Capitolo 6
Le tenebre non l'avrebbero scalfita. Frida era virtuosa di potere e guidata dalla forza.
Aggrappatasi con decisione alla calda catena d'oro iniziò il suo viaggio, dapprima una discesa, verso le profondità gelide dell'oceano. I pesanti anelli d'oro della catane erano il suo faro, l'unica guida e direzione da prendere. Ormai non poteva più tornare indietro, l'aria che teneva ben stretta nei polmoni le era quasi terminata, insufficiente per poter anche risalire a galla. Aveva battuto i piedi così velocemente da raggiungere una tale distanza che neanche la fioca luce della mattina in cielo le era visibile.
Frida sapeva bene che, però, quell'improvvisa oscurità era opera del passaggio magico descrittole da Loki. Era stato così anche la prima volta quando, dal boschetto della sua cittadina, era giunta nella stanza privata di Thor, ad Asgard. Il tempo era illogico, relativo. Migliaia di anni luce irraggiungibili erano percorribili in un batter d'occhio grazie ai varchi speciali e nascosti.
Frida si sentì stremata, con coraggio ammise che presto sarebbe annegata. Era intrappolata nel nulla assoluto, fluttuante nell'acqua calma e rumorosa. Strinse ancor più forte la catena brillante tra le mani ricoperte di anelli e continuò il suo cieco percorso. Sapeva che Loki non l'avrebbe fatta morire in quella maniera, anche se non si fidava più di lui, era certa che non avrebbe mai tentato di ucciderla. Era tornato in vita per lei, aveva sacrificato persino Thurisaz stessa, il suo amore di fuoco, Loki non avrebbe mai fatto del male alla sua Frida.
E lei non si accorse nemmeno che Atali non l'aveva seguita; la vista di Frida era offuscata, sia per la sua abituale miopia che per l'acqua salata a bruciarle gli occhi. L'unica cosa che il suo corpo e la sua mente cercavano era la fine di quella magica catena dorata. Come un'ossessione, un'isteria grave.
Frida, ormai senza respiro, chiuse gli occhi stanchi e si trascinò di peso lungo la catena.
Tutto -il nulla- attorno a lei roteò, come se il mondo assieme al suo peso si fossero capovolti di scatto. Si sentì sfiorare dai lunghissimi capelli mori, prova che quella capriola vertiginosa era stata reale. Frida spalancò gli occhi per la paura, frenetica e pronta a nuotare faticosamente per riemergere. Ebbe il voltastomaco per la forza della centrifuga, che la spaesò tremendamente.
Sollevò il capo, aggrappatasi fortissimo alla catena fredda, e vedendo con estrema sorpresa il velo calmo della superfice.
Il mare era diventato drasticamente gelido, una temperatura probabilmente sotto lo zero. La sensazione sulla pelle era quella di migliaia di aghi conficcati nei muscoli. Oramai non aveva più fiato.
Nuotò velocissima abbandonando l'appiglio della catena, e mano a mano che la luce si faceva più vicina Frida poté notare che sul velo dell'acqua galleggiavano spesse lastre di ghiaccio. Proprio sopra di lei c'era un varco, una crepa che era stata sfruttata per eliminare il ghiaccio da quel tappeto lievemente innevato. Frida allungò le braccia disperatamente, con l'acqua a raschiarle l'interno della gola, inalata dal naso.
Emerse, finalmente, boccheggiando forte. Tossì con pesantezza, sputando acqua e saliva densa che le filò dal mento in modo sottile. Frida faticò a riaprire gli occhi, le ciglia scure le si erano già gelate. Non stava nevicando, ma la temperatura era talmente bassa che l'impatto tra la l'aria fredda ed il suo corpo fradicio rischiarono di ibernarla.
Con la sola forza delle braccia si tirò fuori dall'acqua, trascinandosi a fatica sulla lastra di ghiaccio, spaventata di poterla rompere con il solo peso del proprio corpo. I suoi respiri veloci continuarono a destabilizzare la lucidità di Frida. Stava letteralmente morendo di ipotermia. Le labbra le erano già diventate viola, ferma a pancia in giù con le punte dei piedi ancora immerse nell'acqua, Frida era rimasta paralizzata a tremare, rigida, con gli abiti bagnati incollati alla pelle. Fissò dritto davanti a se non potendo credere di riuscire a sentire un simile freddo su tutto il corpo. Le unghia erano tinte dallo smalto, altrimenti anche loro avrebbero testimoniato quel freddo mortale, colorandosi di nero.
