14. Il progetto di chimica
Dei rimbombi risuonano nel corridoio della scuola. Blythe, arrabbiato, sta ancora una volta inveendo contro il suo armadietto. Non è mai stato così incazzato in vita sua e sono giorni che non riesce a farsi passare il nervosismo: c'è sempre qualcosa che lo manda fuori dai gangheri. Prima la rissa con Matt e gli altri bulli, poi sua madre ha avuto un incidente e ha rotto gli ammortizzatori dell'auto, così che oltre alle spese che già hanno se ne aggiungeranno delle altre; la sua psichiatra lo sta tartassando di messaggi per vederlo, ma lui non vuole conciato in quel modo; e ora questo maledetto catenaccio non ne vuole sapere di aprirsi.
Un'altra manata più forte e il suono echeggia, facendo fermare i più curiosi o parlottare tra loro diversi gruppetti di ragazze. Se Blythe riuscisse a emettere suoni, in questo momento starebbe urlando: «Cazzo! Cazzo! Cazzo!»
«Sembrava così tranquillo, la prima volta che l'ho visto...» sussurra una ragazza a una sua compagna, mentre camminano davanti al lui.
Blythe si passa le mani tra i capelli e si trattiene dal girarsi e far capire loro che non è sordo; stringe i pugni e, per scaricare la tensione, si mordicchia le nocche. Sbuffa.
«Amico, eppure ti ho spiegato mille volte che... Oh cazzo, Blythe... che...?» Noah, arrivato spedito verso di lui, si blocca, paralizzato alla vista del volto tumefatto dell'amico. Ingoia a vuoto e, nonostante Blythe provi a voltare il viso per non farsi vedere, Noah riesce ad avvertire un dolore allo stomaco, sintomo di quanto quella visione lo abbia destabilizzato.
Il ragazzo non dà spiegazioni e, rinunciando ad aprire l'armadietto, comincia a camminare verso l'aula della prossima lezione; Noah, da buon Sancho Panza, gli resta accanto, ma senza dire nulla.
«Allora... ti senti pronto per la verifica di matematica? Io mica tanto, sai...» Noah comincia uno dei suoi interminabili monologhi, stavolta usato perlopiù per cambiare argomento e provare a non rendere Blythe ancora più triste; ma l'amico non lo sta a sentire perché una voce familiare, proveniente dalle sue spalle, ha attirato la sua attenzione.
Afferra Noah per la maglia e lo costringe ad aumentare il passo; poi scorge il corridoio che porta solo all'aula magna, usata pochissimo, e vi ci infila. Si spalma contro il muro e costringe l'amico a fare lo stesso.
Il cuore di Blythe batte forte nel petto e si nasconde di più dietro la porta aperta, mentre vede passare Matt con Lucas e Jasper.
«Oh... è stata la gang del bosco a farti questo?» sussurra Noah, che in risposta riceve il solito sguardo perso e perplesso di Blythe. Noah dovrebbe capire e arrendersi: Blythe non comprenderà mai le sue citazioni. «Matt e i suoi scagnozzi» spiega meglio.
Blythe non replica e si sposta a controllare la situazione: i tre ragazzi sembrano non essersi accorti di loro e si stanno dirigendo verso la mensa. Tira un respiro profondo, incrocia lo sguardo di Noah e prova a chiedergli se anche lui è mai stato vittima di Matt.
«Io?» chiede Noah per esserne sicuro. «Amico, ma mi hai visto? Porto gli occhiali, sono basso, magro e parlo per citazioni dei film Disney. Secondo te?»
Noah ride e Blythe percepisce il sarcasmo insito in quella domanda. Tuttavia, a Blythe non fa ridere, né questo discorso né altro. Storce la bocca e pensa a quanto vorrebbe che tutto fosse diverso sia per lui sia per l'amico. Una persona orribile come Matt compie atti di bullismo senza avere nessuna ritorsione; l'ultima volta che si è scontrato a scuola con Blythe ci ha ricavato due settimane di detenzione, che tradotto, per una persona come lui, sono il nulla. È questo che pensa Blythe, ma la sua voglia di fare giustizia l'ha abbandonato nell'esatto momento in cui si è ritrovato riverso in mezzo alla strada. Probabilmente è ancora lì, tra il sangue raggrumato che sporca l'asfalto.
«Mi dispiace, Blythe, sul serio.»
Noah, per la prima volta da quando Blythe lo conosce, è estremamente serio. Non sorride, né prova a usare la sua logorrea per rincuorare l'amico e a Blythe va bene così: non ne vuole parlare ed è contento che Noah capisca che non gli va nemmeno di riderci su.
«Che lezione hai?» domanda, per cambiare ancora argomento. Blythe mima il codino del professore di storia dell'arte e Noah afferra al volo. «Anch'io! Ma tu li hai fatti quei disegni che ci aveva assegnato? No, perché io...»
Blythe mette in stand-by il cervello e si limita ad annuire a ciò che Noah gli sta dicendo, è grato all'amico per esserci per lui, ma in questo momento proprio non riesce a far finta che tutto vada bene.
☹☹☹
La giornata di scuola prosegue per fortuna senza intoppi e ogni volta che Blythe incontra Matt per i corridoi cambia strada o abbassa lo sguardo sulle sue scarpe e marcia a passo spedito. Si sente un debole, un invertebrato a comportarsi in questo modo con una persona che potrebbe benissimo stendere al suolo – e che avrebbe potuto tranquillamente fare, se non l'avessero fermato la prima volta – ma sa bene che Matt può sempre contare sull'aiuto dei suoi tirapiedi, cosa che non gli permetterebbe mai di avere la meglio. Quello che è successo l'ultima volta lo ha spinto a considerare che, se non vuole costringere i suoi genitori a trasferirsi ancora, deve tenere un profilo basso. Anche se, nel frattempo, per sicurezza, ha già cominciato a cercare su internet degli annunci di lavoro; meglio essere previdenti, si dice.
