Capitolo 11
L'architettura dell'enorme sala per i ricevimenti ricordava a Frida quello stesso luogo ad Asgard in cui era stata invitata a banchettare e danzare da giovane. Se era stato Loki a costruire ogni particolare di quel palazzo di certo si era ispirato allo stile della sua vecchia casa natia.
Una lunga tavolata di legno scuro occupava il centro della grande stanza rettangolare. Il soffitto era moto alto e le mura di marmo chiaro con venature nere. La cera bianca delle candele sporcava qualche candelabro situato al centro del tavolo; ad illuminare in maniera suggestiva e misteriosa quel caloroso luogo di ritrovo erano i piccoli fuochi danzanti su tutte quelle candele poggiate anche negli enormi lampadari, appesi sopra teste di tutti.
La tavola era già apparecchiata, come se Loki l'avesse tenuta pronta da tempo per quell'imbarazzante cena.
Frida diede un'ultima occhiata intorno a se, tenendo le mani e i polsi delle due figlie terrestri così da averle sotto la propria supervisione. Tutto quello spazio era sprecato, pensò contrariata la donna: Loki era solo e freddo, diverso.
Lei sapeva che in tempi antecedenti quella sala sarebbe stata ritrovo per animate feste caotiche e serate private. Le cose però erano cambiate, le catastrofi nei loro rispettivi mondi avevano appassito sia Frida che Loki.
Ykaar si comportò come uno sguattero. Frida gli si avvicinò porgendosi a lui per aiutarlo a distribuire i calici a tutti i presenti, ma fu lo stesso ragazzo a chiederle perfavore di accomodarsi al suo posto. Frida distolse lo sguardo e si girò lentamnete verso Loki. La sua anima era tutta nera e viscida, somigliava al petrolio. Capì che la cattiveria in lui aveva ormai preso piede ma non riusciva davvero a capacitarsi di come potesse trattare in quel modo proprio Ykaar. Nemmeno lo sguardo minaccioso di Laufeyson e i richiami di Axel poterono fermare Frida. Apparecchiò la tavola servendo a tutti i piatti pieni di cibo ancora fumante aiutando Ykaar, stanco e nervoso.
Loki e Ardesia iniziarono a mangiare aprendo il banchetto, così come i due fratelli Laufeyson e Niven. Frida e la sua famiglia invece attesero che Ykaar si sedesse assieme a loro.
Notando che il ragazzo era rimasto in piedi con le spalle allo stipite dell'arcata d'ingresso Frida si arrabbiò.
«Come mai Ykaar non si unisce a noi?» domandò con tono polemico guardando Loki. Lui si pulì il labbro con calma e bevve un sorso di idromele prima di degnare Frida della sua risposta.
Deglutì e disse: «La cena è riservata a noi.»
Frida trasalì con espressione incredula; «Anche lui è con noi, cosa vuoi dire?»
«Che io sono il re.»
«Va a farti fottere.» Frida si mise in piedi facendo strisciare rumorosamente i piedi della sedia contro il pavimento. Divise metà della sua porzione di cibo in un piatto vuoto e lo poggiò accanto a se, facendo spazio tra lei e Amaltea. Così facendo camminò vero Ykaar prendendolo a braccetto e accompagnandolo a sedere sulla sedia vuota ora rimasta in quel posto.
Lui, incerto e timoroso, esitò diverse volte prima di sedersi per volotnà della forza di Frida.
«Ykaar mangia con noi e se la cosa ti infastidisce vorrà dire che nessun altro cenerà.» ammonì la terrestre fissando Loki.
Lui, seccatamente ma con un sorriso malizioso in viso, mosse la mano in un gesto femmineo lasciando intendere che per stavolta poteva andare bene. Ardesia invece era avvampata di collera e odio. Se suo padre le avesse dato modo di parlare avrebbe fatto intenrare Ykaar e punire sua madre.
Dal canto suo il povero Ykaar, estremamente vulnerabile e intimorito, rivolse freneticamente lo sguardo sottomesso a Loki suo padrone, per sentirsi dire proprio da lui che poteva davvero mangiare quello che Frida gli aveva offerto. La mano morbida della donna gli accarezzò la schiena e, rivolgendosi a lui con la stessa dolcezza riservata alle sue figlie, rassicurò amorevolemente Ykaar.
