XL. Non tradat
Falco non era mai stato a casa di Castria e per la prima volta doveva incontrare suo padre e parlare con lui a tu per tu. Si era fatto prestare dei vestiti da Rubilio e per la prima volta indossava dei pantaloni di pelle. Non aveva proprio l'aria di un Romano ma non c'era stato verso di convincerlo ad indossare una tunica.
Sperava di poter apparire come una persona per bene, nonostante la sua mole, ma l'idea di presentarsi a Longino lo rendeva agitato. Aveva affrontato gladiatori spietati che desideravano solo ucciderlo, eppure ciò che gli faceva più paura era un misero romano.
Aveva bisogno di un piccolo incoraggiamento, prima di farsi vedere da Longino. Così invece di bussare al grande portone della domus della famiglia, passò sul retro della casa, attraverso una piccola entrata che usavano gli schiavi e che dava sul peristilium, entrando quasi indisturbato nonostante fosse giorno.
Era quasi ora del pasto principale della giornata e per questo la maggior parte della servitù era riunita nelle cucine, mentre della famiglia non sembrava esserci traccia. Non sapeva bene neanche lui perché aveva agito in quel modo, sapeva solo che aveva bisogno di vedere la sua amata prima di affrontare l'inevitabile.
Voleva stringerla fra le sue braccia, farsi confortare dalla sua presenza stretta a lui, sussurrarle quanto l'amava e provare la sensazione che niente e nessuno li avrebbe mai separati. Perciò s'inoltrò all'interno della casa, come un ladro, nascondendosi tra le colonne e nei corridoi bui, cercando un modo per non farsi notare ma allo stesso tempo capire dov'era la camera da letto di Castria.
Gli Dei, se pur lui non aveva mai fatto nulla per chiedere il loro favore, sicuramente decisero di proteggerlo e aiutarlo perché, nascosto in una piccola rientranza di un muro, sentì chiaramente la voce di Castria e, come rinvigorito, la seguì.
Nei suoi anni da schiavo non gli era mai capitato di dover entrare di nascosto in una casa, eppure era molto bravo a restare nel buio senza farsi vedere, tanto che riuscì a raggiungere l'atrium senza essere notata da nessuno.
Con un colonna a coprirlo agli occhi di una serva, osservò la sua donna parlare proprio quella ragazza. Riusciva chiaramente a sentire la sua voce, anche se era troppo lontano per capire che cosa stava dicendo e restò nascosto fino a quando lei non fu sola.
Solo in quel momento prese il coraggio, uscì fuori dal suo nascondiglio, si avvicinò quasi di corsa e la prese per un braccio. Non le diede neanche il tempo di aprire bocca che con la mano l'aveva già coperta per impedirle di urlare.
La trascinò al sicuro dietro ad una colonna e solo quando vide la consapevolezza nei suoi occhi, le scoprì la bocca per poi tappargliela di nuovo con le sue labbra decise. Erano settimane che non si vedano e aveva sentito la sua mancanza tanto che era pronto a prenderla lì, in mezzo alla casa, senza il minimo pudore.
Castria, dopo essersi accorta che non era un malintenzionato, bensì il suo uomo, si era lasciata andare volentieri tra le sue braccia, ricambiando il bacio con ritrovata passione. Ogni volta che era con lui, tutto il resto del mondo passava in secondo piano, e non si fece neanche lei tanti problemi.
Con uno slancio, d'amore, Falco la tirò su, facendola aderire con la schiena alla colonna e lasciando che gli circondasse la vita con le gambe snelle, mentre con la bocca passava ad esplorare il suo collo sinuoso.
Era passato un bel po' di tempo dalla loro prima, e anche ultima, notte d'amore eppure ricordava nei minimi dettagli ogni angolo del corpo nudo della suo donna e per lui era un piacere poterlo assaporare di nuovo.
Non c'era bisogno di dimostrare a parola quanto la sua assenza era pesata giorno dopo giorno, lo si poteva capire dall'urgenza che sentiva e dal suo bisogno di schiacciarla sempre di più tra la pietra e il suo corpo statuario.
Non gli importava se fossero stati scoperti, anche se fino a qualche istante prima si era tanto premurato nel passare inosservato. Non poteva aspettare ed era pronto anche a dare spettacolo nel bel mezzo della domus.
