PROLOGO
Vi capita mai di sentirvi un punto nero sulla faccia della Terra?
Beh, a me sì.
Capita spesso in realtà, più di frequente di quanto immaginiate, e spesso temo il momento in cui il mondo si accorgerà di me per farmi fuori in poco. Con poco.
Guardo fuori dal finestrino di questo affollato treno. Il puzzo della quotidianità mi nausea, mi stomaca di già di prima mattina, e la coscienza di far parte della stessa quotidianità mi fa sentire ancora peggio. Lontano si perdono i miei pensieri, tra gli alti grattacieli del centro, le belle case dell'Upper Est Side, il verde di Central Park e l'aria pulita di alberi e verdi prati; spesso inciampo nei pensieri e a volte rimango a terra a contemplare la vita dal di fuori... da quaggiù; nel mio guscio sicuro, caldo, piccolo.
Sono una scatola piena di cioccolatini, a me piace convincermi siano solo segreti, ma voi li chiamereste bugie. Ne ho mangiati a iosa, ed ora non so come tirarli fuori. Fanno male, ne sono indigesta, ma oramai sono lì, nel profondo dello stomaco, nel fondo di una coscienza dormiente. Si può solo attendere che facciano il loro corso; prima o poi verrà fuori la realtà, e farà schifo, e puzzerà e farà male e poi farà bene... spero.
Ho diciassette anni e tanti amici, ma nessuno di essi lo è per davvero.
Lo so, vi sto confondendo con i miei controsensi e idee strambe, avete ragione, ma io sono proprio così: un casino dentro e perfetta fuori. Un cubo di rubik da risolvere ed un semplice disegno in 2D da ammirare.
I rumori si fanno più forti, costanti, una nenia fastidiosa che persuade e inganna la veglia, ed io ritorno a vedere da vicino. Le immagini da lontano si fanno sfocate, mi concentro invece sulle macchie di unto impresse su questa fredda superficie trasparente e un oggetto troppo vicino, troppo veloce mi scuote e balzo lontano. Cozzo con lo stanco passeggero seduto accanto e immediatamente gli chiedo scusa. Lui è così stanco che neppure se ne è accorto del breve scontro. Mi guarda come a voler dire che sono pazza, poi torna a fissare il poggiatesta sbiadito del sedile di fronte, del sedile di un altro lavoratore stanco; stanco della vita, dei doveri improrogabili che pesano su fragili spalle di semplice uomo, stanco della ciclicità della normalità piatta e inconcludente che riporta sempre al punto di partenza.
Andiamo avanti con gli anni, con l'inganno, ma le vite rimangono ferme allo stesso giorno. Il bastardo giorno in cui ci accorgiamo che la realtà è un'altra cosa e i sogni tutt'altra storia.
Siamo una società stanca, disillusa, eppure continuamente illusa di poter divenire ciò che non saremo mai.
Ricchi, forse? Felici?
Neppure ci si immagina quanto è semplice trovare la felicità. Basti vedere quanto lo sono i bambini con un non nulla. Sono per caso ricchi loro? Alcuni sì, ma non conta. La felicità di tutti i piccoli non possiede un grande conto in banca, ma una grande fantasia. E noi "grandi" col tempo l'abbiamo venduta alla più fottuta di tutte le illusioni: l'illusione di una vita futura che sia all'altezza dei sogni del fantastico passato, ma che di fantastico ha solo il cartellone pubblicitario appeso di fronte le finestre della camera da letto.
Ebbene sì, vivo in un piccolo appartamento alla periferia di Brooklyn e di fronte il mio letto c'è una piccola finestra e oltre essa un mega gigantesco e appariscente cartellone di una pubblicità di intimo. Il modello assomiglia assurdamente ad un ragazzo della mia scuola, e forse è per questo che ho una cotta per lui da un paio di mesi a questa parte. Da quando quel maledetto cartellone è apparso dalla notte al giorno nella mia vita.
Il bello e impossibile damerino di cui vi parlo si chiama Jonatan. È il capitano della squadra di football ed è fidanzato con la più bella e talentuosa ragazza della mia stupida scuola privata. Lei è il capitano delle cheerleader delle quali anch'io faccio parte, malgrado non mi riesca molto bene saltare e fare acrobazie, ma la mia bellezza compensa ogni altra mancanza. O almeno è così che sostiene Margaery, il capitano delle "piume d'orate", l'assurdo nome della mia squadra di belle e brave ragazze. Ci chiamano Angeli, ma io so che non lo siamo. Tutta apparenza e poca sostanza.
Eh sì, il solito cliché.
Ma vi assicuro che la mia storia non sarà il solito cliché al quale siete abituati. Se avrete la pazienza di leggermi, allora ve ne accorgerete. Ah sì che ve ne accorgerete di quanto la vita ci regala ogni giorno. Quanto la vita ci butta di bello sotto gli occhi e noi lo calpestiamo sotto i piedi, calpestiamo la felicità correndo dietro all'impossibile e il marcio del finto; il puzzo del bello esteriore ci ricopre.
Forse alla fine della mia storia, un po' mi darete ragione e un po' torto, tuttavia, spero di farvi riflettere proprio come le vicissitudini di questi giorni m'hanno spinta nel farlo.
A chi si appresta a leggere questa mia nuova storia io vi saluto con affetto 🤗
Sono impossibilitata nel continuare Sweet Lie dunque se vorrete potrete trovarmi in queste nuove pagine con la speranza di incuriosirvi almeno un po'.
Per chi mi seguiva già sarà facile capire come abbia cambiato radicalmente lo stile di scrittura, ma vorrei cimentarmi nel scrivere in prima persona sperando di ottenere un risultato decente. Ditemi pure cosa ne pensate senza peli sulla lingua.
Per quanto riguarda la copertina per il momento dovrete farvi bastare quella che c'è 😅 purtroppo non ho tempo al momento di crearne altre.
Anche la descrizione della storia è assente, mi darò da fare per rimediare 💪🏻
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