XV. Flos ad te

Sembrava fosse ancora la sua prima volta, quando entrò di nuovo nell'arena. Non era passato molto tempo eppure le grida di esultanza, i fischi contro i perdenti e i continui gesti frenetici degli adulatori avevano su di lei un effetto di totale sorpresa. Come un bambino di fronte a qualcosa di nuovo.

E nonostante quella situazione poi tanto nuova non era, ne rimase colpita. La prima volta si era sentita come un'estranea circondata da gente che invece avrebbe dovuto essere sua simile. Non era riuscita a capire fino in fondo il senso di quei combattimenti eppure era tornata a casa con un po' di curiosità, dovuta principalmente ad una persona.

La sua seconda volta, invece, fu come vedere tutto con occhi diversi. Forse perché conosceva, o aveva imparato, chi c'era dietro a tutto quel clamore. Conosceva il sudore, il sacrificio e il dolore che si provava a dover trascorrere una vita a combattere, anche se non avrebbe mai potuto sapere con esattezza com'era viverlo sulla sua pelle. E anche se non poteva in nessuno modo accettare quello che succedeva dentro all'Arena, allo stesso modo non poteva non dare il suo sostegno a Falco.

Lui la voleva vicino durante un momento in cui avrebbe rischiato anche la vita, e Castria non si sarebbe tirata indietro. Non poteva farlo. Non dopo la lettera che lui le aveva scritto, non dopo i loro incontri, soprattutto l'ultimo, che li aveva avvicinati sempre di più. Emozioni contrastanti la percorrevano fino alle membra. Sa un lato era eccitata di poter rivedere Falco perché, nonostante fosse passato un solo giorno, sentiva la sia mancanza come un uomo la sente per un braccio perso.

Dall'altra invece, la paura che potesse succedere qualcosa al suo gladiatore preferito, e ancor peggio assistere al suo infausto destino. Sapeva di non essere coraggiosa fino a quel punto. Eppure il desiderio anche solo di incrociare i suoi occhi aveva vinto tutto il resto e la voglia di mantenere fede alla promessa l'aveva spinta a sedersi sugli spalti. E lo aveva fatto completamente da sola, senza la compagnia dell'amata e fidata amica Crisante. Non perché si sentiva abbastanza spavalda da affrontare una prova del genere da sola, ma semplicemente perché la lupa non aveva potuto seguirla.

Si era scusata dicendole che aveva un impegno a cui non poteva mancare ma non si era dilungata troppo a spiegare di cosa si trattava. Cosa molto strana visto che alla ragazza piaceva molto parlare e rivelare i suoi segreti. Ma Castria aveva notato qualcosa di strano nella cara amica d'infanzia. Era spesso fra le nuvole, a pensare a chissà cosa, con gli occhi illuminati di una speranza allegra. Se non l'avesse conosciuta bene, avrebbe detto che Crisante era innamorata. Ma per lei, la conosceva da quando erano solo due piccole pesti che giocavano con i gioiello delle madri, era impossibile una cosa del genere.

Crisante non credeva nell'amore, oltre modo da quando era stata costretta a prostituirsi. Da allora per la ragazza esisteva solo il sesso fino a se stesso, nel suo caso con guadagno, e tutto il resto era solo illusione. O almeno era quello che pensava per quanto riguardava la sua vita. Perché ogni volta, invece, che Castria le parlava del suo modo di vedere il matrimonio e l'amore, Crisante, da buona amica, la incoraggiava sempre a desiderare ancora di più.

" Per me non c'è più speranza, ma tu puoi ancora salvarti dall'assenza d'amore!"

Queste le parole che spesso uscivano dalla bocca dell'amica e Castria ancora non era riuscita a capirle completamente. Non comprendeva perche anche Crisante non potesse avere il suo lieto fine, perche anche lei non potesse sperare nell'uomo che le avrebbe cambiato la vita.

Per questo era sicura che la sua amica non fosse innamorata, anche se ne aveva tutti i sintomi di quella malattia che di porta alla dolce agonia. Prima o poi tutti avrebbero dovuto provare che cosa significava amare qualcuno. Era inevitabile, come lo era soffrire per la persona amata.

