4. Firmato, Blythe Valkut
I piedi incrociati, sotto la sedia, si muovono con stizza, mentre Blythe è costretto ad ascoltare la ramanzina che il preside gli sta facendo. Accanto a lui è seduto Matt; dietro di loro ci sono i suoi genitori e la madre di Matt.
Nella rissa che, inevitabile, è seguita tra Matt e Blythe nessuno dei due ha avuto la meglio. Blythe ha un occhio nero e diversi graffi sul lato destro del viso; mentre Matt ha la mascella livida. Prima che potesse degenerare, Sally, la ragazza che era nel ripostiglio con il bullo, è accorsa a chiamare aiuto. Per quanto Blythe abbia provato, a suo modo, a spiegare la situazione al preside e ai suoi genitori, Sally ha smentito tutto.
«No, non mi stava violentando!» ha detto, quando Blythe ha insinuato che così stessero andando le cose.
«Vede? Vostro figlio ha messo le mani addosso al mio senza nessun motivo» si è impuntata la madre di Matt.
«Nessun motivo? Suo figlio l'altra volta lo ha quasi annegato nel bagno, lo sa questo?» è stata la risposta di James.
«Mi sta dicendo, quindi, che questa è la vendetta di suo figlio?»
«No, ma...»
«Basta così!» ha messo fine il preside.
In questo momento, Blythe sente la rabbia annebbiargli ogni facoltà mentale. Avrebbe voluto che non l'avessero fermato, che avrebbe potuto avere l'occasione di farla pagare a quel maledetto; ma non c'è riuscito. Sa bene cosa ha visto nella mente di Sally e anche se lei lo nega e se è vero che in quel momento non stava accadendo, è già successo. Cosa sarebbe accaduto se non fosse intervenuto? E se Matt l'avesse rifatto?
Non può e non vuole accettare ciò che gli stanno cercando di inculcare: Matt l'avrebbe presa con la forza.
«Signori Valkut, io capisco che suo figlio sia, come dire, particolare, ma...»
«Particolare?» scatta Matt, interrompendo il preside Simmons. «Lui non è affatto particolare, è esattamente come tutti gli altri! Non dovrebbe avere un trattamento di favore: è solo uno stronzo che non parla!»
«Matt!» lo rimprovera sua madre.
Nel frattempo, a insaputa degli adulti, Blythe gli sorride e ammicca. Vorrebbe dire a Matt che è inutile che si scalda tanto: nessuno sarà mai dalla sua parte.
«Lo vedete?» esplode ancora il ragazzo, rosso di rabbia, alzandosi in piedi e indicando il compagno. «Mi sta provocando.»
Tutti gli sguardi, allora, si puntano su Blythe che, per tutta risposta, alza le spalle e assume un'espressione innocente.
«Oh, Dio!» impreca Matt, ormai stufo che nessuno gli dia retta.
James, però, con le mani strette a pugno e fremendo per la rabbia, conosce bene suo figlio e sa che Matt, per quanto non sia proprio una persona apprezzabile, ha ragione. L'ha sempre detto a sua moglie che Blythe non è un cucciolo smarrito e che non andrebbe trattato da tale, ma Samantha non l'ha mai voluto ascoltare e questo è il risultato. Di certo non pensa che Matt faccia bene a prendersela con lui, ma è sicuro che, in questo momento, Blythe lo stia istigando.
«Preside, sono d'accordo a far punire mio figlio e a non fargli avere nessun trattamento di favore» dice, severo.
Suo figlio non può credere a quelle parole e spalanca la bocca, stupito. Le loro pupille si incontrano per un breve istante e Blythe scorge l'ira funesta che è insita in quelle del padre.
