XXI. Acus discordiae

La villa di Tullio non poteva che essere completamente l'opposto di quella di Apollonio. Grande e maestosa, certo, ma senza tutta quella opulenza ostentata dal lanista. Il vestibulum* era arredato arredato con i busti degli antenati della sua famiglia, facce severe che sembravano guardare e giudicare attentamente Castria. Si soffermò ad osservare attentamente il volto solcato dalle rughe del nonno di Tullio. Il naso aquilino, il cipiglio sempre arrabbiato, non sembrava per niente simile al nipote e se non fosse stata per l'insegna in ora affissa sotto il busto non avrebbe mai capito che erano consanguinei.

"Vieni Castria", la chiamò sua madre, ridestandola dai suoi pensieri e costringendola ad entrare effettivamente nel cuore della casa. E la prima cosa che riuscì a vedere una volta lasciato il corridoio, fu la quantità di ospiti in toga. Magistrati, sanatori, pretori, tutti a rendere onore ad una famiglia che di patrizio non aveva nulla. Ma aveva i soldi e il potere, tutto ciò che bastava per essere qualcuno a Roma.

La famiglia di Tullio aveva scelto di abbellire il proprio atrium con scene prettamente marine, affine al grande vaso posto a terra dal quale fuoriusciva una piccola cascata di acqua pulita e fresca direttamente nell'impluvium. Il suono che produceva quel costante fluire sarebbe stato anche dolce all'orecchio se solo non fosse stato coperto dai musici che Tullio aveva ingaggiato per intrattenere i suoi ospiti.

Un suonatore di tibia, che soffiava allegramente all'interno del suo strumento, quasi saltellando prima su un piede e poi sull'altro. Una suonatrice di cetra, seduta su uno sgabello, che sfiorava con tale delicatezza le corde del suo strumento che quasi sembrava non toccarle e che il suono uscisse fuori solo per magia. Un giovane ragazzo che suonava una chitara, così concentrato sulle note che produceva da non tener conto di tutti i presenti. Insieme creavano una melodia accordata in sottofondo alla festa, una melodia in grado di catturarti e farti perdere la cognizione del tempo e del luogo.

Le schiave più belle servivano cibo e bevande spostandosi da una parte all'altra della sala, quasi invisibili alla maggior parte delle persone. Un forte odore di spezie, misto ad un profumo floreale, era la cosa che per prima colpiva il naso degli avventori mentre fiaccole e lanterne illuminavano l'intero ambiente. Il tutto contribuiva a dare alla festa un'aria quasi intima nonostante fossero presenti così tante persone.

Una sensazione di disagio pervase immediatamente il cuore di Castria. Il suo sesto senso le diceva che quella serata sarebbe stata terribile. Non solo perché Tullio avrebbe annunciato il loro matrimonio, ma anche perché quando voltò lo sguardo, vide Falco, in piedi e in fila con gli altri gladiatori. Braccia conserte, gambe leggermente divaricate e la testa girata nella sua direzione. L'aveva vista nel preciso istante in cui aveva messo piede nella villa.

Era impossibile per lui non notarla, specialmente quella sera. Indossava una lunga veste del color del mare in tempesta con una cintola in pelle legata proprio sotto al seno a metterle in evidenza le curve mediterranee e il collo scoperto. I capelli legati dietro il capo senza troppe pretese ma comunque in modo ordinato e un filo di trucco sugli occhi a darle quasi un'aria egiziana. Nel vederla il cuore aveva perso un battito e quando finalmente si accorse che c'era anche lui gli regalò uni di quei suoi sorrisi dolci e sinceri, tutto per lui.

Non perse neanche un istante, si congedò dai suoi genitori evitando così di andare a parlare anche con Tullio, ed attraversò la stanza per avvicinarsi all'unica persona felice di vedere. Non si preoccupò che il suo atteggiamento potesse sembrare strano, c'erano così tante persone in quella stanza che nessuno avrebbe fatto caso a lei. Mantennero entrambi il contatto visivo, come se perdersi di vista non era concepito e quando furono abbastanza vicini tanto che Falco avrebbe potuto afferrarla e stringerla a sé. Ma non lo fece per non insospettire gli ospiti più vicini. Finché si guardavano e scambiavano solo qualche parola andava bene, tutti lo facevano, ma toccarsi in pubblico in modo così intimo era fuori discussione. E il fatto che entrambi volessero invece sfiorarsi, abbracciarsi e baciarsi lo si poteva intuire dai loro sguardi sofferenti.