Ma se non era amore, quello che vedeva negli occhi di Crisante, allora cos'era? Si era interrogata su questo per tutto il tragitto fino all'Arena, costantemente sorvegliata da Parmenione che era tornato a sorvegliarla. O forse non aveva mai smesso ma lei non se ne era accorta. Infatti il liberto era molto silenzio in ogni suo movimento e la cosa la inquietava sempre un po'. Pensava che forse l'aveva seguita a sua insaputa anche quando aveva incontrato Falco al forum. E se fosse stato davvero così allora li aveva visti anche in atteggiamenti molto intimi.

La spaventava a morte l'idea ma poi si convinceva che lui non poteva essere lì. Altrimenti suo padre se sarebbe stato a conoscenza e sicuramente le avrebbe impedito anche si mettere il naso fuori da casa, se avesse saputo che si vedeva con un gladiatore. E tirò anche un sospiro di sollievo quando lo vide appostarsi ad un angolo fuori dall'anfiteatro, deciso a non entrare.

E si pentì amaramente di non aver trovato una degna sostituta a Crisante. Magari Clelia sarebbe stata felice di accompagnarla. Perché si sentì davvero a disagio mentre spingeva e spintonava per farsi spazi e trovare un posto a sedere.

"Stai attenta, ragazzina" la sgridò una matrona quando per sbaglio le finì addosso, con gli occhi inviperiti e per nulla soddisfatta delle sentite scusa di Castria. E quando finalmente trovò posto non poté dire di sentirsi pienamente soddisfatta. Nonostante fosse abbastanza vicino all'Arena, così che Falco aveva la possibilità di notarla, si sentiva come un uccellino in gabbia schiacciata da due donnone dalla statura possente e che puzzava di sudore.

Cercò di ignorare il tanfo, che era molto frequente in ogni posto affollato, e si concentrò solo sull'arena. Quel pomeriggio pioveva molto e il centro dell'anfiteatro, che non era coperto dal telone, era completamente bagnato e fangoso. Cosa che avrebbe reso ancora più difficile il combattimento. 

Al posto del princeps e del suo successore, impegnati in qualche loro campagna estera di cui poco Castria sapeva, i due consoli di quell'anno sedevano sugli scranni come se fossero i regnanti dell'intero Impero. Quinto Ninnio Asta e Publio Manilio Vopisco Vicinilliano, due uomini così potenti che volendo avrebbero davvero potuto decidere della vita e della morte di tutti, compresi cittadini romani. Dopo il princeps erano gli uomini più potenti di tutto il mondo conosciuto. 

Castria non aveva mai incontrato uno dei due tanto vicino a poter riconoscere il colore dei suoi occhi, come non era mai stata faccia a faccia davanti all'Augustus e ne era contenta perché provava un po' di timore davanti a quelle grandi autorità. Personaggi dal forte carattere, in grado di mandare in rovina popolazione intere con una sola scelta.

Distolse subito lo sguardo dai due uomini, per paura che osservandoli troppo avrebbe attirato l'attenzione su di sé. Timore infondato visto che era troppo lontana e l'anfiteatro era completamente pieno. Ma preferì comunque guardare davanti a sé, aspettando l'arrivo di Falco che non si fece attendere.

Quando l'annunciatore lo presentò, il tempo per Castria si fermò nell'attimo in cui lo vide uscire allo scoperto. Vedere le donne alzarsi, sbracciarsi, chiamarlo a grande voce e perfino mettere in mostra il proprio corpo per attirare la sua attenzione, le fece esplodere dentro una gelosia come solo alla festa l'aveva provata. O forse anche di più. Era quasi tentata di alzarsi e dire a Roma intera che nessuna donna poteva permettersi di guardarlo, perché lei era l'unica che davvero voleva.

La spaventava, e destabilizzava, avere dei pensieri così possessivi per un uomo conosciuto da poco. Eppure era convinta che se Falco avesse saputo cosa le stava passando per la testa mentre lui girava nell'arena - forse alla ricerca di lei - ne sarebbe stato compiaciuto.

