9. Cinque minuti ancora

È notte fonda e Blythe si gira e si rigira nel letto, senza riuscire a dormire. Il pensiero di ciò che ha visto nella mente di Daisy non fa che tormentarlo e prendere sonno risulta impossibile.

Solo poche ore, si ripete nella mente. Solo poche ore.

Solo poche ore? Merda!

Si alza di scatto dal letto e si agita, muovendosi nella stanza come un leone in gabbia. Cosa deve fare? Il suo istinto gli dice di andare a casa di Daisy e capire se può fare qualcosa e soprattutto se può impedire cosa ha visto. È chiaro che la ragazza sta progettando il suicidio e proprio non riesce a darsi pace. Forse è l'unico che lo sa e forse è l'unico che non può fare granché, ma come può tornarsene a dormire e dimenticare tutto? Quell'immagine è davanti ai suoi occhi più vivida che mai: un contenitore arancione con pillole azzurre. Non ha idea di come una ragazza così giovane se le sia procurate, ma nemmeno questo è ciò che conta al momento.

Vuole andare dalla ragazza, ma cosa farà dopo? Entrerà in casa e dirà ai suoi genitori di controllare se sua figlia è ancora viva? Non è un bello scenario da realizzare. Eppure, prima che possa pensare ad altri piani o a macchinazioni mentali al limite dell'assurdo, è già sceso al piano di sotto.

Il cuore gli batte forte e la paura e l'adrenalina si mescolano nel suo petto, mentre muove quei pochi passi che lo separano dall'uscita di casa. Spalanca la porta e per un momento gli sembra di poter essere inghiottito di nuovo dalla terra sotto i suoi piedi; una sensazione che lo accompagna da quella sera in cui ha rivissuto tutto. Ma tira un grosso respiro profondo e tocca la protuberanza sulla tasca dei jeans per darsi forza: il suo inalatore è lì con lui; se dovesse servire, lo userà e tutto andrà bene.

Mentre percorre la strada che lo separa dall'abitazione dei McLean, in cuor suo Blythe spera che in un modo o nell'altro Daisy non sia stata lasciata sola per tutta la serata e per il resto delle ore, fino a quel momento. Quanto ha sentito lo tormenta e non conoscendo Daisy non sa se metterà in atto il suo "piano" quella notte stessa o se prima farà altro e poi... Serra gli occhi, provando a non finire di formulare quel pensiero. 





☹☹☹





Blythe è nel giardino sul retro della casa di Daisy e fissa la finestra che, secondo il suo parere, potrebbe essere quella della stanza della ragazza. Non è assolutamente sicuro che sia la sua, ma un dettaglio gli dice che non è il bagno o la camera da letto dei suoi genitori: delle tende rosa con motivi floreali s'intravedono dai vetri chiusi a causa del troppo freddo. Il ragazzo si stringe nel suo giubbino di pelle e tira fuori l'inalatore: ha bisogno di energie per attuare il suo piano.

Un paio di boccate e Blythe si dirige verso l'erba rampicante attaccata al muro della casa. Sa bene che non è un'ottima idea, che potrebbe farsi male, essere scambiato per un ladro e attirare l'attenzione dei vicini; ma deve assolutamente entrare in quella stanza.

Salta e si aggrappa a quell'ammasso di erbaccia. Non è per niente semplice, ma riesce ad arrivare con grande sforzo al tetto della casa. Vi ci si lancia sopra e afferra le tegole per non cadere. I suoi piedi penzolano e li agita provando a non scivolare e a ristabilire l'equilibrio. Un sospiro e poi con tutta la forza che gli è rimasta fa pressione sulle braccia e riesce a tirare su anche le gambe; finalmente è a pochi centimetri dalla finestra. La prima cosa che gli viene in mente di fare è avvicinarsi con il viso e sbirciare, ma ben presto si rende conto che le tende non gli permettono di vedere nulla. Aveva sperato di trovarla aperta, così da poter entrare senza impedimenti, ma in questo momento è costretto al piano B: bussare e sperare che la ragazza sia ancora viva.

Blythe batte un paio di colpi col pugno chiuso, ma non ottiene nessuna risposta. Allora ci riprova, più forte, ma nemmeno stavolta Daisy appare per aprirgli la finestra. Abbassa lo sguardo e si mordicchia le pellicine sul labbro, pensando di aver fallito.

