Capitolo 3

La lealtà è un debito,
è il più sacro,
verso noi stessi,
anche prima che verso gli altri.
(Luigi Pirandello)

Amber

Dopo un lungo e trafficato viaggio in auto, orario di punta a New York, eccoci finalmente al Seattle Hotel; il salone è interamente adornato di colore oro e bianco, sempre una delizia per gli occhi. Ho passato così tante sere in questo posto quando ero piccola che le mie emozioni si riversano in una lacrima sfuggente, lenta mentre solca il mio pallido viso, la nostalgia spesso prende il sopravvento nonostante il tempo che è trascorso.

Jason, dopo avermi scortata davanti alla porta della mia vecchia camera, la 306, (sempre la stessa in cui soggiornavo da ragazzina al fianco di quella abituale di mio fratello) si è rintanato nella sua stanza non facendosi né vedere né sentire per il resto della giornata. Forse è un bene perché tra i suoi sbalzi di umore e le sue ambiguità sono convinta che mi farà ardere l'anima all'inferno. E cosa conta se ad accompagnarti c'è lui? Mmm... meglio sgranocchiare qualcosa prima di accomodarmi.

Le pareti della camera sono sfumate di oro e argento e il mobilio tutto chiaro. Provo a trovare un poco di riposo tra le lenzuola di seta bianche ma, purtroppo, non riesco a dormire. Ho le immagini del dannato bacio ancora impresse nella mente, il ricordo delle sue labbra bollenti e carnose sulle mie è indelebile, vivido al punto tale da farmi contorcere lo stomaco. E i suoi occhi, il suo sguardo unico che mi fa sentire appagata è lì davanti a me anche se Jason non è presente. Devo distrarmi e decido di sistemarmi per la permanenza, mentre dalla finestra che affaccia sulla grande mela, l'immagine della città non fa altro che tormentarmi di memorie passate. Il Central Park, sembra un piccolo pugno verde, come se fosse il cuore del paese che intriso di palazzi grigi e luccicanti, alti fino a mtoccare il cielo. Distolgo lo sguardo per rintanarmi nel piccolo ambiente chiuso, mi guardo in giro notando un nuovo lampadario con tanti braccetti attorcigliati trasparenti. Un piccolo sorriso di rammarico mi spunta dalle labbra al pensiero di come sarebbe stato di gradimento a lui... oltre che per il mio trasferimento volevo evitare questo viaggio per i ricordi che avrei rivissuto. Sei forte. Inizio a dubitarne. Se non vuoi tornare dalla strizza cervelli vedi di credere in te stessa.
Scuoto la testa come se potessi scacciare i miei demoni.
Accantono per un momento le immagini dei momenti più felici della mia vita cercando di lavarli via con una doccia ghiacciata: devono scivolare senza solcare, oltre, l'anima, come se quest'ultima fosse impermeabile sotto l'umidità di quei giorni sereni. Ho bisogno di sentirmi viva.

L'acqua scorre addosso al mio corpo a clessidra, il profumo del bagnoschiuma al mughetto riempie le narici e io crollo in un pianto liberatorio.

Finisco leggermente meno tesa, ma non abbastanza da non sobbalzare al suono che comunica l'arrivo di un messaggio.

Jason: Ti aspetto al ristorante per le 20.00.

Ben tornato a Jason, l'uomo oscuro, ho sperato che mi scrivesse il Jason che solo ieri mattina sorrideva dolcemente alla mia presenza appena prima di andarsene. Ho notato quanto il suo carattere sia estroverso anche con un piccolo e breve sms. A me puoi dirlo che ti piace il bel tenebroso... Devo trovare un modo per fare stare zitta la mia coscienza prima di capitolare in altre figuracce in presenza di Jason.

Io: Ci sarò.

Liquido così, anche se so che non gli farà assolutamente nessun effetto; no, l'uomo oscuro,(così ho deciso di soprannominarlo) non lo trafigge nessuno, figuriamoci se possa farlo io, una ragazza distrutta dai suoi demoni, sbadata e sola.
Ecco come mi sento da quando una parte del mio cuore mi ha abbandonata, da quando lui ti ha abbandonata, ricordarlo ogni giorno mi fa male al cuore.

Indosso un classico tubino nero informale, un paio di Louboutin di vernice del medesimo colore con la suola rossa, per il trucco punto su di uno smokey eyes di colori naturali che mi fa risaltare gli occhi caramello. Decido di lasciare i capelli sciolti dopo averli lisciati con la piastra, la loro lunghezza mi schernisce dall'esterno, mi sento più sicura di me se li ho sulle spalle a ricoprirmi come una coperta leggera. 