"Perché sei qui?", Castria spezzò quel silenzio con una domanda di cui le premeva sapere la risposta. Nonostante sembrasse serena all'esterno, dentro di sé si stava domandando perché gli Dei avessero deciso di punirla. Una parte di lei era felice di vedere Falco, ma l'altra era in apprensione. Come avrebbe reagito il gladiatore durante l'annuncio di matrimonio? Lui naturalmente non poteva neanche immaginare che cosa passava per la testa della ragazza, ed era solo contento di vederla: " Il padrone di casa ha richiesto la nostra presenza all'ultimo, questa mattina... L'ennesima attrazione per i ricchi nobili di Roma", neanche un po' si risentimento nel tono di voce mentre si paragonava ad un oggetto.

La voce gli divenne più curiosa quando aggiunse: "Invece tu, perché sei alla festa di quel romano?", non riusciva neanche a pronunciare il suo nome tanto era l'odio per quel pallone gonfiato che, ne era sicuro, aveva messo gli occhi sulla sua donna. Lei gli aveva assicurato che non c'era nulla da temere, che il suo cuore batteva solo per lui, eppure Falco non riusciva a smettere di pensare a loro due, insieme. E non poteva sopportarlo.

Il fatto che lei distolse lo sguardo, per evitare di guardarlo negli, lo mise in allerta. C'era qualcosa che voleva tenergli nascosto e lo capì anche dal modo in cui liquidò la faccenda, senza troppe parole. "Mio padre è un grande amico del suo, tutto qui", ma il suo tono di voce non lo convinse per niente.

Aveva deciso di rinunciare a fare altre domande, non era quello il luogo adatto, e di dirle quanto la trovava bella quella sera, ma Tullio si avvicinò a passo svelto interrompendo così la loro conversazione. Falco strinse i pugni più forte che poté e digrignò i denti nel vedere il giovane romano mettersi tra di loro e di fatto porre fine a quel momento intimo.

Vestito di tutto punto e tronfio come pavone sorrise alla sua ospite con gli occhi che gli brillavano di una lussuria che fece montare ancora di più la rabbia al gladiatore. "Mia cara Castria, vedo che l'arte gladiatoria ti è molto gradita", iniziò con voce velata dalla malizia,lanciando un'occhiata furtiva a Falco, ignaro di quello che lui stava pensando in quel momento.

Probabilmente lo avrebbe fatto frustare anche solo per aver pensato di sbattere la sua faccia da prepotente su quel pavimento in mosaico. Ma Castria, invece, intuì immediatamente che cosa passava per la testa del gladiatore, lo si poteva capire dalla sua espressione spaventata. Aveva capito che sarebbe scoppiato un putiferio se non avesse provveduto a tenere lontani quei due. Falco non poteva attirare l'attenzione, ne tanto meno aggredire un cittadino libero come stava pensando. Se aveva perso la sua serenità solo a causa della sua vicinanza, non poteva neanche immaginare come avrebbe reagito dopo l'annuncio.

Era davvero una situazione difficile, quella in cui si trovava Castria che avrebbe voluto avvisare prima Falco, per rassicurarlo ed evitare che si comportasse in modo sconveniente. Avrebbe dovuto dirgli tutto appena lo aveva visto, per prepararlo al momento. Se ne pentì mentre fissava prima Tullio e poi il gladiatore, indecisa sul da farsi. Ormai non poteva più parlare, non in presenza del giovane romano, perciò non le rimaneva che tenerli lontani il più possibile.

