25. Ci hai mai pensato?

Daisy sbadiglia mentre mette a posto i pompon nell'armadietto dello spogliatoio. Da quando i suoi genitori hanno scoperto che Blythe entrava di notte nella sua stanza attraverso la finestra, non riesce più a dormire serenamente. Ogni volta ci prova: si infila il pigiama più comodo che ha, si pettina i capelli e chiude gli occhi, ma a nulla serve liberare la mente o altri metodi che ha letto su internet. Nessuno funziona. A volte, quando si sente di buon umore, ma soprattutto non in colpa per ciò che fa, contatta Blythe e lo tiene sveglio fino alle quattro; poi lascia che almeno lui dorma qualche ora. Tuttavia, non sempre può utilizzare questo metodo per trascorrere le ore notturne.

I suoi genitori le hanno fatto giurare che se avesse avuto bisogno può tranquillamente svegliarli e parlare un po' con loro o avere una semplice compagnia, ma non se la sente. In compenso, a rasserenarle l'animo ci pensano gli antidepressivi, che ha ricominciato a prendere quotidianamente sotto consiglio del suo medico. La intontiscono e non le permettono di restare concentrata quanto vorrebbe sulle lezioni, ma almeno fungono da cicatrizzante per le sue ferite interne.

Sbuffa e si toglie una ciocca dei capelli color dell'oro sfuggiti alla coda da sopra la fronte, poi si passa l'asciugamano sul viso, sulle spalle e sotto il collo. Non ha voglia di fare la doccia con le altre e si limita a cambiarsi la maglia per poi infilarsi una felpa larga e calda. Inspira il dolce odore del detersivo, di quelli che sua madre usa sempre quando fa la lavatrice, e socchiude gli occhi. Sospira.

«Ehi, capitano» le dice Becky, «che farete per Natale tu e la tua famiglia? Un'altra super vacanza all'estero?»

Manca ancora un mesetto alle vacanze natalizie e Daisy non è poi così felice come tutti i ragazzi per quelle festività. In quei periodi le fu diagnosticato una forma acuta di depressione e ogni anno lei e i suoi genitori lasciano la loro casa per andare nella prima clinica in cui la ragazza fu ricoverata: un centro non distante dalla loro città dove il primo medico che ha visitato Daisy consigliò loro di andare. Non fu per lei restare troppo in quel posto, non era il luogo adeguato in cui sentiva di poter risolvere i suoi problemi. Più tempo passava lì dentro, più sentiva di impazzire.

Ci ritornano, però, perché lì Daisy ha dei veri amici, le uniche persone che sente che possano capirla davvero. Vede Abby, Jacqueline e Thomas una sola volta l'anno, ma quei giorni sono i più felici per lei.

Ogni altra persona, però, sa che sfruttano la loro ricchezza per andare in un luogo caldo e sdraiarsi tranquillamente al sole.

«Non... non saprei» ammette la ragazza. E in effetti è vero: non se n'è ancora parlato a casa.

Forse hanno cambiato idea, pensa.

«A me quest'anno tocca andare da mio fratello al campus di Harvard» dice Kimberly. «Il povero futuro ingegnere si è rotto la gamba e, come se non bastasse, ha contratto la mononucleosi. Siamo costretti ad andare noi da lui, anche se non capisco perché: io non ho nessuna voglia di ammalarmi.»

«La mononucleosi si trasmette solo attraverso la saliva. Non baciare tuo fratello con la lingua o non bere dal suo bicchiere e tutto sarà risolto» fa notare Melany.

«Dici?» chiede Kimberly.

«Sì, dico» conferma lei. Nella sua voce, Daisy legge una punta di saccenteria e le viene da ridere.

«Ci vediamo» chiude il discorso Daisy. «A lunedì, ragazze.»

«Ciao, cap!» la salutano in coro tutte, anzi, tutte tranne Allyson, che invece si precipita verso di lei.

Allyson raccoglie di fretta tutti i suoi indumenti e li getta nel borsone. Afferra la giacca e, ancora con i capelli bagnati dalla doccia, esce a rincorrere l'amica.

«Daisy, aspetta!» le grida contro. «Aspetta!»

I suoi capelli castani sbattono sul volto, mentre Daisy la osserva correre verso di lei.

«Che c'è?» le chiede lei.

«Tutto bene?»

«Mh... sì, tutto bene, grazie.»