D'improvviso, però, un rumore lo fa scattare sull'attenti e in poco meno di un attimo Daisy McLean gli appare di fronte, più viva che mai.

È immediato il sorriso che si palesa sul volto del ragazzo; lei, al contrario, lo sta fissando con un'espressione tra lo sconcertato e l'impaurito.

«Blythe?» domanda, sempre più incredula. «Che cosa ci fai qui?»

Il ragazzo, in quel preciso istante, si rende conto di aver agito ancora d'istinto e che alla fine non ha rivisto i dettagli, e la felicità sparisce di colpo dal suo viso. Tuttavia, indica l'interno della stanza a Daisy.

«Vuoi entrare?» chiede lei e Blythe annuisce, convinto.

Daisy allora spalanca di più la finestra e si sposta, così da far usare a Blythe la sua scrivania come appoggio per non saltare direttamente sul pavimento. Quando però il ragazzo si trova con i piedi ben stabili a terra, Daisy lo inchioda puntandogli al collo la lama di un tagliacarte.

«Che cosa sei venuto a fare?» ringhia, a pochi centimetri dal viso di Blythe.

Blythe è sorpreso di questo lato così combattivo di Daisy e non può impedire agli angoli della sua bocca di alzarsi di nuovo in un sorriso.

«Non ridere» lo ammonisce lei e Blythe avverte la punta del tagliacarte premergli la gola, «dimmi perché sei qui nel cuore della notte.»

Il ragazzo comincia ad affannare preso alle strette, allora scava nella tasca dei jeans ed estrae l'inalatore. Daisy resta spiazzata da quel gesto e si sposta da lui, liberandolo e osservandolo mentre il medicinale lo aiuta a respirare. La ragazza sembra aver capito che Blythe non è e non può essere un pericolo per lei.

Finalmente più rilassato, Blythe si porta una mano sul petto a simboleggiare "io"; poi si tocca l'occhio e sposta il dito verso Daisy.

«Volevi vedermi?» La ragazza cerca in qualche modo di capire i gesti di Blythe, la sua fronte è aggrottata e le labbra sono serrate in una smorfia. «Volevi vedermi... perché?»

Quella domanda spiazza per la seconda volta Blythe, che si ritrova a schiudere le labbra e a spostare lo sguardo. Poi rialza gli occhi e indica di nuovo Daisy.

«Io...? Io cosa?»

Blythe cerca di mimarle il suo segno che sta per "bene" – il pollice all'insù – ma Daisy non sembra afferrare; per cui il ragazzo è costretto a scriverlo su un foglio che trova sulla scrivania della ragazza.

«Volevi sapere se stavo bene? Perché?»

È ancora nei guai perché tutte le scuse che sta inventando si rende conto che non lo stanno aiutando per niente, ma ugualmente alza le spalle e si gratta la testa.

«Così?» riassume Daisy. «Semplicemente volevi sapere se stavo bene o no?» Il tono sospettoso della ragazza è evidente alle orecchie di Blythe che, tuttavia, deglutisce e forza un sorriso, prima di annuire.

«Oh... grazie per l'interessamento, ma non c'era bisogno che tu... beh, sto bene.»

Con amarezza, Blythe pensa che tutto sommato non si possa dire che Daisy stia bene, o non avrebbe visto quel flashback e ascoltato quel pensiero. Una domanda a se stesso sorge spontanea: come può una persona arrivare a tanto? Non sa spiegarselo. Nemmeno per una volta, quando gli incubi lo tormentano e tutto sembra cadergli addosso come un masso che gli schiaccia il petto, ha pensato di farla finita. La sua vita non è stata rose e fiori, ma il desiderio di vivere, di continuare a scoprire cos'è che di bello ha il mondo non l'ha mai abbandonato. Ora, mentre si ritrova a guardare quella bionda ragazza, proprio non si dà pace. Allyson gli ha detto che è la capo cheerleader, che è la più popolare della scuola e dagli sproloqui di Noah ha capito che i suoi genitori sono molto benestanti, cosa che vede benissimo anche da sé, dato l'arredamento della camera. Soldi. Popolarità. Bellezza. Proprio non vede e non capisce cosa le possa mancare.

«Beh...» rompe il silenzio Daisy, «penso che adesso dovrei accompagnarti alla porta. Non credo che tu voglia...»

Tuttavia, la ragazza non riesce a finire la frase perché ciò che vede la lascia interdetta: Blythe si è steso a pancia in su sul suo letto, ha accavallato le gambe, afferrato il telecomando e acceso la TV.