La tensione iniziale parve durare secoli rendendo ancora più difficile finire la cena nonostante il grande appetito degli ospiti. La famiglia di Frida non credeva di avere tutta quella fame dopo il gelido viaggio nell'oceano per arrivare in quel regno.
Ai lati del re e della principessa erano seduti i fratelli maggiori di Laufeyson e Niven. Per Frida fu un altro tuffo al cuore rivedere quest'ultimo, dato che ormai era scomparso dalla faccia della terra da anni. Niven come altri pochi asgariani era stato tratto in salvo dopo l'esplosione della navicella causata da Thanos. Come raccontatole da Màirìn Niven aveva trascorso i tre anni successivi al blip nella nuova asgard fondata sulla terra, tentatnto in ogni modo di trovare un portale magico per raggiungere Byleist a Jhotunaim. Ostinato a tornare dal suo amato Niven era riuscito a scovare uno di quei passaggi conosicti solamente dal fabbro di menzogne.
Fu grazie alla lontana confidenza complice di Byleist e Frida che si riuscì ad ascoltare qualche piacevole parola in quella stanza enorme ma opprimente.
«Sono felice di vederti Niven.» disse Frida educatamente. Le piume leggere sulle sue spalle svolazzarono vicino al piatto e gli occhi di cobalto riconobbero l'anima di Niven.
«Anche per me è una gioia rincontrarti, credevo che non ci sarebbero state più occasioni.» rispose lui sorridendo in un modo che Frida non aveva mai visto. Aveva un aspetto molto più adulto e mascolino ma il rossore delicato sulle sue guance era rimasto invariato, così come la marcata femminilità nei suoi sguardi e nelle mani.
«Non avrei mai immaginato di ricevere una tale benedizione» Byleist intervenne con un tono gentile «ero certo di aver perso Niven per sempre quando ho saputo della sorte toccata al popolo asgardiano, eppure eccolo qui, finalmente con me.» la morte poggiò la mano sul quella di Niven e i due non fecero a meno di guardarsi negli occhi complici di quella ostentata felicità. Forse era sollievo più che pace, in quel luogo nessuno pareva davvero felice.
Frida quasi si commosse ricordando la tormentata relazione di quei due amanti divisi continuamente. Provava gioia per loro soprattutto perché erano finalmente riusciti ad avere quello che tra lei e Loki era dolorosamente fallito.
«Meritavate questo, lo avete sempre meritato.» commentò Frida mandando giù a fatica il suo boccone misto ad un nodo di amarezza e contentezza.
«Peccato che non si celebrano nozze alcune in questo posto dimenticato da tutti gli dèi! Sapessi che calvario qui Friduccia, lo sopporto da secoli!» lamentò Helblindi a voce alta e svogliata. Lo sguardo pesante di Loki sul suo tono troppo sciolto fece sussultare immediatamente il fratello dai capelli bianchi. Helblindi si ricompose, tentando di trattenere la sua follia sguinzaglata da quel caloroso discorso, e per la volontà muta e tagliente di Loki Laufeyson tacque e abbassò gli occhi.
«Oh, siete i soli a vivere su questo pianeta?» chiese Frida non capendo. Il pensiero che quella landa di gelo fosse priva di altre forme di vita le dava un profondo senso di angoscia.
«Helblindi intendeva dire che qui a palazzo il resto della popolazione di Jötunheimr non è ospite abituale. Dopo quanto accaduto con Thanos lo schiocco di dita ha dimezzato anche qui la popolazione dei giganti di ghiaccio, causando uno scompiglio generale. Carestie, guerre civili e scontri continui hanno fatto si che anche dopo il ritorno degli scomparsi il nostro popolo fosse meno della metà inziale.» spiegò Byleist. «Noi due figli di Laufey siamo sopravvissuti alla grande guerra di Odino e ai secoli di catastrofi grazie al nostro rango nobiliare. Nostro padre si è assicurato che fossimo sempre protetti per portare avanti il nostro nome e, un giorno, vendicarlo.»
«Che scelta sciocca da parte sua scartare il più fragile della cucciolata.» Loki parlò facendo drizzare i peli a tutti. Ykaar smise immediatamente di mangiare non appena sentì il suono della sua voce.