"Non inimicarti nessuno e per nessun motivo. Ti insegno a tirare di boxe solo perché voglio che tu ti senta al sicuro, ma non farlo di proposito." Le parole di suo padre, dette quando aveva dodici anni, gli ritornano in mente e non può evitare di abbassare il capo, vergognandosi. James è un ex pugile e ha insegnato a suo figlio a tirare pugni, ma non ha mai voluto che questi sfruttasse la sua prestanza fisica o quanto appreso solo per avere la meglio su qualcun altro. Come gli dice sempre, la boxe è un'arte che non dovrebbe essere usata per scopi impropri. E lui l'ha fatto.
«Quindi ammettete che vostro figlio ha picchiato il mio senza motivo!» riassume la madre di Matt.
«No, signora, anche Matt ha le sue colpe in questa storia» precisa il preside.
Anche? È solo colpa sua! Brutto stupratore di merda!
«Passerete entrambi le due settimane dopo la scuola in detenzione» decreta il preside.
Seppur punito anche lui, Matt lancia a Blythe un'occhiata soddisfatta.
☻☻☻
Blythe è nella sua stanza, steso sul suo letto a fissare il soffitto sopra di sé. Per quanto sua madre sia sempre dalla sua parte, stavolta ha poggiato l'idea del padre di metterlo in punizione anche a casa. Dovrà scontare la detenzione a scuola e anche tra le mura di casa sua.
Sbuffa e un ciuffo di capelli, ricaduto davanti agli occhi, ritorna alla sua normale posizione. È annoiato e non sa che fare; ritornare con la mente a ciò che è successo non può evitarlo. Quando ha visto nella mente di Sally quel ricordo si è detto che avrebbe davvero potuto in qualche modo sfruttare quel "dono" per fare qualcosa di positivo. Ma poi si è lasciato sopraffare dall'istinto, dalla rabbia e ha rovinato tutto. Sa di aver sbagliato, di aver agito senza pensare; eppure non riesce proprio a darsi pace e ad ammettere che, in fondo, avrebbe potuto fare diversamente.
È sbagliato pensare che l'unico modo per far capire a persone come Matt che quello che fanno non è giusto sia la violenza? Rispondere con quanto lui stesso fa agli altri? Secondo Blythe no. In quale altro modo potrebbe capire, altrimenti?
Non gli viene in mente niente, se non altri metodi con cui avrebbe potuto fargli del male. Sorride all'idea di dargli un calcio nelle palle.
«Blythe?» Suo padre è entrato nella stanza e lui non se n'è nemmeno reso conto, così preso da quelle riflessioni amare. Scatta seduto e ingoia a vuoto: l'arrivo di suo padre sembra coincidere con i suoi pensieri. «Possiamo parlare?»
James si avvicina cautamente al figlio, mentre questi annuisce e lo invita a sedersi sul letto accanto a lui. Il padre si sistema sul bordo del materasso, appena di fronte la scrivania che lui stesso ha montato per il figlio. L'ha sistemata sotto la finestra così che Blythe possa, mentre studia, respirare senza aver bisogno dell'inalatore. Ogni cosa che James fa e che ha fatto da quando Blythe ha subìto quel trauma è stato volto al miglioramento della vita del figlio, ma ci sono momenti, come questo, in cui sente di aver fallito e che Blythe non capisca quanto sia duro per lui vivere così.
Prima di entrare in camera del figlio, James aveva chiaro in mente cosa dovesse dire; invece adesso non lo sa più e resta per qualche minuto con lo sguardo vuoto, fisso davanti a sé.
Papà? Va tutto bene?
Blythe vorrebbe scuoterlo, chiedergli che gli prende, ma anche lui – come suo padre – non ne ha il coraggio.
«Sono... dispiaciuto» sussurra James, con un nodo in gola.
Due semplici parole. Due parole che, però, producono un gran male nel petto di Blythe. Se suo padre avesse detto "Sono arrabbiato", sarebbe stato diverso. C'è abituato alla rabbia delle persone e sa che, prima o poi, passa a tutti. Ma il dispiacere è diverso, perché non si sa mai quando questo potrà sfumare dall'animo di chi ci sta intorno; per quanto ne sa, potrebbe anche durare in eterno.