«Scusami... cosa stai facendo?» Daisy si para davanti al ragazzo e gli strappa di mano il telecomando. «Non puoi stare qui.»

Blythe gira il capo e stringe la fronte, in una muta domanda che la ragazza capisce al volo.

«Perché è notte, non ti conosco e devo tornare a dormire» spiega.

Inevitabilmente, Blythe si ritrova a scrutare l'abbigliamento della cheerleader e non è di certo adatto ad andare a dormire. La ragazza, infatti, indossa un vestito da sera nero e a maniche lunghe; e ha i suoi bei capelli biondi lavati e acconciati con dei lievi boccoli finali. Il respiro gli si mozza in gola quando capisce che Daisy stava preparando tutto il necessario per una morte coi fiocchi.

«Lo stavo provando» si giustifica lei, quando si rende conto dello sguardo indagatore di Blythe. Poi si porta le mani sulle braccia, a coprirsi, e farfuglia un: «Soffro di insonnia e, siccome devo andare a una festa... Insomma, non mi pare che siano affari tuoi, comunque.»

Blythe vorrebbe controbattere e comunicarle che ha capito benissimo cosa stava facendo, ma sa – anche per via dei molti psicologi che ha frequentato – che non è di certo la strada giusta. Allora si limita a fare l'espressione più innocente che gli riesce e le mostra le cinque dita.

Cinque minuti ancora.

«Non capisco» ammette lei.

Il ragazzo riflette e veloce si alza dal letto per andare a recuperare fogli e penne. Pensa che sia meglio parlare con lei in quel modo, o non ne verranno mai a capo. Scarabocchia la risposta e porge il foglio a Daisy.

«No, Blythe, non puoi restare nemmeno cinque minuti.»

"Perché?"

«Perché è tardi e...» continua, ma viene interrotta da Blythe che le mostra un foglio con su scritto: "Siamo giovani".

«Domani c'è scuola» controbatte ancora lei.

"Chi se ne frega".

«Blythe, io... davvero... Non voglio essere scortese, ma...» Daisy lascia in sospeso la frase e con rammarico Blythe si rende conto di non poter far altro per convincere la ragazza a farlo restare ancora un po' sveglia ma soprattutto viva.

Prima di andare via e lasciare che Daisy abbia la meglio, però, scarabocchia un'ultima richiesta: "Puoi per favore accertarti che i tuoi genitori stanno dormendo? Non vorrei che mi vedessero".

La ragazza rilassa le spalle e sospira, sollevata. «Certo, vado subito.»

Blythe osserva Daisy lasciare la stanza e non appena lei mette piede fuori si getta alla ricerca di quel flacone con le pillole. Ha visto che è in un cassetto, per cui la prima cosa che fa è andare dritto al comodino; ed è con una forsennata ricerca nella biancheria della ragazza che Blythe le trova. Le tiene strette tra le mani e per qualche secondo le osserva senza fiato, mentre mille pensieri orribili si fanno strada nella sua mente. Poi, rapido, le nasconde nella tasca del giubbotto e ritorna in posizione.

«È tutto okay» esordisce Daisy. «Puoi andare.»

Blythe annuisce e si muove in direzione della ragazza. Restano a fissarsi negli occhi per qualche secondo di più, poi Blythe prende la decisione più coraggiosa della sua vita: le scocca un tenero bacio sulla guancia, per poi sorriderle rassicurante.

Vorrebbe dirle tante cose, così tante che se provasse a metterle su carta gli verrebbe un crampo alla mano; ma non può, sa bene che, messa di fronte alla realtà, si spaventerebbe e non farebbe altro che aumentare la confusione e il dolore che, ne è certo, regna nel cervello della ragazza.

Ha il cuore in gola mentre oltrepassa la soglia della porta e non si volta indietro per vedere la reazione di Daisy a quel contatto.     


Ho pensato di pubblicarvi in anticipo il capitolo perché immagino che sia io sia voi domani saremo un po' impegnati per pubblicare/leggere qui su Wattpad. Colgo l'occasione, però, per farvi tanti auguri di buon anno, nella speranza che questo 2019 vi possa regalare tanta felicità e serenità, perché, sappiatelo, sono tutte cose che da questa storia non riceverete! Ahahahah! Perfida fino alla fine, lo so. 

Bando alle ciance e spero che il capitolo vi sia piaciuto! 

A presto, 

Mary <3 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top