X. Carmen invidiae

*Nell'immagine: Dipinto rinvenuto a Pompei, denominato Saffo.

Non aveva mai provato quel sentimento. La gelosia. Nella mente le risuonavano i versi di Saffo, che un giorno di molti anni prima, aveva patito il suo stesso tormento. Non poteva che trovarsi d'accordo con le sue parole, sembrava quasi che stesse descrivendo la sua situazione.

[...non appena ti guardo, all'istante

manca la voce,

la lingua mi si spezza; per le membra

fuoco sottile scorre all'improvviso,

nulla più vedo e sento nelle orecchie

rombare il sangue;

freddo sudore tutta mi pervade,

un tremito mi prende e più dell'erba

divento verde; e sento in me che sono

già quasi morta;

ma tutto bisogna sopportare... ]

Mai come in quel momento, riusciva a capire la poetessa di Lesbo, che con maestria aveva descritto un sentimento tanto comune agli uomini. Vedere Falco andare via, accompagnato ad una donna che di gran lunga era più bella di lei, l'aveva fatta proprio sentire come Saffo mentre osservava il suo amore chiacchierare allegramente con qualcun'altro.

Si era chiesta chi era, se tra di loro ci fosse qualcosa di veramente intimo e se quindi si era solo immaginata l'attrazione che c'era fra di loro. Si chiedeva se forse era solo lei a provare quei sentimenti, e si era illusa che Falco ricambiasse. Ignorava del tutto qual'era la realtà e la gelosia l'acceccava così tanto che non era in grado di usare la sua mente per raggiungere la giusta conclusione. Crisante la vide palesemente turbata per questo la prese con sé e la portò a bere del buon vino: "Tieni, questo viene dalla Grecia, è davvero ottimo!"

Le porse senza poche cerimonie un bicchiere che Castria guardò come se fosse uno scarafaggio. Non era abituata a bere, nonostante fosse circondata da gente che amava il vino. Per questo era parecchio titubante se accettarlo oppure no. Non le piaceva come le persone diventavano dopo qualche bicchiere di vino.

Poi ripensò a quell'orribile scena di Falco che le dava le spalle e si allontanava con la matrona. Se era vero che quel nettare rosso era in grado di distogliere la mente dai dispiaceri e farti dimenticare perfino chi fossi, era proprio quello di cui aveva bisogno. Con ritrovata decisione strappò il bicchiere dalle mani dell'amica e bevve tutto d'un fiato sotto lo sguardo sconcertato, ma anche un po' divertito, di Crisante.

"Non bere così velocemente, e mangia qualcosa..." la lupa non era di certo incline a gesti materni ma quando pronunciò quelle parole, a Castria sembrò sua madre. Per questo, trovando la situazione alquanto bizzarra, scoppiò a ridere di gusti. Quasi si fece sfuggire il vino dalla bocca e fu costretta a tapparsela per evitare inconvenienti. Solo lei però trovava la scena divertente perché Crisante la fulminò con il suo sguardo felino. Forse il vino già le stava dando alla testa ma non le importava. Ciò che le premeva era dimenticare Falco.

E come un fulmine lanciato da Giove, all'improvviso davanti ai suoi occhi apparve l'unico uomo che non si aspettava di vedere lì, e che prima di quel momento non avrebbe neanche voluto incontrare. Il probabile futuro tribuno della plebe, Tullio Decio, chiacchierava animatamente con un gruppo di uomini di mezz'età, non molto distante da lei. Ma abbastanza da non riuscire a sentire di cosa stavano parlando.

La sua giovinezza gli permetteva di sembrare più vigoroso e animato degli altri uomini, che con il passare degli anni si erano come spenti. Forse la prima volta lo aveva giudicato male, pensando che fosse solo un pallone gonfiato, perché Tullio Decio sembrava fermamente convinto dei suoi ideali. E chi era lei per giudicare? Lei che credeva con decisione nella sua indipendenza e libertà, lei che spingeva tutti ad avere qualcosa a cui aspirare e un pensiero singolo, non derivato dalla massa. Su questo erano molto simili, perciò non poteva odiare il giovane uomo politico solo perché credeva intensamente nei suoi ideali.

