19. Che cosa ho fatto?
La musica è assordante all'udito più sviluppato di Blythe; batte nelle orecchie, rimbomba nel petto e fa vibrare le pareti della casa. La villa con piscina di Allyson è ubicata in una zona apparentemente tranquilla, composta solo da altre due ville stratosferiche e un parco giochi per bambini. Osservando gli interni e il soffitto alto e ben imbiancato, a Blythe viene spontaneo domandarsi quanto siano facoltosi i genitori della ragazza, proprio lei che, qualche tempo fa, gli ha riferito che i signori McLean fossero pieni di soldi. Eppure, la casa di Daisy – per quel che ha visto di sfuggita quando è sgusciato fuori di notte – non è così maestosa.
I due ragazzi seguono Allyson fino a un tavolino su cui sono sistemati degli alcolici, avuti illegalmente, e qualcosa da mangiare. Mentre la ragazza prova a parlare con Blythe sovrastando la musica, Noah non la smette di guardarsi intorno, curioso.
«Prendete pure quello che volete» urla Ally, «io vado a cambiarmi: tra poco ci tuffiamo. Voi ve lo fate un bagno?»
D'istinto, Noah e Blythe si guardano, perplessi: nessuno dei due aveva messo in conto la possibilità di farsi un bagno in piscina, soprattutto in pieno freddo di novembre.
«È riscaldata» spiega Allyson e loro si rilassano. «Vi aspetto dopo, allora.» Saluta dei nuovi arrivati, poi si avvicina a Blythe, gli tira il braccio affinché lui si abbassi e gli sussurra all'orecchio: «Non vedo l'ora di vederti in mutande.» Poi gli fa un occhiolino e se ne va sculettando.
«Che ti ha detto?» grida Noah, allegro. Blythe continua a fissare la schiena sinuosa della ragazza e spera di non essere arrossito di nuovo. «Blythe?»
Si limita a scrollare le spalle, in risposta all'insistenza dell'amico.
«Questo posto è fantastico!» urla ancora Noah. «Hai visto lì?» Il ragazzo indica a Blythe una console di un dj improvvisato a cui sono collegate delle casse home theatre. «Quelle sono delle casse Logitech e quello è un computer MSI; il mio sogno è averne uno identico.»
Blythe fissa ciò che l'amico gli ha appena indicato senza mostrare nessuna emozione, ma ormai Noah c'è abituato.
«Sai che ti dico? Vado a vedere se il dj mi fa dare un'occhiata a quella meraviglia. Ci metto cinque minuti... o ti dispiace?» domanda Noah e Blythe scuote il capo, negando. «Perfetto. Cinque... cinque minuti, okay? Vengo subito!»
Noah non aspetta nemmeno che l'amico gli risponda e scappa verso la console per andare ad ammirare il super computer.
Rimasto da solo, Blythe osserva il tavolino pieno di alcolici. Afferra una bottiglia con dentro del liquido trasparente, poi la posa; ne prende un'altra, stavolta sembra marroncina la sostanza, anche se con le luci soffuse è difficile dirlo. I suoi genitori, prima che uscisse, si sono raccomandati di stare attento e di non esagerare; non gli hanno proibito di bersi una birra – sanno che Blythe l'ha già fatto anche se legalmente non potrebbe – ma hanno solo cercato di fargli capire di essere responsabile. Finora, non li hai mai delusi. Anche se quelle bottiglie che scintillano gli fanno gola, lascia perdere e decide di non bere nulla: pensa più che altro che vorrebbe arrivare lucido a casa di Daisy, dopo la festa.
Incrocia le braccia sopra al petto e inevitabilmente si ritrova a pensare al fatto che è una festa piena di persone, ma non ne conosce nessuna. Sono tutti visi familiari, visti di sfuggita tra i corridoi della scuola o nelle aule che condividono, ma non ricorda di averci parlato. Solo Noah, Allyson e Daisy può annoverare tra le sue conoscenze.
D'un tratto, però, Becky si avvicina a lui e gli sorride. «Ciao» pronuncia la ragazza, accompagnando quel saluto da un'alzata della mano tesa. «Come stai?» Altri segni ad associare quelle due parole.
Il ragazzo è perplesso e si ritrova a corrugare le sopracciglia.
«Non sei il ragazzo che non parla?» domanda lei.
