45. Non fermarmi adesso

Matt si guarda intorno e poi sbatte il pugno sulla porta chiusa di uno dei bagni.

«L'ha rifatto... L'ha rifatto, okay?» urla e le sue grida sono quasi una risposta a una domanda che Blythe non ha posto.

Il cappuccio della felpa ora, a causa dei movimenti convulsi, è quasi completamente abbassato e Blythe avverte una morsa allo stomaco quando vede il volto di Matt. Cerca di non focalizzarsi troppo sulle ferite e di guardarlo dritto negli occhi, ma anche così il dolore che prova non sparisce.

Gli si avvicina. Un passo.

«No, non ti avvicinare» lo avvisa Matt. «Stammi lontano.»

Ma Blythe non gli dà ascolto e più si muove nella sua direzione più Matt indietreggia fino a spalmarsi sul muro; poi ci imprime la schiena e scivola a terra.

«Stavolta non è stata colpa mia, davvero... Non ho fatto nulla...» confessa, le mani davanti al volto, forse per non vedere la reazione di Blythe. «Io...» Un groppo, simile a un singhiozzo, blocca le altre parole di Matt e Blythe non sa cosa replicare.

Si sente male all'idea di non aver provato prima a fare qualcosa per lui, quando l'ha trovato fuori casa sua sfatto e barcollante, o le tante altre volte che l'ha visto circolare per i corridoi della scuola sempre con qualche livido sul volto. È stato troppo stupido, o forse troppo codardo per fare qualcosa; eppure quella visione avrebbe dovuto aprirgli gli occhi.

Ora non sa proprio come controbattere.

Matt borbotta qualche altra cosa che non capisce, mentre si siede a terra accanto a lui.

"Lo devi denunciare" scrive, sul suo cellulare, quando trova la forza e il coraggio per dire qualcosa; poi lo fa scivolare sotto il naso di Matt.

Dopo aver letto, Matt si lascia scappare uno sbuffo. «Figuriamoci» dice, «a che servirebbe? Tanto tra poco andrò via, sto già organizzando tutto.»

Non c'è tentennamento nel tono di Matt, che addirittura trova il coraggio per girarsi e guardare Blythe negli occhi.

Scappare non è mai la scelta giusta, né la più facile, tuttavia Matt pensa che sia giusto così, che andando via potrebbe trovare la sua stabilità. Blythe non è di questa opinione, ma non sa proprio come farglielo capire, e non è perché non ha gesti necessari nel suo vocabolario, ma perché si rende conto che se anche non è un ragionamento giusto anche lui sarebbe portato a farlo.

L'unica cosa che riesce a fare, mentre fissano l'uno le pupille dell'altro, è accarezzargli il viso sfregiato con il dorso della mano e rendere chiaro, così, che è dalla sua parte, indipendentemente da ciò che sceglierà.

«Oh, Blythe...» sussurra Matt, con gli occhi chiusi.

«Ma che bella coppietta che siete!» esclama qualcuno e subito Blythe toglie la mano dal viso di Matt e lui apre gli occhi.

Jasper e Lucas sono entrati in bagno a loro volta e li fissano dall'alto in basso. Dopo poco, spalanca la porta anche Noah.

«Ehi, Blythe, tutto bene?» domanda all'amico.

Blythe annuisce, sicuro, e si alza da terra. Si passa i palmi sui jeans e poi porge una mano a Matt affinché si sollevi a sua volta.

«Che carini» commenta Lucas. «Due perfetti fidanzatini.»

«Smettila, Lucas» controbatte Matt, mentre si alza senza l'aiuto di Blythe.

«Perché? È la verità» insiste Jasper. «Non lo pensi anche tu, nerd?»

«Non so di cosa stiate parlando» risponde Noah.

Blythe li ignora e compie un passo per andarsene, ma Jasper gli pone una mano sul petto e lo ferma.

«Dove vai così di fretta?» gli domanda.

Blythe guarda la mano che ha addosso e poi alza gli occhi sul bullo che ha di fronte. La voglia di stenderlo con un colpo solo è tanta.

«Lascialo stare» dice Matt, ma forse peggiorando solo le cose, perché i bulli scoppiano a ridere della loro complicità.

«Siete proprio un amore» afferma Lucas.

«Vi ho detto di smetterla.» Matt si fa a pochi centimetri dal volto di quello che una volta era il suo "braccio destro" e lo sfida a continuare con quelle allusioni.

«No, che non la smetto» ribatte Lucas, «sei un finocchio di merda, anche se fai le risse clandestine la notte.»