Si fece versare un altro bicchiere di vino da Crisante, che la osservava cercando di capire se avesse qualche problema, e anch'esso andò giù liscio senza incontrare alcun tipo di ostacolo. Per niente avvezza a questi vizi, la testa iniziò a girarle leggermente già dopo il secondo bicchiere e una strana idea iniziò a frullarle nella mente. Che sia maledetto Falco e il suo modo persuasivo di attirare l'attenzione, pensò. Non poteva correre dietro ad un uomo che non sarebbe mai stato suo. Doveva agire ed iniziare a pensare a qualcosa di più concreto.

Non era una stupida, sapeva che suo padre aveva voluto farle conoscere Tullio Decio per un motivo ben preciso, anche se lui ancora non lo aveva rivelato. Perciò era giunto il momento di conoscere veramente quell'uomo, dall'aria così carismatica e autoritaria che avrebbe spaventato qualsiasi fanciulla. Tutte tranne Castria.

"Scusami Aurelia..." Si congedò dall'amica Crisante, chiamandola con il suo vero nome, e la lasciò lì di fronte al vino, con il volto perplesso e preoccupato. La lupa non poté non fare a meno di osservare la sua cara amica avvicinarsi a quell'uomo, chiedendosi che cosa aveva in mente. Si dava un po' la colpa per averla fatta bere ma che ne poteva sapere che sarebbero bastati due bicchieri a stomaco vuoto per farla uscire di testa. Aveva paura che potesse fare qualcosa di sconsiderato per questo la seguì con lo sguardo e la tenne sott'occhio. Era pronta ad intervenire qualora ce ne fosse stato bisogno ma l'amica sembrava solo propensa a fare due chiacchiere. O almeno questo era il suo intento iniziale.

Castria non aveva mai cercato di circuire un uomo, ma il vino l'aveva resa audace e sicura di sé, tanto che era in grado di sapere cosa fare esattamente per attirare l'attenzione di Tullio. Non che fosse la sua reale intenzione, però voleva scoprire che cosa suo padre ci vedesse in lui, e magari farsi anche dire la verità. Sapeva, per sentito dire, che gli uomini s lasciavano spesso abbindolare dalle donne, e lei voleva sperimentarlo.

Si avvicinò quasi di soppiatto, i presenti erano troppo intenti nella conversazione per notarla. Fu in quel momento che capì di cosa stavano parlando, perché riuscì a sentire qualcosa inerente agli approvvigionamenti di una legione. Era proprio Tullio a parlare, con la voce di chi sa di dover convincere la folla: "Ora che abbiamo conquistato l'Armenia, che ormai è nostra, che cosa vuole il nostro Princeps? Queste campagne sfiancano i soldati e sono un inutile e dispendioso spreco di denaro pubblico... Dobbiamo pensare a difendere i nostri confini e a proteggerci dall'interno. Il nostro Princeps passa molto tempo fuori dai confini, e per questo non si rende conto di come vive la sua gente..." s'interruppe improvvisamente quando vide con la coda dell'occhio un volto femminile familiare. Si voltò verso di lei e si finse sorpreso.

In realtà l'aveva già notata alla festa ma non si era avvicinato perché stava aspettando che facesse lei la prima mossa. Era così sicuro di sé che sapeva già lei sarebbe cascata tra le sue braccia, prima o poi. Aveva intuito che Castria non era una fanciulla facilmente impressionabile ma a lui le sfide erano sempre piaciute. Perciò, mentre all'esterno si mostrava compiaciuto, all'interno stava gioendo, credendo di aver già vinto quella battaglia.

"Castria, che dolce sorpresa... Non sapevo tu fossi qui", la vita in politica gli aveva insegnato ad essere un abile bugiardo, per questo lei non dubitò neanche per un momento delle sue parole. A giocare un ruolo importava fu pure il vino che le impedì di carpire il tono velatamente lusinghiero che usò l'uomo, quasi a volersela ingraziare con le parole. Più la mente le su annebbiava, impedendole di restare vigile, più proporzionalmente la sua lingua diventava sempre più audace.

"Dolce non è l'aggettivo che userei accostato alla sorpresa di vederti qui, Tullio... però non posso dire di esserne dispiaciuta!"

L'uomo non comprese completamente le parole di Castria ma d'altronde come biasimarlo, nessuno sarebbe riuscito a comprendere che cosa aleggiava nella testolina della ragazza in quel momento. La maggior parte delle volte lei se ne stava in disparte, rodendosi dentro perché avrebbe voluto dire tanto quello che pensava. La società le imponeva di non esporsi troppo, di non dire cose che sarebbero potute sembrare oltraggiose, e lei ubbidiva. Più per non recare danno alla sua famiglia, che per voler omologarsi. Quella sera però era accecata dalla gelosia, offuscata dall'alcol, e si sentiva più coraggiosa del solito. Tanto da poter azzardare a pronunciare tutto ciò che pensava dell'uomo che aveva di fronte.

