31. Mi manchi

Il luccichio delle luci natalizie è la cosa che Blythe preferisce del Natale. Quei colori così sgargianti e quelle melodie dolcissime lo rassicurano e lo fanno sentire bene. Il Natale è decisamente una festa che gli piace. Non sa bene il motivo del suo amore spasmodico per quella festività, l'unica cosa che ricorda è che quando era un bambino riusciva a percepire, in quei giorni, sul volto dei genitori sincera felicità. Trascorrevano il Natale mangiando tutto ciò che più gli andava a genio, senza seguire tradizioni di nessun tipo; e quando si faceva sera si riunivano tutti e tre attorno all'albero di Natale e scartavano i regali.

Quella mattina, dopo aver girato per i negozi insieme a suo padre per trovare il regalo perfetto per Samantha, quando rimette piede in casa viene investito da un delizioso odore di biscotti cotti al forno. Sua madre starà preparando gli omini di pan di zenzero e un sorriso gli spunta rapido sul volto.

«Tesoro, siamo a casa!» urla James, dando una spallata amichevole al figlio, affinché capisca il suo intento di prendere in giro la moglie. «Purtroppo a mani vuote, però!»

Subito, Samantha si precipita all'ingresso e, prima che possa drizzare gli occhi su di lui, Blythe nasconde il pacco regalo dietro la schiena.

«Come a mani vuote?» domanda lei, scrutandoli da capo a piedi.

Blythe è costretto a trattenere una risata o sua madre capirà subito che stanno scherzando.

«Sì, purtroppo i negozi sono stati svaligiati, non hai idea della confusione che c'era al centro commerciale. A stento siamo riusciti a prendere l'ultimo tacchino, vero, Blythe?» Coinvolge ancora suo figlio e lui, da brava spalla, annuisce, rammaricato.

«Solo un tacchino?» chiede ancora Samantha, gli occhi che vagano ai piedi dei due uomini: a terra James ha poggiato la busta con dentro alcune cibarie comprate.

«Sì, mi dispiace» afferma James, per poi avvicinarsi e scoccarle un tenero bacio sulla fronte.

«Fa nulla...» sussurra lei, lasciandosi avvolgere dall'abbraccio del marito.

Quando si staccano, però, James fa un occhiolino a Blythe e lui, veloce, pone il regalo davanti alla faccia incredula di sua madre.

«Sorpresa!» grida James, mentre Blythe lascia andare la risata che stava trattenendo da troppo.

«Ma... cosa? È... è per me?» Lo stupore sul volto di Samantha fa intuire ai due mascalzoni che il loro scherzo è stato architettato bene è che la donna non aveva capito nulla.

Blythe annuisce e spinge tra le mani di sua madre quel pacchetto avvolto da una carta rossa e blu.

«Oh... siete due... io... non so cosa dire!»

«Ti abbiamo fregata!» la incalza James, prima di circondarla di nuovo in un dolce e caldo abbraccio, seguito da uno schiocco di labbra.

Blythe sente le sue gote arrossire, quando i suoi genitori si lasciano andare così candidamente alla passione davanti a lui, e decide di lasciar loro un po' di privacy. Si toglie il cappotto, lo sistema sull'appendi abiti e va a sedersi di spalle al camino. Da quella posizione, può vedere tante belle cose: l'albero di Natale illuminato e pieno di palle colorate di ogni tipo e forma; pacchetti ancora non scartati; ma, soprattutto, i suoi genitori che si baciano sotto il vischio.

Sorride e inala ancora il buon odore di cibo che, intriso in quell'ambiente, lo rende sereno e rilassato.






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Per poco Blythe non sputa la Coca Cola che sta bevendo, per ridere all'ultima battuta di suo padre. Sarà l'alcool che entrambi i coniugi stanno bevendo, sarà il troppo cibo che rende sazi e gioiosi, sarà per l'atmosfera calda e rassicurante che si respira nell'ambiente. Sarà per tutti questi motivi, ma, in questo momento, nessuno dei tre si pone troppe domande, come se, per un attimo – ma solo per uno – tutti i loro problemi fossero svaniti in una bolla d'aria, in una nube di fumo. L'indomani o il giorno dopo ancora Blythe tornerà a essere il ragazzino che ha scoperto di poter ancora parlare, ma che non l'ha detto ai suoi genitori, e James e Samantha torneranno ai problemi di tutti i giorni, tra l'affitto, le bollette e il lavoro in fabbrica che non rende tanto. Per il momento, però, va bene così.

Si asciuga una goccia di quel liquido marrone, sceso sul mento e sul labbro inferiore, e accetta un pezzo di crostata alle fragole che sua madre gli ha passato. Ne prende un grande morso, mentre suo padre si fa beffe di Samantha per essersi sporcata il naso con il rosso di quel frutto non proprio di stagione.

«Apriamo i regali!» esclama lei, passandosi il fazzoletto sul naso e poi con la punta della lingua si toglie delle briciole.

«Prima il mio!» grida suo padre, alzandosi da tavola, inseguito subito da Blythe.

