47. Con tutto il fiato che ho in corpo
Blythe è steso tra l'erba del campo da football e con Noah che gli mantiene i piedi ben saldi a terra sta, a fatica, facendo gli addominali. È l'ora di ginnastica e siccome non può lanciarsi in una corsa sfrenata attorno al campo come fanno i suoi compagni, il coach Guss l'ha messo, insieme a Noah, a fare gli addominali. Noah è stato felice di poter evitare a sua volta l'atletica, mentre Blythe avrebbe preferito evitare del tutto l'ora di ginnastica. Si sente stanco e nervoso per ciò che è successo il giorno prima a casa di Daisy.
È andato via come le aveva richiesto la ragazza, ma ha cercato di contattarla per chiarire o comunque per capire cosa fosse successo, ma lei non ha mai risposto. E ora Blythe spera di incontrarla nei corridoi della scuola per parlare; purtroppo non è ancora successo.
«Quanti te ne mancano?» domanda Noah a Blythe, aggiustandosi gli occhiali sul naso e togliendosi dalla fronte il sudore dovuto al sole cocente di quella mattina di fine febbraio.
Blythe alza la schiena e resta con il busto proteso a mezz'aria e le braccia incrociate sul petto, mentre riflette sul conteggio che non stava tenendo più, immerso nelle sue riflessioni. Storce la bocca e cerca di ricordare; alla fine mostra all'amico le cinque dita della mano destra.
«Cinque? Okay, perfetto. Non ne posso più di stare qui, al caldo a...» Noah blocca il suo discorso, schiude le labbra e si perde a osservare un punto dietro le spalle di Blythe.
Curioso dal suo atteggiamento, Blythe volta il capo e riconosce il gruppo di cheerleader e anche lui blocca ogni suo movimento per focalizzare meglio l'immagine delle ragazze, ma per individuare la presenza di Daisy. I suoi occhi si puntano su Allyson, che con un gesto pacato porta i suoi lunghi capelli dietro le spalle, e si spostano lenti su ogni altra ragazza che c'è vicino a lei, o nei suoi pressi, ma non vede Daisy da nessuna parte.
La cerca ancora anche tra gli altri gruppetti – quelli dei giocatori di football o delle altre classi – ma non c'è.
Arreso, ritorna con la schiena sull'erba, prima di continuare con gli addominali.
Quando risale per fare forza sui suoi muscoli dell'addome, dà una pacca a Noah svegliarlo, visto che ancora era imbambolato, con lo sguardo perso.
«Sì, scusa» dice Noah e Blythe indica Allyson, alzando le spalle. «No, nessun cambiamento.» Arrossisce e abbassa il capo mentre lo dice, quasi come se stesse dichiarando una colpa o un fallimento. «Ci vediamo spesso, più di quanto potrei sperare, ma non facciamo altro che guardare serie tv e mangiare schifezze. Cioè, le schifezze le mangio più io perché lei certe cose non le mangia, ma insomma... Penso di aver preso qualche chiletto.»
Noah si batte una mano sulla pancia e Blythe scoppia a ridere, prima di dargli una spinta.
«Sul serio!» esclama Noah e lui sorride ancora di più. Poi, Blythe muove la mano davanti al petto di Noah un paio di volte e lui annuisce. «Sì, piano, lo so. Più piano di così...» bofonchia, borbottando anche qualcos'altro che Blythe non capisce. «Ah! Hai sentito di Matt?» Blythe aggrotta la fronte e lui continua: «Pare che sia scappato di casa, non si hanno sue notizie da più di una settimana. È sempre stato strano, quel tipo...»
Blythe annuisce, pensieroso, facendo finta che la notizia sia fresca e nuova per lui e in cuor suo spera che Matt stia bene e che riesca a trovare finalmente la serenità che merita.
«Gira voce che facesse degli incontri clandestini la notte, ma che a scuola dicesse di praticare kick boxing. Sai, per via di tutti quei segni che aveva sul volto.» Noah si indica il viso e poi scrolla le spalle. «Bah, ad ogni modo, non sentirò la sua mancanza di certo» ammette Noah.
Blythe non può non dargli ragione: Matt è sempre stato stronzo con il suo amico e se ci saranno persone che non si accorgeranno dell'assenza di Matt o che non avvertiranno la sua mancanza saranno proprio quelle che ha preso per tanto tempo di mira.
In fondo, riflette, Matt ha sempre saputo ciò che stava facendo e la terra bruciata che stava lasciando intorno a sé.
«In piedi, ragazzi, forza» grida il coach Guss a lui e agli altri ragazzi che erano sull'erba a eseguire gli esercizi.
Blythe si solleva con l'aiuto di Noah che gli porge una mano, e si pulisce il pantalone della tuta da tutti i fili verdi che vi sono rimasti attaccati sopra.
«Allora, venite tutti qui e disponetevi in cerchio attorno a me» ordina il coach e i ragazzi eseguono senza fiatare.
