28. Il silenzio ti opprime

Il ghiaccio che ha Noah sul labbro non gli basta per fargli smettere di avvampare di rabbia, mentre osserva Allyson chiacchierare allegramente con due sciatori incontrati per caso.

È tutta colpa sua. È l'unica cosa che riesce a pensare in questo momento.

Tutto era partito nel migliore dei modi: si erano svegliati allegri e pimpanti con l'idea di affittare due slittini e di fare delle gare a chi arriva più veloce giù. L'hanno anche fatto, il problema è stato che Noah, mentre cercava di vincere contro Blythe, è andato a sbattere contro un albero. L'ha preso in pieno. Per fortuna gli si è solo gonfiato il labbro e nulla più o sarebbe stato peggio, ma ciò che lo sta facendo ribollire è che a correre in loro soccorso sono stati due giovani e aitanti sciatori, che adesso stanno parlando con la ragazza che piace a lui, a lui.

Sposta il fazzoletto con dentro i pezzettini di ghiaccio e lo poggia piano sul labbro superiore, mentre reprime la voglia di andare da quei due e strappare Allyson dalle loro grinfie. La cheerleader ride a ogni battuta che quei due energumeni fanno e non fa altro che arrotolarsi le treccine attorno alle dita della mano sinistra.

Più li osserva, più prova pena per il suo corpo. Loro sono belli, alti, muscolosi e soprattutto non andrebbero a sbattere contro un albero, se si mettessero a giocare con lo slittino.

Sbuffa e sposta lo sguardo su Blythe, che sta ridendo anche lui con Daisy al suo fianco; anche loro stanno partecipando alla conversazione, solo lui è rimasto in disparte con la scusa di non sentirsi tanto bene per la botta presa.

Traditore, gli viene da pensare, riferendosi a quello che dovrebbe essere suo amico.

«Ehi, ragazzo, come ti senti?» Uno dei due sciatori, quello biondo con gli occhi chiari e un sorriso che mostra una dentatura perfetta, gli si rivolge. «Tutto bene?»

Noah è troppo annebbiato dalla rabbia e si limita a grugnire e a maledirsi da solo per aver premuto più forte il fazzoletto sulle labbra. Il suo comportamento, però, ha dell'inusuale e se ne accorgono tutti i suoi amici.

Allyson ridacchia, imbarazzata. «Di solito parla tantissimo» dice, come per scusarsi, «adesso è ancora un po' scosso, ma grazie al vostro aiuto sta molto meglio. Vero, Noah?»

L'occhiata speranzosa che gli rivolge Allyson gli fa salire ancora di più il sangue al cervello. Perché le interessa tanto? Perché quei due idioti non se ne vanno a quel paese o ritornano a sciare per i fatti loro?

«Già. Parlo troppo» bofonchia. «Forse dovrei fare come te, Blythe, smettere di parlare.» Poi si alza in piedi, getta nel cestino dell'immondizia il fazzoletto e si allontana.

Daisy è a bocca aperta per quella reazione di Noah, così come Blythe; Allyson, invece, non ci sta a fargliela passare liscia e allora lo segue per dirgliene quattro.

«Che cavolo ti salta in mente?» gli urla contro, quando lo raggiunge. Noah è andato a rifugiarsi lontano dal casino di sciatori, snowbordisti e bambini urlanti. È seduto su un cumulo di neve e guarda davanti a sé, con lo sguardo rivolto verso il bosco.

«Lasciami stare, Allyson» le risponde, senza girarsi nemmeno per guardarla negli occhi.

La ragazza, però, gli si pone di fronte e lo costringe a farlo.

«No, non ti lascio stare. Ti sembra questo il modo di comportarsi? Ti rendi conto di ciò che hai detto a Blythe?»

«Non volevo offendere lui» ribatte Noah, gli occhi bassi e il broncio sempre più evidente.

«Ah, no? Ma l'hai fatto! E anche se non fosse così, si può sapere che motivo avresti per avercela con Bill e John? Ti hanno praticamente soccorso! Dovresti ringraziarli e scusarti per ciò che hai fatto.»

«Bill e John...» mormora Noah, alzando gli occhi al cielo e imitando il tono di voce di Allyson.

«Mi prendi per il culo, nerd?»