Il ragazzo afferra suo padre per il busto per bloccarlo, ma lui agguanta le braccia di suo figlio e con un movimento veloce scatta e si fionda sul pacco regalo più grande, quello incartato con una carta di colore grigio con nastrini color oro.

«Ecco a te, figliolo» dice a Blythe, la bocca aperta per l'affanno di arrivare prima di suo figlio ai regali e le braccia protese verso di lui.

Un'espressione di stupore si dipinge sul volto del ragazzo, che per un attimo davvero ha pensato che James si fosse fiondato sul suo di regalo e non su quello del figlio. Sorride e, emozionato, lo prende dalle mani di suo padre.

Lo scuote, lo avvicina all'orecchio, e Samantha, che ha raggiunto suo marito e ora gli è accanto, ride insieme a James per la sorpresa che, già sanno, Blythe non si aspetterà. Hanno riflettuto tanto se fosse il caso di fare quel genere di regalo al loro figlio oppure no e alla fine sono arrivati alla conclusione che ne valeva la pena: Blythe, nonostante gli alti e bassi e le risse che gli sono capitate da quando ha iniziato la scuola, è un bravo ragazzo e merita ogni sacrificio che per lui stanno compiendo.

Per avere una miglior presa e riuscire ad aprirlo senza romperlo, Blythe si accuccia a terra e comincia a tirare via tutti i nastrini che chiudono la confezione; toglie la carta e scopre una scatola di cartone simile a quello delle scarpe. Alza il coperchio e, sotto di esso, c'è un'altra scatola, ma molto più piccola e circondata da ovatta e pagliericcio. Solleva per un attimo il viso e concede ai suoi genitori un'occhiata perplessa; loro ricambiano ridendo sotto i baffi.

Lascia stare tutto l'incarto fittizio, messo lì solo per fargli immaginare chissà cosa, e si concentra sull'ultimo pezzo di quella matriosca. Lo apre e, con sua sorpresa, ci trova dentro un cellulare, l'ultimo modello di una nota marca che ha come simbolo una mela mangiucchiata.

Sorpreso e con gli occhi sgranati, muove le sue pupille verdi dal telefono ai suoi genitori, dai suoi genitori al telefono. Non ci crede. Samantha e James hanno speso tanti, troppi soldi per regalargli un cellulare nuovo.

«Sappiamo che non sei un fan accanito di queste cose, ma... Abbiamo pensato che, insomma...» Samantha blocca il suo discorso e, con lo sguardo, cerca l'aiuto di suo marito.

«Con questo puoi fare delle videochiamate. Sai, anziché scribacchiare per ore e ore... di notte...» la butta lì James, facendo arrossire suo figlio.

Loro lo sanno. Sanno tutto. Sanno che Blythe passa ore e ore, prima di addormentarsi, a scambiare messaggi con Daisy; perché, ovviamente, parlare al telefono per lui non è possibile.

Mentre si rigira ancora quel cellulare nuovo di zecca tra le mani, non può impedire ai suoi occhi di inumidirsi per la commozione.

Il cuore gli batte forte nel petto e il respiro gli si mozza in gola, mentre abbraccia di slancio i suoi genitori. Scocca un caloroso bacio sulla guancia di entrambi, prima di correre nella sua stanza per provare il regalo.

Dopo aver fatto il cambio di SIM con il suo vecchio cellulare e impostato tutti i parametri, la prima cosa che Blythe fa è videochiamare Daisy.

Si siede sul lembo del letto e si sistema capelli e felpa nella videocamera interna, mentre aspetta che Daisy risponda. Le mani scivolano a contatto con il telefono nuovo e cambia spesso posizione per non sporcarlo coi suoi fluidi corporei.

Non appena la connessione si stabilisce e Daisy appare davanti ai suoi occhi, a Blythe scappa un sorriso a trentadue denti.

«Blythe... sei tu?» domanda lei, insicura.

Il ragazzo annuisce, sicuro. Regge il telefono con la mano sinistra e con il pollice e il mignolo protesi verso l'alto le mima il simbolo della cornetta; poi si batte il petto con tutto il palmo aperto.

«Hai avuto un cellulare nuovo per Natale?» capisce subito lei. Di nuovo, Blythe conferma col capo. «Ne sono felice. Buon Natale, Blythe, come stai?»

Blythe prova, con una sola mano, a dirle che sta molto bene, ma la confusione che c'è nella stanza costringe la ragazza a uscire per non essere disturbata. «Aspetta» gli dice, poi Blythe vede, grazie a un'inquadratura non voluta, il seno di Daisy, preso in prospettiva dal basso.

«Dicevi?»

Il volto della cheerleader ritorna ben visibile e Blythe spera che la ragazza, attraverso lo schermo, non noti il rossore sulle sue guance dovuto all'aver avuto una bella visuale del suo decolté.

Tossisce e comincia a spiegarle, a suo modo, cosa hanno fatto. A fine discorso, la indica con l'indice della mano destra.

Daisy si guarda per un attimo alle spalle, prima di rispondere: «Io tutto tranquillo qui. Abbiamo finito di mangiare e tra poco scarteremo i regali. Non so cosa mi abbiano regalato.»