Loki si era trasformato nuovamente nella sua forma da gigante. La pelle blu voleva sembrare come un richiamo animale; stava marcando il territorio tra i fratelli mostrando a tutti la sua stazza imponente. I due non accennarono opposizioni.
«Loki nostro padre è sempre stato spietato ed irragionevole...» gli disse Bylest come a volersi tirare fuori da quella storia.
«Mia affezionatissima, in passato non ti ho mai raccontato di questa parte di storia perché nemmeno io ne ero a conoscenza. Il tempo trascorso nella mia terra natia con i miei fratelli maggiori mi ha insegnato parecchie cose.» quando Loki si rivolse a Frida in quel modo lei poggiò le posate sul piatto e si ingobbì infastidita dalle sue parole, mentre Axel lo sfidò ancora con lo sguardo. Loki rise apertamente fingendo entusiasmo. Spostó una ciocca di capelli nera e rossa dietro all'orecchio e continuò: «Il figlio adottivo di Odino, il bottino di guerra portato a palazzo come tentativo di pace tra i due mondi nemici, me se non si fosse capito, è frutto di un incrocio di razze proprio come i miei fratelli. Sai, come coi cani. Mio padre Laufey desiderava una stirpe pura ed invicibile così rapì e stuprò Eir, una delle valchirie preferita da Odino per la sua abilità nel saper scegliere i migliori guerrieri caduti in battaglia. Era addirittura capace di resuscitare i morti, dote ereditata da Byleist difatti. Una donna di una bellezza mozzafiato; aveva lunghi capelli rossi e occhi celesti come l'acqua cristallina. Io ed i miei fratelli abbiamo ereditato da nostra madre la forma divina ed esteriormente pura, ma non le qualità altrettanto potenti che mio padre desiderava. Se Eir sopravvisse alla nascita dei primi due figli di Laufey non riuscì a sopportare il successivo parto, ossia il mio. Non so cosa avesse in mente mio padre, che genere di mostro volesse creare ma portò alla morte la povera valchiria. Disonorato da quell'ultimo figlio troppo piccolo e fragile decise di abbandonarlo e di accontentarsi dei primi due. Ed ecco che finalmente conosciamo la mia storia.»
Byleist abbassò il capo e lo scosse con disappunto imbarazzato mentre Helblindi parve rivivere qualcosa di terribile. Loro ricordavano Eir, sapevano già parlare prima che lei morisse di parto. Il racconto di Loki fatto il quel modo li ferì, ma i due non osarono proferire parola al riguardo.
Frida si sentì ancor di più a disagio. Sconcertata da quella storia fuori luogo non capì dove volesse arrivare Loki. Allo stesso modo anche Atali e Amaltea erano rimaste angosciate da quel racconto crudele, Ardesia invece restò impassibile come se lo avesse già sentito centinaia e centinaia di volte.
Molte cose disturbarono la sensibilità di Frida, tra la più grave c'era la violenza su quella povera donna, poi l'inquietante similitudine estetica tra la madre mai conosciuta e la prima donna di Loki, Thurisaz, che aveva il colore dei capelli e degli occhi uguale a quelli Eir. E poi ultimo ma non meno importante il dettaglio sulla resurrezione dei morti. Se lo fece sfuggire di getto mentre lo pensava, senza commentare tutto il resto; «Byleist riesce a resuscitare i morti?»
Frida fece due più due e guardò Ykaar vicino a lei.
«Sì.» rispose netto Byleist.
«Ykaar è proprio una testimonianza dei poteri di mio fratello.» aggiunse Loki.
Frida annaspò non riuscendo nemmeno a far uscire un filo di voce. Pensò a quante persone avrebbe potuto riportare in vita Byleist; pensò a Tony, a Natasha e a Steve, forse addirittura Visione. Le giunsero nei pensieri persino Odino e Frigga; che Loki li avesse già fatti resuscitare?
«In che modo ci riesci? Voglio dire, come hai fatto con Ykaar?» chiese sconvolta. Ormai nessuno stava mangiando, tutti erano rimasti impietriti. Axel, Atali e Amaltea non riuscivano a credere davvero che quel giovane ragazzo seduto in mezzo a loro fosse stato morto.
«Ricordi il pozzo delle anime ad Hel, non è così Frida?» le chiese Loki.