La fronte di Blythe si aggrotta d'istinto, quando sente quell'allusione, ma non ci crede nemmeno un po': devono essere delle scuse che Matt ha inventato per giustificare i segni sul viso e sul corpo.

«Proprio per questo motivo dovresti smetterla all'istante» lo minaccia Matt.

«Ah, sì?» Lucas lo spinge con entrambe le mani e lui fa solo un passo indietro. «Che fai, altrimenti?»

Lucas, tra una spinta e l'altra, ha quasi incastrato di nuovo Matt al muro che, nonostante lo sguardo fiero, non è sicuramente in grado di fare a botte o di avere la meglio, visto lo stato in cui è; perciò Blythe si lascia guidare dall'istinto e dalla voglia di aiutarlo e costringe Lucas a girarsi verso di lui. E prima che possa aprire bocca, Blythe gli ha sferrato un pugno in pieno viso, dritto sul naso.

La rissa che ne segue coinvolge anche Jasper e Matt, ma non Noah, che scappa a chiamare aiuto.

Jasper dà un colpo nello stomaco a Matt, che risponde con un calcio negli stinchi; mentre Lucas dà una gomitata sotto il mento a Blythe, che grugnisce e porta indietro la testa. Lucas è alto quasi quanto lui, ma molto più lento nei movimenti e Blythe sa di poterlo mettere KO come gli ha insegnato suo padre; eppure si fa distrarre da un dettaglio. D'un tratto, Matt è riverso a terra e Blythe non riesce a vedere il suo viso, perché coperto dalle mani che ha portato sopra alla testa.

Un calcio sulle braccia e Matt le abbassa. Sta piangendo, ora Blythe lo vede bene.

È in procinto di andare da lui per aiutarlo, quando un colpo dritto allo stomaco gli toglie il respiro. La vista gli si appanna e il cuore accelera i battiti fino allo stremo. La testa gli rimbomba e l'aria nei polmoni viene meno sempre di più; eppure qualcosa sale attraverso la sua gola. Ed è una sensazione strana, nuova.

Qualcosa dentro di lui si è smosso; qualcosa prova a uscire.



☻☻☻




Sua madre sta dicendo tante cose, forse troppe, ma lui non la sta ascoltando. Riguardano tutte la rissa che c'è stata nel bagno della scuola e che alla fine si è conclusa con l'arrivo del professore di Filosofia, chiamato da Noah. L'unico a essere uscito illeso è stato Jasper, che non ha preso nemmeno un colpo da Matt, che le ha incassate senza battere ciglio. Sono stati tutti portati in presidenza, sono stati avvisati tutti i genitori e tutti i genitori sono accorsi, tranne quelli di Matt, nemmeno sua madre.

Lo sguardo fisso nel vuoto e il labbro ancora sanguinante. È questa l'immagine che ora Blythe rivede di Matt, sperando che non sia l'ultima che vedrà. Matt avrebbe il coraggio di andarsene e non tornare più, è probabile, ma a cosa servirebbe? A cosa andrebbe incontro? È solo un ragazzino di diciassette anni senza un diploma e senza lavoro, dove e come potrebbe avere un futuro migliore? A ben pensarci, però, la sua vita attuale non è di certo bella. Se solo ripensa al volto di quell'uomo, ancora gli vengono i brividi.

«Mi stai ascoltando?» lo chiama sua madre e lui attacca la schiena alla sedia e sbuffa. «Non sbuffare con me, signorino, appena torna tuo padre avrai poco da sbuffare.» Blythe ruota gli occhi al cielo, ma sua madre continua: «Com'è possibile che sei passato dall'essere picchiato da Matt Anderson a picchiare altri ragazzi con Matt Anderson proprio non lo capisco!»

È tentato dallo sbuffare di nuovo, ma si trattiene: sa che sarebbe solo peggio. E allora si limita a fare cenni col capo per farle capire che la sta ascoltando, quando invece ha la testa da un'altra parte.

«E per cosa, poi?» chiede Samantha, poi si alza dalla sedia sulla quale era seduta e si porta le mani tra i capelli. «Le motivazioni non le avete volute dare nessuno di voi, ma io voglio sapere!»

Samantha sbraita ancora in cerca di risposte, ma lui si è distratto a leggere un messaggio che gli è appena arrivato e che, ora, gli ha fatto sprofondare il mondo addosso.

"Vado via, non ci rivedremo più. Mi mancherai. Volevo solo dirti grazie. Matt."

Non può credere di averlo letto davvero, che Matt stia davvero scappando.

Si alza in piedi veloce e mentre sua madre ancora sbraita verso di lui esce di casa per andare da Matt e convincerlo a non fuggire di casa.