Solo quando si avvicinò dal suo lato si rese conto che teneva nella mano sinistra un fiore bianco mentre nella destra il fidato gladius. Non ebbe il tempo di capire che cosa aveva in mente che lo vide togliersi l'elmo e fissarla senza alcun pudore. Sembrava che si fosse dimenticato di dover essere più discredito. Tanto che tutti, compresi i suoi due avversari, lo stavano guardando.

E come se non bastasse si permise perfino di sorridere, causando probabilmente qualche malore alle donne vicino a lei, che credevano ingenuamente fosse rivolto a loro. Alcune di loro, le più vicine, allungarono il braccio per cercare di toccarlo ma non solo fu tutto invano, ma rischiarono perfino di cadere all'interno dell'arena. Tutto pur di aver un contatto con il loro idolo segreto.

Falco non smise di guardarla, con quel suo sorriso da spavaldo, come se volesse prenderla in giro, mentre s'inginocchiava sulla sabbia e lasciava a terra il fiore. Per qualche istante fu come se fossero solo loro due ancora, da soli. Era indescrivibile il tumulto di sensazione che privava ogni volta che lui la guardava in quel modo così intenso, come se fosse la ragione della sua vita.

E poi finì tutto come era iniziato, all'improvviso, quando lui si rialzò con movimenti felini, si rimise l'elmo a coprirsi il viso e si voltò per affrontare il suo destino. Con il cuore in gola Castria lo osservò avvicinarsi ai due avversari, due gladiatori di pelle nera, dalla statura esile ma agile. Era armati alla secutor e a parte il loro iniziale turbamento per il gesto di Falco, sembravano davvero agguerriti.

Tutta l'Arena in realtà sembrava aver perfino smesso di respirare durante il piccolo spettacolo di Falco ma vedendolo tornare il solito campione pronto ad uccidere, anche loro avevano ricominciato a gridare ed esultare. Castria invece non poteva fare altro che chiedersi perché lo aveva fatto? Se tutti gli altri romani avevano dimenticato quel gesto - distratti dalla lotta che era iniziata - Castria non riusciva a buttare l'occhio su quella piccola macchia bianca sulla sabbia sporca di sudore e sangue.

Aveva rischiato molto con quel gesto, anche se Castria non aveva visto il lanista di Falco seduto insieme ai consoli. Ma questo non significava che non fosse sotto a controllare tutto. Per non parlare di tutte le persone che lo avevano visto guardare da quella parte e avevano capito che quel fiore era una persona in particolare. Aveva notato chi stava osservando con tale intensità? Oppure c'erano troppe donne ed era impossibili? Pregò fortemente per la seconda mentre cercava di concentrarsi sul combattimento.

Non voleva perdersi nulla ma era difficile non pensare che forse Falco aveva messo in pericolo se stesso solo per dimostrarle quanto era importante. Lo aveva apprezzato molto, perché era una ragazza e faceva sempre piacere avere certi tipi di attenzione. Ma poteva farne a meno pur di sapere che non rischiava di essere frustrato o peggio. Immaginava che per il suo padrone non sarebbe stata una bella notizia scoprire che il suo campione corteggiava con spudoratezza una donna libera.

Per non parlare del padre di Castria, che avrebbe fatto di tutto per tenere lontana la figlia da un uomo che non credeva si meritasse. Era un buono padre, ma era pur sempre un sostenitore delle tradizioni romane più antiche. E sapeva così bene che invece la figlia era l'esatto opposto tanto che ancora non era riuscito ad avere il coraggio di parlarle di Tullio. E lei non aveva accennato alla cosa proprio perché stava aspettando la sua prima mossa.

Si era preparata tutto un discorso sentito e pieno di grandi paroloni per convincerlo che il suo punto di vista era migliore. Naturalmente non avrebbe menzionato al fatto che la notte si sognava un certo gladiatore, perché sarebbe stata la fine della sua libertà. E allora si che non sarebbe proprio riuscita a convincerlo che sposare Tullio non era la cosa giusta. Alla festa ne era stata un po' attratta, soprattutto quando lui aveva iniziato a mostrare un lato galante.

Ma per la maggior parte delle volte era una persona troppo piena di se e sospettava anche un po' irascibile. Le loro personalità non erano in alcun modo compatibili e vivere nello stesso tetto sarebbe stato l'errore più grande. Doveva sola convincere suo padre.