Si schiarì la voce e con il tono più civettuolo che riuscì ad usare, sfiorando un braccio muscoloso di Tullio, cercò di portare la sua attenzione altrove: "In realtà preferisco del buono cibo e del buon vino... perché non mi porti qualcosa?" Per tutto il tempo non guardò neanche una volta in direzione di Falco, ma con il suo corpo voleva fargli capire che era meglio se stava al gioco. Non potevano comunicare tra di loro a parole, a causa della presenza di Tullio, ma entrambi riuscivano a capire ciò che l'altro voleva dirgli.

"Ma certo, ti vado a prendere qualcosa da mangiare", pronunciò Tullio, contento che per una volta Castria sembrava accondiscendente e non sul piede di guerra come ogni volta che si vedevano. Non poteva sapere che in realtà il suo scopo era quello di allontanarlo, per poi poter parlare con Falco senza interruzioni. E c'era quasi riuscita, pronta a tirare un sospiro di sollievo che però le morì in gola.

Nel voltarsi per andare a cercare del cibo, infatti, Tullio si accorse di un luccichio tra i capelli color grano di Castria e tutto fiero e soddisfatto non poté non aggiungere a voce alta: "Sono contento che il mio regalo ti piace così tanto d'aver deciso d'indossarlo proprio oggi". Non poteva neanche immaginare che cosa significavano quelle parole per Falco che 's'irrigidì sul posto. Ormai vedeva tutto sfocato a causa della rabbia, e anche della delusione.

Non riusciva a vedere neanche Castria che nel frattempo si era voltata per fissarlo e notare se c'era qualche cambiamento in lui. Anche un cieco si sarebbe accorto che il gladiatore era sul punto di esplodere e perfino Tullio che capì che c'era qualcosa che non andava. Non avrebbe mai immaginato la verità ma iniziò a farsi delle domande.

Per istanti infiniti, i tre rimasero in silenzio, tra di loro una strana atmosfera tesa e la sensazione che presto sarebbe scoppiato un uragano. Castria avrebbe voluto avvicinarsi a Falco e fargli che non era come pensava, quasi urlargli addosso tutto quello che provava. Che di Tullio non le importava nulla, che era stata incastrata da suo padre e da sua madre, che avrebbe voluto farle vedere a tutta Roma quanto lo amava.

E invece rimase zitta ad osservarlo, cercando di far capire tutto ciò solo con il suo sguardo. Purtroppo però Falco non sembrava voler recepire il messaggio, troppo preso dalla gelosia e dalla rabbia per poter pensare a qualcosa di diverso. Fece mezzo passo avanti, per avvicinarsi a Tullio, con gli occhi inniettati di sangue e il volto paonazzo dalla furia. In quel momento non era in sé, bensì una versione più iraconda, impulsiva e anche leggermente stupida.

Neanche durante i combattimenti lasciava che la parte più cruenta di lui prendesse il controllo del suo corpo, perché la lucidità era la cosa fondamentale quando si lottava nell'arena. E in realtà non si era mai sentito in quel modo, con la furia cieca a coprire ogni cosa intorno a lui. Neanche quando aveva perso la sua famiglia.

Se non fosse stato per un intervento tempestivo del padre di Tullio, che in mezzo alla folla a voce alta, chiamò il figlio con un calice ben alzato verso il cielo, probabilmente Falco lo avrebbe aggredito. E di ciò il romano ne era all'oscuro, tanto che sorrise a Castria, ingenuamente, pregustando quello che sarebbe successo di lì a pochi minuti. Era convinto che lei non sapesse niente e anche solo l'idea di sorprenderla lo eccitava.

"Vieni con me Castria, c'è una cosa a cui devi assistere... lasciamo da sole queste belve, ed andiamo tra i civili", pronunciò l'ultima frase lanciando un'occhiata molto esaustiva a Falco. Non sapendo assolutamente che il gladiatore stava ponderando il modo migliore per staccargli la testa - magari anche il più lento per farlo soffrire - si prese anche questa piccola soddisfazione, sentendosi sempre superiore a persone come Falco anche solo perché non erano libere.