"Dal primo momento in cui ho incrociato i tuoi occhi, mio caro futuro tribuno, non mi sei piaciuto affatto. Con questa tua aria boriosa, quel tuo gonfiare il petto e anche a causa della sufficienza con la quale mi hai trattata, ho desiderato non incontrarti mai più" asserì con decisione senza neanche far troppo caso all'espressione truce in volto di Tullio.

Non era per niente contento di sentire quelle parole, non soltanto perché erano un duro colpo al suo ego maschile ma anche perché i suoi interlocutori avevano ascoltato ogni singola parola. Non ci stava facendo una bella figura e non era oltremodo ammissibile che una donna parlasse in quel modo di lui. La rabbia era palesemente visibile in lui ed era quasi sul punto di scattare, e tirarle uno schiaffo in pieno volto.

Solo che Castria non aveva finito e, senza neanche accorgersi del fatto che l'uomo era sul punto di darle una lezione in pubblico, aggiunse quasi a volerlo calmare " Ma..." alzò un dito in direzione di Tullio, che sempre più confuso e sconcertato la guardava. La vide sorridere prima di continuare: "... Devo ammettere che hai un grande temperamento, Tullio, un carattere forte e credi fermamente nei tuoi ideali. Questo ti fa onore, non posso che ammirare con quanta dedizione e amore ti dedichi alla politica", infine si rivolse agli uomini che erano rimasti basiti, e anche un po' divertiti da quella strana scena, con voce solenne che non ammetteva repliche: "Dovreste dare ascolto a quest'uomo, anche se non condivido il suo modo di vedere il mondo, sicuramente sa quello che dice!"

Gli sguardi ancora confusi ed interdetti dei presenti le fecero pensare che avesse fatto un grave errore. Era la prima volta che s'intrommetteva in un discorso tra uomini, ne sfidava uno, facendogli quasi perdere la pazienza, e si rendeva ridicola davanti agli altri. Rendendosi improvvisamente conto che quello non era il suo posto, e che rischiava di attirare male lingue, si voltò decisa ad andarsene. Con la convinzione che non avrebbe mai più bevuto in vita sua visto che due soli miseri bicchieri erano riuscì a tirare fuori la vera Castria.

Tullio si riprese dal torpore e dalla sorpresa di essere appena stato ridicolizzato da una donna, quando la vide allontanarsi. Non poteva lasciarla andare via in quel modo. Era vero, lei lo aveva sfidato davanti a tutti, parlando come non avrebbe mai dovuto fare, ma il fuoco che aveva visto nei suoi occhi, e le parole che infine aveva pronunciato, lo avevano convinto che doveva seguirla. Con ritrovata convinzione, si congedò dal gruppo di vecchi senatori, e corse a cercare la donna. Era convinto che con il tempo sarebbe riuscito a renderla più docile, convincendola a restare buona al suo posto almeno in pubblico. Ma il suo temperamento focoso lo eccitava, e gli sarebbe piaciuto vedere come Castria era in grado di sfidarlo anche nel privato.

La rincorse, facendosi largo tra le gente, e senza troppe preoccupazioni le afferrò il braccio con una presa ferrea e la spinse a voltarsi. Non le diede il tempo di obiettare che l'aveva già spinta in un angolo, così da poter parlare senza avere tutti intorno ad origliare.

"Sei insolente, ragazzina... non posso credere che tuo padre non ti abbia insegnato le buone maniere" le prese il mento tra le mani, stringendo una po' la presa per convincerla a non protestare, e la costrinse ad alzare la testa per guardarlo bene in faccia. Voleva che vedesse la sicurezza e l'autorevolezza nei suoi occhi e ne avesse paura. Eppure Castria continuava a sfidarlo con lo sguardo, facendo indurire ancora di più il suo membro eccitato: "Per me sarà un piacere insegnarti come si comporta una vera matrona, quando saremo sposati!"