Lei si portò una mano al petto e guardò negli occhi rossi Loki. Increspò la fronte e annuì con difficoltà: «Sì.» Ricordava perfettamente il viaggio all'inferno per dare un'altra possibilità di vita a Loki. In effetti non doveva poi meravigliarsi così tanto, che sciocca.
«Ecco, Byleist non ha bisogno di viaggiare ad Hel e cercare le anime che desidera resuscitare. La sua magia è innata e potente.» Loki volse il volto al fratello che si sentì costretto a parlare.
«Già, io sono in grado di rievocare sia il corpo che l'anima. Con la mia magia la attraggo a me facendola viaggiare nel cosmo via da Hel fino a me. Non appena l'anima mi appare, bianca e in forma spiritca davanti agli occhi, posso ricreare il corpo sfruttando la mia energia. Non appena la salma è completa l'anima è in grado di entrarvi.»
«Ma è straordiario! Allora puoi riportare indietro chiunque! Persino i tuoi figli Loki!» Frida non riuscì a trattenere il suo entusiamo. Quella notizia aveva dell'incredibile e, ricordando dei figli ingiustamente strappati a Loki in quel contesto di morti e ritorni, le balenò subito in mente la possibilità di ridarli al padre. Ricordava molto bene anche quel tassello così delicato del loro passato, sapeva quanto Loki avrebbe voluto amare come gli spettava Hela, Fenrir e Jourmungand. Anche il povero Sleipnir sarebbe tornato.
«No.» disse Loki a voce bassa.
Frida scosse il capo, confusa.
«Che significa?» domandò Atali ormai accanita ed incuriosita da quella faccenda.
«I figli divini...» disse Byleist che venne interrotto immediatamente da Loki: «I miei figli posseggono un'anima maligna e divina. Sono dèi, così come Frigga o Odino non possono essere riportati in vita. La loro anima è troppo forte per i poteri di Byleist, la sua magia è vincolata.»
«Oh...capisco.» Frida si sentì in colpa ad aver preso in ballo i figli di Loki e capì la differenza tra le entità divine e la comune gente longeva di Asgard come lo era Ykaar, per la sua specie un comune mortale.
«Le mie parole ti hanno turbata? Credevo che ti piacessero i racconti dell'orrore.» disse Loki sorseggiando dal suo calice in cristallo.
Frida scosse il capo e guardò Loki accanito su di lei; «Già, ma a volte preferisco le storie d'amore.»
Frida volse il viso ad Axel e gli sorrise dolcemente. Loki si sentì tagliato fuori, così usò la sua lingua tagliente.
«Hai ragione, adesso ricordo meglio. Avrei dovuto prestarti "sospiri di ghiaccio", quella vecchia novella ad Asgard ti sarebbe piaciuta tanto.»
«Come Romeo e giulietta.» rispose Frida ricordando vagamente di quel loro dialogo ad Asgard anni e anni fa.
«Vieni dolce notte, amica della buia fronte, vieni e dammi il mio Romeo. Poi te lo lascerò quando morirò e potrai tagliarlo in tante stelline e il firmamento con lui sarà chiaro che tutto il mondo sarà invaghito della notte e non baderà più allo sgargiante sole...» Loki recitò il verso dell'opera appena nominata da Frida dichiarandola come una preghiera, a memoria quasi come se fosse stato lui l'autore o la reincarnazione di Shakespeare. Senza alcuna esitazione o margine di errore, e Frida ne restò sconvolta conoscendo bene quelle parole.
«Hai letto Romeo e Giulietta?» gli chiese incantata.
«In verità, ho letto molte di quelle cose in questi anni di solitudine mia timida Giulietta.»
Frida arrossì, ma allo stesso tempo si sentì infastidita; «Non rivolgerti a me cose se fossi una ragazzina Loki.»
Il dio delle malefatte decise di trattenere con tutto se stesso le parole che aveva in serbo per Frida come risposta. Solitamente non aveva freni inibitori e tantomeno temeva qualche reazione gelosa da parte del terrestre marito di Frida, ma la sua personalità provocatoria e malizioso era sotto il dominio di tutt'altra volontà.
Le ragazze lì presenti continuarono a tacere per l'imbarazzo sempre più soffocante. Già per un tipetto sfacciato e ribelle come Atali era fuori dal normale decidere di ascoltare e basta, figuriamoci per Amaltea introversa patologica.