Prendo la tessera magnetica argentea, la pochette ed esco. L'ascensore è al mio piano, mi ci infilo subito dentro e ad ogni bottone che si illumina, segnalando la discesa dei piani, il cuore mi batte, inspiegabilmente, sempre più forte, facendo crescere l'ansia che attanaglia lo stomaco.

Arrivo al ristorante dell'albergo, scruto la sala piena di tavoli coperti da tovaglie bianche con rifiniture color oro e rosa pallido, e i miei occhi si bloccano al tavolo di fianco a quello in cui è seduto Jason; un mio ex fidanzato molto geloso e possessivo vi siede in compagnia di altri due commensali. Per fortuna non mi nota e io affretto l'andatura per potermi sedere facendo finta di nulla.
«Signorina Wood, vista l'attesa ho di nuovo ordinato per tutti e due».
Guardo l'ora sul telefono che spunta dalla pochette brillantata senza cerniera: 20:05. Mi rinfaccia palesemente il ritardo di cinque minuti, non ho parole per la sua sfacciataggine.
Non ci posso credere. Basta.
I giochi sono iniziati, ora cambieranno le carte in tavola. Se dobbiamo passare ancora tutta la giornata di domani insieme, nella società di famiglia, sarò io a dettare legge, non "l'uomo oscuro!" «Grazie Jason, preferisco scegliere da sola, sai, sono grande abbastanza». Continuo a chiamarlo per nome nonostante lui non faccia in egual modo con me, non mi interessa per niente risultargli maleducata.
Mi fulmina con lo sguardo facendomi rabbrividire, penso che abbia preso come una sfida il mio commento, iniziamo bene.

«Fà come ti pare». Sentenzia e dopo trascorre forse una mezz'ora, tra l'arrivo del cameriere e le nostre bevande, che nessuno dei due spiccica parola; proprio come in aereo. Sto ribollendo di rabbia sin dal profondo di me stessa, e no, non è per il Jet lag o per le otto ore di volo senza avere chiuso occhio, ma per fortuna quando sto per esplodere lui cede: «Posso chiederle se per caso conosce l'uomo alle sue spalle?»
La formalità è un'altra goccia per fare traboccare il vaso, ma ora mi concentro sul l'inevitabile. «Sì, è un mio vecchio amico.... Geloso?» Non so nemmeno perché sto insinuando una cosa del genere, sembra che quest'uomo sia davvero benzina per la mia follia altamente infiammabile, tira fuori il peggio di me.
Mi guarda divertito e sembra di scorgere un luccichio nelle sue pupille. Sì, bambina, centrato in pieno! Batti cinque. Non ne sarei poi così sicura, cara vocina.
«Ti piace giocare con il fuoco, Amber?» Si interrompe per poi riprendere tranquillo. «La sta fissando da tutta la serata come se la volesse mangiare. Mi preoccupava il fatto che possa essere un pervertito. Sa... ci sta raggiungendo al tavolo». Di nuovo serio.