Tullio circondò l'esile vita di Castria ed insieme si voltarono, senza dare modo a Falco di mettere in atto il suo piano omicida, che poi lo avrebbe senz'altro portato alla morte. Deluso, con il cuore al pezzi, cercò di volgere lo sguardo altrove quando vide Castria girarsi solo per guardarlo. Eppure fu più forte di lui, mantenne il contatto visivo, e gli fece capire con tutto se stesso quanto fosse affranto da quella situazione. Sapeva di essere un po' meschino, ma voleva che lei sapesse quanto stava soffrendo.

E Castria lo percepì veramente, sulla pelle, nelle ossa, tra le vene. Lo percepì e rabbrividì, sentendosi immediatamente in colpa. In realtà non aveva fatto nulla eppure non poteva fare a meno che sentirsi colpevole. Forse anche perché sapeva che cosa sarebbe successo in pochi minuti, e l'idea che Falco sarebbe stato costretto a vedere tutto la faceva stare ancora più male.

La musica armoniosa che fino a quel momento aveva accompagnato la sua permanenza alla villa, non arrivò più alle sue orecchie. Al suo posto un suono sordo, come un fischio, che le impediva perfino di ascoltare le parole pronunciate dal padre di Tullio e da lui stesso. Capì che c'era qualcosa che non andava quando il mondo intorno a lei iniziò ad essere sfocato, e poi il pavimento sotto i suoi piedi cominciò a muoversi.

Non sentì alcuna parola pronunciata da quello che sarebbe presto diventato suo marito, che in mezzo alla folla agitava le mani come un oratore provetto e sorrideva ammiccando un po' a tutti. Poteva solo immaginare che cosa stava dicendo ma, più si sforzare di capire, più le sembrava di essere sott'acqua.

Quando lui allungò una mano nella sua direzione, la prese come se fosse il suo salvagente, lasciandosi condurre al suo fianco, proprio al centro della folla. E in quell'istante seppe che aveva appena annunciato il loro matrimonio. Non lo sentì, ma lo percepì. Da come la stringeva a sé tutto fiero e sorridente, da come gli ospiti applaudivano e dal sorriso gioioso di sua madre, in prima fila ad assistere al momento.

Alla ricerca dell'unica persona che avrebbe voluto vedere in quel momento, gli unici occhi scuri in cui desiderava perdersi, lo cercò con gli occhi lontano dalla folla, prima a destra e poi a sinistra. E solo quando riconobbe il suo sguardo, oltre ad altri cento, il mondo intorno a lei smise di tremare, i colori divennero più chiari e la musica tornò a pervadere i suoi timpani con delicatezza.

Pensò in una frazione di secondo che non importava cosa Tullio avesse appena detto, perché lei amava Falco e non avrebbe sposato nessun'altro al mondo. Era qualcosa che sentiva dentro di sé e che era impossibile da ignorare. Ci poteva anche provare, ma poi sarebbe stato come uccidere una parte di lei.

Proprio come una parte del cuore di Falco morì nell'ascoltare le parole di quel pallone gonfiato che aveva sempre saputo essere il suo avversario. Sentimenti contrastanti gli percossero il corpo, tanto da farlo tremare. Rabbia, che da quanto aveva messo piede in quella villa era diventata sua cara amica, delusione, nei confronti di Castria e delle illusioni che si era creato nella sua testa, ma soprattutto sconfitta. Quest'ultimo uno stato d'animo che proprio non aveva mai conosciuto, lui che era sempre stato un vincitore. E lasciò che tutte queste, e molte altre, emozioni lo avvolsero come una coperta calda in pieno inverno. Perché ne aveva bisogno, più dell'aria che respirava.

Quando sentì qualcosa di umido bagnargli la guancia capì che una lacrima solitaria gli aveva solcato il volto da guerriero. Se l'asciugò in fretta con il dorso della mano, perché un gladiatore non poteva mostrare la sua debolezza, soprattutto affiancò ad altri combattenti come lui. Interrompendo in modo brusco il contatto visivo con Castria, si voltò e, senza curarsi di eventuali ripercussioni, si allontanò. Non poteva restare in quella stanza un secondo di più senza commettere qualche gesto sconsiderato. Aveva appena perso la persona più importante per lui ma ancora ci teneva alla sua vita.