«Noah!» esplode lui. Si solleva di scatto e si muove, minaccioso, verso di lei; Allyson fa un passo indietro e sbarra gli occhi, spaventata. «No-ah! Mi chiamo Noah! Ti entra in testa? O l'unica cosa che riesci a ricordare sono i nomi dei bei ragazzi e il colore dei rossetti?»

Quando ha finito la sua sfuriata, Noah respira profondamente e lascia andare le braccia lungo i fianchi, come in un atto di arrendevolezza. L'ha fatto, ha permesso che la rabbia vincesse sulla razionalità, che il suo sorriso fosse offuscato dal broncio per una stupidata.

Allyson non sa come replicare, ma di certo non riesce a nascondere quanto quella frase l'abbia offesa: i suoi occhi sono velati dalle lacrime e il labbro le trema per lo sforzo di trattenerle.

«Va bene, Noah» sussurra. «Vado a vedere se il rossetto mi si è sbavato.» L'ultima frase, però, viene detta con un grave tono sarcastico, che fa comprendere a Noah l'errore commesso.

Schiude le labbra e prova ad allungare una mano per fermare la marcia di Allyson lontano da lui, ma non ci riesce e lei se ne va più arrabbiata di prima.

Stringe gli occhi e soffre internamente.

Che cavolata ho fatto.







☹☹☹ 






Il vapore della sua tazza di tè sale piano davanti a lui, mentre Noah riflette sulla cavolata che ha fatto qualche ora prima. Allyson non gli ha parlato per tutto il tempo e adesso che è notte non è riuscito a dormire come se nulla fosse. Si è alzato ed è andato a farsi qualcosa di caldo per calmare i nervi.

Il labbro si è progressivamente sgonfiato e su di esso è rimasta solo una parte più rossa, segno di un livido che fra qualche giorno comparirà.

Come gli sia venuto in mente di rivolgersi con quel tono ad Allyson proprio non lo sa; più ripensa a quella frase più deve reprimere la voglia di picchiarsi da solo.

Ha rovinato tutto il buonumore che c'era stato fino a quel momento. Per quanto la cheerleader l'abbia ignorato, il clima teso ha reso tutto meno tranquillo e persino Blythe ha sorriso di rado.

Si porta le mani tra i capelli rossi e abbassa la testa finché le sue dita non si intrecciano dietro il collo; resta in quella posizione per qualche secondo.

«Ehi» lo chiama Daisy, svegliatasi anche lei, ma per motivi diversi. «Come mai in piedi?»

«Non riuscivo a dormire» è la risposta di Noah.

Daisy annuisce e non gli chiede il motivo, sa per certo che Noah si sta struggendo per quel litigio con la sua amica; sarebbe una stupida se non se ne fosse accorta. Non è nel suo carattere forzare le persone affinché si sfoghino con lei – non le piace quando lo fanno con lei e non ricambia mai con la stessa moneta – per cui, con movimenti silenziosi, si muove alle spalle di Noah, verso la cucina, per riscaldare a sua volta dell'acqua per cuocerci dentro qualche bustina di camomilla.

«Tu pensi che io parli troppo?» le domanda Noah, rompendo il silenzio.

La ragazza chiude l'acqua e mette il bollitore sul fuoco. Quella domanda è un chiaro rimuginamento della mente di Noah e non sa come rispondere: non vuole offenderlo.

«Beh...» comincia, «non è mica un difetto.»

Le labbra sfatte e arrossate di Noah producono uno sbuffo di scherno, come se pensasse a che frase fatta è quella di Daisy.

«Davvero» continua lei, «io assolutamente non penso che sia una brutta cosa.» Gli si siede accanto e Noah volta il viso per guardarla. «Io amo il silenzio. Ci sono momenti in cui sono sola e il silenzio è la cosa più bella che ci sia; ma, a volte, il silenzio ti schiaccia, ti opprime. A me non dispiacerebbe averti in casa, in quei momenti.»

Un sorriso spunta rapido sul volto del ragazzo, che si limita a ringraziarla con quell'espressione del viso.

«E poi tu sei sempre così entusiasta, così felice» rimarca ancora Daisy. «Mi mette gioia sentirti parlare, anche se capisco la metà delle cose che dici.»

«Beh, ciò non vuol dire che io sia sempre felice come sembro» commenta lui, amaro.

«Vero. Non sei obbligato a fingerlo, sai?»