Ardesia invece volgeva al silenzio per una questione di superbia e superiorità. Non avrebbe mai detto una parola a quella gente che per lei era insignificante.
Loki stava iniziando ad annoiarsi, voleva suscitare l'interesse di qualcuno fuorché fosse Axel. Anche la secondogenita di Frida, Amaltea, non dispiaceva alla simpatia di Laufeyson. Sembrava una Norna con quei tratti candidi e riservati. Ma più di qualsiasi altra persona seduta intorno a quel tavolo, anche più di Frida stessa, Loki desiderava instaurare un colloquio con Atali.
Era bella sua figlia, talmente bella... Ricordava ancora la sua energia scorrergli tra le dita quando l'aveva fatta nascere in mezzo alla guerra. Atali era femmina come la guerra, Loki non riusciva a nascondere quanto fosse fiero di quella giovane donna frutto di un vero e puro amore.
«Vorrei brindare ad Atali, con l'immensa gioia di averla qui a palazzo.» Loki sorrise sollevando il mento. Alzò un calice in legno straripante di idromele ed invitó il resto del gruppo ad imitarlo.
Atali si irrigidì per l'imbarazzo guardandosi in torno. Sorrise nervosamente e si indicò con un dito indice: «Chi, io?»
«Proprio te. A dalinda.» Loki mosse ancora il suo bicchiere e bevve un gran sorso di idromele. I suoi fratelli lo seguirono, così come Niven e Ykaar. Per loro fu come bere dell'acqua fresca, mentre Frida si affogò tossendo per il bruciore dell'alcolico nell'esofago, Axel non risucí ad andare oltre ad un sorso. Amaltea si astenne dal provare quella strana roba, ed Atali lacrimò per il sapore dell'idromele salito fino alle narici.
Tossendo piano la ragazza disse a Loki «Se ti riferivi davvero a me hai sbagliato, il mio nome non è Dalinda.»
Loki si leccó il labbro superiore umido di idromele: «So benissimo qual è il tuo nome Atali, dalle nostre parti dalinda significa nobile serpente. Lo sei essendo tu stessa sorella del grande Jourmungand, o lo rinneghi per caso?»
Atali scosse il capo non riuscendo a cogliere il senso delle parole del suo vero padre, se volevano ferirla oppure chissà cos'altro.
«Sorella di un serpente? L'unica sorella che ho è Amaltea, e a quanto pare anche quella specie di fantasma pallido accanto a te.» disse Atali indicando con la mano Ardesia in maniera divertente. L'albina si sentì offesa mostrando una smorfia furibonda, mentre Loki rise fingendo che non ne fosse rimasto infastidito.
Frida diede una gomitata al braccio di Atali seduta di fianco a se, provando a riprenderla. L'ultima cosa che desiderava era avere a che fare con quel nuovo tipo di Loki spazientito. Frida non lo temeva ma sentiva una profonda sensazione di instabilità nel non riuscire a riconoscere quell'uomo. Persino la sua anima era completamente diversa e questo la angosciava molto.
Loki provò un ultimo tentativo per esorcizzare quella noiossima tavolata imbandita di pietanze ma povera di dialoghi. Il caos innato dentro di lui era l'unica sfaccettatura di personalità rimasta integra tra tutto quel male nero. Aveva bisogno di essere guardato, soprattutto da Frida, voleva disturbare le buone maniere di tutti, essere semplicemente e puramente fastidioso. La sua voglia di caos era alta quasi quanto la sua libido stuzzicata dalla bellezza matura e consapevole di Frida. Non la desiderava in toni di piacere singolarmente fisico e attrattivo, Loki la voleva stringere con tutto l'amore oscuro che gli ribolliva nei lembi come fosse veleno bruciante.
Se ne infischió del commento sciocco di Atali e della reazione goffa di mamma Frida. Prese in pugno ogni pensiero di ogni suo spettatore e si schiarì la voce poco prima di iniziare a cantare e ammutolire il ronzio di parole basse tra la sua amata e la figlia corvina.
«I stormsvarte fjell» la prima strofa fu cantata lentamente con tono caldo e soave. Frida impietrí.
«jeg vandrer alene»
I tatuaggi di Frida presero maggiore rilievo per via della pelle candida diventata d'oca. La voce di Loki la stava ipnotizzando come il canto delle sirene.