Distratta di nuovo dai suoi pensieri quasi si perse un momento cruciale. Si accorse che qualcosa era cambiato solo perché in coro di sospiro spaventati si alzò alto fino al tendone. E quando alzò lo sguardo vide Falco a terra, probabilmente caduto a causa del fango scivoloso a terra. Durante la colluttazione aveva perso la spada che era volata a qualche metro da lui, impossibile per lui da raggiungere.

Ma ciò che fece mancate il respiro furono i due fendenti scagliati dai suoi avversari, rispettivamente a destra e sinistra. Il suo primo istinto fu quello di chiudere gli occhi ma poi non lo fece. Doveva accertarsi che non sarebbe successo perché ne era convinta. Falco era il campione della Ludus Magnus e non poteva farai battere da due semplici gladiatori. Infatti, con prontezza degna di nota, alzò lo scudo alla sua sinistra per bloccare la spada in quella direzione. Mentre dall'altro lato alzò il braccio destro, coperto da un rivestimento di cuoio e tessuto.

Naturalmente non bastò a proteggere la pelle del braccio e lo intuì facilmente quando del sangue schizzò fuori macchiando il volto del suo avversario. Falco sussultò leggermente a causa del dolore e si morse il labbro per non urlare. Un piccolo movimento quasi impercettibile ma Castria, che lo stava fissando attentamente il suo corpo - anche per evitare di fissare il sangue che continuava a colare sulla sabbia - lo notò immediatamente e per lei fu come provare il suo stesso dolore.

Ma nonostante era preoccupata per il suo braccio doveva ammettere che Falco aveva usato un ottima strategia visto che aveva protetto il collo, punto più debole, dagli attacchi. E poteva ancora dirsi in gioco tanto che solo con la sua forza riuscì a liberarsi di entrambi e di avere un po' di spazio per la mossa successiva.

Raggiunse in fretta il suo gladius e lasciò cadere a terra lo scudo per poterlo prendere con la sinistra. Ormai la destra non poteva essere utilizzata, e nonostante non fosse la sua mano più forte, Falco riuscì a maneggiarla comunque abilmente. All'Accademia infatti insegnavano ai gladiatori a maneggiare le armi con entrambe le mani. Era di vitale importanza.

Riuscì perfino a liberarsi dopo poco tempo di entrambi, rabbioso come una fiera per essere stato ferito così gravemente. Nessuno, probabilmente neanche le sue ammiratrici, lo aveva mai visto in quel modo. Era ovvio a tutti volesse concludere il combattimento il più in fretta possibile perché continuava a perdere sangue. Ormai sulla protezione al braccio si era creata una cospicua macchia di sangue. Se avesse combattuto a lungo sarebbe sicuramente svenuto.

Per fortuna sua, e anche di Castria che si stava sentendo male al suo posto, il combattimento durò solo qualche altro minuto perche Falco spazzò via definitivamente i suoi avversari, senza curarsi troppo di essere cruento. Castria avrebbe dovuto aver paura di quella parte così violenta di Falco e invece riusciva solo a vedere un uomo che combatteva prima di tutto per la cosa più importante che aveva: la sua vita. Non era sua la colpa se doveva prendere quella di qualcun altro per poter vivere almeno un altro giorno.

Per questo non se la prese con lui quando vide portare via uno dei due, praticamente trascinato per i piedi, in agonia. Il gladius lo aveva trapassato da parte a parte sul costato e la parte destra del suo viso non era altro che un cumulo di pezzi di carne e sangue nei quali era impossibile scorgere perfino l'iride dell'occhio. Tutti sapevano, anche se bisogno di dirlo, che quell'uomo non avrebbe superato la notte. Eppure, invece che dispiaciuti per una vita persa, tutto gli spettatori iniziarono ad acclamare Falco.

Il secondo avversario se la cavò meglio quando, dopo aver preso un forte colpo in testa, cadde a terra privo di sensi. E nonostante tutti incitavano il campione per godersi altro sangue, Falco ignorò tutte le loro voci e risparmiò l'avversario. Non provava nessun tipo di soddisfazione nell'uccidere una persona che non poteva difendersi. Conosceva molte persone che provavano letteralmente gusto e piacere nel fare del male a persone in condizioni più deboli delle sue. Ma si sarebbe considerato solo un vile e un codardo se si fosse abbassato a tali atteggiamenti.