Anche Blythe e Noah seguono i loro compagni, ma, mentre stanno per arrivare più vicini al professore di ginnastica, Blythe si sente spingere da dietro. Non fa in tempo a capire cosa sta accadendo che una delle cheerleader gli passa accanto e gli sorride.
In un attimo, succede ancora.
Blythe ha davanti agli occhi un paesaggio che non conosce, forse è una terrazza, di sicuro pare essere un posto con una bella visuale. Ha davanti a sé le altre cheerleader e tra loro c'è anche Daisy; ha le braccia attaccate a una ringhiera e fissa il vuoto sotto di sé. E mentre il ricordo sta per andare via via disfacendosi, Blythe capisce che Daisy è stata lasciata lì da sola dalle sue compagne che, al contrario, sono scese a fare ginnastica.
Però, Daisy non è mica scema...
Quando il ricordo svanisce, Blythe si trova davanti la ragazza che, ammiccando, gli sorride. Il suo cervello rielabora quanto ha appena visto e complice l'idea che il suo "potere" non arrivi mai casualmente, si ritrova in un attimo a correre alla ricerca di quella terrazza, di quel luogo così in alto nel quale Daisy è stata lasciata sola.
Un orribile presentimento gli accelera i battiti del cuore, mentre si muove in direzioni casuali. Sente qualcuno che lo chiama, ma non gli dà peso: deve trovare Daisy e subito.
D'un tratto gli viene in mente la scala antincendio che è posta fuori dal campetto, a pochi metri dov'è lui. Vi si precipita e sale un gradino alla volta col cuore in gola e con il fiato che gli manca a ogni passo.
E se fosse tardi? Se Daisy l'avesse già fatto? E se dovesse trovarla lì sopra distrutta come quella volta nella sua stanza, cosa farebbe?
Scuote la testa e si maledice perché non può pensarci adesso. Adesso deve solo continuare a dire a se stesso che tutto andrà bene, che Daisy starà bene.
Ti prego, fa che sia così.
Quando sale l'ultimo gradino, si trova davanti una porta di ferro grigia e consunta. È chiusa e prima di aprirla tira un respiro profondo.
Un forte vento lo colpisce in pieno viso ed è costretto a chiudere gli occhi e a porsi il braccio davanti al volto per ripararsi. Tuttavia, non appena compie un paio di passi, quella folata sparisce così com'è arrivata e a tentativi li riapre. Il cuore si arresta per un secondo, alla vista di Daisy, dall'altra parte del cornicione, in bilico e con le mani a stringere la ringhiera dietro di lei.
Muove un passo, ma poi per paura di spaventarla e di peggiorare la situazione resta fermo. Cosa deve fare? Cosa può fare?
Lì, a fissare il vuoto e con la voglia di gettarsi di sotto, mentre le nubi rapiscono il sole e il freddo sembra voler tornare a pungere le loro pelli, c'è la ragazza che gli ha rubato il cuore, che l'ha stretto in una morsa più di chiunque altro, che in questi mesi ha provato a "salvare", a dare almeno dei piccoli momenti di ristoro. Eppure, tutti i suoi sforzi gli sembrano vani, ora che lei è lì, ancora una volta, a voler porre fine alla sua vita.
I suoi capelli si librano piano all'aria che diventa sempre più gelida e le balze della gonna sembrano seguire una danza tutta loro. Le sue gambe tremano, così come le sue braccia.
Daisy stacca una mano e Blythe sgrana gli occhi.
Un brivido gli attraversa la colonna vertebrale e poi, quasi si muovesse a rallentatore, un piede va avanti, segue l'altro, poi di nuovo il primo.
«Daisy!» grida forte, a pieni polmoni, con tutto il fiato che ha in corpo.
Lei sussulta e stacca anche l'altra mano, ma le gambe la reggono giusto in tempo e lasciano la ringhiera giusto un secondo prima che Blythe l'afferri e la tiri a sé. La stringe forte al suo petto e in fretta la prende in braccio per toglierla dal cornicione.
Daisy stringe le mani attorno al collo di Blythe e vi nasconde il viso. Il suo cuore batte così forte che Blythe potrebbe giurare di star provando dolore, di poter sentirlo sbattere contro la cassa toracica.
Affanna e le sue mani si stringono con forza attorno alla pelle fredda di Daisy. Non vuole lasciarla, non vuole farle rimettere i piedi per terra.
Un altro brivido gli attraversa il corpo e, quando abbassa lo sguardo sul volto della ragazza, lei ha gli occhi pieni di lacrime e fa fatica a comporre una frase di senso compiuto. Blythe, invece, sa che adesso lui potrebbe farlo, che il suo cervello si è finalmente sbloccato, che si è ricongiunto con le corde vocali.
Buon martedì! Vi sono mancati? Spero proprio di sì. Con tristezza vi dico che questa era l'ultimo capitolo. Spero vi sia piaciuto. Lasciatemi le vostre impressioni qui sotto.
Ci vediamo venerdì con l'epilogo.
Mary <3
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