Passa davanti al gruppetto dei giocatori di football, imbellettati con le loro giacche con sopra lo stemma della scuola, e abbassa il capo quando riconosce Jasper con la squadra di basket. Dei tre, il ragazzo è l'unico che pratica sport e per un attimo gli viene da pensare che magari potrebbe metterlo in difficoltà e farlo cacciare dalla squadra; ma immediatamente scaccia quel pensiero.
Niente più vendette, niente più pensieri da eroe.
«Ehi, Blythe!» lo chiama qualcuno, distraendolo dalla sua folle corsa verso l'ultima lezione. Fa finta di niente, anche se ha riconosciuto la voce e continua a camminare, ma Allyson insiste: «Blythe, ehi, fermo!»
A quel punto, complice anche il senso di colpa perché non vuole far rimanere male la ragazza, si ferma. Avverte, alle sue spalle, i passi di Allyson e aspetta che lei lo circumnavighi prima di alzare il viso.
«Blythe, ti...» Ally si ferma alla vista dei colpi di Matt ben impressi sul volto di Blythe, ma ingoia una domanda scontata e ugualmente prosegue: «... ti volevo proporre una cosa, se per te e la tua partner va bene.»
Il ragazzo aggrotta la fronte, perplesso, e la cheerleader si spiega meglio.
«Ho pensato, per il progetto di chimica, a una fusione tra due teorie. E, siccome penso che per due persone sia troppo complicato, mi è venuta l'idea che tu e Daisy potreste unirvi a noi, che ne pensate? Potremmo lavorarci in coppia, ma anche in gruppo: magari la cosa, così, sarà meno noiosa.»
Allyson ha spiegato tutto il suo bel piano omettendo la parte più importante, ovvero che non ha voglia di stare in coppia con Noah, ma avrebbe di gran lunga preferito Blythe. Tuttavia, il ragazzo si ritrova ad annuire a quell'idea: aveva completamente dimenticato il progetto di chimica e l'idea di non essere da solo con Daisy, con cui sente di aver fatto una pessima figura, non è affatto male.
«Oh, perfetto!» esclama lei. «Noah, Daisy!» fa per chiamare a sé i due ragazzi.
Daisy è appoggiata sull'armadietto di Luke, il quarterback; mentre Noah si sta arrabattando tra i tanti libri che ha tra le mani. Entrambi si girano, curiosi, e Ally gesticola per far capire loro che devono raggiungerla immediatamente.
«Io e Blythe abbiamo avuto una splendida idea» dice, non appena sono di fronte a loro, incrociando il braccio di Blythe.
Mentre Allyson spiega a Daisy e a Noah la sua idea geniale, Daisy e Blythe si ritrovano a fissarsi dopo tanto tempo negli occhi. I due ragazzi hanno trascorso le ultime due sere a fissare le rispettive chat senza avere il coraggio di scriversi e ora è palese l'imbarazzo che c'è tra i due; eppure, Daisy si ritrova a pentirsi per aver pensato a tutte le cose brutte che aveva ipotizzato riguardo il silenzio di Blythe. Il ragazzo, al contrario, vorrebbe scusarsi per non averle dato almeno una giustificazione, quando avrebbe potuto mandare un semplice messaggio e non l'ha fatto.
«Daisy... Daisy, mi stai ascoltando?» Allyson richiama l'amica, che sbatte le palpebre un paio di volte e si gira verso di lei.
«Sì?» risponde.
«Hai capito cos'ho detto?»
«Mh... no, io... mi sono distratta.»
«Sì, capisco: stai ancora pensando a quel bell'imbusto di Luke, vero?» insinua Ally. Le dà una gomitata amichevole e Daisy arrossisce, aggiustandosi lo zaino sulle spalle ed evitando il contatto visivo con Blythe.
«Che cosa avevi detto?» fa per cambiare discorso, il labbro stretto tra i denti.
«Che non possiamo andare a casa mia a studiare, c'è troppa confusione da quando i miei fratelli si sono presi un semestre di pausa dal college.»
«Oh...» bofonchia Noah. Vorrebbe prendere la palla al balzo e invitare i tre ragazzi a casa sua: avere Allyson Blake nella sua stanza sarebbe un sogno a occhi aperti, ma Ally fa prima di lui.
«Casa tua è spaziosa, Blythe?» chiede al ragazzo.
Blythe non si aspettava quel tale coinvolgimento, ma acconsente subito con un cenno del capo: i suoi genitori saranno felici di vederlo in compagnia, almeno loro potranno tranquillizzarsi.
«Bene! Perfetto!» esclama Allyson. «Ci vediamo oggi pomeriggio a casa tua, allora.»
A Blythe viene da pensare che la ragazza si sia autoinvitata e anche in maniera molto esplicita, ma lascia perdere e alza il pollice.
Allyson ride, portandosi una mano davanti alla bocca, e poggia l'altra sulla spalla di Blythe. «Oh, sei incredibile! A dopo, ragazzi!» afferma, prima di andare via.
Daisy la segue a ruota ma, prima di sparire dalla sua vista, sussurra all'orecchio di Blythe: «Le voglio.» Poi sistema ancora lo zaino e segue l'amica, in un groviglio di chiacchiericcio futile.
Buon venerdì! Mi stavo quasi dimenticando di aggiornare... bene! Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
A martedì,
Mary <3
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