Per questo, dopo il consenso dei consoli, il combattimento ai concluse e Falco fu libero di andare a cercare cure mediche. Ma prima di rientrare nelle segrete, lanciò un ultimo sguardo nella sua direzione. Purtroppo aveva addosso l'elmo quindi non poté vederlo in volto. Avrebbe capito se stava soffrendo davvero tanto come immaginava.

Era strano come riuscisse a percepire il suo dolore, a sentirlo quasi sotto la pelle come se fosse stata colpita lei. E quando sparì dalla sua visuale sentì l'irrefrenabile impulso di alzarsi e andarlo a cercare. Doveva assicurarsi che stava bene, che non rischiava nulla. Doveva vederlo con i suoi occhi. Per questo si fece spazio tra la folla, beccandosi anche qualche improprio, per raggiungere l'interno dell'arena.

La prima volta che era stata nei sotterranei era stata accompagnata da Quintilia, che era la moglie del lanista e quindi aveva accesso a quei posti proibiti. Ma in quel momento era sola e non sapeva come fare per raggiungere Falco senza destare troppi sospetti. Per sua fortuna non c'era quasi nessuno per i corridoi del grande edificio e così passò inosservata mentre scendeva di livello in livello.

Qualche ubriacone a terra, mezzo svenuto, e alcune coppiette di giovani amanti furono le uniche persone che incontrò durante il suo tragitto. Questo almeno fino a quando non arrivò alle segrete. Lì l'atmosfera era come se la ricordava: buia e anche puzzolente. Ma ciò che non ricordava erano le guardie appostate vicino alle sbarre che dividevano la parte in cui il pubblico poteva stare da quella in cui soggiornavano temporaneamente i gladiatori.

Due uomini armati di tutto punto, impalati proprio davanti a lei, con corporatura possente e mascolina. Pronto a fare il loro lavoro e ad impedire che chiunque entrasse. Oppure che qualcun altro uscisse.

Si nascose dietro ad una colonna per non attirare l'attenzione e finse di non stare troppo bene, ringraziando gli Dei per la poca attenzione che le due guardie le riservarono. Non sembravano molto svegli ma comunque non voleva rischiare di essere arrestata e portata davanti ad un magister* perché aveva tentato di entrare nelle celle. Doveva trovare un modo per sorpassare quei due uomini.

Poi ricordò una conversazione avuta con Crisante riguardo a quando potessero essere corruttibili le guardie in quei tempi in cui anche uno spicciolo in piuttosto poteva rendere felice un uomo. Ed ebbe un'idea. Uscì allo scoperto cercando di non far vedere quanto fosse nervosa e sorrise alle ai due uomini.

Le guardie non si scomposero neanche un secondo, come se per loro fosse normale vedere una donna da quelle parti. Forse era davvero una cosa comune e Castria, che non frequentava quei luoghi non poteva saperlo. L'idea che l'avessero scambiata per una lupa un po' la demoralizzò e spaventò. Ma pensò a Falco e la voglia di accertarsi che stesse bene e si fece coraggio.

"Fatemi passare!" Annunciò usando la voce più sicura e autoritaria che aveva nel repertorio, sperando che potesse servire. Il fatto che era stata costretta  alzare la testa per poter guardare una delle due guardie non contribuiva certo a darle un'aria da dura. I due uomini infatti si guardarono e poi le scoppiarono a ridere un faccia, divertiti dal suo comportamento che di duro aveva ben poco.

Fu a quel punto, con la rabbia in corpo per essere presa i giro, che Castria tirò fuori la sia arma vincente. Un sacchetto in pelle ricolmo di denaro. Lo fece leggermente dondolare per creare quel suono che alle guardie era tanto familiare. Infatti si voltarono immediatamente  guardarla e la loro espressione era cambiata. Neanche cinque minuti dopo era dall'altra parte delle sbarre. Il potere dei soldi, il richiamo più antico del mondo.

