda. Lei la lasciò lì, lasciò che si asciugasse con i loro respiri mentre il racconto giungeva verso la fine. "Li hanno uccisi tutti, li hanno uccisi tutti perché non si sono sottomessi alla forza romana. A quel tempo ero così orgoglioso di loro, perché non si erano piegati... Ora penso che se l'avrebbero fatto, sarebbero vivi".

"Tu ti sei arreso?", interruppe per la prima volta il corso delle parole di Falco, perché lui sembrava voler evitare quella parte della storia mentre lei voleva, anzi doveva, sapere. Lo sentì rabbrividire sopra di lei prima di percepire le sue parole, quasi come un sussurro: "Non mi sarei arreso per nessuna ragione al mondo", e c'era una certa solennità in quello che disse, come una promessa vecchia di tanti anni che non avrebbe mai infranto. Per questo Castria non dubitò neanche un attimo di lui.

"Il legato dell'esercito mi vide combattere con i suoi uomini, con una tal ferocia che ne rimase colpito. Anche se non avevo esperienza, e alcuna possibilità con quei romani così preparati, mi battevo come se ne valesse, non la mia vita, bensì la mia anima. Così invece di uccidermi mi fecero prigioniero, secondo il legato sarei stato un ottimo gladiatore, così una volta tornato a Roma mi ha venduto ad Apollonio. Il resto della storia la sai".

Calò improvvisamente il silenzio, fino a quel momento Falco aveva parlato senza sosta ed era stato quasi confortante, nonostante la natura della sua confessione. Ma quando finì, Castria si sentì opprimere da quel silenzio e così chiese l'unica cosa che in quel momento le premeva sapere: "Come fai ad amarmi così tanto se la mia gente ti ha rovinato la vita?".

Una volta Falco le aveva detto che era perfino contento di essere diventato schiavo perché ciò gli aveva dato l'opportunità di conoscerla, ma lei non riusciva proprio ad immaginarselo. Se fosse successo a lei, se le avessero ucciso tutta la famiglia, non sarebbe stata così tranquilla.

Eppure lui si alzò, per poterla guardarla in faccia e, nonostante i suoi occhi tristi, dalla sua bocca spuntò un sorriso: "Castria, questa è la guerra... I vincitori prendono, i vinti cedono. Ho odiato così tanto, per tanto tempo, e ho sfogato tutta la mia rabbia nei combattimenti, forse proprio per questo sono diventato il campione. Ma stando a contatto con questo mondo, ho scoperto anche che il mostro che io credevo essere Roma e il suo Impero, non era proprio come l'ero immaginato".

Si spostò di lato, e appoggiò il gomito sul letto, proprio affianco alla testa di Castria, per poter stare alzato abbastanza da poterla vedere. "Il mio popolo, quello che io conoscevo, non esiste più, e con loro è morto anche quel ragazzino che, ingenuamente, credeva in una causa che in realtà non conosceva. Roma mi ha tolto tutto, la mia famiglia, il mio onore, la mia libertà... E la odio per questo. Ma Roma mi ha anche dato tanto. La forza, il coraggio, la voglia di vivere e combattere, e un cuore che batte al ritmo del mio. E la amo per questo".

Prima ancora che Castria potesse anche solo ripensare alle sue parole, Falco calò su di lei e la baciò, di nuovo. Un bacio mischiato alle loro lacrime, dolci e amare. Lacrime di tristezza, frustrazione e dolore ma anche lacrime di gioia, amore e passione. Perché il loro rapporto era proprio come Roma. Distruttivo, impossibile ma bello e coinvolgente allo stesso tempo. E fuggire da quei sentimenti contrastanti era qualcosa che ormai non era più contemplata, ormai era troppo tardi.

Il mattino seguente la guardia riaprì la cella e neanche si accorse che Falco non era da solo nel letto. Non diede neanche un occhiata e passò direttamente alla cella successiva. Quando si fu allontanato abbastanza, Falco l'accompagnò fino all'uscita sul retro, preoccupato che potesse essere scoperta. In realtà a quell'ora della mattina non c'era proprio nessuno.

Separarsi fu davvero difficile, proprio come avevano immaginato entrambi. Dopo quella folle notte di amore, sesso, passione, confidenze e di nuovo amore, sesso e passione, si era creato un legame che né Castria né Falco avevano mai avuto con qualcun'altro. Dividersi voleva dire creare un vuoto laddove fino a qualche istante prima c'era il loro amore. Ma un nuovo giorno stava iniziando e con lui anche la realtà dei fatti.

Castria non poteva restare con lui, doveva fingere con la sua famiglia che andava tutto bene e stare il più possibile lontano da quel viscido di Tullio, mentre Falco cercava una soluzione alternativa. Non si sarebbero arresi, non proprio quando ormai avevano superato quel limite ed erano diventati una cosa sola.

Castria era fiduciosa che Falco sarebbe riuscito a raggiungere la libertà, credeva in lui e sapeva che gli Dei erano dalla loro parte. Avevano benedetto la loro unione, la notte prima, perciò li avrebbero aiutati a vivere per sempre insieme.

Dopo svariati baci, finte separazioni e raccomandazioni, lei si mise sulla via del ritorno, sorridente e così allegra che aveva quasi la voglia di saltellare in giro per la città e gridare a tutti quanto amasse il suo gladiatore.

Non aveva neanche pensato a cosa avrebbe detto alla sua famiglia, qualora si fosse accorta che non era a casa, e non le importava molto. Si sarebbe inventata una scusa, anche una banale, e avrebbe ignorato le lamentele e le sgridate di suo padre, perché nessuno le avrebbe rovinato quella giornata inizia più che bene.

Così, quando varcò la soglia di casa e sentì delle voci provenire dall'atrium, pensò che sicuramente la sua famiglia si era accorta della sua assenza. Ma non ebbe il tempo per pensare ad una scusa perché non appena entrò nell'ambiente si rese conto che suo padre e sua madre non erano da soli. In piedi vicino all'impluvium, c'erano altri due uomini e tutti e quattro si voltarono verso di lei non appena la videro.

Rimasero tutti e cinque fermi ed in silenzio, in una situazione che Castria trovò alquanto strana, fino a quando sua madre le andò incontro, già con le lacrime agli occhi e l'abbracciò in una stretta poderosa. "Oh, cara, mi dispiace così tanto", le sussurrò all'orecchio, singhiozzando, e la lasciandola ancora più perplessa.

Non aveva mai visto sua madre piangere e subito si chiese che cosa era successo. Il suo sesto senso le disse che era morto qualcuno e il suo primo pensiero andò al fratello, partito per la guerra. Falco stava bene, lo aveva lasciato da poco, perciò doveva trattarsi per forza di lui.

Eppure quando uno di quei due uomini parlo, con naturalezza e voce ferma, le sue parole la mandarono completamente fuori strada: "Tuo padre ci ha detto che eri amica della lupa di nome Crisante, è vero?".

Quel momento così imbarazzante, quegli sguardi così penetranti e quel suo modo di parlare della sua migliore amica al passato, furono tutti segnali inequivocabili. Ma non ebbe il tempo, né la voglia, di elaborare la notizia, perché non appena capì quelle parole poco chiare, le forze l'abbandonarono e cadde a terra. Il buio s'impadronì di lei. Un buio più confortante della realtà.

Glossario:
- Dacia: Era una ampia regione dell'europa centrale (Romania, Moldavia, Ungheria ecc), abitata da diverse popolazioni quali Geti e Daci. Fu conquistata tra il 101 e il 106 da Traiano che fece raffigurare la guerra sulla colonna Traiana.

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