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Isaac chiuse la sua ultima telefonata accogliendo con un sospiro di sollievo la conclusione di quella chiacchierata. Si passò le mani sul viso, sentendosi stanco e con la mente confusa. Era riuscito a strappare l'ennesima collaborazione all'ennesimo autore eccentrico, il cui ultimo romanzo era stato in vetta alle classifiche di vendita per oltre dieci settimane e aveva incassato la bellezza di tre ristampe nel giro di due mesi.
Ad Isaac sfuggivano ancora i meccanismi per cui un emerito sconosciuto fosse in grado di diventare nel giro di un battito di ciglia il nome più chiacchierato del momento, soltanto pubblicando un romanzo di dubbio gusto. Non era quello, il suo lavoro, anzi: a lui toccava accaparrarsi questa specie di divi da una notte prima che rovinassero giù dalla vetta del successo, di modo da poter cavalcare con loro l'onda tramite la trasposizione cinematografica di quella che lui continuava a vedere come una botta di fortuna.
E neanche troppo piccola, visti i dati delle statiche riguardanti le pubblicazioni annuali che si registravano nella loro città.
Qualcuno bussò alla porta prima ancora che Isaac fosse stato in grado di liberare del tutto la mente dalla voce stridula e concitata dell'autore che l'aveva tenuto al telefono per più di un'ora, aprì gli occhi e fissò l'ingresso del proprio ufficio, mentre sulla soglia compariva Yona.
-Disturbo?- chiese l'uomo e Isaac, per riflesso, aggrottò la fronte.
"Sì" pensò, ancora arrabbiato con lui dopo l'ultima litigata che li aveva visti coinvolti. Era tornato al lavoro soltanto perché, da bravo stacanovista, non era riuscito a farne a meno.
-Figurati, accomodati- disse, indicandogli con il cenno di una mano le due sedie che si trovavano dall'altra parte della sua scrivania.
Gli erano bastati quei pochissimi giorni di "ferie" che si era concesso per sentirsi mancare l'aria e rimpiangere la propria routine scandita dal lavoro.
Alla fine aveva parlato con Ryan, con Maria – quest'ultima aveva persino accettato di buon grado l'idea di trasferirsi in un appartamentino tutto suo, stupendolo, ma, allo stesso tempo, facendolo sentire sollevato. Si era concesso un pranzo con Amber, Keith e Ryan. Aveva telefonato a Jeffrey solo per chiedergli come stava, senza farsi sfuggire parole che avrebbero potuto allarmarlo, scoprendo che l'amico avrebbe fatto rientro a L.A. proprio quel fine settimana. Persino Titty gli aveva fatto compagnia il giorno prima, accompagnandolo per le vie dello shopping di Hollywood West, mentre la giovane si ritagliava un paio di ore di svago, allontanandosi dall'ultimo set cinematografico in cui stava lavorando – a sua detta, un vero supplizio, dato che il regista si era presto rivelato un misogino incapace di crederla all'altezza del suo stesso lavoro. Titty aveva preferito delegare il proprio compito a un suo collega – per evitare di: "sparare al regista" – e aveva accolto con entusiasmo l'invito dell'amico.
Isaac era grato agli amici, al loro supporto, ma sapeva che quelle scappatoie non potevano durare ancora a lungo: prima o poi avrebbe dovuto confrontarsi con Bryan e dirgli chiaramente che no, l'idea che lui frequentasse altri non gli piaceva per niente. Confidava in Ryan – sapeva che i due si sarebbero incontrati proprio quella mattina – e il pensiero di quello che sarebbe potuto essere l'esito di quell'incontro non lo aveva lasciato un solo istante, neppure mentre contrattava telefonicamente con il suo ultimo cliente.
Yona prese posto su una delle due sedie trasparenti e dal design moderno riservate ai visitatori, ma spostò quella che occupò sul fianco destro della scrivania di Isaac, prima di sedersi, avvicinandosi a lui. L'uomo sollevò un sopracciglio con scetticismo e lo fissò in tralice. Yona sfoggiava un insolito aspetto dismesso, con l'elegante completo che indossava stropicciato, così come stropicciata appariva la sua espressione, accentuata dalle borse sotto gli occhi, le cui iridi si erano fatte di un grigio cupo, e della barba incolta che gli incorniciava la mandibola.
-Stai bene?- gli chiese Isaac, mentre l'altro giocherellava con la propria cravatta con fare distratto, senza ricambiare il suo sguardo. Yona annuì una sola volta, ma poi scosse la testa.
-Sto... a un bivio- disse e sollevò la testa, puntando gli occhi nei suoi, assumendo all'improvviso un'espressione tagliente. Isaac tornò ad aggrottare la fronte, insospettito dallo strano comportamento del suo socio. Non si parlavano da giorni, ma quella non era una cosa che lo aveva preoccupato davvero, sino a quel momento: lui e Yona non erano amici, vero, ma erano soci, lavoravano entrambi per il bene della loro agenzia ed erano abbastanza maturi da riuscire a separare il privato dal lavoro, per il bene della società.