«Bene, bene. Senti, hai avuto modo di parlare con Blythe? Avremmo ancora molto da lavorare per quel progetto di chimica e Noah mi sta stressando come non mai. Dice che la professoressa Olsen è solita essere molto tirata con i voti e se non lo facciamo come Dio comanda potremmo scordarci la sufficienza. Non so tu come stai messa, ma io non posso essere rimandata in nessuna materia, già lo sarò sicuramente in matematica e...»

«Hai preso la parlantina di Noah, per caso? Penso che tu stia passando troppo tempo con lui» la interrompe Daisy, mentre Allyson inghiotte e prende un respiro profondo. «Comunque non lo so. Con tutta onestà il progetto di chimica è l'ultimo dei miei pensieri: a causa di quell'influenza che mi ha tenuto a letto per due settimane, devo ancora recuperare e non so se ho il tempo per fare tutto e bene.»

«Okay, ho capito, ma...»

«Ascolta, Ally, ci sentiamo, okay? Vedo come organizzarmi con lo studio e vediamo, ma non mettermi l'ansia, per favore.»

«L'ansia?» scatta Allyson, preoccupata. «No, assolutamente no! Non è questo che volevo dire io. Oh Dio, perdonami! No! No!»

«Sì, va bene, stai calma!» pronuncia Daisy, con i palmi davanti a lei, come a voler fermare anche con le mani quelle scuse non necessarie.

«Sì... io...» Allyson non sa più cosa dire e si guarda intorno alla ricerca di qualche altro argomento o un'idea per continuare la conversazione e non lasciare che l'amica vada via senza averle detto di sì: in fondo, l'ha promesso. «Allora ci sentiamo» dichiara alla fine. Nient'altro le è venuto in mente.

«Va bene. Ciao, Allyson.»

«Ciao, Daisy.»

La cheerleader sospira, affranta, e uno starnuto le esce spontaneo a causa dei capelli ancora bagnati e del vento che tira lì fuori. Si porta le mani sulle braccia e cerca di darsi calore con esse. Scuote la testa e le viene naturale andare con la mente al discorso che ha avuto con Noah, il giorno che tornarono insieme a casa, dopo il pomeriggio da Daisy.

«Io non l'ho mai considerata una vera e propria amica» ha ammesso, parlando con Noah, «però se lei davvero soffre... cioè se ci fosse una sola possibilità io, ecco, vorrei poter provare a fare qualcosa. Non lasciare che si chiuda ancora di più di così... Ciò che è successo oggi mi ha fatto...» Allyson non ha finito il suo discorso e nemmeno ha ammesso a parole di essersi resa conto che ciò che è successo l'ha fatta preoccupare.

«Anch'io lo sono» ha confessato Noah. I loro occhi si sono incrociati e Allyson ha capito che non serviva aggiungere altro.

«Beh, cosa potremmo fare secondo te?» ha chiesto Allyson.

«Non lo so, starle accanto e assicurarsi che stia bene?»

«E come facciamo?»

Un piano non è stato elaborato, ma sicuramente Allyson e Noah sono stati d'accordo su una cosa: avvicinarsi il più possibile a Daisy e includerla in ogni eventuale attività. La prima cosa che è venuta in mente ad Allyson, oggi, è quello stupido progetto di chimica. Si maledice per aver pensato a una cosa così idiota e si gratta i capelli, mentre già può sentire nelle orecchie la nota vocale di dieci minuti – almeno – che Noah le farà quando lo saprà.

Mugugna e ritorna nello spogliatoio. Ha bisogno solo di pensarci meglio e qualcos'altro di sicuro le verrà in mente.

Prima di riscaldarsi di nuovo nello spogliatoio ormai rimasto vuoto, Allyson manda un messaggio a Noah e una breve risata le lascia le labbra quando vede che, non appena visualizzato, Noah sta già componendo una registrazione in risposta.

Alza gli occhi al cielo e appoggia il cellulare sulla panca di legno, in attesa di ascoltare la voce concitata del "Piccolo nerd", come l'ha salvato sul suo cellulare.






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Il pennellino dello smalto blu si muove piano e disegna delle lunghe righe di colore sulle unghie di Allyson. La ragazza lo intinge nella boccetta e con estrema calma passa al dito successivo. Alle orecchie ha le cuffie del cellulare e sta approfittando di una lunga nota vocale di Noah per mettersi lo smalto. Il viso è impiastricciato con la sua maschera di bellezza preferita, quella all'argilla bianca e verde, e i suoi capelli castani sono legati in una coda alta e tenuti fermi sulla fronte da una fascia elastica.

