Capitolo 1
Il rumore dell'ago battuto velocissimo contro la pelle bianca di Atali solleticava i timpani di Frida, che dopo tutti quegli anni di lavoro artistico non si era ancora abituata a sentir elettrizzare il proprio attrezzo.
Aveva disegnato a mano libera la mezzaluna sotto la clavicola della figlia, che la desiderava proprio in quel modo. Era il terzo tatuaggio che già si faceva fare dalla madre, e il suo buon papà Axel non ne sarebbe stato affatto entusiasta.
Lui amava i disegni sul corpo di Frida, non poteva resistergli in quel modo, ma nonostante l'amasse tanto non riusciva facilmente a perdonarle i suoi lavori perfetti addosso alle loro giovani figlie.
Atali aveva ormai diciannove anni, ma non sapeva ancora cosa fare della sua vita. Un vuoto gelido la attanagliava, e nonostante sorridesse continuamente, appagata e felice della sua vita e dai suoi affetti, non riusciva a trovare una ragione per cui vivere, uno scopo che l'avrebbe resa unica come lo era sua madre. Frida era il migliore degli esempi a cui Atali potesse ispirarsi, e per tale motivo si stava facendo riempire di inchiostro il disegno stilizzato della luna tonda e spigolosa sul suo petto.
Quel satellite esoterico, simbolo di femminilità e magia, rappresentava proprio sua madre. Frida era la luna della vita di Atali.
Atali era raggiante di gioia per quel nuovo simbolo sulla pelle; sdraiata sulla poltrona nera nello studio di tatuaggi manteneva il respiro stabile per non rischiare di rovinare le linee dei contorni, come se Frida non fosse una maestra nel suo mestiere.
Máirìn, una delle sue tante zie acquisite, passò dietro di lei alla ricerca di un tubetto di inchiostro rosso.
Curiosamente si fermò a guardare il risultato addosso alla giovane e ribelle figlia dell'amica, affondando le mani dolci e curate in mezzo ai capelli neri neri di Atali.
Lei si lamentò, riordinando con foga la frangia liscia sulla fronte.
«Carino, davvero.» commentò Máirìn.
«Sul serio? Solamente carino?» Frida le fece il verso, scherzosamente. Allargò le mani con la macchinetta per tatuare ancora impugnata nei i guanti in lattice neri.
La sua allieva e collega fidata fece spallucce. Aveva un maglione bianco a collo alto che le incorniciava perfettamente il volto rotondo e piccolo.
«Non hai mica dipinto la Gioconda!»
«Comunque nessuno ha chiesto il tuo parere, solita serpe antipatica!» Atali si voltò verso Màirìn, ridendo con divertimento.
La donna dai lineamenti alieni le mostrò la lingua biforcuta, divisa chirurgicamente in due metà, e le ammiccò per provocarla ancora poco prima di lasciare made e figlia da sole.
«Lasciala stare, la conosci meglio di chiunque altro. In realtà mi venera.» Frida si chinò verso Atali sussurrando con dolcezza l'ultima frase. Entrambe risero, complici come sempre.
Dopo diciotto anni Frida non si era ancora capacitata di come avesse avuto in dono una fortuna simile, di quanto fosse essenziale e preziosa Atali. Era la personificazione di tutti i suoi colori migliori, aveva il volto di ogni suo gesto e pensiero, crescerla era stata l'opera d'arte migliore che avesse mai fatto.
Le lisciò i corti capelli corvini con le dita, in un gesto amorevole. Atali li aveva tagliati così corti da non arrivare a toccare nemmeno le spalle.
Si guardò allo specchio che sua madre le aveva porto per ammirare il nuovo tatuaggio; da ogni angolazione possibile studiò il suo riflesso, con gli occhi verdi accesi come fanali per la gioia ed un sorriso chiaro ad abbellirle i lineamenti spigolosi.
Quando sorrideva in quel modo Frida riusciva a distinguere la stessa fossetta che aveva Loki sulla guancia.
«Ti piace?» le domandò Frida, seduta sullo sgabello difronte a lei.
