capitolo 12

Quando Atene accettò quell'accordo mortale, era per puro orgoglio, non poteva e non voleva sopportare di essere sottomessa alle volontà altrui, ma quello che forse non aveva capito, era che aveva appena attraversato la linea rossa, quella che la separava da morte certa, e in quell'istante, l'eroina con l'arco e le frecce si rese conto di cosa c'era in ballo, e capì anche, che quello sarebbe stato l'ultimo raund della partita fatale che giocava con Gandia, e che la sua vita, dipendeva solo da lei.

Atene

"Atene ma che stai facendo?" Mi sussurra Denver, lo fermo con un gesto della mano, "non lo vedi? Sto giocando" "mi stai prendendo per il culo?" "Affatto, e ora, se non ti dispiace, vorrei vincere, adesso sta giù" gli sibilo, "perché?" "Perché la partita sta iniziando" un'esplosione.

"CHE SUCCEDE?!" urla Palermo, mi rimetto in piedi, "questa si chiama apertura Palermo" non lo sento ma credo che stia imprecando contro di me, Gandia e i suoi compagni tossiscono rumorosamente, due sono morti.
"Allora Gandia, direi che la partita è iniziata" urlo, lui prende il fucile, e mentre un militare accorre ad aiutarne un'altro, schivo il colpo di Gandia e li uccido, "2 a zero, mi rendi le cose troppi facili" lo sfotto, "stai giocando con il fuoco" roteo gli occhi ed evito un'altro colpo"questa battuta è vecchia Gandia, trova qualcosa di più, moderno ecco" la banda segue il nostro scontro voltando la testa da una parte all'altra, come in una partita di tennis.

Gandia è sfinito, "Soldato, ma che fai? Quella lì è una donna con dei tacchi 12, sparale e basta" un'altro militare gli parla, si alza a fatica, è sudato ed ha il respiro affannoso, mentre io mi studio le unghie con nonchalasche, "ha ragione!" Esclamo, mi guarda con gli occhi in fiamme, "allora proverò un'altra tattica" alzo un sopracciglio, si dirige verso di noi, o meglio, verso gli altri membri del mio gruppo, "ah cazzo, che strategia di merda Gandia!, Ragazzi, mira a voi" urlo, indietreggiamo sempre di più, "la cucina!" Entriamo velocemente, "ci vuole qualcosa per coprire la porta!" Annuncia Tokyo, "il piano cattura!" Esclama Manila, fanno come detto, abbiamo una buona linea di tiro.
Silenzio.

"Ci hai fottuti Atene!" "Come usciamo da qui?" Chiede Manila spaventata, "se gli altri non sono venuti a cercarci, vuol dire che sono intrappolati in una stanza, oppure...beh avete capito, quindi, dobbiamo contare solo su di noi" rifletto, "Atene, hai un piano vero?" Mi volto verso Tokyo, "fammi pensare" mi metto le mani alle tempie, "Sbrigati! Qui continuano a sparare!" Urla Denver, tutto è ovattato.

"ATENE!" sussulto, "NON LO SO OK? NON LO SO!" sbotto, "Tokyo, smettila di provocare Gandia" lei mi fulmina con lo sguardo, mi mordo il labbro e mi guardo intorno, come a cercare qualcosa che potesse aiutarmi.
"Bene, mentre penso a come uscire di qui, mettiamoci sulla difensiva, io non posso fare nulla, non vedo bene e potrei sbagliare la mira".

"Ora chi è che sta vincendo Meticcia junior?" Stringo i pugni, non rispondo.
"Non rispondi?".

E per la seconda volta in meno di un'ora, Atene capì di aver sbagliato, e che non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo.
Il senso di colpa la stava divorando, mentre pensava di aver consegnato i suoi compagni ai militari su un piatto d'argento.
In quell'istante, non si preoccupó neanche per se stessa, continuava a ripetersi quanto fosse stupida, e quanto avrebbe voluto tornare in dietro nel tempo per sistemare le cose, ma non poteva, e questo pensiero non smetteva di tormentarla.

"Si Gandia, ma finché uno dei due non muore, la partita non è finita" lo sfido, "basta con i giochetti ragazzina" il suo tono è più serio, "Tokyo, lancia una granata" le sussurro, ne facciamo fuori un'altro.

"Ragazzi, lì c'è uno dei condotti d'aria che vi dicevo, è molto alto ma possiamo farcela, fra poco entreranno e noi possiamo uscire da lì, Denver, apri" obbedisce, "sono almeno 6 piani ma, possiamo farcela" chiudo gli occhi e sospiro, "bene, Denver, Manila andate, io e Atene vi copriamo" dopo un attimo di esitazione, obbediscono.

"Tokyo" la guardo negli occhi, "salta, ho un piano" scuote la testa, "Tokyo devi saltare, vai!" "Non ti lascio qui da sola" sospiro, "ti prometto che non mi succederà nulla, vai adesso!" "Atene..." "O vai da sola o ti spingo io, cosa scegli?" Mi abbraccia, "ti prego non fare cazzate" le sorrido malinconica, "ti voglio bene" sussurro, "adesso vai, ci vediamo dopo" le faccio l'occhiolino, si volta un'ultima volta prima di scomparire attraverso il condotto d'aria.

Sospiro e prendo l'arco, "bene, questo è per te Andrés".

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