E Castria lo lasciò fare, bramosa quanto lui, portando indietro la testa fino a toccare la liscia colonna e ansimando di piacere a ogni suo tocco. Le era mancato quel suo modo brusco, ma allo stesso tempo delicato, con la quale la toccava e le dedicava attenzioni. Le era mancato sentirsi così libera ed amata, perché sapeva che nessun'altro avrebbe mai potuto darle tali piaceri.
Solo un tonfo, non molto lontano, riuscì a ridestare i due amanti da quel piacevole momento di passione, interrompendoli proprio quando le cose diventavano ancora più focose e paralizzandoli dalla paura.
Dimenticandosi per un momento di essere tra le forti braccia del suo uomo, Castria lo fissò per qualche istante, consapevole finalmente che lì in bella mostra erano in pericoloso. "Dobbiamo metterci al riparo", sussurrò così vicino alle sue labbra da poter sentire il suo fiato.
Immediatamente Falco la lasciò andare e la prese per mano, perché non sarebbe proprio riuscito a separarsi da lei. Anche solo quel piccolo contatto lo rassicurava, anche se avrebbe voluto molto di più.
Intuì l'urgenza anche nella sua compagna, tanto che lo condusse di corda fino al suo cubiculum, richiudendo la porta alle sue spalle con un tale slancio da farla sbattere contro i battenti. Una volta al sicuro, si fissarono negli occhi per solo due secondi, prima di riprendere da dove erano stati interrotti.
In poco tempo si spogliarono a vicenda, quasi strappandosi i vestiti per far prima e senza neanche sapere come e quando, si ritrovarono sdraiati sul letto di lei. Non c'era neanche tempo per pensare che, dietro a quella porta, la famiglia di Castria stava per mangiare. Era completamente presi ed assorbiti da loro.
Non appena furono uniti, i loro corpi si riconobbero immediatamente, come era successo la prima volta e Falco ebbe di nuovo la sensazione che tutto era perfetto, così com'era. Toccare il suo corpo, baciare il suo corpo ed assaporare ogni parte di lei era l'unica cosa che gli serviva per raggiungere l'Olimpo.
E ancor più sublime fu essere toccato e baciato da lei, percependo che entrambi stavano provando le stesse sensazioni e gli stessi bisogni. Si erano sempre sentiti anime affini, ma mai come in quel momento. Quando Falco spingeva, lei gli andava incontro, quasi lui si muoveva, lei lo seguiva. I loro respiri erano sincronizzati, così come i battiti dei loro cuori, e le loro mani, sempre intrecciate fra di loro.
Era valsa la pena aspettare così tanto prima di rivederla, perché l'attesa aveva migliorato di grande lunga quel loro incontro, rendendolo ancora più passionale. E dopo quel giorno, Falco era sicuro che non avrebbe mai rinunciato a lei.
Sudati ed ebbri d'amore, avrebbero voluto passare il resto della giornata abbracciati e completamente nudi, ma non gli fu possibile. Falco ebbe appena il tempo di guardarsi intorno e rendersi conto che quella era stanza dove Castria era cresciuta.
"Non puoi restare qui, si accorgeranno di te", gli aveva sussurrato con urgenza e preoccupazione Castria, qualche minuto dopo. Continuava a lanciare occhiata alla porta, con la paura che qualcuno potesse entrare all'improvviso.
E solo in quel momento Falco si ricordò il motivo della sua visita e si alzò quasi di corsa, in cerca dei suoi vestiti che durante la passione aveva sparso in giro per la stanza. "Sono venuto qui apposta per parlare con tuo padre", aveva affermato con sicurezza, indossando di nuovo i pantaloni.
Castria gli riservò un'espressione finta offesa mentre diceva: "Quindi non sei qui per me?". Suscitò un sorriso genuino al suo gladiatore, che si piegò su di lei per baciarla ed aggiungere: "Ovviamente, sono sempre qui per te".
Le accarezzò delicatamente il volto con la grande mano e per qualche istante si fissarono con un'intensità tale da far arrossire Castria. Quando poi lei si ricordò delle sue parole precedenti, chiese: "Vuoi davvero parlare con mio padre?", non credeva fino in fondo alle parole di Falco, nonostante era stato ben deciso nel parlare.