«Over isbreen tar jeg meg frem, I eplehagen står møyen den vene» la sua voce fu melodia pura in un acuto perfettamente padroneggiato.
«Og synger: "når kommer du hjem?"»
Terminò così l'esibizione da brivido di Loki. Inquietante e incantevole allo stesso tempo. Tutti restarono muti un po' in imbarazzo, fatta eccezione per Frida e Ardesia.
Ardesia trasalì sentendo quella canzone dopo anni e anni. Se ne ricordava lontanamente avendola sentita da bambina quando suo padre gliela cantava nel letto per farla addormentare. Da quando Loki aveva smesso di parlare con amore dolce di Frida alla sua piccola principessa di ghiaccio, quella canzone era morta assieme alla bella immagine della mamma midgardiana.
Frida invece non aveva mai sentito quel breve pezzo in lingua nordica, eppure percepì sulle braccia e le mani il calore dei ricordi ad Asgard.
Guardò Loki e gli sorrise, quasi commossa. Un'immensa tenerezza la attraversó, ed un affetto più simile a quello rivolto a un bambino che ad un amante fu riversato su Loki.
Pur avendolo baciato insieme ad Axel in un impeto di probabile tensione Frida non poteva dire ad alta voce di sentire amore per Loki. Di certo quel sentimento ancora aveva radici dentro di lei, ma la collera e il rancore, l'offesa e il rigetto erano una nebbia troppo fitta da superare.
Frida alzò ancora una volta il suo calice pieno. Lo issó in un brindisi solitario dedicato a Loki e affermò la sua approvazione.
Come se quella canzone fosse stata una formula magica il gruppo iniziò a parlare. Frida e Axel chiaccheirarono con piacere a Niven e Byleist, mentre Helblindi si era avvicinato alla parte del tavolo dei giovani. Era un fottuto psicopatico con atteggiamenti piuttosto immaturo ma Frida sapeva bene che il dio della cecità era innocuo e vulnerabile. Preferiva di gran lunga Helblindi ad Ardesia di fianco alle sue due figlie. E poi tra loro c'era anche, e soprattutto, Ykaar. Atali era quasi entusiasta di sapere quante più cose possibili da quel ragazzo straniero di un altro pianeta. Non si capacitava che fosse per giunta morto e tornato in vita.
«Cosa c'è dopo la morte?»
«Per la mia gente Hel, un luogo sottoterra buio e pullulante di anime.» rispose Ykaar, serio.
Se Atali poneva domande più rivolte al suo interesse personale Amaltea sentiva di essere molto più toccata da quella testimonianza.
«E come ti sentivi? Soffrivi?» gli domandò timidamente.
Ykaar le donò un piccolo sorriso complice. Allungò un braccio pieno di bracciali di ottone e pietre magiche e le scostò dalla spalla i capelli rossicci.
Amaltea si pietrificò. Quel gesto le fu molto gradito ma al contempo inaspettato.
«Non avevo voce né pensiero, sapevo solo vagare senza sosta in ogni parte di Hel e ricordare tutte le sofferenze della mia vita terrena.» le rispose abbassando nuovamente il braccio.
«Era davvero l'inferno allora.» constatò Atali.
Ykaar sbuffò sarcasticamente «L'inferno esiste solo per chi ha paura, prima o poi impari a non temere i brutti ricordi ed allora vaghi senza una meta, vuoto di ogni sentimento. Questo è il vero inferno.»
Ad Amaltea si accaponó la pelle. Il pensiero di quel nulla interiore la terrorizzava.
Si sentì chiamare da Atali, che le pose una domanda stupida a cui lei non fece nemmeno attenzione.
«Amaltea?» domandò Ykaar non conoscendo ancora il nome della figlia di Frida.
Amaltea annuì a Ykaar e lui si portò i capelli indietro con le mani: «come la luna di Giove.»
«Oh, la consoci? Di solito nessuno conosce o capisce il significato del mio nome...» disse lei arrossendo.
Ykaar rise calorosamente. Amaltea fu folgorata dalla sua bellezza immensa.
«Conosco i nomi di tutte le lune del vostro sistema solare in tutte le lingue esistenti.»
«Non è possibile.» Amaltea sbuffò scettica.
«Aislinn. Questo sarebbe il tuo nome ad Asgard. Per noi significa sogno.»