Almeno, questo aveva creduto Isaac.
-Che genere di bivio?- gli domandò.
-O mi metto l'anima in pace, butto nel cesso il lavoro degli ultimi dieci anni e cerco nuovi finanziatori, oppure...- ma Yona non concluse la frase, lasciandola in sospeso. Isaac poggiò le spalle contro lo schienale della sua poltrona girevole e incrociò le mani davanti al mento, poggiando i gomiti sui braccioli, irrigidendo i muscoli, nella speranza di non avere reazioni istintive spropositate.
Rischiava di balzargli al collo o di prenderlo a pugni?
Sì.
"Ma non mi sembra il caso di risolvere tutto con una scazzottata. Mi sfogherei, certo, ma non risolverai un cazzo" si ripeté mentalmente più volte, nella speranza di riuscire anche a credere a quelle parole.
-Oppure?- chiese con un filo di voce e l'espressione di Yona mutò di nuovo, si fece vacua, anche se il suo sguardo tradiva una certa tensione e una vena sottile iniziò a pulsargli sotto pelle vicino all'occhio destro.
-Oppure... ci uniformiamo ai loro standard aziendali e continuamo con il nostro lavoro-
-Che genere di standard aziendali? Quelli che abbiamo non vanno più bene?- domandò Isaac con voce melliflua, sforzandosi con ogni fibra del proprio essere di mantenere la calma.
-Vogliono me come volto dell'agenzia. Ne ho già parlato con Emma: non ne è contenta, ma ha accettato-
"Quindi... Emma ha cambiato idea. Pur di tenersi il lavoro, ha ceduto" concluse Isaac nella propria mente, "Non è mai stata una mia alleata e adesso ce l'ho contro. Ecco perché non siamo mai stati amici" si disse, intristito da come una persona potesse venire meno ai propri principi per non rischiare di perdere il lavoro, "Per questo il mondo non va avanti, perché c'è sempre chi abbassa la testa a discapito di chi lotta per migliorare le cose...".
-E poi? Quali altre modifiche desiderano mettere in atto?- chiese Isaac con un sorriso abbagliante, tanto che Yona ebbe un altro fremito, che tentò di dissimulare presto, distogliendo lo sguardo da lui per qualche secondo.
-Puoi restare a lavorare per l'agenzia, ...- disse e si schiarì la gola. - ... ma preferirebbero che tu rimanessi dietro le quinte-
-Perché? Ti ricordo che sono un vostro socio, solo al venticinque percento, ma sempre un socio- e quella volta Isaac non fu in grado di continuare a mantenere un tono di voce neutro, e la sua rabbia trapelò chiaramente, arrivando come un soffio rovente sulla pelle del viso di Yona.
L'uomo si allontanò da lui, facendo strisciare i piedi della sedia contro il pavimento, ma Isaac batté le mani sulla scrivania e si spinse in avanti, tornando ad azzerare la distanza tra di loro, fermandosi a un palmo dal suo volto.
-Oh... sono troppo nero e gay. Sia mai che questi. Cazzi. Miei! Possano essere fraintesi e diventare... com'è che li hanno chiamati? Elementi filo-politici? E disturbare l'immagine dell'agenzia!-
-Viviamo in un periodo storico difficile- mormorò Yona. -Il lavoro è lavoro, dobbiamo essere imparziali e aperti a tutti-
-Cos'è? Hanno voglia di scritturare qualche esponente del KKK?-
-Non dire assurdità!- sbottò Yona. -Io sono ebreo, non lo dimenticare!-
-Quindi tu sei okay per via dell'orrore che in passato è stato inflitto alla tua gente e meriti riscatto e io no perché...?-
-Non incominciare a parlare di razzismo con me!-
-Solo perché non lo stanno facendo sulla tua pelle non significa che non lo sia! È assurdo che tu ti stia schierando dalla loro parte!-
-È solo lavoro. È tutto un piano a fini commerciali...-
-Che si riflette sulla mia pelle. E mi chiederete pure di tirarmi fuori dal gruppo soci...?-
-Sì! Dannazione!- urlò Yona, mettendolo a tacere. -Perché incarni tutte delle idee politiche che automaticamente ne escludono altre, rendendo la nostra immagine di parte!-
-Ti stai arrampicando sugli specchi solo per giustificare il fatto che i nostri finanziatori sono omofobi e razzisti e misogini!-
-Ti sbagli-
-E!- tuonò Isaac, alzando la voce a sua volta, protendendosi di più verso di lui con l'intenzione di farlo sentire sovrastato dalla sua mole. -Arrivato a questo punto, non posso non pensare che tu stia nascondendo il tuo stesso razzismo nei miei confronti dietro di loro- sibilò e Yona impallidì.