Inizio a sudare e ad irrigidirmi. Non ci voleva proprio, l'ultima volta che l'ho incontrato mi ha stalkerata per una settimana, costringendomi così a bloccare il suo numero sul telefono e su ogni tipo di social. Il mio alter ego mi ha sviata. Il nostro rapporto è finito proprio per il suo atteggiamento possessivo, e anche perché era una scelta della signora Wood. Forse l'unica scelta che sia durata più di un paio di appuntamenti. È di fronte a noi e si mette a braccia conserte.
«Amber tesoro, con quale onore ti trovo da queste parti?» domanda beffardo.
Eccoci, inizia sempre così con le sue smancerie che mi imbestialiscono, gli rispondo a denti stretti. «Ciao Adam, sono qui per affari.»
Non gli do modo di attaccare discorso, non mi  importa assolutamente cosa ci faccia lui qui. Sposta il suo sguardo su Jason e un sentore mi dice che vuole marcare il territorio come faceva sempre in passato.
«Certo. Potevo immaginare vedendoti con persone molto...» Questo momento di pausa mi sta uccidendo e lui lo sa, lo ha sempre fatto prima di offendere qualcuno e mettermi in imbarazzo, lui è velenoso. «Distinte e raccapriccianti allo stesso tempo... concluderai ottimi affari immagino. Mammina si è data da fare, eh?»
Le sue parole mi infuocano, in fondo io non conosco affatto Jason, e se avesse ragione e lui fosse un altro giochino di mia madre sotto copertura? lo guardo e lui si limita a fissare intensamente Adam mentre quest'ultimo si accorge dov'è posato il mio sguardo prima di girarmi repentina. Devo mettere fine a questa scenetta. «Non penso che sia il caso di iniziare con le solite scenate.»
Sorride sornione, lo stronzo, e certo... non ha mica finito.
«No, certo, d'altronde hai sempre preferito gli scarti fin dai tempi del liceo. Perché donarti l'ennesima scenata di gelosia? Io ti ho dato troppo, anche se tu sei riuscita a strapparmi il cuore dal petto e legartelo al collo. Ho la consapevolezza che quel cuore batta ancora, ma non avrò mai più la possibilità di sentirlo mio. Grazie a te e a tua madre che mi ha fatto illudere.»
Sono sbalordita, non ho mai veramente appreso appieno quanto Adam fosse ossessionato da me e questo mi spaventa ed allontana ancora di più. Mi è sempre corso dietro anche a scuola, ha un anno in più di me, ma io lo evitavo come la peste. Non volevo nessun legame nonostante era un gran bel ragazzo, aveva un lista infinita di ragazzine che sbavavano per lui; moro dagli occhi glaciali, azzurri come il cielo è un fisico asciutto ma curato. Eppure, ora, i suoi occhi sono accesi di una luce che non avevo mai visto prima.
Una mano sbatte energicamente sul tavolo facendomi sussultare dallo spavento, il viso dai tratti duri di Jason diventa tirato, la frustrazione gli fa passare una mano a scompigliarsi la chioma bruna e contrarre la mascella affilata. Ma il mio ex ragazzo non è soddisfatto e non ci bada granché, infatti la sua attenzione è incentrata tutta su di me. Penso che la sua ira sia dovuta al fatto che è la prima volta che mi vede in compagnia di un uomo fuori dal nostro piccolo paese, sicuramente pensa che gli abbia mentito. In quanto a Jason non so cosa gli sia preso.
«Ricordi Robert? Il tuo compagno di classe? Lui mi disse che ti spaventavo, quindi non meriti una persona come me. Penso che tu meriti alla gran lunga di meglio». Guarda Jason prima di continuare. «Ma pensi che questo sia davvero migliore di me? Fai schifo Amber».
Ricordo alla perfezione Robert, era in grado di tenermi lontana da qualsiasi persona che credeva fosse un male per la mia incolumità. Un buon amico che ha continuato a cercarmi anche dopo... lui...
Si capisce benissimo dove voglia andare a parare Adam, anche se cerco di non farmi ferire, è una persona molto meschina. Quando perdeva il contollo temevo mi facesse del male, all'inizio era dolce ma quando si ingelosiva faceva davvero venire i brividi. La sua sfuriata peggiore mi costò un livido sul braccio dopo essere stata trascinata via da un bar vicino casa, sono stata guardinga nel sollevare le maniche dei maglioni che indossavo per ben dieci giorni.

Dopo pochi secondi, durati un eternità, sento lo stridere di una sedia e guardo Jason che si alza, in meno di due secondi si scaraventa su Adam buttandolo a terra e iniziando a massacrarlo di pugni. Questo riesce per un attimo a ribaltare la situazione mettendosi a cavalcioni su Jason, ma la vista dell'uomo oscuro è come appannata, sembra un diavolo.
Con uno slancio di bacino si solleva su di lui e gli sferra un pugno sonoro che fa rimbalzare la testa di Adam al suolo. La gente è tutta rivolta verso la baruffa, vedo un cameriere con il telefono all'orecchio, immagino stia contattando la polizia.
La situazione è degenerata facendomi sentire una stupida inerme. Devo riprendermi, mi alzo per avvicinarmi a loro. «Ora basta!» Grido a squarciagola, ma purtroppo non riesco ad aggiungere altro, una gomitata mi prende in pieno volto e vado a terra per poi essere portata via di peso da un altro inserviente. Passo un tempo infinito ad aspettare Jason nella hall dell'albergo, il cameriere che mi ha dato del ghiaccio e due antidolorifici, mi ha detto di aspettare qui mentre lui cercava di fare uscire dalla sala il mio accompagnatore, ma di lui non c'è ancora traccia, gli occhi si fanno pesanti e mentre cerco di strofinarli mi faccio male toccando lo zigomo che mi hanno colpito. Mi auguro che non si siano fatti troppo male, non so cosa abbia scatenato l'ira di Jason e con questo pensiero le palpebre si chiudono.

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