capitolo 16
"non lo so" risponde fermo, Tamayo lo prende per il colletto, obbligandolo ad inginocchiarsi, "bene, cominciamo da lui" lo trascina verso Rio, "bene, adesso guarda negli occhi questo ragazzo, quanti anni hai?" Lui esita, per poi rispondere, "23" soffia, "bene, questi sono gli anni che vivrai in libertà, perché ti sbatteremo in galera, GUARDALO NEGLI OCCHI E DIGLIELO, DIGLI CHE GLI HAI ROVINATO LA VITA!" Urla Tamayo.
il Professore tace, lui lo trascina davanti a Stoccolma, "DI A QUESTA DONNA CHE NON RIVEDRÀ PIÙ SUO FIGLIO!" Tace nuovamente, passa a Denver, "ah Denver, DIGLI CHE HA PERSO SUA MOGLIE E SUO FIGLIO, GUARDALO!" altro silenzio, si ferma a Lisbona, "LA AMAVI DAVVERO? DILLE CHE NON VEDRÀ PIÙ LA LUCE DEL SOLE, DILLO!" lo sbatte per terra, lo ammanettano, e lo mettono accanto a Lisbona, in ginocchio, esattamente come noi.
L'unico rumore che si sente è quello dei passi ti Tamayo, si inginocchia e avvicina il suo viso al mio, "allora bellezza, hai visto che bel teatrino? Siete come marionette, e io posso muovere i vostri fili a mio piacimento" gli sputo in faccia, "non i miei" sibilo minacciosa, lui si pulisce il viso schifato, vedo il Professore farmi cenno di smetterla di provocarlo, ma io non mollo, quindi ignoro il suo sguardo severo e scoppio a ridere, "è patetico colonnello" lo sfotto, lui mi guarda infuriato e io gli faccio l'occhiolino.
Quando Atene sputò nell'occhio di Tamayo, voleva dimostrare che la sua scintilla, non si era spenta, era diventata una fiamma che bruciava dentro di lei più che mai, voleva dimostrare che lei non si sarebbe mai inginocchia davanti al potere, perché loro erano, e sarebbero sempre stati, la resistenza.
"Tu vuoi proprio morire eh?" Roteo gli occhi, "suvvia colonnello, questo non era un tentativo di suicidio, era un segno di ribellione, cazzo devo sempre spiegarle tutto? Che idiota" sento caricare il fucile puntato alla mia nuca, ma io non ho paura, "mi spari pure Colonnello, però si immagini, che delusione sarà per sua moglie, sapere che ha giustiziato una donna disarmata e ammanettata, solo perché gli ha sputato in faccia la verità, nel vero senso della parola". è paonazzo dalla rabbia, sembra che stia per scoppiare.
Alla fine ordina di abbassare l'arma che ho puntata contro, "dov'è l'oro?" Sbuffo, "non lo sa il Professore, e dovrei saperlo io? Ma che cosa si è fumato oggi colonnello?" Quando mi rimetto a ridere, lui mi tira uno schiaffo, "sbaglio o le donne non dovrebbero essere toccate neanche con un fiore? Lei non ha proprio rispetto" gli rido nuovamente in faccia, "non mi farà stare zitta, si rassegni, se vuole darmi tacere, dovrà uccidermi".
Atene non aveva paura mentre guardava Tamayo con una determinazione mai vista.
Era tranquilla, a suo agio in una situazione estrema, lei era serena, e Tamayo non sapeva tenerle testa.
"Allora, ha deciso o no?".
Silenzio.
"Vabbè, nell'attesa vorrei un caffè, ha cazzo, non posso berlo!" Tutti mi guardano con un misto fra ammirazione e terrore.
Atene sapeva utilizzare l'astuzia in un modo quasi disumano, una sua sola frase era capace di ribaltare le carte in tavola, ma cosa ancora più incredibile, lo faceva con disinvoltura, con una naturalezza quasi terrificante, con quel bel viso delicato, con quelle labbra sempre dipinte di un rosso fuoco, con quegli occhi scuri, quasi ipnotici, sembrava un angelo, ma quando il suo dolce sorriso si trasformava in un ghigno tagliente, diventava un diavolo, la sua voce era fredda e profonda.
