Sanguisughe
Sapore di ferro sulle labbra, sostituisce qualsiasi tipo di pasto e annienta il sonno arretrato. Il sangue che mi sgorga dalla bocca è minimo, me lo sono provocato mordendomi le guance per la paura e il dolore...un brutto vizio che ho sin da bambina. La notte è sembrata infinita, dolorosa, un incubo ad occhi aperti. Qualcuno sa. Cosa? Me lo sto chiedendo da ore. Non è impossibile che mi abbiano visto uccidere quell'uomo alla fossa o nascondere il suo coltello in un vicolo poco lontano da qui. La gente è ovunque e ha occhi da tutte le parti. Ma che sappiano ciò che ho fatto a Wynona...no, è praticamente impensabile. Eppure potrei anche non essere l'unica a saper fare qualcosa del genere, gli esperimenti sono tantissimi ed io non sono di certo speciale. Se fosse così sarei davvero nei guai seri. Qui non ci si può fidare di nessuno, neanche di me. Wynona si è fidata della sua amica con la quale condivideva ogni cosa, di me, e ora io sono ancora nella mia branda mentre lei è chissà dove là fuori.
Siamo sotto terra e non vi è neanche la possibilità di poter intraveder la luce del sole per intuire che un nuovo giorno sta iniziando. Si sente il ticchettio di un vecchio orologio di quelli con le lancette, impostato da un vecchio che se lo portava sempre con sé come l'unico appiglio alla sua vita passata. Sfortunatamente quasi nessuno sa leggerlo, non abbiamo mai imparato. Quel rumore a tratti fastidioso e a tratti confortante non ci dice nulla. Eppure, se quel vecchio è ancora sveglio, ti dice volentieri l'orario in cambio di un po' di compagnia. Questa volta sembra andarmi bene – finalmente - perché neanche lui ha più voglia di dormire. Dice che è colpa dell'età, un miracolo anche solo arrivarci.
"Posso chiederle che ora è?" dico, avvicinandomi in punta di piedi come un felino.
Il suo sguardo va dritto all'orologio: "le 05:43", mi risponde.
Sbuffo, istintivamente, affranta da questa notte che sembra non finire più.
"È ancora presto perché non dormi, il sonno è importante", dice di nuovo squadrandomi dalla testa ai piedi. È buio nella camerata, eppure col passare degli anni la nostra vista si sta abituando anche a questo.
"Ci sono cose molto più importanti", rispondo evitando di fornire qualsiasi tipo di dettaglio.
La curiosità a volte è come la fame.
"Tu sei piccola, cosa vuoi saperne delle cose importanti" dice, e probabilmente ha davvero ragione. Se non fosse per tutte le cose che ho già dovuto vedere, sentire, provare.
"L'età è solo una costante instabile, ognuno ha la sua linea e non sai mai dove si posizionano gli eventi" rispondo, prima di congedarmi con un cenno della mano. Per lui non è tempo di dormire perché sta contando tutti i secondi che gli rimangono, per me non è tempo di dormire perché ho bisogno di sapere che non sta finendo così.
Ho quasi paura di camminare per i corridoi, ma stare a letto è impensabile. Adesso neanche qui mi sento più al sicuro. Potrei soffocare di nuovo da un momento all'altro. Neanche Kyle è più al sicuro, potrebbero prendersela con lui per vendicarsi su di me. Aspetto solo il rintocco delle campane, poi troverò Wynona e risolverò tutto. Ce la devo fare. I documenti dovrebbero quasi essere pronti e mi spettano ancora i soldi dell'esperimento, non sono diventata questa specie di mostro per nulla. Ne deve valere la pena, non potrei mai accettare un errore così grande...non dopo tutto quello che mi ha portata a fare. Una vocina nella mia testa mi ripete "forse sei tu, sei tu che non vai bene". Me lo sto chiedendo, se fosse solo una scusa per far uscire una parte di me che tenevo nascosta da sempre. Una parte cattiva e senza scrupoli. Una parte che non avevo il coraggio di accettare.
Sono piazzata davanti i cancelli quando manca ancora più di mezz'ora all'apertura. Di solito nessuno ha tutta questa voglia di andare lì fuori e se non fosse per denaro e cibo resterebbero molto volentieri sottoterra. A volte chi non ce la fa più racimola quanto basta per pagare l'ultimo mese, poi si lascia morire di fame finché la puzza di cadavere intasa tutte le camerate. Con l'aria che non circola bisogna convivere col tanfo di morte per giorni. Da un verso aiuta, ti ricorda di fare qualcosa per non finire in quel modo.
Lo scoccare delle campane mi libera da questa sensazione costante d'impotenza, mi sento finalmente fuori dalla gabbia che mi ha tenuta bloccata tutta la notte. Il mio primo pensiero è quello di correre immediatamente fuori e all'improvviso mi rendo conto che non so neanche dove andare, non abbiamo un altro posto sicuro o un rifugio in cui recarci in caso di emergenza. In effetti, non abbiamo mai pensato abbastanza a quest'eventualità. Ci siamo sempre limitate a tornare in orario perché qualsiasi altra opzione era impensabile. Così inizio a vagare per i vicoli, faccio avanti e indietro per la zona un paio di volte e poi inizio a dirigermi verso il mercato, forse sotto i banconi lasciati per la notte si può trovare riparo. È ancora presto, ma sembra tutto tranquillo. Alle prime luci dell'alba saranno già passati a ripulire gli orrori della notte. In questo modo non sapremo mai cosa è successo.
I banconi del mercato sono in parte sistemati dove si vende tutta quella merce che solo alcuni possono permettersi, perlopiù gli scienziati e tutti gli addetti ai laboratori. Nelle viuzze più scognite la puzza di pesce marzio è intenza e tutto è ancora da sistemare. È lì che m'inoltro nella speranza di non trovare nulla. L'acqua putrida ricopre l'asfalto e m'inzuppa gli anfibi che porto ai piedi, non è bastata la doccia di ieri a togliermi di dosso il marciume di questa città. Sto aggiungendo solo un altro strato.
Mi chiedo quando andrà via tutto questo, forse mai. Ma è solo un attimo. Un attimo in cui i miei occhi guardano in basso a sinistra. Un attimo in cui il mio cervello va in tilt. Un attimo in cui i conati di vomito fanno a lotta con tutta la mia buona volontà. Un attimo in cui tutto va in pezzi. Il corpo pallido e in posizione fetale è ricoperto da sanguisughe, i segni dei lividi sono ben visibili dove alcune di esse si sono già staccate. Non mi serve avvicinarmi per capire che non vi è battito, forse ancora da prima che quegli esserini iniziassero il banchetto. Vorrei togliergliele di dosso ad una ad una e urlargli che quella non è la loro cena. Per un istante vorrei essere al posto suo. Senza ritorno, senza più via di scampo.
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