E avergli ricordato il suo imminente incontro gli diede la spinta per allontanarsi di nuovo dalla sua donna per finire di vestirsi. "Ora che sono libero, ho intenzione di chiedere la tua mano, sarò fermo e irremovibile... Dovrà per forza cedermi la sua bella figlia".
Quando sentì le sue prime parole, finalmente Castria ebbe la conferma che non era più uno schiavo e la sua prima reazione fu di scendere nuda dal letto, corrergli incontro e saltargli al collo. Avrebbe voluto urlare di gioia ma non voleva farsi sentire dalla sua famiglia, perciò nascose il volto nell'incavo del collo di Falco e si lasciò stingere forte a lui.
Entrambi avevano immaginato quel giorno, quando insieme avrebbero potuto festeggiare il suo affrancamento, ma niente sarebbe stato bello e perfetto come la realtà. E Falco non poteva aspettarsi niente di meglio che poter passare momenti in intimità con lei.
"Ora non ci sarà alcun impedimento al nostro amore", le sussurrò sulla nuca. Improvvisamente non aveva più paura d'incontrare Longino, anzi, Castria lo aveva rinvigorito e gli aveva dato la forza. Le prese il volto tra le mani e le sorrise, dolcemente.
"Qualsiasi cosa succederà tra poco, qualsiasi cosa dirà, non avrà importanza. Questa è solo una formalità, spero che lui sia d'accordo, ma se non sarà così, sappi che io ti sposerò comunque. In un modo o nell'altro, farò in modo che funzioni".
C'era un certo tono solenne nella sua voce, che fece un po' preoccupare Castria. Anche lei era preoccupata per la reazione del padre e non voleva che fosse proprio lui l'ostacola più grande per il loro amore.
Ma se le sue parole la mettevano in agitazione, allo stesso tempo le davano un senso di rassicurazione, perché Falco avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderla sua. E questo le bastava. Si era sempre fidata e non avrebbe smesso proprio in quel momento.
"Ora è meglio se esco, per rientrare ma questa volta dalla porta principale", concluse lui lasciandole un casto bacio sulla guancia prima di uscire di corsa dal suo cubiculum. Per qualche istante Castria rimase a fissare la porta chiusa, sfiorandosi con le dita il punto dove poco prima c'erano le labbra di Falco.
Con il cuore in gola, saltò quasi dalla paura quando sentì dei rumori nell'atrio e, riconoscendo la voce di Falco, capì che aveva chiesto di poter incontrare suo padre. Non poteva sapere come sarebbe andata a finire, nonostante le alternative fossero soltanto due.
In cuor suo pregò tutti gli Dei, che fino a quel momento erano stati sia favorevoli ma anche a volte sfavorevoli, affinché aiutassero Falco in quella che sarebbe diventata la sua più grande impresa.
E poi prese coraggio ed uscì, perché voleva essere presente, al fianco del suo compagno, nel momento del bisogno. Quando raggiunse l'atrium, suo padre era di fronte a Falco e lo fissava più incuriosito che altro.
Era strano per lei vedere il gladiatore in veste di liberto, con abiti da straniero e l'aria di chi avrebbe voluto essere in tutt'altro posto. Visibilmente a disagio, cercava comunque di apparire sicuro di sé, ne aveva bisogno se voleva fare una certa proposta a Longino.
Castria rimase in disparte, perché capiva l'importanza del discorso che Falco si stava apprestando a fare ed era convinta che, avvicinandosi troppo e facendo sentire la sua presenza, avrebbe solo peggiorato le cose. Di solito, faccende simili venivano discusse tra il padre e il pretendente, e la figlia spesso era all'oscuro di tutto.
"Tu chi sei?", chiese Longino dopo essere stato disturbato da uno schiavo, che gli aveva comunicato l'arrivo di un visitatore.
Sentendo la voce di Longino, Falco si raddrizzò e riacquistò la sicurezza che Castria aveva tanto imparato ad amare, mentre si presentava: "Non mi conosci, mi chiamo Aulo Cestio Falco*, e volevo parlare in privato con te".
Longino capì immediatamente che si trattava di un liberto, non solo per il nome, ma anche per l'abbigliamento. E, seppur cosa poco usuale, non rimase sorpreso di vedere uno schiavo liberato alla sua porta.