Aveva promesso a suo padre che non le avrebbe detto nulla, perché ci teneva ad essere lui a rivelarle la buona notizia. Ma lo aveva preso alla sprovvista, e lo aveva scioccato con il suo atteggiamento. Non se ne era comunque pentito, prima o poi la ragazza lo avrebbe saputo. E anche se Castria aveva un presentimento, rimase comunque scioccata dall'apprendere la verità che aveva quasi cercato d'ignorare. Con una tenacia a lei sconosciuta, di liberò dalla sua presa ma invece di andarsene indignata, come avrebbe dovuto fare, ammiccò nella sua direzione.

"Che cosa ti fa pensare che accetti questo matrimonio?"

Non credeva che sarebbe mai riuscita ad amare un uomo così pieno di sé da non avere abbastanza spazio nel suo cuore per lei. Non poteva neanche conviverci nella stessa casa perché sarebbe diventata una tortura per lei. E nonostante per le donne di Roma fosse cosa comune sposarsi con degli uomini che neanche conoscevano, Castria provava ribrezzo all'idea di dover passare il resto della sua vita con qualcuno che non poteva sopportare. In risposta Tullio le sorrise. Uno di quei sorrisi maliziosi, di quelli che vogliono esprimere supremazia e superiorità.

"Lo sai che non hai altra scelta, mia cara Castria!"

Non riusciva a smettere di pensare a Castria, al modo in cui lo aveva guardato mentre si allontanava con Petronia. Avrebbe voluto andare da lei, spiegarle che non era suo intento deluderla ne ferirla. Ma era una delle tante cose che non poteva fare, in quanto schiavo. Al solo pensiero che in quel momento lei stava soffrendo, a causa sua, lo faceva sentire male a sua volta. E fu davvero difficile concentrarsi sul momento, anche se sapeva che Apollonio ci teneva affinché la matrona avesse una buona serata.

Prima di farla entrare nella camera, infatti, Falco era stato fermato dal padrone che lo aveva richiamato in disparte e gli aveva fatto capire quanto far godere quella donna fosse importante. A quanto sembrava era una lontana parente della moglie del Princeps, perciò Apollonio voleva farsi bello ai suoi occhi. Ma come poteva dimenticarsi della sua Castria? per lui fu un grande sacrificio dare quelle attenzioni che avrebbe preferito concedere solo a lei, ad un altra donna. Eppure doveva farlo.

Per questo quando lei gli ordinò di spogliarsi lo fece, senza troppo giri di parole e rimase in piedi mentre lei lo osservava, con evidente bramosia. Di certo non le avrebbe detto che tutta quella felicità che vedeva non era dovuta a lei, bensì ad una giovane fanciulla poco distante da loro.

"Come lo preferisci, mia signora?" Le chiese dopo istanti interminabili in cui lei era rimasta in silenzio, estasiata da tutta quella bellezza. Sembrava una donna esperta, che conosceva bene il corpo maschile, eppure il suo volto esprimeva sorpresa nonostante non avrebbe dovuto aspettarsi nient'altro da un uomo così prestante come Falco. Alla domanda del gladiatore la matrona di ridestò, come da un dolce sonno, e sul volto si dipinse il sorriso più soddisfatto che aveva nel repertorio, ammettendo senza alcuna vergogna: "Mi hanno detto che voi gladiatori siete come degli animali rabbiosi... perciò voglio farlo come lo fanno le fiere selvatiche, selvaggiamente, violentemente!"

Falco non perse neanche tempo a spiegare a quella donna che non era un animale, ma un essere umano e probabilmente anche più intelligente di lei. Lo voleva violento e lui si sarebbe limitato a darle ciò che desiderava. Senza troppe cerimonie le strappò di dosso i vestiti, la fece voltare e la costrinse a carponi. Non era la prima volta che un cliente chiedeva specificatamente del sesso violento ma quella volta si sentì davvero una pessima persona. Forse perché sapeva che a poche stanze di distanza c'era Castria.

Prima di fare il suo dovere, cercò di non pensare a lei, perché gli sembrava perfino blasfemo che durante un atto così infimo la sua mente vagava per il suo ricordi. La scacciò con dolcezza, non volendo associarla a quell'evento, e così s'impose di dimenticarsene fino a quando non fosse uscito da quella stanza. Non era facile ma doveva farlo. Gli fu di grande aiuto pensare e concentrarsi sui sentimenti rabbiosi che provava in quel momento.