Mentre ascolta ciò che Noah le sta dicendo, annuisce come se il "piccolo nerd" fosse accanto a lei.

Presta veramente attenzione a tutto ciò che il ragazzo le sta dicendo, ma il problema è che Noah cambia argomento ogni trenta secondi ed è difficile ricordarsi, una volta finito l'ascolto, tutto ciò che ha detto e rispondere in maniera adeguata. Di solito, si limita a rispondere scrivendogli che ha ragione su tutto e discutendo solo riguardo l'ultimo argomento, quello che più le resta in mente.

Nello specifico, i due ragazzi stanno discutendo sul fatto se sia giusto o no continuare a insistere per convincere Daisy a continuare il progetto di chimica o a lasciar perdere e ritornare all'idea iniziale della professoressa Olsen: le coppie. In realtà, la docente era molto orgogliosa e felice del fatto che i suoi allievi avessero preso così a cuore quel progetto da aver avuto addirittura l'idea di farlo di gruppo e di ampliare gli esperimenti, così da renderli anche più difficili. Ciò che la donna non sa è che Allyson ha deciso di farlo per avere una scusa per passare del tempo insieme a Blythe; Noah per stare insieme ad Allyson e per assecondarla sempre e comunque; Blythe perché pensava che sarebbe servito a Daisy e Daisy non ha avuto altra possibilità, costretta dalla pressione sociale.

«Sia chiaro, la nostra idea iniziale mi piace moltissimo» afferma la voce registrata di Noah, «ma se a Daisy non va più non mi sembra giusto costringerla. D'altra parte, penso che avrebbe bisogno di stare con qualcuno che non siano i suoi genitori. A quanto mi hai detto esce pochissimo e non va mai alle feste...»

«Sì, ha parlato il festaiolo, invece» commenta Ally.

«... e forse si sente triste. Blythe non è molto d'aiuto riguardo cosa fare. Gli ho scritto prima e mi ha detto che non sa cosa sia meglio fare e nemmeno cosa passa per la testa di Daisy. Non è che tanto ci credo, però...»

«Pettegola» lo ammonisce la ragazza, mentre si toglie un po' di smalto uscito fuori dall'unghia del pollice.

«... che motivo avrebbe di mentirci? In fondo vogliamo tutti il bene di Daisy. Io personalmente non oserei mai prenderla in giro per un eventuale problema o altro... insomma, sono il primo a cui ne dicono di cotte e di crude... Però non la conosco così bene da pretendere di farmi dire qualsiasi cosa da lei o da propormi come spalla su cui piangere quando ne ha bisogno. Tu la conosci sicuramente meglio di me.»

«Non proprio...» sussurra Allyson e un ricordo le ritorna vivo nella mente.

Il primo giorno di liceo, Allyson sapeva già quale strada prendere e cosa fare in una scuola piena di sconosciuti. Il suo corpo era completamente diverso rispetto agli anni precedenti e ormai era quasi irriconoscibile. Niente più maglioni larghi, paura di mostrarsi in biancheria intima dalle sue compagne o di mangiare in mensa con gli altri; ma solo tanto orgoglio verso un obiettivo che, prima, le sembrava irraggiungibile.

Allora, andò spedita alle selezioni per le cheerleader e ci trovò Daisy che, controvoglia, era lì per lo stesso motivo. Ciò che colpì Allyson fu la noia e l'indifferenza con la quale Daisy scriveva tutti i suoi dati sul foglio per la candidatura, mentre lei e tutte le altre ragazze erano lì speranzose di avere un posto per diventare le più ammirate dell'intera scuola.

«Finalmente» aveva sospirato Daisy, una volta finito il primo provino. Allyson l'aveva guardata ammirata mentre ballava ed eseguiva qualche esercizio ginnico. «Quando ci farete sapere?» aveva chiesto, la seccatura che trapelava in quel tono.

Le era stato risposto che avrebbero dovuto prima vedere tutte le candidate e che, più o meno, le avrebbero fatto sapere entro massimo un mese. Daisy aveva annuito e, senza nemmeno salutare, se n'era andata.

Quando era stato il suo turno, Allyson aveva tremato per tutto il tempo e si era sforzata di mantenere il sorriso sul volto.

