Capitolo 2
Amber
Sono le nove di sera inoltrate e il mio sguardo è rivolto al cielo di Montroux, limpido e intriso di stelle, fino a quando non arriva lei. Non vedevo mia madre da ieri mattina, sicuramente ha evitato di incontrarmi di proposito per scansare qualsiasi scenata; come d'altronde fa sempre quando mi impone qualcosa che sa bene vada contro i miei piani. Ora mi sta salutando poco distante dalla macchina che mi accompagnerà in aeroporto, almeno si è degnata di presentarsi...
«Tesoro, quasi dimenticavo, dovrai anche vendere delle quote della nostra filiale, ho organizzato una specie di meeting durante il tuo soggiorno, sii astuta. Tuo padre confida nel tuo giudizio». Giusto per mettere ancora un po' d'ansia.
La saluto con un sorriso tirato e acconsento silenziosamente mentre l'autista mette in moto.
"Airport Lausanne", il nome dell'aeroporto spicca in rosso sul capannone situato nel retro della struttura, sembra accusarmi con il suo colore del mio schifoso tempismo; sono arrivata giusto dieci minuti prima della chiusura del gate. Ovviamente per colpa dell'innata capacità di far tardi in qualsiasi situazione. Così, con i polmoni che sembrano esplodere per la corsa che intraprendo per raggiungere i controlli e il pensiero delle otto ore di volo, mi fiondo il più velocemente possibile verso gli addetti.
Mentre attendo il mio turno, in mezzo alla folla ordinata di gente, un immagine mi si insinua nella testa come un lampo; le spalle larghe e i capelli neri del signor Jason mi colpiscono di getto. È da quando l'ho incontrato che non riesco a liberarmi del pensiero di lui, addirittura sono riuscita a sognarlo questa notte! Chi non lo farebbe, bambina? Effettivamente la vocina ha ragione...
Sono ansiosa di incontrarlo.
Una voce metallica mi riporta alla realtà: «La signorina Amber Wood, è attesa direttamente sulla pista di decollo». La gente si guarda intorno per capire a chi si riferisca, quanto a me cerco di essere il più discreta possibile dato che non mi piacciono troppe attenzioni, e lentamente mi sposto dalla coda. Sono stranita, nonostante abbia sempre viaggiato in prima classe non mi hanno fatta mai andare direttamente in pista senza nemmeno controllare il mio biglietto. Do ancora un'occhiata alla fila di persone che aspettano per il mio volo e poi tiro diritta verso un inserviente che mi fa cenno di seguirlo appena capisce che sono io; ha un foglio in mano penso che sia una fotocopia dei miei documenti d'identità. Sono in ansia. Non fare la sciocca, cosa avresti da perdere? Potrei risparmiarmi questo stupido viaggio? Non penso proprio. La speranza è sempre l'ultima a morire.
Appena arrivo in pista l'addetto che ho seguito mi indica di salire su di un piccolo jet, e come se il mio corpo percepisse un pericolo inizia a fremere. Infatti appena salita, al suo interno, mi ritrovo dispersa in due pozze verde smeraldo, le stesse che mi tormentano da ieri, non c'è via di scampo, mi ha già intrappolata come se fossi una calamita e lui il mio polo opposto. La visione di quegli occhi saturi di un qualcosa di sovrumano, un viaggio senza ritorno. Nessuno prima mi aveva mai guardata così. Divento scarlatta per le sensazioni che mi provoca e lui, ovviamente, si accorge di tutto. Nonostante ciò non riesco ad abbassare lo sguardo.
«Ben arrivata Amber. Spero non le dispiaccia questo cambio di programma». Dice con voce di chi è tronfiò di sé e allo stesso tempo suadente.
Quest'uomo inizia ad infastidirmi con quell'aria di superiorità costante, ma allo stesso tempo sentire il mio nome uscire dalle sue labbra mi incenerisce l'anima. L'anima che forse non è persa per sempre come ritenevo.
Ecco, ora penso che le mie guance inizino a prendere fuoco. Puoi dirlo forte! «Certo che no. L'importante è andare a New York, e concludere l'affare il più presto possibile». Rispondo impacciata mentre penso se ci sia lo zampino della signora Wood per questo viaggio. Jason non c'entra nulla con i misfatti di mia madre ma il suo tono mi fa alterare e di conseguenza la sfumatura del mio, di tono, lo fa risultare infastidito, lo intuisco dalla sua mimica tirata. Vorrei tanto sapere che intenzioni ha con la nostra attività ma nessuno si è premurato di farmelo sapere.