Nello scrutare quel poco dell'ambiente che Blythe vede attorno alla ragazza, si rende conto che non c'è il sole splendente del posto esotico di cui gli ha parlato prima di partire e che nemmeno, a ben osservare, Daisy indossi abiti leggeri, ma un maglione rosso di lana a collo alto.

Si porta l'unica mano libera sul braccio sinistro e ci sfrega solo il palmo. 

«Freddo?» domanda lei, la connessione che traballa e le parole mozzate. «No, non molto a dire il vero.»

Dopo quella risposta, Blythe serra le labbra in una linea dura e fa finta di niente. Ha capito tutto, però: Daisy gli ha mentito. È intuibile dalle nuvole di aria che fuoriescono dalla bocca della ragazza. Eppure, tira in alto un angolo della bocca.

«I tuoi genitori?» chiede d'un tratto lei, ignorando la tristezza che, dopo quella scoperta, vela gli occhi di Blythe. «Hai parlato con loro?»

Il mezzo sorriso sparisce in un attimo dal volto di Blythe, che si ritrova a mangiucchiarsi le pellicine del labbro inferiore. Sono giorni che Daisy lo assilla con la storia che deve dir tutto ai suoi genitori, così che possano sapere cosa sta accadendo, ma soprattutto così che possano aiutarlo e fare qualcosa. La soluzione è proprio lì, a un passo dalla sua camera da letto, con poche parole scritte. Il punto è che, anche se ancora non l'ha confessato a Daisy, Blythe vorrebbe avere il suo appoggio per farlo, vorrebbe che lei lo aiutasse a raccontare tutto ciò che c'è da dire. Ha paura di non sapere come intavolare il discorso, ma soprattutto Daisy è una testimone importante; considerando, in più, che ha cancellato tutte le registrazioni fatte a se stesso.

Scrolla il capo, facendo ricadere qualche ciuffo di capelli castani sulla fronte, e così nega.

«Mh...» è la risposta, stranamente poco interessata, di Daisy, che continua di tanto in tanto a voltarsi come se volesse assicurarsi di essere da sola. «Forse non è uno sbaglio» sussurra, un sussurro debole, quasi atono, «forse non è sempre giusto cambiare...»

Come se stesse riflettendo su una discussione avuta, o su un ricordo appena riaffiorato, Daisy parla senza dirigere lo sguardo alla telecamera interna del suo cellulare, senza incrociare le pupille chiare di Blythe.

Restano in silenzio per qualche secondo, mentre ancora Daisy sembra in un altro mondo; triste, riflessiva e non completamente contenta, come, secondo Blythe, si dovrebbe essere nel giorno di Natale. Si sente malinconico a pensare che, tutto sommato e a dispetto di ciò che gli ha detto la ragazza, Daisy non stia passando dei bei momenti in una località marittima, al sole, in spiaggia e nel totale relax; ma che invece, volente o nolente non si sa, stia trascorrendo ancora una volta istanti permeati di solitudine e inadeguatezza.

Allora, si alza dal letto e va a poggiare il telefono sopra la scrivania; lo sistema per bene, in modo che non cada.

«Cosa farai domani?» pronuncia Daisy, quando si rende conto del silenzio che era piombato.

Non ha risposta, però, e ciò che si ritrova davanti la fa sorridere spontaneamente.

«Blythe...» borbotta, imbarazzata alla vista del suo compagno di classe che ha unito le dita fino a formare un cuore.

In risposta, Blythe ride sommessamente e a sua volta arrossisce.

«Mi manchi» confessa Daisy.

Blythe smette di mimare il cuore e indica prima la ragazza e poi se stesso.

Anche tu mi manchi.

Subito, quando si rende conto che quel pensiero gli ha sfiorato la mente, il suo muscolo cardiaco palpita più forte e si ritrova a boccheggiare, preso in contropiede, incagliato in un sentimento che non si aspettava di provare. Sì, sente davvero la sua mancanza, la vicinanza con il suo corpo caldo, i suoi rari sorrisi e le sue ancora più rare risate, le discussioni su carta e il vederla trotterellare per i corridoi della scuola.

Mi manchi, mi manchi tanto anche tu, Daisy. Torna presto. Vorrebbe dirglielo, sentir scivolare quelle parole sulla lingua, poter udire una lettera dopo l'altra venir fuori dalla sua gola, dal profondo del suo animo. Rinchiuso lì, nel suo cervello. Ma non ci riesce, sa che non può ancora.

Ritornano, quindi, a far finta di nulla, a continuare a chiacchierare del più e del meno, finché Daisy non è costretta a staccare la videochiamata e Blythe a ritornare al pranzo coi suoi parenti. Si salutano così, con la promessa di sentirsi quanto più presto possibile e la voglia di abbracciarsi e di sentirsi entrare sotto la pelle; una voglia, però, nascosta e che, entrambi, non sanno ancora se mai riusciranno a confessarla l'uno all'altra. 



Buon Natale! Eheh. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. 

Al prossimo! 

Mary <3 

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