Amaltea stese in silenzio a guardare Ykaar. Non sapeva se lui si stava prendendo gioco di lei o stesse dicendo la verità. Con tutta sincerità non le importava perché il modo in cui Ykaar la stava solleticando con lo sguardo le aumentava i battiti.
Ykaar forse si approfittò della vulnerabilità pura di Amaltea senza tener conto del suo approccio sfacciato. Era abituato alla provocazione perché gli anni al bordello gli avevano insegnato a comportarsi soltanto in quella maniera.
Seduto proprio di fianco ad Amaltea voltò il torso di fronte a lei e le si avvicinò all'orecchio sfiorandole le nocche fredde delle mani.
«Non sono come tutti gli altri Amaltea, anche tu, come me, sei fuori di testa ma diversa da loro. E non ti servirebbe a nulla essere figlia di un dio come tua sorella perché tu stessa sei Dio. Una luna, un sogno, una visione... qualsiasi cosa tu voglia.»
Senza parole la ragazza soffrì per l'allontanamento del respirò di Ykaar dal suo collo, e rise scaricando la tensione quando lui tornò a guardarla a debita distanza.
Non aveva mai sentito dirsi parole come quelle. Anche se le intenzioni di Ykaar non erano affatto chiare Amaltea non ebbe paura di essere usata o ingannata. Ykaar aveva gli occhi sinceri e gentili.
Il rumore improvviso di vetri infranti in terra fece sussultare dallo spavento tutti quanti.
Loki aveva scaraventato il suo bicchiere di cristallo sul pavimento ed aveva sentenziato «Un altro» fissando con cattiveria Ykaar.
Il servo capì di star prendendo troppo piede.
Scattò in piedi ed eseguí il lavoro con una meccanica tremenda. Raccolse i vetri a mani nude tagliandosi qualche dito, uscì dalla sala e poco dopo vi rientrò con un vassoio in argento trasportando un bicchiere pieno uguale a quello rotto da Loki.
Frida osservò tutta la scena con disgusto mentre Loki afferrava il bicchiere senza nemmeno degnare Ykaar di uno sguardo.
«Tratti Ykaar come fosse un animale.» disse Frida a voce abbastanza alta. Il modo in cui Loki maltrattava Ykaar la mandava in bestia.
«Non sono problemi di cui tu debba preoccuparti.» le rispose Loki severamente.
Ardesia imitò Loki, e con un sorriso maligno guardò Ykaar raccogliere gli ultimi cocci di vetro ai suoi piedi.
Frida ne aveva fin sopra i capelli. Posò il tovagliolo sul tavolo e allontanò il piatto da se.
«Non mi meraviglio che tu ti sia circondato di terrore e sofferenza, ho capito che in verità il dolore ti piace. E ti piace perché pensi di meritarlo. Forse è davvero così.» disse Frida delusa.
Loki non le rispose. Tutti videro che quelle parole lo avevano ferito.
Niven suggerí con voce bassa ad Axel di accompagnare le figlie nella loro stanza a risposare, mentre loro avrebbero pensato a sistemare la tavola.
Axel si accordó a bassa voce con la moglie e le baciò con leggerezza le labbra. Il cuore di Frida si scaldò.
Atali e Amaltea diedero la buonanotte alla madre e vennero scortate da Ykaar e Axel alla parte superiore del grande palazzo di ghiaccio.
Frida raccolse i piatti di tutti quelli seduti vicino a lei e alla fine stirò la gonna con le mani.
Guardò Ardesia sperando di trovare in quegli occhi della gentilezza, scontrandosi invece con la prepotenza della sua anima bianca e nuvola.
Loki allargò le gambe e seguì Frida con lo sguardo. Studió con attenzione le sue spalle e la schiena, il sedere e le gambe. Il passo fiero della terrestre lo stava tentando.
Aspettò che Frida fosse abbastanza lontana per alzarsi dalla sua sedia e seguirla senza farsi scoprire.
Quando varcò il corridoio isolato, ormai fuori dalla sala da pranzo, si assicuró di non essere visto da nessuno e in un battito di ciglia usò la sua magia di luce verde per mutare aspetto.
In silenzio riuscì ad intercettare meglio la direzione dei passi di Frida in lontananza. Sorrise con la barba rossa a solleticargli le labbra a cuore; Loki era diventato Axel.
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