L'unica forza che rimise Frida in piedi dopo qualche minuto fu quella di pensare, finalmente, ad Atali. Non aveva badato assolutamente a lei, troppo piena di se e concentrata a mantenere il respiro sott'acqua. Frida si sorresse sulle gambe piegate e irrigidite, a stento riuscì a barcollare di qualche passo, stringendo i pugni tra i seni nel tentativo di riscaldarsi.
I lunghissimi capelli congelati la infastidirono terribilmente, quasi una tortura sulla schiena e nel viso. Frida si pulì gli occhi pesanti con le dita e si voltò nella voragine nel ghiaccio da cui era emersa. Disperata tentò di recuperare un filo di voce per parlare. Emise un verso stridulo prima di articolare qualche parola sconnessa, tremante sia per il freddo che per l'angoscia.
«Atali!» strillò ancora, convinta che Atali fosse rimasta indietro rispetto a lei. Frida non sapeva come agire, se gettarsi nuovamente nell'acqua artica alla ricerca di sua figlia o urlare e chiedere aiuto in quella landa desolata.
Il suo istinto prese il sopravvento, e seppure traumatizzata dal freddo avvertito poco prima in quelle acque si preparò a tuffarsi un'altra volta.
Non si scorgeva il sole nel cielo blu, e nemmeno una luna. Era vuoto e scuro, sfumato da qualche nuvola bianca allungata dal vento. Una fioca luce illuminava il paesaggio, come se ci fosse il crepuscolo all'orizzonte. Non stava nevicando, ma tutto attorno a lei era ricoperto da un consistente strato di neve bianca e fresca. Non c'erano alberi né segni di un passaggio umano. Era un deserto di eterno inverno.
Pentita di ciò che aveva fatto, terrorizzata di aver messo a repentaglio la vita di Atali, e disperata per il senso di smarrimento attorno a se, Frida fece un debole passo in avanti e chiuse gli occhi, pronta a lasciarsi andare negli abissi bui di quel luogo sconosciuto.
Poi sentì il profumo di un'anima infuocata. Quella capacità, dell'olfatto magico, non l'aveva ancora sviluppata, ma la presenza fu talmente tanto potente da farla voltare un istante prima del suo gesto estremo.
Frida spalancò gli occhi celesti emettendo un gemito di sgomento. Quell'amore doloroso, martire, che mai s'era interrotto, si trovava proprio davanti alla sua vista ultraterrena.
Ogni controllo del suo organismo mancò di comando. Sentì la vescica svuotarsi, e gli occhi piangere. La gola deglutire un amaro rigurgito trattenuto, e le ginocchia mancare.
Loki era cambiato, ed era stato da stupidi pensare che non sarebbe stato diverso da come lo ricordava lei.
Innanzitutto pareva molto più alto e grosso. Aveva le sembianze di un vero e proprio gigante, con il petto largo nudo e liscio, di un colore azzurro chiaro mescolato al pallore familiare del suo incarnato. La pelle perfetta, immune al passare del tempo, aveva dei leggeri rilievi lunghi, di una tonalità di blu più scuro. All'altezza dalla V dell'inguine scolpito e sulle spalle muscolose, somigliavano a cicatrici spesse che seguivano le forme del corpo di Loki come tatuaggi tribali. Frida non lo aveva mai visto nella sua forma primordiale, quella ereditata dal regno di suo padre, il gigante re di Jǫtunheimr. Inconfondibile era però il marchio della runa sul cuore dedicata alla sua Frida. Teiwaz, la runa del più coraggioso degli dèi, incisa nella carne aveva mantenuto la sua colorazione nera, e soprattutto il suo potere mistico. Sottile e precisa batteva all'unisono vicinissima al cuore gelido di Loki.
Di diverso, poi, il principe Laufeyson aveva anche i capelli; una lunghissima chioma gonfia e ondulata, decorata da anelli d'oro tra due trecce ai lati della testa. La lunghezza che gli arrivava fino ai pettorali era del suo naturale colore nero, opaco come il carbone. La ricrescita era tornata ad essere opera della sua genetica, ma la parte finale di quei bellissimi capelli aveva mantenuto il rosso acceso donatogli da Thurisaz, che probabilmente Loki non aveva avuto il coraggio di tagliare. Era tutto ciò rimastogli della sua amata donata in sacrificio per riportarlo alla vita. Thurisaz si era estinta, ma la sfumatura di quei colori così diversi aveva aggiunto un tipo di bellezza unica nella trasformazione di Loki. I capelli, dunque, erano della stessa lunghezza di quelli della non più giovane Frida. Toccavano il fondoschiena del dio, sfiorandogli la parte scoperta dell'inizio del coccige.