Blythe, ancora un po' stranito, conferma.
«Non conosci la lingua dei segni?»
Non appena Becky chiarisce cosa stavano a simboleggiare quei movimenti delle mani, Blythe capisce cos'ha pensato la ragazza, un pensiero che molte persone fanno quando lo conoscono. Il punto è che, nonostante per lui sarebbe stato molto più semplice, non ha mai imparato la lingua dei segni. È stata una sua decisione, ma soprattutto di suo padre, che non ha mai accettato che il figlio si adattasse a quella condizione, condizione che non è irreversibile.
Scrolla il capo con imbarazzo.
«Ah... capisco...» borbotta lei.
«Eccomi!» esclama Allyson, spuntata d'improvviso alla sinistra della ragazza e non dando il tempo a Blythe e Becky di piombare in un impacciato silenzio.
Blythe trasalisce e senza accorgersene fa scorrere le sue pupille chiare sul corpo della ragazza, di nuovo. Allyson non ha mentito, ha detto che sarebbe andata a mettersi il costume e, in effetti, è davanti a Blythe con solo addosso un due pezzi rosso con delle righe nere a definire il contorno del seno e dello slip.
«Come sto?»
Blythe non può far a meno di ritrovarsi a inghiottire la sua saliva per lo sforzo di non eccitarsi a quella visione celestiale; Noah in fondo non è stupido: Allyson ha un corpo stratosferico.
«Direi benissimo» s'intromette Becky, riferendosi all'espressione da pesce lesso di Blythe.
«Bene!» esclama lei, ruota il viso e i suoi capelli castani ricadono tutti da un lato. «Andiamo?»
Allyson non dà il tempo a Blythe di replicare; lo afferra per una mano e lo trascina fuori dalla villetta. Lì, tra un ampio giardino composto da alberi da frutto, un piccolo gazebo e una vasca idromassaggio per quattro persone, c'è la piscina riscaldata in cui già troppi ragazzi stanno facendo il bagno.
Con cautela e stando attento a non scivolare sulle pozzanghere di acqua sulla superficie di pavimento granigliato, Blythe segue Allyson. Non appena sono a pochi centimetri dall'acqua azzurra e illuminata dai faretti posti ai lati e a fondo piscina, la cheerleader aiuta Blythe a spogliarsi.
Le mani della ragazza si muovono sicure sul corpo di Blythe e in un attimo la sua giacca di pelle viene lanciata sugli altri vestiti, adagiati su una sdraio a righe verdi e bianca. Si lascia anche togliere la sciarpa e si fa aiutare a sfilare la felpa nera, ma quando Allyson gli sta per aprire i primi bottoni del pantalone, Blythe la ferma.
Si batte una mano sul petto, si indica la bocca, fa segno di no; poi si tocca i muscoli delle braccia e alza il pollice all'insù. Sta cercando di dirle che non parla, ma che non è paralitico.
Allyson non sembra capire, ma si scosta e gli sorride. «Okay» dice. «Fai tu.»
Gli lascia spazio e osserva il ragazzo spogliarsi stringendo tra i denti il labbro inferiore. La ragazza si sta godendo ogni centimetro del fisico statuario di Blythe: è alto, con ampie spalle, i muscoli delle gambe e del torace definiti e due braccia forti e vigorose.
Peccato che non parli, pensa.
Blythe si toglie l'ultimo capo d'abbigliamento che lo separa dal restare in mutande, i calzini, e poi – imbarazzato – si pone entrambe le mani davanti al pene, come se fosse nudo. Non era di certo preparato all'eventualità di fare un bagno, per cui ha messo i boxer bianchi; la sua preoccupazione è che diventino trasparenti a contatto con l'acqua.
Ad Allyson viene da sorridere a vederlo così impacciato e, dopo uno sguardo complice con le sue compagne, gli stringe la mano, si volta e salta in piscina. Blythe è costretto, per non scivolare e farsi male, a saltare a sua volta.
I piedi freddi del ragazzo colpiscono la superficie calda dell'acqua e in un attimo si ritrova sul fondo della piscina. Apre gli occhi per tranquillizzarsi, mentre trattiene il fiato gonfiando le gote; davanti a lui, Allyson gli sorride e alcune bollicine salgono in superficie.
