5.Piscina

Per le strade c'è sempre traffico e il puzzo dello smog mi stomaca, soprattutto ora che la nausea già mi tartassa accompagnando i rantoli della fame. Addento una mela e quasi mi strozza quando un tizio, che neppure si volta per chiedermi scusa, mi strattona correndo via con la sua quarantott'ore sottobraccio. Tossisco e impreco. Le mie ingiurie seguono leste quel completo consumato e sbiadito fatto di un cotone grigio e poco pregiato, gli orli che toccano le scarpe logore sono leggermente scuciti nel punto in cui la stoffa graffia l'asfalto. Lo vedo affannarsi sul marciapiede affollato e la pena di quanto quell'uomo possa avere una vita non propriamente piacevole mi fa riflettere e dimenticare lo scontro spiacevole.

Cammino veloce anch'io, anch'io mi affanno in mezzo al caldo dei giorni comuni dei sin troppo comuni mortali, di quelli che fanno del tempo una questione di soldi e di vita.
Mia nonna diceva sempre che la ricchezza di un uomo non si misura dal conto in banca, ma dal tempo libero che possiede.
Mia nonna era saggia, ogni parola era una perla di saggezza, e come sempre anche in questo caso aveva ragione. Siamo una società dedita al consumismo, il denaro è divenuto il nostro Dio.

Mi inabisso nei cunicoli della metropolitana e qui per fortuna un piacevole refrigero mi accarezza la pelle scoperta. L'unico piacere di utilizzare la metropolitana (oltre al fatto che è il mezzo più veloce per spostarsi nella città, seppur non il più sicuro) è che nelle giornate più calde si riesce ad affrontare il viaggio senza ulteriormente spazientirsi; sempre che non si sia costretti a viaggiare nelle ore di punta, come invece ora sto per apprestarmi a fare. Sospiro ma non mi perdo d'animo e comincio a sgominare tra i tanti automi che presto, non appena le porte della cabina si apriranno, lotteranno per conquistare il loro spazio nella vita. Vinco la battaglia per un soffio e mi stringo in un angolo del vagone appena prima di veder chiudere le porte.

Ora fa caldo e puzza di sudore, puzza di ore e ore di lavoro costretto in un completo troppo pesante, di una camicia di stoffa sintetica di una donna robusta e non propriamente confacente ai canoni di bellezza di Margaery; la sento respirare pesante tra i miei capelli, il seno prominente ripetutamente mi cozza sulla schiena e mi costringe a spalmarmi come burro d'arachidi sui finestrini unti.
Il viaggio sembra lungo il doppio del normale e, quando finalmente giungo a destinazione, salto fuori dal vagone allo stesso modo in cui fuggirei da una macchina in fiamme.

Una volta all'aria aperta mi godo la solitaria via dei quartieri dei pochi. Malgrado la mia paura di incorrere in spiacevoli incontri, sono consapevole di trovarmi ben distante dai quartieri dell'upper east side per rischiare di incontrare un mio compagno di scuola.
Ecco, sono arrivata in perfetto orario.
Nessuno dall'esterno di questo palazzo alto più di dieci piani si sognerebbe di trovare una piscina al piano terra. Il familiare odore di cloro mi accoglie non appena metto piede nella struttura.
Nuotare mi riesce piuttosto bene. Mia madre mi portò in piscina da piccolissima, si può dire che comincia a fare le prime bracciate ancor prima di imparare a camminare.
Il nuoto mi piace, ma non ho mai pensato di fare di questo sport una carriera. L'agonismo toglieva tempo prezioso allo studio; inoltre non potevamo permettercelo. Dunque quando dovetti scegliere tra la squadra di nuoto e la costosa retta della mia scuola... beh, sarà ovvio anche a voi la mia scelta.

