7
Atropo si gettò sul letto, sconsolata. Non che il mobile le servisse a qualcosa - si sa, la morte non dorme mai -, ma doveva ammettere che gli umani ci avevano visto giusto coi materassi ad acqua. "Un buco nell'acqua, un totale buco nell'acqua!" singhiozzò. "Non hanno loro il mio bracciale."
"Non mi stupisce affatto" gracchiò il corvo, staccando via una foglia che gli si era impigliata tra le piume.
Atropo lo guardò di sottecchi. "Si può sapere da che parte stai tu?"
"Dalla parte del mondo sbagliata, a quanto pare. Sono stato riallocato."
"Riallocato? Dove? E perché mai?"
Ultimo si leccò il becco, prima di procedere col resoconto dettagliato delle novità. Sul viso di Atropo lo stupore si trasformò in disgusto e il disgusto in rabbia. Ultimo si portò le ali alle orecchie, invocando la grazia della Notte Eterna.
"Loro vogliono fare cosa?" arrivò stridulo il grido di Atropo. "Questo è inaccettabile!" e uscì sbattendosi dietro la porta.
"Ci risiamo..." sospirò il corvo, volando fuori dalla finestra a inseguire la sua padrona.
*
A casa di Beth non rispondeva nessuno.
Sonja sospirò. Forse Dan aveva ragione ed era il caso di lasciar perdere quella storia. Eppure, qualcosa non tornava, e il fatto che entrambi i giovani che avevano ritrovato il cadavere non si vedevano a lavoro da tempo puzzava di guai. Senza un mandato però, non poteva...
"Ehi, cosa stai facendo? Atty, aspetta, non puoi..."
Il rumore del vetro in frantumi la informò che era troppo tardi. Sonja sospirò. Quel giorno era già la centoventicinquesima volta. Brutto segno.
"Oh, per la Notte Eterna!" esclamò Atropo, sporgendo la testa nell'appartamento.
L'ennesimo sospiro le si depositò al fondo dello stomaco. Brutto, bruttissimo segno.
*
Tutto il dodicesimo piano dell'edificio dormiva, tutto eccetto un piccolo studio in cui, ancora, brillava una luce. Una quanto mai stanca Beth piagnucolava ai piedi della scrivania. Fili bianchi e neri dai bei riflessi dorati le si ingarbugliavano tra le mani, i vestiti e i capelli. "Ma che significa questo segno? E questo simbolo qua? Dove sta scritto il nome?! Oh, Signore, aiutami!"
Nascoste nella penombra, le due donne osservavano la scena. La prima spinse la seconda di lato per farsi spazio. "Inaccettabile!" proruppe, "ti sembra questo il modo di tagliare? Guardati. Non sai neanche tenerlo per il verso giusto. Sarebbe questo il mio rimpiazzo? Incompetente! Farai fallire l'Oltre il Velo se continui così."
"Atty!" la rincorse Sonja, "non puoi mica buttarti sul sospettato così! Non vi insegnano più l'approccio sicuro all'accademia? Quanto a lei, signorina Smith, è accusata dell'omicidio di Agnès Fixemer e di Marcus O'Neil. Ha qualcosa da dire a sua discolpa?"
Beth sollevò gli occhi sull'imbarazzante duo. "Oh, per la miseria. Ce ne avete messo di tempo!"
Sonja la guardò sbigottita.
"Arrestatemi, riportatemi a casa! Se mi arrestate, non dovrò più lavorare, giusto?"
"Beh, io, non credo, no, ma..."
"Perfetto! Ecco qui i polsi, mi metta pure le manette. O preferisce che mi giri? Non ho mai capito, le mani vanno in alto o dietro la schiena?"
"Beh, non credo ci sia bisogno..."
"C'è bisogno, si fidi. E faccia in fretta, per piacere."
La detective la fissava sbigottita.
"Allora? Non ho mica tutta la notte."