I capelli della ragazza si muovono lenti, quasi come se il tempo si fosse fermato per loro. Allyson si sta per avvicinare a Blythe, evidentemente per unire le sue labbra con le sue, ma al ragazzo manca il respiro ed è costretto a salire a galla.
Inspira ed espira più che può e, mentre galleggia, si volta a cercare con lo sguardo il suo inalatore: ne avrebbe bisogno. Tuttavia, il vapore che sale, caldo, gli entra nelle narici e gli ristabilizza il battito accelerato del cuore.
Tossisce, portandosi il pugno davanti alla bocca, e scrolla i ciuffi di capelli castani che sono ricaduti davanti agli occhi a causa dell'impatto inaspettato.
Ridendo, Allyson nuota verso di lui; quindi circonda il collo del ragazzo con le braccia umide e gocciolanti.
Blythe avverte la stretta sul suo collo e cerca di non calciare troppo forte per rimanere a galla o colpirà la ragazza.
«Si sta bene, non trovi?» gli sussurra Allyson, gli occhi color cioccolato puntati nei suoi e un sorriso che mostra una fila di denti bianchissimi e perfetti.
Ancora un movimento e Allyson appoggia il seno contro il petto di Blythe che, a quel punto, le circonda la schiena a sua volta. Gli viene naturale quel movimento e ben presto si rende conto di non aver bisogno anche delle braccia per restare a galla.
Concorda con un gesto affermativo del capo: tutto sommato è così. L'acqua calda che gli accarezza il corpo e il vapore che sale a sbuffi è piacevole e lo fa sentire bene; il corpo della ragazza, avvinghiato al suo, non è irritante come le mani sotto il tavolo della volta in cui erano a casa sua. È un'intimità che non gli dispiace, un'intimità che gli fa spuntare un sorriso sincero.
«Ne sono felice.» Ancora un bisbiglio, poi la ragazza chiude gli occhi e fonde le labbra con quelle di Blythe, il quale, a differenza di quanto è successo il giorno prima con Daisy, non si ritrae ma, anzi, si lascia andare. A sua volta affonda nella bocca della ragazza, ne asseconda i movimenti; si lascia trasportare da quel momento.
Le loro lingue sono un groviglio; si cercano, si completano, si uniscono. Ogni schiocco di labbra è per Blythe un momento in cui cerca aria nella bocca della ragazza, in cui elemosina un battito di cuore, provando a non far scoppiare il suo. Ogni muscolo è teso nello sforzo di non affondare, ma anche di quello di non staccarsi da lei. Un formicolio di piacere gli pervade il basso ventre e quasi senza rifletterci su la stringe più forte a sé.
Grida ed esclamazioni dei ragazzi sia dentro sia fuori l'acqua si alzano e Blythe non riesce a non aprire gli occhi, per accertarsi di quanto stia succedendo: tutti li stanno osservando, li stanno incitando a continuare, a spingersi oltre.
Allyson si stacca da lui e sorride, fingendo vergogna e imbarazzo, cosa che non prova o non avrebbe preso l'iniziativa con lui. Blythe, al contrario, non si sente più tanto bene come prima ad avere tutti quegli occhi puntati su di lui e, appena riconosce il volto dell'amico tra i tanti che ci sono lì fuori, si stacca dalla cheerleader.
Noah volta le spalle e scompare tra la gente; ma Blythe ignora tutto ciò che gli stanno dicendo, le parole cariche di complimenti che sta ricevendo. Sbraccia fino ad arrivare a bordo piscina, mentre si sente chiamare da Allyson. Preme sul marmo bianco e salta fuori.
Adesso, gli servirebbe proprio la voce per urlare, chiamare l'amico e spiegargli quanto ha visto. Ma non c'è. Si guarda intorno, corre di nuovo dentro casa, bagnando tutto il pavimento, ma di Noah nemmeno l'ombra.
Deglutisce e si passa una mano tra i capelli castani in un gesto di stizza.
Torna alla realtà e si rende conto.
Che cosa ho fatto?
Eh, Blythe, ce lo stiamo chiedendo tutti: che cosa hai fatto?!
Buon martedì, vi è piaciuto il capitolo? C'è qualcuno che tifa per la coppia Blythe-Allyson?
Fatemelo sapere!
A venerdì,
Mary <3
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