<<Ciao Grace, oggi sei in anticipo>>.
La ragazza che mi accoglie è Madison, una delle receptionist della piscina piccoli delfini. Occhi azzurri e capelli nerissimi come l'inchiostro; malgrado il mento appuntito e le gambe un po' incurvate la considero davvero una bella ragazza.
Il suo volto non ha età, potrebbe avere benissimamente diciott'anni come trenta, e dato che non c'è mai stata occasione per divenire più intime, continuo a tenere per me il dubbio.
<<Buon pomeriggio a te Madison, ebbene sì, oggi ho anticipato. Michael mi ha chiesto gentilmente un favore e io non ho saputo dire di no>>.
Non è andata esattamente così, non ci sono state gentilezze ed io non sono di certo una buona samaritana, ma non mi va di dire la verità. Forse mi vergogno, e forse la cosa mi fa sentire anche un po' come se mi fossi venduta, perché alla fine è andata esattamente così, Michael mi ha ricattata ed io ho accettato senza batter ciglia.

Madison mi sorride ed io ci leggo incertezza nell'espressione; conosce Michael e sa che non è di certo un tipo gentile, sa che il ruolo che ricopre (coordinatore generale) lo ha spinto a circondarsi di un'arroganza ottusa e sfacciata, tale da permettergli di pretendere e ottenere tutto senza gentilezza.
È un uomo ignorante sotto certi aspetti, alza spesso la voce con chi osa contraddirlo ed è decisamente poco paziente, ma per quanto mi riguarda stranamente mi ha sempre trattata bene, cosa che ha spinto in molti, qui in piscina, a sospettare che io e lui da tempo portassimo avanti una relazione. Pensiero assurdo quanto ridicolo; e non solo perché il suo aspetto è lontano anni luci dai miei ideale, o perché ha più di vent'anni rispetto a miei, ma soprattutto perché non lo sopporto. Odio averlo attorno e percepire i suoi occhi viscidi strisciare sulla pelle, più volte ha osato nascondere delle avance in irrispettosi complimenti, ma finora ho sempre fatto buon viso a cattivo gioco, anzi oserei dire di aver recitato il ruolo della ragazza poco intuitiva dalla risatina facile.
Mi serve questo lavoro, non posso permettermi di far l'acida. Perciò, fino a quando la cosa sarà sopportabile, continuerò a recitare la parte.

Gli spogliatoi sono caldi, ma non appena indosso il costume diventa un caldo comodo, accogliente, familiare, ed io mi sento a casa.
La gente è poca a quest'ora, e i corsi ancor più scarsi.
Solo qualche stanco lavoratore si appresta a fare le ultime bracciate alla ricerca di una forma fisica invidiabile ma non ottenibile nell'immediato, come invece sperato, prima di correre nuovamente alla scrivania di uno studio affollato a trangugiare l'ennesima merendina farcita che andrà irrimediabilmente a sommarsi alle tante altre che oramai infestano il pesante addome imbottito.

La piscina da cinquanta metri conta ben sei corsie, più in fondo c'è un quadrato d'acqua poco profondo. Ed è lì che sono diretta. Noto di già degli attrezzi disposti nell'acqua; una cyclette dalla pedalata facilitata, tavolette e tubi di gomma per aiutare nel galleggiamento e degli attrezzi strani che non ho mai visto. Mi guardo intorno ma non individuo nessuno. Quindi controllo il cellulare per l'ultima volta prima di riporlo nello zaino e capisco che chiunque dovrò aiutare oggi è in ritardo. 
Alzo i lunghi e lisci capelli in una crocchia alta intrappolando per bene ogni minima ciocca. L'acqua della piscina non è molto alta, mi arriva a malapena a sfiorare il seno, se sono fortunata, ed il mio allievo non è un ragazzino maleducato, dovrei riuscire a passare per le docce senza dover per forza lavare i capelli, cosa che mi farebbe guadagnare parecchi minuti importanti per il mio studio.

La porta si apre in lontananza e lo schianto che si avverte subito dopo fa da richiamo. Incuriosita volto il capo, ma la sorpresa mi fa trasalire.
Non era esattamente lui che mi aspettavo di vedere.
Mi volto di scatto e valuto velocemente se sia il caso di svignarmela buttandomi in piscina e percorrere i cinquanta metri senza neppure respirare, purtroppo il corridoio che mi separa dagli spogliatoi è stretto ed io non riuscirei a passargli accanto senza farmi notare.
Sento le voci sempre più vicine e capisco che l'opportunità della latitanza è oramai svanita.
Avverto i due uomini discutere, il primo decisamente in disaccordo con ciò che gli spetta da lì alla prossima ora, il secondo con voce parecchio più pacata sta tentando di persuadere il giovane elencando un'infinità di benefici che purtroppo vengono sommersi da sonanti proteste.