Castria lo trovò in un corridoio laterale che portava ai cubiculum degli schiavi, quasi privo d'illuminazione e poco visibile. Lo aveva seguito dopo aver notare un luccichio sul suo volto, luccichio che aveva subito intuito essere una lacrima e ne era rimasta turbata. Non solo perché non aveva mai visto Falco piangere, ne tanto meno un gladiatore qualsiasi, ma perché aveva letto il vero dolore nei suoi occhi. E l'ultima cosa che voleva era farlo soffrire in quel modo.

Appoggiato ad un mobile di legno posto al muso laterale, le dava la schiena e respirava con un certo affanno, come se avesse fatto una grande fatica quando in realtà non aveva neanche corso. Le sue spalle si alzava e si abbassavano a ritmo sostenuto e anche se non poteva vedergli il volto si capiva bene che faticava a mantenere il controllo.

Il desiderio di confortarlo con il suo tocco fu anche maggiore della paura che provava in quel momento e si apprestò ad allungare una mano per sfiorarlo e fargli capire che era lì. Ma lui lo aveva già notato, tanto che la fece saltare dalla paura che le sue fredde parole: "Dimmelo adesso se sto perdendo tempo con te", dal suo tono di voce si intuiva che voleva assumere un atteggiamento distaccato, furioso, ma che in realtà non riusciva a non mostrare tutto il suo dolore.

E cosa avrebbe potuto dire Castria per rassicurarlo? Quali erano le parole adatte da pronunciare ad un uomo in quel condizioni? Ce le aveva quasi sulla punta della lingua ma sembravano essere soffocate dalla paura. E quando lui si voltò, stanco di aspettare una risposta che sembrava non arrivare, il suo sguardo indagatore la paralizzò.

Con i suoi profondi occhi scuri erano riuscito a colpirla nel cuore, proprio come le parole di Tullio avevano ferito a morte quello di lui. Sembrava quasi supplicare, supplicare Castria di smentire tutto. Perché forse era stato solo un brutto incubo.

Ma invece lei non lo confortò come avrebbe voluto, perché quella non era altro che la realtà e prima di ogni altra cosa Falco aveva bisogno di tornare alla realtà. "Te lo volevo dire, prima che lo venissi a sapere in questo modo, davvero... ma non è come credi tu", iniziò lei un po' timida, rendendosi immediatamente conto che le sue parole erano povere. Non sarebbe riuscita neanche a convincersi da sola. figurarsi riuscire a riconquistare la fiducia di Falco.

"No, continua, voglio proprio ascoltare le tue giustificazioni. Spiegami perché indossi tra i capelli un suo regalo? E ancora, quale scusa hai per il vostro imminente matrimonio?" la incitò sarcasticamente Falco, quasi con un sorriso beffardo in volto. Un sorriso tirato, finto, che avrebbe voluto quasi sputargli addosso perché in quel momento era così furioso con lei che desiderava solo allontanarla.

Non riusciva a credere che avesse potuto mentirle, lei che sembrava così degna di fiducia, lei che più volte gli aveva dimostrato di voler stare solo con lui. Invece era stata solo un'illusione, un'illusione a cui Falco aveva creduto con tutto il suo cuore e proprio per questo soffriva come se lo avessero fatto in mille pezzi.

Bloccata dalle sue parole saccenti, dalla sua espressione di sfida e da quel suo atteggiamento impulsivo, che non aveva ma visto in Falco, restò ancora una volta in silenzio. Lui non aveva mai perso le staffe veramente quando era in sua presenza, lo aveva sempre visto affettuoso e amorevole e scoprire che poteva anche essere arrabbiato con lei, la spiazzò.

Ma quando poi si riprese, rendendosi conto che lui era arrabbiato perché all'oscuro di tutto ciò che c'era dietro a quella faccenda intricata, prese coraggio e si decise a far sentire la sua voce. Era sempre stata brava a farsi valere e le cose non sarebbero cambiate solo perché di fronte a lei c'era Falco.