Non aveva la minima idea di cosa poteva volere da lui e non aveva neanche molto pazienza da perdere tempo con uno qualsiasi, perciò tagliò corto, in modo alquanto brusco: "Se hai qualcosa da dirmi, dilla e basta, non ho tempo da perdere con voi altri... Non capisco neanche perché il mio schiavo ti abbia fatto entrare".
Con le ultime parole lanciò uno sguardo di fuoco al povero ragazzo che aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi davanti Falco, quando aveva aperto la porta, e non aveva avuto il coraggio di cacciarlo. Basso, mingherlino e un po' goffo, non se l'era sentita di mettersi contro un omone come il gladiatore, anche se ciò avrebbe significato ricevere le ire del padrone.
Chiunque si sarebbe sentito inappropriato in un momento simile, con Longino quasi pronto a voltargli le spalle senza il minimo interesse, ma non Falco. Si era preparato un lungo discorso, giri di parole e quant'altro, ma visto che il padrone aveva chiesto chiarezza, lui lo accontentò senza indugiare troppo.
"Sono qui per chiederti il permesso a sposare tua figlia, Castria" per fargli capire che faceva sul serio non distaccò mai gli occhi da lui, con la postura dritta e composta, mettendo in evidenza sotto gli indumenti i muscoli che fremevano.
Avrebbe preferito mille volte trovarsi nell'arena, con il rischio della morte, piuttosto che mantenere lo sguardo su quell'uomo. Passarono solo attimi ma per lui parvero quasi anni, quando poi Longino sorrise.
Non si era certo aspettato una reazione del genere. Rabbia, stupore, odio, certo, non un'espressione rilassata. Per qualche istante, una sola frazione in realtà, sperò quasi che fosse felice. Ma poi si rese conto che la sua tranquillità in realtà era dovuta da tutt'altro.
"Mi prendi in giro? Vorresti sposare mia figlia? Tu? Un liberto?" scuoteva la testa, incredulo, tra una risata e l'altra. Falco dovette raccogliere tutta la calma e la pazienza che aveva accumulato nel tempo, per non saltargli alla gola e prenderlo a pugni.
Doveva ricordarsi di non essere più alla scuola di gladiatori e che ormai, da liberto, doveva risolvere i suoi problemi in altro modo. Soprattutto quando si trattava del padre di Castria.
Da quello che poteva sapere di lui, stando ai racconti di Castria, era un uomo sì severo ed attento alle tradizioni, ma anche molto amorevole nei confronti della sua univa figlia femmina. Perciò cercò di puntare sull'amore paterno.
"Io amo tua figlia, più della mia vita stessa. Ho fatto grandi sacrifici, ho lottato per lei e non voglio rinunciarci. So che per un padre questa non è una sicurezza, ma se vuoi il bene di Castria allora..."
Non riuscì a finire il suo bel monologo perché Longino voltò lo sguardo, proprio in direzione della figlia e si accorse, solo in quel momento, che lei stava ascoltando e guardando tutto.
"Tu conosci quest'uomo?" le chiese interrompendo Falco e di fatto quasi ignorandolo. Sembrava perfino che lui non fosse lì, troppo preso dalla figlia che, ormai scoperta, non poteva più restare in disparte.
Si fece avanti, mostrandosi alla luce del sole che filtrava dal compluvium* e senza aprire bocca di limitò ad annuire. Non sapeva bene come comportarsi ma non voleva sminuire il ruole che avrebbe dovuto avere Falco in quel momento.
E il suo silenzio diede a lui il modo per continuare a parlare: "Tua figlia non vuole sposare quel romano, ma me. Ed io posso assicurarti che la renderò felice", sperava che questo potesse bastare per Longino, anche se la maggior parte dei romani non avrebbe fatto caso alle sue parole.
Ed invece il padre di Castria ci rifletté per qualche istante, prima di chiedere di nuovo direttamente alla figlia: "E' vero?". Sembrava sul punto di esplodere e la figlia aveva proprio paura di dire qualcosa di sbagliato e rovinare tutto.
Ma nonostante il timore, prese fiato ed affermò, con tale sicurezza che si sorprese perfino lei: "Sì, è tutto vero. Amo Falco, voglio un futuro insieme a lui e non insieme a Tullio. Mi fido di lui, gli affiderei la mia vita, ed è quello che ho già fatto. Voglio vivere il resto della mia vita con lui, avere dei figli ed essere felice".