Lasciata da sola in un posto che aveva visitato una singola volta, non le fu difficile perdersi. Alla ricerca dell'infermeria, andò a finire nella zona delle celle, dove i gladiatori aspettavano prima di un combattimento o dopo. Le celle, a destra e sinistra, era quasi del tutto immerse nell'oscurità ma il corridoi nel quale camminava lei invece no. La luce del fuoco delle facies illuminava la sua figura.

Così, non appena i gladiatori la videro, iniziarono a lanciare fischi e complimenti nella sua direzione, causando non poco rumore. Ciò attirò la curiosità anche di quelli nelle celle più in fondo che si avvicinarono alle sbarre per poter vedere cosa sta succedendo. Gli occhi di almeno venti guerrieri spietati la stavano guardando con lussuria sfrenata e il suo volto ai tinse di rosso vergogna.

Stava per voltarsi e correre via, lontano da quello che lei chiamava pericolo, quando una voce familiare la chiamò. Seguendo con gli occhi l'origine di quel suono, trovò Falco, in una delle ultime celle, appoggiato alle sbarre e con uno sguardo alquanto sorpreso. Non si aspettava di vederla lì.

Cercando d'ignorare gli occhi maliziosi su di lei, i commenti di apprezzamento e le mano che si allungavano nel vano tentativo di toccarla, si avvicinò alla cella del suo gladiatore preferito che ormai aveva abbandonato la sorpresa e le stava sorridendo.

"Castria è il tuo nome? Vieni qui tesoro che ti voglio leccare tutta!" Sentì dire dallo schiavo nella cella proprio di fronte a quella di Falco e, nonostante le sue orecchie stavano completamente andando a fuoco, ignorò l'uomo dall'aria disgusto e il sorriso marcio che non sembrava voler smettere di osservarla.

Falco invece non fu altrettanto magnanimo e non appena sentì pronunciare quelle parole, quasi scattò dalla rabbia. A fermarlo solo la cella, perché altrimenti si sarebbe scagliato contro il povero mal capitato e lo avrebbe fatto in mille pezzi. Ma la gabbia non gli impedì di ringhiargli contro come una fiera: "Prova anche solo ad avvicinarti a lei, Irrumator*, e ti cavo gli occhi dalle orbite con le mie dita!"

E quando di voltò di nuovo a guardare la ragazza la sua espressione era mutata in un attimo, da iracondo e pronto ad iniziare una guerra, tornò il Falco spavaldo e anche un po' spensierato quando le sorrise: "Non fraintendermi, sono felice di vederti, ma tu non dovresti essere qui"" la mise in guardia avvicinandosi così tanto alle sbarre che Castria poté vedere il braccio ricoperto di bende lasciato libero accanto al fianco. 

"Ti hanno già medicato?" Evitò completamente di rispondere, perché sapeva anche da sola di aver rischiato molto, ed indicò la medicatura a cui Falco neanche prestò attenzione. Dalla pelle pallida e sudata si capiva che era stanco e provato dal combattimento eppure riusciva a stare in piedi e parlare con lei, quindi Castria poté tirare un sospiro di sollievo. Non era in fin di vita. 

"Castria, che ci fai qui? è pericoloso, e se qualcuno ti avesse visto? E poi come hai fatto a raggiungere le celle?" Insistette lui, pretendendo di avere delle risposte. Anche da come aveva attaccato a parole l'altro gladiatore si capiva che era molto apprensivo e protettivo nei suoi confronti. E anche se si sentiva molto lusingata delle sue attenzioni, era perfettamente in grado di prendersi cura di se stessa. 

Per questo evitò per la seconda volta la sua domanda, anzi, ribatté con arguzia: "Non sono io che gioco con il fuoco Falco!" Non le servì neanche specificare che si stava riferendo al fiore, la faccia di lui le fece capire che aveva ben compreso ogni singola parola. Il gladiatore s'irrigidì solo per qualche istante, colto in fallo, forse perché non si aspettava che Castria lo incalzasse in quel modo. 

Ma la sorpresa durò poco, lasciando subito il posto alla sicurezza delle sue parole: "Volevo essere più cauto ma poi quando sono tornato nella mia cella ieri, mi sono ricordato che la vita è breve... specialmente per uno che conduce la mia esistenza, in perenne pericolo. Ogni giorno potrebbe essere l'ultimo per me, per questo voglio rischiare... che andassero tutti agli inferi, per quanto mi riguarda possono anche pensare che io stia corteggiando una donna libera, che poi è la verità!" Pronunciando le ultime parole si permise perfino di ammiccare nella sua direzione, spavaldo più che mai. 