"Tu non sai nulla, non puoi sapere che mio padre mi sta praticamente costringendo a sposare Tullio, non puoi sapere che ho cercato di ignorare questo suo stupido regalo... sai quanto me ne importa?" Iniziò quasi urlandogli in faccia tutta la sua amarezza, quella frustrazione che aveva accumulato nei giorni. Si sentiva in trappola, soffocata dalle aspettative che la famiglia aveva su di lei e fino a quel momento Falco era diventato la sua ancora di salvezza. L'unico in grado di farle tirare un sospiro di sollievo, perché con lui poteva essere se stessa. Anche per questo non poteva perderlo.

Con un gesto plateale si tolse l'acus liberando così i suoi capelli, finalmente sciolti e con il permesso di fare ciò che voleva, proprio come avrebbe voluto lei, e lanciò l'oggetto con un tale impeto che andò a sbattere contro la parete opposta, sotto lo sguardo di Falco che era rimasto impassibile.

"Io voglio stare con te, Falco, solo con te e con nessun'altro... Perché non vuoi capirlo?" Le lacrime ormai aveva preso il controllo del suo corpo, facendo tremare sotto gli spasmi del pianto, e offuscandole gli occhi. Non avrebbe voluto scoppiare a piangere, non mentre cercava di spiegare al suo amato le sue ragioni, ma certe cose non si poteva controllare. Una parte di lei, quella ancora un po' bambina, sperò d'impressionare Falco, a tal punto da fargli sbollire la rabbia. Sua madre le diceva molto spesso che funzionava, perché gli uomini erano in grado di andare fuori di testa quando vedevano una donna piangere. Ma non Falco.

Anzi, reagì esattamente all'opposto di come avrebbe potuto sperare, perdendo completamente il lume della ragione e la pazienza. Sentimenti contrastanti e in perenne lotta tra di loro vivevano dentro al corpo del gladiatore, mentre osservava la sua amata piangere e cercare, senza buoni risultati, di farsi ascoltare.

In un impeto di pura collera, l'afferrò per le braccia, stringendola fine a farle male, e la scosse più e più volte urlando così vicino al viso che Castria chiuse gli occhi, spaventata. "E allora perché non me lo dimostri? Perché non mi dimostri di volere solo me? Perché m'illudi?", nonostante i suoi gesti erano comandati dalla pura rabbia, le sue parole erano intrise solo e unicamente dal dolore. Qualcosa in lui si stava spezzando e Castria doveva impedirlo, prima che rimettere insieme i cocci sarebbe stato impossibile.

"Selvaggio, come osi mettere le mani addosso alla mia futura consorte?!" Furono interrotti dal pessimo tempismo di Tullio che, non vedendo più la ragazza tra i suoi ospiti, era andato a cercarla. Ed a causa sua perse anche l'opportunità di confortare Falco, di dirgli che avrebbe fatto qualsiasi cosa per dimostrargli quanto lo amava. Voleva dirglielo ma non ebbe l'occasione. Perché appena sentì la voce irritante di Tullio, sentì la morsa stretta sulle sue braccia venir meno e quando aprì gli occhi, si accorse che Falco stava caricando contro il romano.

Sapeva perfettamente che cercare di fermarlo sarebbe stato inutile ma comunque urlò il suo nome, sperando che la sua voce potesse ridestarlo da quella furia che lo pervadeva ormai da tutta la serata. Così fu costretta ad osservare il gladiatore che tirava un pugno dritto in faccia a Tullio. Ne sarebbe stata quasi felice - perché quel pallone gonfiato se lo meritava - se solo non avesse avuto la sensazione che Falco rischiava la sua vita per quel gesto avventato.

Il gladiatore afferrò con decisione il romano, prendendo un lembo della sua toga proprio sotto al collo, e, come se fosse un sacco di patate neanche troppo pesante, lo tirò su fino a quando i loro volti non furono abbastanza vicini. Dal naso di Tullio usciva copioso del sangue eppure la sua espressione non era per niente spaventata, anzi, un ghigno divertito gli deturpava quel volto sempre strafottente. O era stupido oppure voleva morire.