Corre più che può per le strade ancora fredde di North Oaks, ma che si avviano alla primavera; con lo sguardo cerca di ricordarsi dettagli che potrebbero aiutarlo per trovare la casa di Matt, o almeno un luogo abbastanza vicino.

Si ferma quando riconosce il cantiere ancora a cielo aperto, quello che ha attraversato quella notte. Si guarda intorno, scruta ogni volto per riconoscere quello di Matt, ma non lo vede da nessuna parte.

Torna indietro e viene attirato da un ragazzo vestito completamente di nero e con sulle spalle uno zaino a sua volta nero. Gli corre incontro e lo ferma, tirandolo per una spallina. Quando si gira, però, Blythe è deluso dal constatare che non è Matt. Lo sconosciuto lo guarda male e gli ringhia qualcosa contro e lui si scusa con un gesto della mano.

Sconsolato, fa la strada inversa e non appena nota una panchina si ferma per riprendere fiato e inspirare un paio di boccate dal suo inalatore. Se lo porta alla bocca e inspira profondamente. Socchiude gli occhi, mentre sente la medicina fare effetto; quando li riapre, lo stesso ragazzo di prima gli passa davanti. Ha tirato su il cappuccio della felpa e cammina a passo più spedito di prima; volta il viso verso la sua sinistra, verso Blythe, e a lui manca il respiro.

Matt!

Scatta in piedi e gli va incontro; mentre cammina spera che non si muova di lì, che resti fermo proprio come ha fatto finora, nel momento in cui ha riconosciuto a sua volta Blythe.

«Blythe, che fai? Perché sei qui? Non ti ho mandato quel messaggio per farti correre qui a farmi cambiare idea» dice Matt, mentre Blythe gli stringe il polso.

Il ragazzo scuote la testa e a modo suo gli dice che non vuole che vada via, che non lo accetta e che forse non lo accetterà mai. Non è giusto. Non è giusto per niente.

«Non c'è altro modo, Blythe, davvero» sussurra Matt, poi gli volta il braccio e stringe tra le sue mani quella di Blythe. «Non potrei fare in nessun altro modo.»

Blythe grugnisce e si batte l'altra mano sul petto. Non può lasciare che tutto finisca così, che Matt vada via e che lui non possa avere la possibilità di aiutarlo. A che pro avere quella visione se non è riuscito a dargli una vita migliore?

Non è un supereroe, se l'è detto la prima volta che gli è successo e continua a dirselo; tuttavia quell'idea costante di poter fare qualcosa che nessun altro fa e che quindi a qualcosa potrebbe servire non l'ha mai abbandonato, nemmeno per un secondo. In più, dopo tutto quello che è successo, sente di provare qualcosa per Matt, una sorta di bene che gli fa credere che non siano amici, ma che sentirebbe di certo la sua mancanza, se se ne andasse. Un rapporto strano, il loro, eppure così familiare per lui.

«Non puoi aiutarmi, Blythe» insiste Matt, mentre stringe più forte la mano di Blythe. «Lo sai pure tu.»

Non vorrebbe dargli ragione, né lasciarlo andare via così, ma alla fine si ritrova ad abbassare il capo, sconfitto.

«Sai» richiama la sua attenzione Matt e lui alza gli occhi su di lui, «avrei voluto non fermarti quella volta a casa tua.» Lo dice ridendo, quasi scherzando, ma la voce gli trema un po' e le sue iridi si spostano sulla mano di Blythe; l'accarezza e ne traccia i contorni con le unghie.

Vorrebbe dirgli: non fermarmi adesso, lascia che ti aiuti. Vieni a casa con me, una soluzione la troviamo. Invece, Matt smette di carezzargli la mano e le loro pupille si incastrano; restano senza dire nulla, a cercare l'uno nello sguardo dell'altro il coraggio per porre fine a questa follia, ma nessuno dei due sembra trovarlo.

«Devo proprio farlo» mormora, poi, tagliando quel silenzio e lasciando a poco a poco Blythe. «Grazie e scusa.»

Le loro dita restano a sfiorarsi ancora un po', fino a lasciarsi del tutto, fino a che Matt non gli dà le spalle e se ne va. Ed è l'ultima volta che lo vede. 




Buon lunedì! Ho fatto una strappo alla regola, perché venerdì non posso pubblicare, quindi oggi ho pubblicato il capitolo di domani e domani pubblicherò quello di venerdì, poi ci sentiamo direttamente martedì 14. 

Purtroppo, dobbiamo salutare Matt e dirgli "addio", almeno metaforicamente. Il libro si avvia alla conclusione, quindi spero che non sentiate troppo la sua mancanza. 

A domani, 

Mary <3

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