"No, certo." Sonja cercò di recuperare un po' di contegno. "Ma, mi spieghi, come ha fatto? E perché proprio la Svizzera?"
"Lo so, lingua orribile. Ma vuole mettere le tasse? Comunque, lo strumento è lì."
"Quale strumento?"
"Oh, per la Notte Eterna! Finalmente!" esultò Atropo scavalcando le due e recuperando il suo prezioso bracciale.
"Ma lo dite voi a quelle due che non posso più lavorare, altrimenti non se ne fa nulla."
Sonja inarcò le sopracciglia. "A chi?"
"A quelle streghe, quelle vestite di nero."
Sonja spostò lo sguardo da Beth ad Atropo e da Atropo di nuovo a Beth. Sul suo volto aveva preso posto fisso un'espressione perplessa.
"Immagino stia parlando delle mie sorelle" spiegò Atropo, accarezzando il suo bracialetto. "Lo hai pure lucidato. Ora sì che fa una bella figura!"
Sonja continuava a non capirci niente. "Ma quindi, li hai uccisi tu?"
"È un lavoro sporco, ma tocca pur farlo, o almeno così hanno detto quelle due. Non si può mica vivere per sempre, d'altronde. Un infarto di qui, un incidente di là... Non ha idea in quanti modi ridicoli si possa morire. E la cosa pazzesca è che è tutto già scritto, programmato. Alla faccia del libero arbitrio! Oh beh, quasi tutto" si sentì di precisare. "Il povero Mark... quello è stato un incidente."
Senza rendersene conto, Sonja si ritrovò una ciocca di capelli nella mano destra. Finirai per rimanere calva le sussurrò la voce di Dan nell'orecchio mentre la tirava verso l'esterno. "Tutto già scritto?"
Beth sospirò. Ce ne stava mettendo di tempo quella lì ad afferrare il concetto, così tanto che Beth si chiese se l'avrebbe davvero portarla via da lì. "Mai sentito parlare di ineluttabilità del fato?" sputò fuori con un velo di rassegnata saccenza, indicando l'arazzo sul pavimento.
"Pure!" strillò Atropo, indignata. "A me non le facevano guardare mica le Trame del Destino!"
"Oh, accomodati pure, se ci tieni."
"Mi accomodo e come! Se pensavano di potermi buttar fuori dall'attività di famiglia così, da un giorno all'altro, hanno preso un corvo bello grosso. Son pur sempre la maggiore, io."
Beth, poco interessata alle contorte dinamiche familiari d'oltretomba, tornò a porre la sua insistente attenzione sulla detective, che le sembrava l'unica persona ancora sana di mente in quella gabbia di matti. "E lei cosa vuole, una dichiarazione scritta? Si può fare mentre andiamo?"
Sonja riprese controllo della mascella che le si era abbandonata verso il basso senza chiedere il permesso. "Immagino che..."
"Perfetto. In marcia allora!" e la precedette fuori dalla porta. "Viene o no?"
Sonja le guardava con aria inebetita, tirandosi la tenace ciocca di capelli: l'una accampatasi sul pavimento di quello studio che non era suo, e l'altra che da quello studio di sua proprietà voleva andarsene il più in fretta possibile. "C'è ancora una cosa che non capisco, però."
"Soltanto una? Questa è bella!" ridacchiò Atropo.
"Vada avanti detective, basta che poi mi porti via di qui."
"Perché hai ucciso Agnès?"
"Agnès? Intende quella che ho trovato stecchita in hotel?"
"Proprio lei."
"Ah, non sono mica stata io!"
"Come no? Ho fatto tutto il viaggio fino a Basilea per niente?!" Una smorfia di disappunto e delusione le invase il viso. "Ma, se non sei stata tu, allora chi è stato?"
"Oh, errore mio, temo" si scusò Atropo. E, detto ciò, si avviò a sporgere reclamo alla direzione centrale.
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