Erano state prese entrambe tra più di cento ragazze iscritte, ma Daisy aveva attirato l'attenzione dell'allora capitano e delle più grandi. A nulla serviva essere gentile, disponibile o sempre attenta a ogni esigenza della squadra, tutta l'attenzione era sempre e solo per Daisy. E tutto ciò che da quel momento ha iniziato a dire di lei – che grazie ai soldi ha tutto, o altre cattiverie – sono tutte bugie nate per celare l'invidia.

Il loro rapporto era andato avanti così, tra alti e bassi e soprattutto perché costrette a vedersi tutti i giorni; ma ora Allyson si rende conto di non conoscere per niente la sua "amica".

Mentre il ricordo svanisce, Allyson capisce che l'audio di Noah è finito e che non sa proprio cosa rispondergli; in realtà, nemmeno rammenta più cos'ha detto. È sicura che l'argomento fosse quasi sempre Daisy, ma che a un certo punto Noah le ha fatto una precisa domanda.

Sbuffa e se pensa a dover ascoltare di nuovo quell'audio così lungo le viene la nausea; allora gli scrive che in quel momento non può parlare, ma che ci penserà. Per sua fortuna, Noah le scrive: "D'accordo, fammi sapere se secondo te dobbiamo insistere o no con Daisy e se è meglio, invece, fare da soli il progetto."

La risposta della ragazza è un'emoticon con il pollice all'insù.

Rasserenata, si alza dalla scrivania e va a sciacquarsi il viso. Passa davanti alla camera di suo fratello Jason e un sorriso le spunta rapido non appena sente il suono della batteria acustica. È felice quando i suoi fratelli decidono di tornare a casa dal college per studiare più tranquillamente e ama sentir Jason suonare nelle ore di pausa.

Distratta, si avvia nel bagno, apre l'acqua calda e aspetta che raggiunga la temperatura giusta. Nel mentre si guarda allo specchio. Sale sulle punte in modo da poter vedere meglio il suo busto e il suo giro vita; si tocca i fianchi e stringe la pelle tra due dita per assicurarsi che non sia troppa quella in eccesso. Ci sono stati giorni in cui sulla sua pancia si formavano dei rotolini di grasso quando si sedeva, alcuni più piccoli e altri più grandi; e in cui la mutandina le andava così stretta che da essa fuoriusciva un bel pezzo di pelle. Ancora adesso che i suoi problemi con il peso sono andati via via risolvendosi, non riesce a smettere di toccarsi per essere sicura al cento e uno per cento di non aver preso qualche chilo.

Alza la maglietta e si passa una mano sullo stomaco segnato da una lunga riga, quella che sembra una cicatrice ma non lo è, ciò di cui va più fiera.

Sorride a se stessa, ma senza che possa aspettarselo le parole di Noah le ritornano in mente e riflette sulla sua infanzia difficile. Molte parole cattive le sono state rivolte e molte volte si è nascosta nel bagno a piangere, desiderando che tutto finisse al più presto.

«Tu hai mai pensato al suicidio?» le ha chiesto una volta Terry, la bulla della scuola secondaria che Allyson ha frequentato. «Perché secondo me faresti meglio a toglierti dalla faccia della Terra, grassona!»

Nel suo petto, mentre ripensa a quel momento, sente diramarsi un dolore acuto, ma lo scaccia via subito perché non vuole che si insinui nel cervello e che le tolga il buon umore.

Allyson ce l'ha fatta, è questo che si ripete ogni mattina. Allyson ha sconfitto i suoi demoni, si è rimboccata le maniche ed è ripartita da zero. E no, Terry, Allyson non ha mai pensato al suicidio.

«Ma Daisy?» domanda a se stessa, di fronte allo specchio. «Ci ha mai pensato?»

Le ricerche di Noah e quelle ore passate fuori dalla camera di Daisy in attesa che si calmasse hanno messo a entrambi il tarlo di una possibile malattia della ragazza. Non ne sono sicuri, ma se così fosse?

D'un tratto, Allyson sa come rispondere a Noah e ha le idee chiare, anzi, chiarissime. 



Buon martedì! Come vi è sembrato entrare nella mente di Allyson? E tutti i suoi piani insieme a Noah? Un'accoppiata che mai pensavamo di vedere! 

Fatemi sapere nei commenti!

A venerdì! 

Mary <3 

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