Quasi si ritrovò a supplicare il padre, nella speranza che il suo buon cuore prendesse la meglio sulla ragione. Sapeva quanto gli sarebbe costato concederle tale privilegio ma sperava fortemente che per una volta Longino Castrio prendesse l'unica decisione a favore della figlia.
Falco vide l'espressione titubante negli occhi dell'uomo, sul punto di cedere, e tentò il tutto e per tutto, avvicinandosi perfino di qualche passo. "Non sono nato romano, sono stato uno schiavo, ma non per questo non so valutare il valore di tua figlia Castria. Io meglio di chiunque altro saprò apprezzare la sua bellezza, la sua voglia d'indipendenza e la sua bontà".
Longino era sul punto di cedere, non senza riserve naturalmente, ma quando diede un'ultima occhiata generale sull'uomo che aveva di fronte, i suoi occhi vennero attratti da un marchio sul braccio. Un segno che aveva visto altre volte e che identificava Falco come uno schiavo molto particolare.
E il suo atteggiamento cambiò immediatamente. "Sei un gladiatore", sussurrò quasi fosse un insulto. Già per lui era disonorevole che un liberto avesse bussato alla sua porta, chiedendogli di sposare la figlia. Uno schiavo che per loro non era altro che un animale. Ma addirittura un gladiatore, una belva senza cuore.
Con un semplice gesto della mano e il tono perentorio, ordinò al giovane schiavo di andare a chiamare i servi più grossi che aveva e rivolgendosi a Falco con tono sprezzante affermò: "Non darò mai la mia bambina a uno come te, che si nutre di sangue e morte tutti i giorni".
Falco avrebbe voluto rispondergli a tono, ricordandogli che molto spesso i romani non erano da meno. Ma si morse la lingua pur di non offenderlo, altrimenti avrebbe peggiorato solo le cose. Cercò invece di farlo ragionare.
"Tutto ciò che ho fatto è stato solo per sopravvivere, ma non ne vado fiero. Non avevo scelta, nessuno schiavo ce l'ha. Ma adesso sono libero, e sono umano proprio come te", non voleva rinunciare senza averci provato neanche un po', anche se l'espressione di Longino faceva intuire che non c'era nulla da fare.
Perfino Castria tentò di convincerlo, invano: "Falco è diverso dagli altri, lui non è una belva. Prova sentimenti, emozioni, come me e te, e mi ama. Questo è tutto ciò che devi sapere per...", ma anche lei non riuscì a finire di parlare.
La mano alzata di suo padre, infatti, la zittì e rimase a fissarlo in attesa del verdetto. "Non c'è nient'altro da dire", affermò con sicurezza. Alcuni istanti dopo tre schiavi africani, i più muscolosi della casa, uscirono dalle cucine e lui aggiunse: "Portate fuori quest'uomo".
Falco avrebbe potuto iniziare a combattere contro di loro, perfino batterli nonostante erano in tre. Ma non lo fece, altrimenti avrebbe soltanto dato ragione a Longino. Invece rimase impassibile mentre i tre uomini lo portavano via di peso.
Doveva dimostrare di non essere una belva, così non alzò un dito su quegli schiavi, che comunque stavano solo facendo il loro lavoro. Rimase impassibile mentre si allontanavano e vacillò soltanto quando vide il volto di Castria rigato dalle lacrime.
Lo chiamò, urlò il suo nome e cercò anche di raggiungerlo, ma il padre lo impedì. Solo a quel punto Falco le sorrise e di rimandò gridò: "Ricorda quello che ti ho detto".
Chiedere la mano di Castria a Longino era stata solo una cortesia, nella speranza che lui potesse capire il vero amore che provava per lei.
Ma sarebbe anche andato contro al padre della donna che amava, solo per ottenere la desiderata felicità. Lo aveva promesso a se stesso, lo aveva promesso a Castria.
Glossario:
- Aulo Cestio Falco: Secondo l'onomastica latina uno schiavo liberato prendeva il praenomen e il nomen del suo ex padrone, in questo caso Aulo Cestio Apollonio, mentre il suo nome da schiavo, appunto Falco, diventava il cognomen.
-Compluvium: apertura sul soffitto che serviva per far entrare l'acqua piovana, raccolta poi nell'impluvium, ovvero la vasca al centro dell'atrium.
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