Il viso sempre pulito e sbarbato, l'opposto di quello di Axel, Frida lo esaminò attentamente per assicurarsi di ricordalo ancora a memoria. Era tinto di blu anche nei lineamenti, e gli stessi segni dritti ed in rilievo scendevano dagli occhi fino al mento. La colorazione delle sue iridi era di un rosso brillante e acceso, impressionante a dire la verità.
Gli occhi iniettati di sangue non furono l'unico dettaglio che suscitò sconcerto in Frida. A sollevare le sue più intime debolezze e a riportale alla mente ricordi traumatici e dolorosi furono i segni violacei attorno al collo attraente di Loki.
Era tornato in vita ma sul corpo recuperato erano rimasti i segni della causa della sua morte. Le dita di Thanos lo avrebbero agguantato per il resto della sua seconda esistenza.
La prospettiva attraverso gli occhi di Loki fu ugualmente insostenibile. Aveva portato Frida allo sfinimento psicologico tanto da farla giungere dritta tra le sue braccia, ma vederla dopo diciannove anni gli procurò un'emozione persino più forte della sua cattiveria stessa.
Avrebbe voluto dirle «Mia dolce ninfa stai tremando, vieni tra le mie braccia, proverò a scaldarti.» ma da troppi anni ormai non era più padrone della sua volontà. Quindi rimase in silenzio, facendo passare quel mutismo malevolo come immensa sorpresa. D'altronde Frida era impietrita per quel motivo.
Si rovesciarono contro urla e lacrime invisibili mai espresse per anni. Attraverso gli occhi voraci si toccarono con i rimpianti e le mancanze, i desideri e le colpe, che avrebbero potuto trasformarsi in baci se solo i due amanti non si fossero controllati.
Il silenzio del vento lontano commentò il loro ultimo respiro vuoto. Loki camminò verso Frida e lei strisciò i piedi sul ghiaccio scivoloso con fatica sconsiderata.
Loki aprì le braccia e la strinse, diversamente da come Frida lo ricordava. Era freddo e imponente, una personalità mutata completamente.
Frida non ricambiò l'abbraccio, per mille motivi discordanti tra loro, ma chiuse gli occhi e pianse con una guancia poggiata sullo sterno di Loki. Persino i suoi battiti erano cambiati, nelle sue mani non regnava più il carisma e l'astuzia.
L'anima di Loki le riferì che qualcosa non andava, soprattutto dal colore profondamente nero.
Frida non riuscì a concentrarsi su tutte quelle informazioni, avrebbe provato a comporre i tasselli di quel mosaico poco a poco più avanti. Per qualche istante si concesse all'abbraccio desideroso di Loki, nonostante tutto il male che le aveva fatto. Sapeva che mostrarsi tanto vulnerabile a lui non l'avrebbe che resa ancor di più oggetto delle manipolazioni di Loki, ma anche se Frida avesse ammesso che, a quel punto, il suo sentimento per Laufeyson era tossico non poteva fare a meno di opporsi.
Il loro amare viveva di ricordi e di memorie pure. Esse erano abbastanza forti da permettere quell'abbraccio straziante speziato di sincera tenerezza.
Loki prese le spalle di Frida e la allontanò dalla propria pelle. Era ritornata rosea quando lei lo aveva toccato. Frida sollevò lo sguardo provato, stringendosi le spalle con le mani per colpa del freddo.
La donna non poté fare a meno di sorridere, anche se lievemente; il rosso degli occhi di Loki era scomparso, in maniera veloce ma graduale. Il verde pastello della sclera le ricordò Atali. Loki le aveva donato anche quella sua parte di identità.
Aveva vissuto da sempre nei tratti di Atali, tanto che nei primi anni di crescita della bambina Frida aveva fatto fatica a guardarla senza provare repulsione e amarezza.
Loki ricambiò a fatica la stessa espressione serena. Dentro di se due entità stavano lottando per aggiudicarsi il comando delle sue reazioni. In quel frangente, tanta fu la gioia di ammirare la bellezza pallida di Frida, che la sua anima si colorò di azzurro. Fu un frangente, un dettaglio che Frida nemmeno notò.
Le grandi mani fredde del dio della discordia le avvolsero le guance lisce. Frida socchiuse gli occhi e arrancò un sospiro. Loki le faceva sempre lo stesso effetto.