Avrebbe voluto essere alla festa con Castria, o magari passare del tempo da soli, così che finalmente avrebbero potuto scambiarsi il loro primo bacio. Invece, la sua condizione di schiavo gli imponeva di stringere fra le braccia un'altra donna e per questo di rischiare di perdere per sempre Castria. Era arrabbiato, frustrato e stanco della sua condizione. E si sfogò sulla donna sotto di lui, prendendola selvaggiamente. Con la mente offuscata da questi sentimenti di rancore neanche sentì i gemiti di godimento di Petronia che, alla fine, stava ottenendo tutto ciò che voleva ignorando da cosa derivava tutta quella forza bruta.

A lei piaceva il modo in cui Falco entrava ed usciva, con vigorose, energiche e decise spinte, senza il minimo riguardo per la sua persona. Proprio come un animale, interessato solo all'atto in sé, senza alcun coinvolgimento sentimentale. Era proprio questo che la faceva godere di più e che aveva chiesto. Sapeva che non sarebbe rimasta delusa da quell'uomo così rude e selvaggio che aveva visto combattere. E anche se Falco non si reputava neanche minimamente simile ad un animale, non poté non trovare giovamento in quel mero sesso violento.

Con rabbia spingeva sempre più affondo mentre con una mano le teneva la testa verso il basso. E ad ogni spinta la rabbia andava scemando, lasciando il posto alla stanchezza e all'amarezza. Per un attimo ripensò di nuovo a Castria, nonostante si fosse imposto di non farlo. Era inevitabile pensare a come sarebbe stata la loro prima volta, anche se non era sicuro che ne avrebbero avuta una.

Con lei avrebbe regnato la dolcezza e l'amore, ne era certo. L'avrebbe stretta fra le sue braccia, con delicatezza, e avrebbe ricoperto la pelle del suo corpo di profondi baci. E mentre la faceva sua avrebbe sussurrato poesie alle sue orecchie. Poesie famose, ma anche versi creati da lui apposta per il loro amore. Sarebbe stato diverso, perché non costretto dal suo essere uno schiavo. Perché per la prima volta sarebbe stato lui a scegliere.

Ma pensare in quel momento a Castria non faceva che peggiorare il suo umore, perché la donna che tenevano rudamente sotto di lui non era lei. Perciò scacciò di nuovo la fanciulla dai suoi pensieri, anche con un gesto frettoloso della testa, come un cane che si scrolla l'acqua di dosso. Quando si rese conto che erano entrambi sul punto di giungere all'amplesso, si scostò bruscamente da lei, spargendo tutto il suo seme sulla sua schiena. Completamente sudato, e privo di forze, si accasciò a terra affianco di Petronia, anch'essa stanca ma dal volto soddisfatto. La vide perfino sorridere tra sé ma distolse in tempo gli occhi, perchè voleva dimenticare immediatamente quello che era appena successo.

Lo aveva fatto molte altre volte, eppure sapeva perché si sentiva così sporco e colpevole. Era come se avesse tradito la fiducia di Castria, anche se non aveva avuto altra scelta. E per questo voleva solo correre da lei e spiegarle tutto, prima che fosse troppo tardi. Con ritrovata vitalità si alzò in piedi, pronto a rivestirsi e a raggiungere la festa. Quasi incurante che la donna gli stava rivolgendo la parola: "Sapevo che non mi avresti deluso, Falco... Sei un campione sia nell'arena che a letto!"

Rise da sola per la sua battuta mentre il gladiatore poco le dava ascolto. Se un uomo comune avrebbe gioito di quei complimenti, gonfiando il petto come un gallo, Falco non li trovava per niente lusinghieri. Era appena stato usato da una donna a cui non importava di lui al di fuori del suo corpo. Mentre un'altra fanciulla, che era interessata a lui in ogni senso, non poteva neanche avvicinarsi. Era preoccupato che se ne fosse andata e non voleva lasciarla andare senza prima aver chiarito quello che era appena successo.

Petronia non fece tanto caso alla distrazione del gladiatore, in fondo a lei importava solo di a aver raggiunto il suo scopo e di aver ottenuto l'orgasmo più travolgente di tutta la sua vita. Non riusciva neanche ad alzarsi, tanto il suo corpo era dolorante, e restò sdraiata ad osservare l'uomo che si rivestiva con una certa fretta. Per un momento si chiese dove voleva andare con tanta urgenza, ma non era una cosa che doveva poi interessarle più di tanto. Aveva pagato per del buon sesso e questo era tutto ciò che aveva ottenuto. Perciò lo lasciò uscire dalla stanza, trafelato e con il volto corrucciato dalla preoccupazione, mentre lei si riprendeva piano.