Lei aveva la testa calda, e il cuore di ghiaccio.
Tamayo è furioso, è chiaro.
"Che ha fatto alla faccia colonnello?" Lo sfotto indicando la ferita sull'occhio, "fatti i cazzi tuoi!" Sbotta, "sa, mi fa pena colonnello, scommetto che non sapeva come cazzo fare a batterci, chissà cosa avrà dovuto inventarsi per infangare la nostra immagine, quante notti insonni, magari la abbiamo anche fatta bestemmiare, ho ragione Colonnello?" Sta in silenzio.
Si rivolge di nuovo a tutti noi, "adesso facciamo una bella cosa" inizia, "ora interrogherò ognuno di voi, uno per uno, e il fortunato che mi dirà dov'è l'oro, avrà una nuova vita", "stronzate" esclamo, "STA ZITTA!" urla Suares, faccio il finto broncio, "che paura" cantileno sarcastica, mi punta una pistola, "lei non sparerà" mi fissa, "non lo farà" ripeto decisa, lui abbassa l'arma, per poi spararmi alla caviglia, trattengo un urlo di dolore, "come la mettiamo?" Lo guardo un attimo, e scoppio ancora a ridere, "l'ho già detto, non mi metterete mai paura!" Urlo, "basta Atene" interviene il Professore, mi zittisco.
"Avete perso!" Strilla Tamayo, "Tamayo, non lo avete ancora capito? Questa non è la fine della guerra, è solo l'inizio".
Il Professore aveva iniziato una partita a poker con il colonnello, il problema è che non aveva le carte, e non sapeva neanche dove trovare il mazzo.
"Dunque, iniziamo da..." Sposto la sguardo su ognuno di noi, "Denver" sentenzia.
Bastardo, sa che è quello con la testa più calda.
Gli si avvicina, "allora Denver, dov'è l'oro?" Lui esita, "no Denver, non dirlo!" Sussurro, "Denver ricorda quello che ti ho detto!" Esclama Lisbona al suo fianco.
Pausa.
"No Denver!" Ripete, "Denver ragiona" sussurra il Professore, "separate questi 3 dagli altri" indica me il Professore e Lisbona, ci prendono con la forza, e mentre ci allontaniamo dal gruppo, Lisbona continua ad urlare, "ricorda quello che tu ho detto!".
Flashback, qualche ora prima, Banca di Spagna
La voce di Lisbona ci risuona nell'auricolare, corruccio la fronte confusa, "che succede?" "Ci hanno rubato l'oro" spalanco gli occhi, "COSA?" Urlo, "non dovete dirlo per nessun motivo alla polizia, la polizia non deve avere questa informazione, perché se lo scopre, siamo fottuti" "cazzo!" Sbotto, "avete capito?" Gli unici che non rispondono sono Stoccolma e Denver, questo si che è un problema, e anche bello grosso.
Adesso.
Ecco a cosa si riferiva Lisbona, in questo momento è fondamentale tenere la bocca chiusa, e conoscendolo, non sarà facile per Denver.
Ma se parla, siamo fottuti.
Mi legano ad una sedia, mentre il Professore e Lisbona vengono letteralmente appesi al soffitto per le mani.
"Qualcuno mi dice perché siamo qui?" Sbuffo, "sei stata coraggiosa prima con Tamayo" sorrido, "graz-" "ma anche molto stupida" il mio sorriso soddisfatto si spegne, "che palle Professore!" "Atene questo non è uno scherzo!" Sbotta, non so cosa rispondere, "è una partita a scacchi, e per vincere bisogna usare l'intelligenza, non puoi fare questi numeri capisci?" Annuisco, "comunque, apprezzo il gesto, hai dimostrato coraggio e determinazione" mi sorride sghembo, "grazie" sussurro, mi fa un cenno del capo.
Quello che Atene di chiedeva, era quale dei due aggettivi prevaleva, il coraggio o la stupidità?
Ma pensò che in fondo, non lo avrebbe mai saputo.
Cosa avresti fatto tu?
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