Loki si chinò in avanti, tirando delicatamente a se il volto di Frida. Si dovette abbassare di molto perché Frida era rimasta minuta e lui divenuto più possente. Parevano una colomba ed una tigre, la preda tra gli artigli del predatore, inconsapevole del suo destino.
Frida abbandonò le braccia lungo i fianchi e si alzò sulle punte per assecondare la muta preghiera di gesti di Loki.
Tra quelle dita Frida divenne sorda e cieca. Si rasserenò come sotto l'effetto di un narcotico. Solamente il pungente freddo umido sui suoi vestiti sottili la teneva ben salda alla realtà.
Era una visione, una realtà ultraterrena da cui non avrebbe mai voluto andarsene. Con la fronte di Loki poggiata contro la sua ed il respiro fresco del gigante assaporato sulle labbra. Le loro non si toccarono. Restò un bacio immaginario sospeso nell'atmosfera.
Quell'incontro era ciò che di più le serviva per sbarazzarsi dell'insormontabile macigno di delusioni e silenzi accumulati per anni. Non doveva dimenticare Loki in silenzio, non le serviva a nulla urlargli contro e colpirlo.
Le bastava solo quel contatto, come in un sogno.
Frida era guarita.
Sorrise con gioia incontenibile questa volta, riuscendo di nuovo a deglutire e a stare ben dritta in piedi. Loki infranse quell'espressione libera, distaccandosi da lei.
Lui corrugò le sopracciglia con veemenza, provando a stringere le mani di Frida nelle sue. Lei era naufraga di un oblio, ma non ebbe la forza di concedersi ai suoi gesti d'affetto così velocemente.
«C'è una cosa che devi sapere.» le disse Loki con voce seria.
Frida chinò il capo, confusa e preoccupata. Sentì l'acqua muoversi alle sue spalle e voltò di scatto il collo per controllare se si trattasse di Atali.
«Frida.» Loki la richiamò. A lei girò la testa.
In ritardo Frida si voltò ancora difronte a Loki, notando che lui si era spostato al suo fianco. Il suo sguardo si fece sottile in maniera tale da poter mettere a fuoco quel candore pallido.
Una ragazza giovane, alta quanto lei, la fissava come un fantasma persecutore. Era di una bellezza incalcolabile, bianca come Loki e perfetta in corpo come lei. Le mani e le labbra parevano estremamente simili a quelle di Frida, così come il naso, un misto tra quello di Frida e Loki.
La particolarità incantevole di quella giovane e timida adolescente stava nella sua lunga e ordinata chioma ondulata: era albina, bianca come lo neve attorno a loro.
Frida fece qualche passo in avanti per raggiungerla, la piccola sollevò il mento e provò a non mostrare troppo le sue emozioni.
Loki l'aveva preparata a quel momento da quando era venuta al mondo, ma incontrare finalmente Frida la rese vulnerabile come la bambina a cui era da sempre mancata la madre.
Il volto di Frida si inorridì di amore distruttivo e commozione. Toccò con sicurezza il viso giovane di Ardesia come se volesse divorarlo.
Ardesia rimase paralizzata sul posto, stringendo i pugni e respirando dalle labbra rosa appena aperte. Entrambe stavano tremando.
Frida la guardò per un'ultima volta prima di perdere la vista, nello stesso modo in cui le era capitato diciassette anni prima.
I suoi occhi persero la magia, ritornarono bruni come li aveva avuti alla nascita, e persero la capacità di vedere. Frida non ebbe paura. Quando tutto divenne nero annaspò tra l'oscurità e strinse forte al suo corpo Ardesia. Le sue braccia magre erano una morsa indistruttibile avvolta al collo della principessa di ghiaccio.
Ardesia posò il viso tra il collo e la spalla di Frida inalandone l'odore acre dell'acqua salata ancora nei capelli.
Condivisero le lacrime, silenziando i singhiozzi.
Nessuna delle due si accorse che dall'acqua emersero, sconvolti, Axel, Atali e Amaltea.
Niente al mondo per Frida era più importante di Ardesia in quel momento. Azzerò tutto, la sua vita fino a quell'ultimo respiro prima di abbracciare la sua bambina.
Frida non conosceva quella figlia, ma sapeva che era sostanza del suo sangue. Nata dalla magia dei sogni le aveva rubato per la seconda volta gli occhi.
Ardesia era la sua magia più forte.
E persino l'incattivito Loki si sentì dilaniato da quella scena.
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