-Non è così-
-Allora rimbocchiamoci le maniche, mandiamoli a fanculo e troviamo altri finanziatori!-
-Ne vale dell'agenzia, rischiamo la bancarotta, se ci mollano. Dovremmo ricominciare tutto da capo. Ma potremmo stringere i denti, cercarne altri mentre facciamo credere loro che li stiamo accontentando e...- ma Yona smise di parlare nel momento in cui Isaac si alzò dalla sua sedia e iniziò a raccogliere le cose che stavano sulla scrivania. -Che stai facendo?- gli chiese e l'altro si trattenne dal scagliargli contro il proprio portatile.
-Vi lascio nella merda- rispose con un sorriso glaciale.
-Cioè?-
-Te la vedi tu con Steel, con il tizio con cui ho appena concluso l'ultimo contratto e tutti gli altri miei clienti. Ah! E se vi mollano perché con voi, e con voi intendo te ed Emma, non riescono a lavorare, cazzi vostri-
-Non vogliamo che tu te ne vada!-
Isaac batté con violenza tutto ciò che aveva tra le mani contro la superficie della scrivania. Udì chiaramente un sibilo sinistro, ma si concesse solo la frazione di un secondo per prendere in considerazione la possibilità di avere appena distrutto il proprio portatile, mentre la cornice con la foto di Bryan e un paio di fascicoli si sparagliavano sul piano in modo scomposto.
-Non ho alcuna intenzione di confondermi con il cazzo di buio dello sgabuzzino in cui volete gettarmi, per farvi contenti. Te lo do io, il bivio: mantengo la mia posizione, quella che mi sono meritato perché sono decine di volte più bravo di voi in questo lavoro, oppure me ne vado-
-Mi metti in difficoltà, Isaac- disse Yona e l'altro si lasciò sfuggire un'amara risatina.
-Allora ti tolgo da ogni impiccio. Dopotutto, sei il socio di maggioranza, decidi tu, no? E con Emma dalla tua parte, il mio venticinque percento non vale più un cazzo- disse l'uomo e raccolse di nuovo le sue cose.
-Dovrai vendermele- gli fece presente Yona e Isaac lo fulminò con lo sguardo.
-Incomincia a compilare l'assegno e cerca di essere meno indegno nello scegliere la cifra, altrimenti ti farò sudare anche quelle-
-Mi stai minacciando?-
-Per nulla. È un dato di fatto. Se non vuoi pagarmi a vita senza che io muova un dito per l'agenzia, allora offrimi una cifra adeguata. Così ti cedo le mie quote: semplice e lineare- disse Isaac, stringendosi nelle spalle e, prima che Yona potesse aggiungere altro, uscì dal suo ufficio, con l'intenzione di non metterci mai più piede.
Trovò Emma fuori dalla porta: aveva origliato? Oppure i due uomini avevano urlato tanto da rendere tutti gli altri partecipi della loro discussione? Isaac si guardò intorno e sorprese molti dipendenti, seduti dietro le loro scrivanie sparse per la sala, distogliere gli occhi da lui con fare colpevole, impegnandosi all'improvviso in altre attività.
-Mi dispiace- disse Emma, ma Isaac si concentrò su ciò che reggeva tra le braccia, nel tentativo che nulla gli sfuggisse più di mano. Non gli importava più niente di Emma e gli dispiaceva persino essersi sfogato con lei, averle rivelato cose private per poi essere tradito anche da lei.
-Buona continuazione- disse Isaac e la superò, ma la donna lo trattenne per una manica della giacca che lui indossava, e allungò l'altra mano per aiutarlo a mantenere la presa sulle cose che reggeva.
-Mi dispiace davvero- ripeté e l'uomo contrasse la mascella, impedendosi di ribattere in modo acido. Era troppo arrabbiato per accettare le sue scuse, in quel momento.
Isaac annuì, ma non fu proprio in grado di aggiungere altro e andò via con la sensazione di essersi appena liberato di un peso, di cui non si era nemmeno reso conto di avere sopportato sulle proprie spalle, e chissà per quanto tempo. Ma era sereno, ricominciare da zero non lo spaventava. Sapeva di essere un uomo in grado di eccellere e quello non aveva nulla a che vedere né con il loro colore della sua pelle né con le sue inclinazioni sessuali.
"Stupidi loro" si disse, ricacciando indietro il nodo che gli aveva serrato la gola, mentre si trovava in ascensore. Uscì dal grattacielo in cui si trovava l'agenzia, si avvicinò a un cestino dell'immondizia e lasciò cadere tutto al suo interno, tenendo per sé solo la foto di Bryan.
Si tolse la giacca e, a passo un po' più leggero, si diresse verso la sua auto.
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