«Lo so, ma è più facile. Quando dici che va tutto bene e mostri sempre un sorriso non devi spiegare altro e alle persone va bene così.»

«E se hai un problema e vuoi sfogarti, allora? Come fai?»

«Per quello ci sono i giochi online.»

«Non è giusto.»

«Lo so.»

Daisy sospira e inevitabilmente fa spuntare tra le sopracciglia una ruga profonda; si morde il labbro inferiore e si trattiene ancora una volta dal dire a Noah ciò che pensa.

«Però...» ricomincia, ma viene interrotta da Noah.

«Pensi che abbia fatto una grande cavolata con Allyson?» le domanda.

Daisy non può far a meno di sorridergli, rassicurante. Noah è un ragazzo molto dolce ai suoi occhi, di rado ne ha conosciuto uno così profondo come lui e a cui interessino per davvero i sentimenti di una ragazza.

«Forse, ma le passerà. Chiedile scusa appena puoi» gli consiglia.

«E se non dovesse accettarle?»

«Allora tu riprova.»

Noah riflette su quel consiglio e chiede, quasi a se stesso: «E se lo facessi adesso?»

«Vuoi... vuoi svegliarla nel cuore della notte per chiederle scusa?»

«Sì» afferma Noah con decisione, poi si alza. «Grazie, Daisy.»

«Figurati, ma...» Non riesce a finire la frase, perché Noah è già scappato per andare a scusarsi con la sua amica.

Scuote la testa e ride al pensiero di cosa potrebbe accadere tra qualche minuto: non crede che Allyson amerà molto essere svegliata per parlare con una persona con cui è arrabbiata. Tuttavia, non può che sperare che tutto vada per il meglio: questa tensione che si respira non piace nemmeno a lei e, siccome manca solo un giorno alla fine del weekend, le dispiacerebbe tornare a casa con l'umore sotto i piedi, ancora più di quanto le succede.

Deve ammettere, mentre immerge le bustine di camomilla nell'acqua, di essersi divertita in quei giorni trascorsi tra il dolce far nulla e i giochi sulla neve. Il primo giorno era così stanca che ha dormito quasi tutta la notte, svegliandosi comunque un paio d'ore prima degli altri; e adesso è riuscita a dormire tre ore di fila e sa che appena tornerà a letto un altro paio d'ore di sonno riuscirà a farle.

Non affretta i tempi, però: non sa quanto ci voglia a Noah per farsi perdonare da Allyson. Allora beve la sua camomilla con calma, poi sale al piano di sopra e sbircia nella camera di Blythe e Noah per sapere se deve lasciare loro ancora un po' di tempo oppure no.

Quando lo fa ci trova solo Blythe, che dorme nel letto più vicino alla finestra. Daisy appoggia una mano sullo stipite della porta e avanza di un passo, come intenzionata a entrare, ma Blythe si muove, voltandosi e girando il viso verso di lei, e lei si ferma, preoccupata di poterlo svegliare.

Blythe non sembra star facendo un sonno tranquillo: le labbra si contraggono e la fronte è aggrottata.

Chissà cosa starà sognando, si chiede Daisy.

Si rende conto, mentre lo guarda ancora con attenzione, che il suo modo di dormire non le trasmette la stessa calma che le ha trasmesso la prima volta che l'ha visto addormentarsi, davanti al fuoco del caminetto della baita. Quasi le verrebbe voglia di svegliarlo e di interrompere quell'evidente incubo.

Compie un passo, poi un altro.

Che faccio, lo sveglio?

«Blythe?» sussurra.

«Mh... no, non...»

Sconvolta, Daisy si ferma in mezzo alla stanza, a pochi metri dal corpo steso di Blythe.

Ha parlato. Blythe ha parlato nel sonno.



Sconvolte? Non avete idea che voglia avevo di pubblicarvi questo capitolo, lo aspettavo forse da quando ho iniziato a pubblicare! Blythe parla nel sonno, o forse è solo una cosa capitata una volta, o forse ancora è Daisy che ha sentito male. Questo, ovviamente, lo saprete solo nel prossimo capito. Nel frattempo, vi chiedo: ve lo aspettavate? Se fosse davvero così, l'idea è realistica?

Aspetto le vostre reazioni e commenti! 

A martedì! 

Mary <3  

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top