Conosco la sede di New York, come le mie tasche. Ho passato lì gran parte della mia infanzia; papà mi ci portava sempre da piccolina, lui sbrigava i suoi affari e io bighellonavo in giro per il palazzo. Tutti mi conoscevano e viziavano, essere la figlia del capo ha i suoi vantaggi, qualche volta.
Nel tempo, visto i ricordi suscitati dalla sede, ho deciso di studiarne un poco l'andamento e i suoi bilanci, l'attaccamento a quel luogo sentimentalmente mi ha portata ad essere curiosa di tutti i suoi aspetti. Quindi dovrei avere un bel vantaggio sul presentare il patrimonio, pur non essendo io la figlia solita ad intermediare per i beni di famiglia. Cercherò di fare del mio meglio... a lui sarebbe interessato.
«E così sia. Non ho tempo da perdere». Detto questo, ovviamente senza ricevere alcuna risposta da parte mia perché potrei diventare violenta dati i suoi modi bruschi e incomprensibili che mi irritano, si rintana dietro il suo computer fino a che non servono la cena, mentre io mi accomodo sulla poltrona di fronte a lui con un buon libro da leggere.
L'attesa è stata snervante. Nonostante la lettura fosse interessante non sono riuscita a prestarle attenzione. Ho percepito gli sguardi furtivi di Jason, indirizzati sempre sulle mie labbra o sul décolleté, poco prosperoso leggermente scoperto da uno scollo a V, e la cosa mi imbarazza un poco. Sono cresciuta con princìpi alquanto rigidi, queste cose mi mettono a disagio. Non che sia una santa, intendiamoci, ma ripeto: non mi piacciono le attenzioni in generale. Anche le sue? Non la bevo bambina.
«Signorina Wood, se le portate della cena non fossero di suo gradimento, non si faccia problemi ad avvertire il personale.» Ma brutto stupido e dispotico! Un'uscita di circostanza dopo tutto quel silenzio mi riporta alla cena. Stanno servendo dell'arrosto con patate e sembrano squisiti, eppure il mio stomaco è chiuso a doppia mandata, Jason avrà notato il mio scarso appetito dato che sto fissando il piatto appena arrivato senza accennare a prendere le posate in mano.
Non posso non sospettare che quest'uomo soffra di disturbi della doppia personalità. Sei paranoica! Sicuramente, ma altrimenti per quale arcano motivo in un attimo mi spia come solo un adolescente in piena pubertà farebbe e l'attimo dopo decide di essere freddo come l'Antartico? Non è una buona motivazione per pensare che sia bipolare. Forse sto esagerando, troppo paranoica.
«Buon appetito». Cerco di non fissarlo, anche se con la coda dell'occhio vedo che ogni tanto tornano sfuggevoli le sue frecciatine. La formalità che lo avvolge ha un non so che di strano; sicuramente sto impazzendo, insomma non conosco questa persona, anche se così, guardandolo di profilo, un qualcosa di familiare attira la mia attenzione allora divento sfacciata; sono troppo curiosa. «Jason, in quale città risiede?» Cavolo, devo stare attenta a non dire proprio tutto ciò che mi passa per la testa, il dubbio però è forte. E sopratutto, come mi è saltato in mente di chiamarlo per nome? Ti gusta, ammettilo. Proprio così, ma non di certo mi piace come persona. Non lo conosci bambina, non si giudica un buon libro dalla copertina. Già...
«Vengo dalla Svizzera. Però le mie vere origini sono americane. Dove attualmente abito.» Pensavo si fosse infastidito per la mia noncuranza, invece mi è andata bene, gli sorrido mentre prende un tovagliolo per tamponarsi gli angoli della bocca peccaminosa, anche se la sua risposta è davvero vaga.
«Quindi è fidanzato? Ha fratelli?»
Amber, frena!
Si irrigidisce, ora sono sicura di avere esagerato. Ma che diamine... Arrossisco fino alla punta delle orecchie, sono classica nelle mie figuracce. Accidenti alla mia boccaccia che vive di vita propria.
«No. Comunque, per la cronaca, non sono affari che la riguardano Amber!»
Via le formalità, te la sei cercata.
Bene, a questo punto capisco dal suo tono di voce che è davvero turbato. Decido di non rispondere nemmeno, insomma, che vada al diavolo. So di avere esagerato ma non c'è bisogno di inalberarsi in questo modo.
