Albori
Lacrime e fuliggine
Hanno reso di questo posto
Le strade impervie
Unici resti le macerie sotto le suole
Scalfiti gli animi
Sconfitti i coraggiosi
-
Sarebbe stato impossibile anche per il più astuto dei falchi scorgere i nostri tre corpicini avvinghiati nell'oscurità, coperti solo da un tavolino di metallo che traballava a ogni sospiro. Nella stanza angusta vi era anche un lettino d'ospedale, piccolo quanto quelli in cui avevamo dormito per anni nei sotterranei; eppure quel rifugio improvvisato sembrava la cosa più sicura del mondo contro le voci che arrivavano da fuori. Era l'ennesimo posto sconosciuto che non mi sarei mai aspettata di vedere, se fino a un paio di giorni fa credevo che quello a cui ci eravamo affidati fosse l'unico riparo mi sbagliavo di grosso. Le taverne, le centrali come quelle di Moak, i rifuggi sicuri di cui la gente parlava in giro e le fabbriche abbandonate. Non era mai stato vero che di notte non vi era riparo. Questo posto era l'ennesima conferma. Cos'era? Non l'avevo ancora capito ma Niko era stato piuttosto deciso nel portarci qui immediatamente. Per quanto ci riguardava potevamo dormire anche lì per terra, abbracciati affinché nessuno possa più separarci. Anche quando le voci cessarono e da fuori non arrivava che silenzio non ci azzardammo ad alzarci, troppo esausti per pensare di goderci una serenità che non vedevamo da molto.
Dovevamo esserci addormentati perché il tocco di Niko sulla mia spalla mi fece sussultare.
"Selina, è tutto a posto?"
"Sì, sì...i bambini avevano paura quindi siamo rimasti qui"
"Forse dovresti metterli a letto, ti aiuto"
Per la prima volta dopo tanto li guardavo davvero, minuscoli e indifesi. Ero la loro unica salvezza e non avevo più nemmeno un piano che ci consentisse di sopravvivere per i giorni successivi.
Niko sembrò capirlo perché le sue parole furono: "Penserai dopo a cosa fare, nel frattempo puoi restare qui quanto vuoi".
"Cos'è questo posto?" mi limitai a chiedere.
"Un posto sicuro"
"E perché dovrei rimanere qui? Chi mi dice che sia davvero sicuro?"
"Te lo dico io"
"E tu come lo sai?"
"Diciamo che in un certo senso aiuto a gestirlo".
"Mi segui da giorni, rischi di farti ammazzare per me e ora spunta fuori che sei uno di quelli che tira le redini" sbottai, assalita dalla rabbia che stava prendendo il sopravvento.
Chi era davvero e che cosa voleva? Perché eravamo in quel posto? Potevamo realmente fidarci?
Mille domande mi vorticavano in testa a un ritmo incalzante.
Non sapevo più cosa stavo facendo e quanto stavo rischiando.
La sua risposta non tardò ad arrivare: "Io non tiro le redini di nulla, cerco di fare del mio meglio per cambiare questo posto, questo mondo, e se solo non fossi troppo impegnata ad auto-sabotarti potresti benissimo vederlo anche tu".
Quelle frasi erano forti quanto un macigno sul petto, non per la brutalità con la quale erano state dette ma per la verità che portavano con sé.
"Ho bisogno di uscire" furono le uniche parole che riuscì a dire, troppo impegnata a cercare di trattenere le lacrime che erano sul punto di sgorgare.
"C'è una terrazza in fondo a destra e poi su per tutte le scale. Ci resto io qua..."
Non cercai neanche di rispondere, stavo già piangendo quando mi sbattei la porta alle spalle.
Era la seconda dannatissima volta che riusciva a darmi una coltellata con le sole parole e – giuro – facevano più male di qualsiasi colpo ben assestato. Guardai a malapena dove stavo mettendo i piedi: dritto, a destra, poi su. Spalancai un'ampia porta in ferro e l'aria gelida della notte mi colpì in pieno. Respirai, con tutte le mie forze.
Mi ero sempre sentita tremendamente a disagio nei posti chiusi e, in un momento come quello, non avevo saputo reggere il confronto di una conversazione onesta e spietata. In sintesi mi ero appena auto-dichiarata una codarda di prima categoria. Avrei potuto dirgliene quattro ma in realtà non sapevo minimamente da dove iniziare. Aveva rischiato tutto per noi e seppur era vero che si trovava a capo di qualcosa lo stava facendo per il bene altrui. E io cosa avevo fatto? Urlato e disprezzato. Ora che i miei pensieri iniziavano a schiarirsi non riuscivo a capacitarmi del perché avessi reagito proprio in quel modo. Questo posso potrebbe essere la nostra seconda possibilità adesso che non abbiamo davvero più niente, perché devo essere così stupida da rischiare di sprecare tutto. Per dei segreti? Se solo sapesse il mio forse sarebbe lui a non volermi più lì. Le persone che ho già messo in pericolo fino ad ora sono troppe, le cose che ho fatto non dovrebbero essere raccontate eppure sono io a continuare a non fidarmi. "Selena dai non puoi dubitare di tutto per sempre", mi ripeto.
"Di cosa dubiti tesoro?", dice d'improvviso una voce roca alle mie spalle.
Mi volto di scatto e solo allora mi rendo conto di essere accerchiata.
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