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Beth tese la mano verso la finestra e la piastrina metallica scintillò, lanciando al soffitto sprazzi di luce dorata.

"Credi che sia d'oro?"

"Credo che avresti dovuto lasciarlo dov'era" le rispose infastidito Mark, guardando di sbieco il braccialetto che Beth aveva trafugato dalla scena del delitto.

Nel farlo, aveva decretato che fosse appartenuto all'assassino - perché una riccona snob come Agnès non avrebbe mai indossato quel cimelio storico dalla cinghietta consunta e scolorita - e che, in virtù di ciò, era un biglietto d'andata a una vita migliore per entrambi - e non a miglior vita, aveva tenuto a puntualizzare.

"Se la polizia lo scopre..."

"Non lo scoprirà, Mark. Come può accorgersi della scomparsa di qualcosa di cui non conosce nemmeno l'esistenza?"

Beth non aveva tutti i torti. A lui, comunque, la faccenda continuava a puzzare.

Beth puntò le braccia sul materasso.

"Non capisci cosa significa tutto ciò?"

"Lo capisco e come! Significa che finiremo per farci ammazzare."

"O che finiremo per diventare ricchi sfondati!"

Il piano di Beth era molto semplice. Consisteva in una linea tracciata dritta tra il punto A (assassino) e il punto R (ricchi sfondati), che ignorava del tutto il quando, il come e il se avrebbero superato le restanti sedici lettere dell'alfabeto che separavano la A dalla R.

Da qualche parte, appesa a quel filo logico, doveva trovarsi anche una T (tecnologia misteriosa), di cui loro si sarebbero impossessati per poi aprire una clinica in cui far passare, con delicatezza e dietro lauto compenso, la gente che lo avesse desiderato a miglior vita.

Mark sospirò, ricadendo mesto di schiena, a fissare il soffitto. La camera 107 aveva dei seri problemi di muffa.

Erano passate due settimane, maggio aveva lentamente lasciato il posto a giugno, il caso di Agnès Fixemer era stato liquidato come scomparsa e la radio annunciava il duocentoottantasettesimo giorno - che invero era solo il quattordicesimo - senza una morte.

"Divertente, no?"

Beth piantò il viso a pochi centimetri dal suo naso. Un sorriso malizioso le illuminava gli occhi.

"Cosa?" le chiese, con poco entusiasmo. Uno sguardo veloce all'orologio da polso gli aveva ricordato che il turno delle 7 stava per cominciare.

"Questo tizio ha la fissa per gli dei greci, probabilmente si crede una divinità in persona. Che egocentrismo!"

Gli sventolò il bracciale davanti agli occhi, tenendolo per una delle due estremità. La piastrina dorata roteò su se stessa ancora un paio di volte, tornando a diffondere curvi raggi di luce tutt'attorno.

Su uno dei lati piatti, inciso a lettere greche, si poteva leggere "Aτροπος".

*

"Lo hai perso?" gracchiò torvo Ultimo Respiro alle sue spalle. "Come sarebbe a dire che lo hai perso?"

"Non l'ho perso, affatto. L'ho semplicemente riposto in un luogo che, in questo preciso momento, mi sfugge di mente..."

"Che ti sfugge, di mente" scandì di rimando quello, a metà tra l'ira e l'incredulità.

Camminava avanti e indietro, e a ogni passo sulla superficie metallica emetteva un ticchettio sinistro.

Il vento fischiava tra le sbarre del balcone, cantando una melodia melanconica che bene accompagnava il tremolare delle ombre degli alberi.

Nel tempo trascorso su quella terra, aveva preso l'abitudine tanto umana di gracchiare con le ali congiunte dietro la schiena. Gonfiava e sgonfiava il petto a intervalli regolari, finendo più volte sul punto di esplodere per poi ritrovare la calma.

Dopo un ragionamento che parve piuttosto contorto e difficoltoso, si voltò fisso nella sua direzione.

Il becco riluceva al chiaro di luna e persino le penne, nere come l'inchiostro, sembravano d'argento liquido.

Con fare benevolo aprí le ali a circondare il viso che lo fissava, il cui aspetto così giovane ingannava gli occhi degli uomini (e delle donne, ché seppur sopra le parti, Ultimo non faceva certo discriminazioni).

"Il bracciale contiene la lama, la lama contiene..."

"...il potere del taglio, lo so, lo so, non c'è bisogno che tu me lo ripeta."

"Se lo sai così bene, allora, perché l'hai perso?"

"Io... Avanti, Ultimo, saresti rimasto di stucco anche tu. Come potevo sapere che un bacio avrebbe portato..."

"Silenzio!"

"Va bene, ma..."

Il corvo la guardò torvo, gonfiando le penne.

"Lo devi ritrovare. "

"Lo ritroverò" rispose Atropo.

"E al più presto."

"Al più presto" sospirò. "E non aver timore, Ultimo. Seppur nell'eventualità che fosse stato ritrovato da un umano, in mani cotanto inesperte, che danno vuoi che possa fare?"

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