Lui non mi ha notata ancora, ma non so perché, sono convinta che quando lo farà le proteste diverranno ancor più rumorose.
E invece quando mi avvista, Sebastian si azzittisce.
Porta i palmi sulle ginocchia, un segno chiaro di quanto la situazione lo metta a disagio, e quando serra la presa attorno all'accappatoio noto le nocche sbiancarsi.
Ma contrariamente ai primi indizi, gli occhi diventano immediatamente sfuggenti. E capisco che l'unica a sentirsi in soggezione sono io ora.

Sorride e le labbra si allargano in un sorriso pungente.
<<Stai scherzando vero?>> chiede al suo accompagnatore, il quale mi guarda anch'esso alquanto allibito.
<<Due volte nello stesso giorno è troppo persino per un destino sbadato come il mio...>> farfuglia a voce bassa prima di continuare <<e tu pensi mi faccia mettere le mani addosso da questa cosetta magra e deboluccia? Ma poi cosa ne può sapere di pratiche di riabilitazione questa qui, ha la mia età e di certo non una laurea>> afferma facendo chiaramente riferimento a me, senza preoccuparsi di potermi offendere.
<<Beh io, io...>> biascica l'altro. 
<<Oggi sostituisco Tommaso, è stato direttamente Michael a chiedermi il favore, ma a quanto pare voi non ne sapevate nulla>> dico io giungendo facilmente alla banale conclusione.

Entrambi annuiscono e quindi vedo Sebastian invertire velocemente rotta ed allontanarsi da noi.
Malgrado l'umiliazione e anche un pizzico di stizza, è il sollievo che prevale vedendolo allontanarsi.
<<Devi scusarlo ma a volte è intrattabile>> tenta di giustificarsi il ragazzo sulla trentina al massimo; ha gli occhi leggermente sporgenti di un marrone chiaro, ma la forma allungata ne rendono parecchio piacevole la vista, i capelli sono dello stesso colore castano di quelli di Sebastian, ma lisci, diversamente dai leggermente mossi del mio amico. Le labbra ben delineate e la mascella delicatamente squadrata mi ricordano qualcuno. È davvero un uomo di bell'aspetto con la sua bocca larga dalle labbra ben stese in un sorriso di circostanza, un sorriso che nuovamente mi porta alla mente un altro ragazzo, dai denti bianchi e il sorriso tagliente.
E così decido su due piedi che questi due sono parenti, d'altronde i lineamenti non mentono.

<<Sì lo so, mi è parso di capirlo già da tempo>> asserisco io, stupendolo.
E il bel giovane spalanca gli occhi felicemente sorpreso. <<Dunque vi conoscete di già? L'hai aiutato in passato in piscina? Io sono Natan, lo zio di Sebastian>>.
Mi sorride ancora, sperando di accaparrarsi abbastanza simpatia da compensare pure l'antipatia del nipote.
<<In realtà siamo compagni di scuola>> sottolineo la parola compagni lasciando intendere alle menti più acute un chiaro limite nel rapporto.
<<Io sono Grace, molto piacere>> allungo la mano che immediatamente viene accolta. <<E tranquillo, Natan, non ti sentire assolutamente in dovere. Se Sebastian non se la sente lo capisco>>.
<<Assolutamente no, queste sedute di fisioterapia gli fanno bene e nonostante lui si opponga ostinatamente, per sabotarle, le deve fare. Ora vado a parlargli, vedrai cambierà pensiero in men che non si dica. Se non ti dispiace aspettarci qui... arriveremo al più presto te lo prometto>> mi avvisa prima di allontanarsi in una contenuta corsetta.
Io faccio di sì un paio di volte con la testa, consapevole che non mi vedrà mai.

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