Evito di interferire con lui durante la cena la quale riesco a malapena ad ingurgitare due pezzi di pane.
Quando finalmente sparecchiano, e dopo essere andata al bagno, cerco di riposare reclinando la poltrona, non ci riesco per via della sensazione di essere osservata. Sbircio di sottecchi l'uomo davanti a me e lo scopro a fissarmi, non con le semplici occhiate di prima, mi sta proprio "Fissando" intensamente.
Lo sguardo insistente sembra perforarmi la pelle come se mi bruciasse addosso, radunando tutte le forze decido di farmi coraggio e di alzare il mio. Appena lo faccio me lo ritrovo ad un passo da me. Mi guarda dall'alto al basso mettendomi in difficoltà.
«Amber io... perdonami, baby».
Baby. Cosa significa? È forse impazzito? Vuole forse assassinarmi? Frena, sei davvero ingestibile in queste condizioni.
Si affretta avanzando con il busto verso la mia figura impietrita e si fionda sulle mie labbra.
Divento di tutti i colori; una miriade di farfalle decide di dare un mega festino nel mio stomaco, anzi, che dico? Stanno proprio aprendo una discoteca direttamente nelle mie viscere e con tanto di casse super efficenti della Pioneer! Mille emozioni mi attraversano il corpo, sembra che in me si stia propagando un incendio, e quando inizio a rilassarmi al contatto con le sue labbra morbide tutto torna come prima, lasciandomi addosso un senso di freddo. Lasciandomi imbarazzata per non essermi scostata, lasciandomi con la sensazione di avere sbagliato... Jason si sposta e torna a sedersi al suo posto facendo finta che nulla sia accaduto. Non mi guarda nemmeno, se ne sta lì, assorto nei suoi pensieri.
Per quanto riguarda me non riesco a muovermi o a dire qualcosa, qualsiasi fottuta cosa; sono interdetta, come se al mio cospetto si fosse presentata Medusa, e mi avesse trasformata in pietra allo stato puro. Questo tizio a malapena mi conosce e mi bacia di punto in bianco? Non so che fare, non so che dire e... sono un idiota.
Mi appoggio allo schienale e cerco una qualsiasi reazione in me, ma nulla, gli ormoni fanno compagnia alle farfalle di prima e io semplicemente sono inebetita. Lui si è di nuovo nascosto dietro al PC, senza proferire più parola, senza spiegazioni o scuse. Come se si fosse preso ciò che gli appartiene da sempre senza dovere chiedere il permesso a nessuno. Io mi odio per non avere reagito, mi detesto per averlo lasciato fare e per avermi umiliata subito dopo, anche se è stato emozionante e inaspettato.
Il suo comportamento, nelle restanti quattro ore all'atterraggio del nostro volo, è indifferenza e freddezza, così decido che non devo assolutamente più farmi coinvolgere in una follia del genere. Alla fine siamo qui, costretti in questo dannato Jet, per lavoro, non per una seduta dallo psicologo!
È stato un semplice bacetto più che casto Amber! Rilassati. Ecco, ci mancava la mia coscienza a mettere la ciliegina sulla torta: un semplice bacio tra due estranei, vorrei ricordare che non è affatto normale!
Sono sempre più convinta che Jason debba essere bipolare, o quantomeno matto da legare.
Finalmente l'aero atterra e impacciatamente prendo tutti i miei effetti per scendere. Jason mi precede svelto e si ferma davanti al portellone per farmi passare per prima, comunque non spiccica parola. Vorrei dirgli di non disturbarsi tanto, che ormai il dado è tratto, ma rimango in silenzio ed inizio ad elaborare quanto accaduto in questo piccolo aereo. Tempo al tempo, gli farò vedere che non sono una sciocca ragazzina di cui ci si può prendere gioco tanto facilmente. Certo, come se non ti fosse piaciuta la sua iniziativa. «Ora basta!» Non posso crederci, questo uomo deve davvero interferire con qualcosa dentro di me, ho espresso il pensiero ad alta voce, che gran figura di merda: maledetta coscienza che non tace mai.
«Tutto bene?» mi chiede.
Ora penserà anche che io sia una pazza che parla con se stessa, tanto vale fare finta di nulla e lasciarglielo credere. «Sì, Jason, possiamo andare?» domando infastidita.
Dopo un cenno del capo continua per la sua strada ignorandomi e io lo seguo.
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