Con un movimento veloce, striscia con il sedere sul letto e nasconde la testa appena sotto l'ascella del padre. Vorrebbe stringerlo a sé per fargli capire quanto ci sta male e quanto abbia capito l'infelicità che il suo gesto ha provocato in lui, ma resta solo fermo così, con James che gli fissa il capo.
«Oh, Blythe...» bisbiglia l'uomo, prima di posargli una mano sul fianco. «Non farmi questo. Tua madre mi ammazza se sa che ti ho fatto piangere.»
A quel punto, Blythe alza il viso e fa vedere a suo padre che nemmeno una lacrima è impressa su di esso; James si acquieta e sospira, sollevato. Lo aiuta, poi, a rimettersi seduto composto e con garbo gli accarezza il viso sfregiato.
«Sai... quando i ladri ci sono entrati in casa, non mi sono accorto di nulla» spiega James, riferendosi a quella maledetta notte. «E dopo, quando ti ho trovato rannicchiato sulle scale a piangere, mi sono sentito così impotente. Volevo fare qualcosa per te, per farti sentire meglio, ma niente sembrava sortire l'effetto sperato. Così, nei giorni a seguire, ho iniziato ad andare in giro nei bar ad affogare la mia rabbia nell'alcool. E lì, mentre mi scolavo l'ultimo Rum, mi sono reso conto di non voler far stare meglio te, ma me.» Incapace di mantenere il contatto visivo con il figlio, James scosta lo sguardo sul pavimento. «Una sera sono capitato in una rissa, anzi, l'ho fatta scoppiare io.» Afferra le mani di suo figlio e le tiene strette a sé, mentre con dolore ammette: «Le mie mani erano ricoperte del sangue di un'altra persona, di uno sconosciuto. Ci ho messo pochissimo a metterlo KO; se fossi stato sul ring, il mio allenatore mi avrebbe fatto i complimenti. Ma dopo, tornando a casa, bene non mi sono sentito.»
James lascia andare le mani del figlio e si alza in piedi; fissa il cielo plumbeo fuori dalla finestra.
«Per fortuna, da quel giorno non ho più toccato un goccio, ma mi è servito per capire una cosa: Blythe, la violenza non porta mai a nulla di positivo, e se inconsapevolmente ti ho insegnato questo mi dispiace: non volevo» ammette. «So bene che hai ragione tu, che quel Matt avrà fatto del male a quella ragazza ma, Blythe, non dovevi.»
Stavolta, James vuole una risposta e Blythe si ritrova a confermare: suo padre ha ragione.
«Lo sai bene che sono il primo a battermi per le ingiustizie, ma quelli non sono affari tuoi. E, soprattutto, tu non puoi... Dannazione, Blythe!» grida, come preso da un ricordo che lo ha fatto esplodere. «Se tu... se tu cominci e poi tu...»
Si arresta, ma suo figlio ha capito ugualmente: se dovesse succedergli di trovarsi da solo di nuovo con Matt a fare a botte, nessuno lo sentirebbe urlare.
Lo so.
Annuisce.
«Mi devi giurare che da ora in poi non farai nulla contro quel Matt e che starai alla larga dalle risse.» James gli si fa di nuovo vicino e si posiziona esattamente davanti a lui per poterlo guardare negli occhi. Blythe, anche se controvoglia, promette che non lo farà più. «No, Blythe, me lo devi giurare.»
Il figlio si porta una mano sul cuore, ma al padre non basta. Allora prende un foglio e una penna e li porge a Blythe.
«Scrivi che non lo farai più. E non essere vago: non mi freghi.»
Blythe non riesce a non farsi sfuggire un mezzo sorriso, mentre scrive: "Giuro solennemente che non farò più a botte con Matt né che scatenerò altre risse. Firmato, Blythe Valkut".
Buon venerdì!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che ne pensate del discorso del padre di Blythe? Fatemi sapere.
A martedì,
Mary <3
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