Chi meglio di Castria sapeva che quell'uomo si meritava una bella lezione? Eppure, senza neanche pensarci, si mise in mezzo, tra la sconsideratezza di Tullio e la follia di Falco. Non li fece per il romano, che non era degno del suo aiuto, ma per il gladiatore che già rischiava una severa punizione per aver colpito Tullio.

Con decisione, ma senza forzare troppo, mise una mano sul petto di Falco e lo costrinse a guardarla negli occhi, visto che fino a quel momento aveva volontariamente deciso di evitare il suo sguardo. Quello che vi vide fu paura, estrema paura, puro terrore. Non poteva sapere che era dovuta solo alla preoccupazione per la sua sorte e in pochi secondi trasse la conclusione che Castria era spaventata da lui. Dalla sua natura omicida e dalla sua furia. Ciò gli fece più male di mille colpi al cuore, più male di quanto potesse fare la morte. Ferito da se stesso, perché era solo lui la causa di tale paura, si scansò da lei quasi si fosse bruciato, lasciandola con un espressione confusa in volto.

In pochi istante la rabbia era sparirà, lasciando il posto alla vergogna per ciò che aveva fatto. Tullio si meritava questo ed altro, ma Falco avrebbe dovuto controllarsi di fronte a Castria. Lei non avrebbe mai dovuto vederlo in quel stato. Pensando di aver rovinato tutto, e di essere diventato un mostro agli occhi di Castria, si accasciò sul pavimento. All'improvviso non aveva neanche più la forza per muovere un muscolo.

Neanche ascoltò le parole di Tullio, sputate tra un misto di saliva e sangue, con ritrovata forza e coraggio. "Ne parlerò con il tuo padrone, gli dirò ciò che hai fatto, schiavo, e ci penserà lui a punirti a dovere", quasi rideva mentre s'inmaginava la scena e ci provava gusto a vedere il gladiatore umiliato. Castria notò la sua espressione e quasi ebbe un brivido quando capì che Tullio avrebbe mantenuto quella promessa, perché gli piaceva l'idea che Falco sarebbe stato percosso.

Non poteva permetterlo, per nessuna ragione al mondo, per questo cercò di usare l'arma più affilata che possedeva. La voglia di Tullio di averla, era più forte si qualsiasi altra cosa, non a causa di un puro sentimento come l'amore ma solo perché lei era una sfida. Un gioco.

Le costò molto ignorare Falco, che stava soffrendo sul pavimento nudo come se avesse subito la più dura delle sconfitte, e dedicare tutta la sua attenzione a quel romano che, più lo conosceva e più si convinceva che non poteva sposarlo. Non sarebbe riuscita a sopravvivere neanche un giorno sotto il suo stesso tetto. Ma per Falco avrebbe corso quel pericolo.

"Ti prego Tullio, non possiamo fare finta che non sia successo niente? Fallo per me", gli disse usando la sua voce più dolce, quella che raramente tirava fuori e solo in casi estremi quando voleva ottenere qualcosa. Con suo padre funzionava molto bene, la maggior parte del volte, e visto che sua madre diceva sempre che in fondo gli uomini erano creature deboli sperò che funzionasse anche con Tullio. Il ragazzo, infatti, mostrò i primi cenni di cedimento soprattutto al sentir pronunciare l'ultima frase.

Ma il giovane non era un debole come Longino e non era così semplice da convincere. " Ma, Castria, questo schiavo...", iniziò a dire con un tono misto tra l'indignato e il confuso. Non riusciva a capire perché lei volesse aiutare un semplice e selvaggio, che bob meritava neanche le sue attenzioni. E prima che la sua mente potesse vagare, e magari raggiungere anche la verità in pochi minuti, Castria gli diede un buon motivo per lasciar perdere.

Prese prima un lungo sospiro, sapendo che probabilmente se ne sarebbe pentita, ed annunciò tutto d'un fiato: "Farò tutto quello che vuoi", chiuse gli occhi e lasciò andare un lungo respiro con la consapevolezza di avergli dato un grande potere su di lei. Tanto che quando riaprì gli occhi lo vide sorridere, soddisfatto e contento. E, come previsto, se ne pentì immediatamente perché già sapeva che cosa Tullio gli avrebbe chiesto. Non c'era neanche bisogno di ascoltarlo, eppure lo fece.