Non appena Falco raggiunse di nuovo la festa, si mise subito a cercare con gli occhi la sua Castria. Ma l'ambiente era così gremito di gente che era davvero difficile scorgere qualche viso conosciuto. La paura che se fosse andata era tanta, così, senza alcun pudore, si mise a girare tra la folla, alla sua ricerca. Non gli importava se avrebbe attirato l'attenzione, se fosse sembrato strano. Doveva trovarla.

Ma invece di scorgere Castria, i suoi occhi incrontrarono quelli pieni di urgenza e necessità di Aimeric. Il novellino gli andava incontro con una faccia da cane bastonato che avrebbe dovuto impressionarlo, se solo non fosse stato così preoccupato per Castria.

"Non ora, ragazzino..." cercò di congedarlo con un gesto della mano, ignorandolo ed evitando di guardarlo mentre continuava la sua traversata in mezzo alla folla. Eppure il novellino continuò a seguirlo, deciso più che mai: "Falco, io devo parlati!"

Insistette, con un filo di voce ma con un tono che non ammetteva repliche. A quel punto Falco si voltò di scatto verso di lui e quasi gli ringhiò contro: "Ho detto non ora!" Con gli occhi iniettati di sangue e le parole pronunciate tra i denti, come un animale rabbioso, convinse il ragazzo che forse era meglio lasciarlo perdere. Fece perfino un passo indietro, spaventato dal suo mentore, perché sembrava sul punto di prenderlo per la gola e stritolare fino a quando non fosse morto.

Falco vide la delusione e la sconfitta negli occhi nel suo allievo e quando si voltò per andarsene le sue spalle erano leggermente curvate in avanti. Avrebbe dovuto dispiacersene ma non ne aveva il tempo. Alla fine il ragazzo doveva imparare a cavarsela da solo. Tornò a cercare nella folla una folta chioma color del grano e un viso dolce e pieno di efelidi. Era sul punto di rinunciare, ed ammettere che ormai era perduta, quando riconobbe la sua voce e come incantato si voltò a guardarla. Il sorriso che si stava formando sul suo volto andò subito a morire quando vide che Castria non era da sola.

In un angolo in disparte da tutti gli altri ospiti, la sua fanciulla stava parlando, e sorridendo, ad un altro uomo. Un uomo libero che senz'altro avrebbe potuto darle molto di più rispetto ad un misero gladiatore. Lui le stava così vicino, e si permetteva perfino di sfiorarle il braccio con le dita, e lei non sembrava per niente disturbata da tale vicinanza.

La rabbia che ribolliva dentro di lui era così forte che forse solo un combattimento all'ultimo sangue sarebbe riuscito a placarlo. In mezzo a quella folla, il suo unico desiderio era quello di raggiungere quel pallone gonfiato e ucciderlo, solo con le sue mani, per essersi avvicinato a Castria e avergliela rubata. Ma ancora una volta non poté fare nulla. sarebbe morto all'istante se si fosse anche solo avvicinato a quell'uomo, e anche se in quel momento si sentiva a pezzi, ci teneva ancora alla sua vita.

A malincuore, e sentendosi davvero una nullità, si appoggiò al muro, non molto lontano da quei due ma abbastanza per non essere visto, con le braccia conserte. Quella vista lo faceva soffrire, gli spezzava il cuore in mille piccoli frammenti, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo. In quel momento, mentre la gelosia rischiava di mangiarlo da dentro, i versi di Saffo gli tornarono in mente, impressi per sempre a fuoco dentro di lui. Incurante che poco tempo prima anche Castria aveva avuto gli stessi pensieri.

[ Mi sembra che sia simile ad un dio

quell'uomo che ti sta seduto a fronte

e che ti ascolta tanto da vicino,

voce soave,

riso d'amore dolce sorridente;

e questo mi sconvolge il cuore in petto:

non appena ti guardo, all'istante

manca la voce,

la lingua mi si spezza; per le membra

fuoco sottile scorre all'improvviso,

nulla più vedo e sento nelle orecchie

rombare il sangue;

freddo sudore tutta mi pervade,

un tremito mi prende e più dell'erba

divento verde; e sento in me che sono

già quasi morta;

ma tutto bisogna sopportare...]

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