Castria non gli fece la ramanzina, anche se avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto metterlo in guardia e avvisarlo che era pericoloso giocare in quel modo con i romani. Che cosa sarebbe successo se qualcuno, anche solo per danneggiare lui o il suo padrone, lo avesse infamato con un accusa di violenza sessuale o altro? Se un uomo libero poteva richiedere le attenzioni di una schiava senza rischiare nulla, lo stesso non si poteva dire di uno schiavo. E nessuno avrebbe creduto a Falco qualora avesse cercato di difendersi da tali accuse. 

Ma questo lui lo sapeva, non era uno stupido, per questo evitò di ricordarglielo. Se aveva deciso di rischiare aveva le sue buone ragioni, e anche lei aveva le sue. "Se tu puoi mettere in pericolo la tua vita con un gesto sconsiderato, allora anche io posso farlo solo per vedere come stai". Non le piaceva essere trattata diversamente solo perché era una donna e pretendeva che anche Falco la considerasse di più, rispetto soprattutto agli uomini bigotti che vivevano a Roma. 

Intuendo che lei si fosse offesa per i suoi comportamenti, il gladiatore, astutamente, cambiò tattica. Allungò il braccio non ferito al di là delle sbarre e le accarezzò con tenerezza la guancia, riservando un sorriso di scuse che quasi valeva più di mille parole. "Hai ragione, il tuo gesto vale quanto il mio, perdonami... è solo che preferirei non essere in pensiero per te", cercò di trovare le parole per farle capire che non poteva neanche immaginare di vederla soffrire. 

E le sue parole, unite al gesto, ammorbidirono l'espressione offesa di lei, a tal punto che le spuntò un piccolo mezzo sorriso sul viso candido. A quel punto, sapendo che ormai lo aveva perdonato, Falco spostò la mano sul suo collo e con una leggere presa la spinse verso le sbarre fino a quando non riuscì a sfiorarle le labbra con le sue. 

La cella impediva lui di dimostrarle come meglio poteva quanto ci teneva a lei, ma il desiderio di toccarla era troppo, tanto da ignorare gli incitamenti e incoraggiamenti volgari che provenivano dagli altri gladiatore. Anche Castria si lasciò andare, sfiorando e accarezzando il suo petto nudo e muscoloso con la piccola mano. Entrambi si sarebbe mangiati a vicenda, se ne avessero avuto l'opportunità. 

Fu Falco a staccarsi per primo, combattendo contro il suo istinto e il suo desiderio, perché probabilmente tra i due in quel momento era il più coscienzioso. Castria non riusciva neanche a pensare lucidamente e non capì perché lui si era allontanato così improvvisamente. Dall'espressione si intuiva che fosse divertito, forse perché aveva compreso bene l'effetto che era in grado di fare alla piccola fanciulla. 

"Devi tornare indietro Castria, prima che arrivi il mio padrone", le ricordò lui, un po' dispiaciuto dal fatto che ogni volta che s'incontravano doveva interrompere quello che stavano facendo per tornare alla vita reale. Una vita in cui il loro amore non era neanche contemplato. 

Castria si morse un labbro, indecisa se ubbidire oppure no. Ma prima di andarsene via, avvicinò ancora una volta le labbra alle sbarre, in una tacita richiesta di un altro bacio. E Falco non poteva certo negarle un regalo del genere. 

"Ora vai, mi flos*"  le sussurro dopo aver sfiorato la bocca con la sua, delicatamente. La spinse dolcemente via da lui e le indicò la strada per uscire. Gli doleva il cuore vederla andare via ma doveva impedirle d'incontrare il suo padrone. Aveva un brutto presentimento riguardo a ciò. 

Glossario:


- Magister: magistrato, nome designato per tutte le cariche pubbliche elette per un tempo determinato. 

- Irrumator: Insulto romano (una sorta di "bastardo").

- Mi flos: Oh mio fiore

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