"Bene, tu mi sposerai senza fare troppe storie", trattò con quel suo sorriso furbo, con il sangue che ancora gli colava dal naso. Dalla sua espressione Castria riuscì ad intravedere solo una malcelata gioia per aver vinto. Perché per lui si trattata solo di un gioco, un gioco in cui doveva essere il vincitore, a tutti i costi. Ed anche se Castria non poteva fare altro che accontentarlo, non poteva dargliela vinta completamente, non senza aver prima lottato.

" Ti sposerò solo se non ci sarà una buona ragione per non farlo", parlava con la consapevolezza che Falco avrebbe fatto di tutto per evitarlo. Anche se in quel momento sembrava più u ma statua di marmo, era sicura che non avrebbe permesso a Tullio di mettere le sue grinfie su di lei. Doveva solo far riprendere il suo campione, farlo tornare combattivo e i giochi potevano anche continuare.

Tullio le strinse la mano, accettando di fatto il patto, all'oscuro del piano che aveva la ragazza. Pensava che avrebbe vinto perché non c'era alcun buon motivo che avrebbe spinto lei e suo padre ad annullare il matrimonio. Si fece perfino convincere a tornare alla festa, lasciandola da sola con lo schiavo, perché nella sua testa c'era solo il grande matrimonio che avrebbe organizzato per la sua futura moglie ribelle. Ma nonostante tutto non riuscì a togliersi dalla testa che tra quei due c'era un rapporto troppo intimo. Non gli era sfuggito il modo in cui si guardavano, come se in quel momento si stavano dicendo mille parole. E non era passato inosservato il gesto di pura gelosia del gladiatore.

Quando finalmente furono rimasti da soli, Castria s'inginocchiò accanto a Falco e cercò di attirare la sua attenzione perché lui sembrava perso con la mente nel vuoto. "Falco, hai sentito? Io e Tullio ci sposeremo se non troverò un'altra soluzione". Sapeva che il gladiatore non avrebbe mai potuto permetterlo tanto che, quando sentì le sue parole si voltò finalmente a guardarla.

Dalla sua espressione sembrava quasi che avesse deciso di arrendersi ma vedendo la determinazione negli occhi della sua amata si riprese quel tanto che bastava per chiedere: " E come pensi di fare?", non l'aveva vista così sicura di sé e in quel momento anche lui avrebbe voluto provare i suoi stessi sentimenti. Voleva che lei condividesse la determinazione che la pervadeva.

"Facile, sposerò prima te... A quel punto Tullio non potrà fare più niente", quasi rideva mentre metteva a parte anche Falco del suo piano. Lui avrebbe voluto farai coinvolgere da tutta quella euforia ma non riusciva a togliersi dalla mente l'espressione spaventata di lei. Sembrava che fosse tutto passato, perché i suoi occhi erano perfino illuminati da tanta sicurezza, eppure non riusciva a non rimuginarci sopra. Avrebbe voluto chiederle se stava bene, se era disposta a perdonarlo per il suo atteggiamento. Era pronto a chiederle cento volte scusa, ad inginocchiarsi al suo cospetto a farle mille promesso, pur di non farle credere di essere un mostro. Ma non ne ebbe il tempo.

Castria si strinse a lui e, inaspettatamente gli lasciò un casto bacio sulle labbra, seguito da un monito: "Tu pensa a pagare ela tua libertà, non smettere di combattere".

E non c'era alcun bisogno di una risposta perché entrambi sapevano che Falco non si sarebbe mai arreso. Avrebbe lottato fino alla morte per l'unica persona che contava veramente per lui.

Gossario:

- Vestibulum: ingresso, stanza della domus romana compresa tra l'entrata e l'atrium.

Spazio autrice:
Avevo promesso di aggiornare prima e mi scuso per non esserci riuscita però mi sono fatta perdonare con un capitolo mooooolto lungo. Non so se questo sia un bene per voi ma io ormai l'ho scritto e mo ve lo beccate sto mattone di capitolo 😂😂😂😂 😘😘😘😘

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