Atali si ammirò ancora una volta, alzando la voce squillante: «Se mi piace?! Lo adoro!»
«Papà lo adorerà di meno.» le rispose Frida gettando i guanti usati nella pattumiera.
Atali sbuffò, abbassando lo specchio ovale; «Non sono più una ragazzina, deve farsene una ragione.»
«Sai che per lui sarai sempre la...»
«La sua bambina. Lo so.» Atali la interruppe prima che Frida potesse terminare la frase, quasi per prenderla un po' in giro.
La porta di vetro dello studio venne spinta, con la solita timidezza che tutte quante lì dentro conoscevano.
«Finalmente! La pausa pranzo è praticamente finita e ancora mamma e zia Máirìn non hanno mangiato.» fu la voce di Atali ad interrompere quel silenzio introverso.
«Non credo siano affari tuoi, non mortificare tua sorella in questo modo.» Frida si mostrò dura, volendo proteggere la figlia minore.
Amaltea reggeva la busta del pranzo contro il seno tondo e nascosto da una larga felpa bianca.
La somiglianza con Frida era a dir poco disturbante. Gli occhi e le labbra erano gli stessi, mentre il naso visto in due dimensioni appariva sia di Frida che di Axel. Frontalmente somigliava alla madre, di profilo le narici e la struttura nasale li aveva ereditati dal padre.
Axel le aveva trasmesso anche la bellezza dei colori; i morbidi capelli mossi, divisi al centro, erano di un colore biondo cenere, che con i giusti raggi del sole insistente nella loro casa al mare mostravano evidenti riflessi rossi, come quelli che Axel aveva nella barba infoltita e curata.
Gli occhi di Amaltea erano un commovente ricordo; li aveva bruni, estremamente scuri come quelli di Frida prima che la magia li rendesse testimoni delle anime.
Però l'espressione di Amaltea era costantemente difficoltosa da decifrare, per via della mancata presenza delle sopracciglia. Le aveva in verità, ma erano talmente bionde da essere invisibili. Era quella la maggior fonte di insicurezza della neo diciottenne, anche se Frida le aveva sempre insegnato l'amore per la sua unica e misteriosa bellezza.
Frida ringraziò Amaltea per la consegna del loro pasto, e si congratulò anche di come fosse stata brava a guidare da sola l'auto da casa loro al negozio.
«È stata lenta come una lumaca.» Atali si divertiva a stuzzicare la sorella, ma Frida era sempre pronta a riprenderla.
«E tu sei una teppista, l'esaminatore ti ha bocciata due volte, non dimenticarlo!»
«Che si mangia?» arrivò Màirìn, completamente estranea ai loro discorsi. Sinceramente non le importava capirci qualcosa, quelle donnine creavano continuamente una gran confusione senza motivazioni valide.
Anche se erano anni che ormai Màirìn viveva e lavorava per Frida sul Midgard non era riuscita a reprimere del tutto il suo lato scontroso e solitario del carattere.
«Pasta alla carbonara.» rispose Amaltea con il tono di voce quasi impercettibile.
«Ci hai messo la panna?» domandò Atali.
«Non si mette la panna nella carbonara.» le rispose la sorella minore, aggrottando la fronte.
«Dove hai assaggiato la pasta alla carbonara con la panna?! Sei un disonore per questa famiglia!» strillò Frida, rendendo quel pranzo uno dei loro abituali incontri di delirio. Màirìn fingeva di essere infastidita, ma in fondo tutte quante sapevano che si divertiva più di chiunque altro.
Frida domandò ad Amaltea se le piacesse il nuovo tatuaggio di Atali, e se anche Axel fosse passato da casa a prendere la sua fumante e profumata porzione di pranzo.
Amaltea aveva risposto annuendo ad entrambe le domande, con un sorriso ingenuo e difficile da ascoltare.
Poi l'esuberanza chiacchierona di Atali interruppe anche quel breve e faticoso approccio tra madre e figlia.
«Prima che inizino ad arrivare i clienti raccontami del matrimonio di te e papà!»
«Oh cazzo, quella serata è stata indimenticabile!» Màirìn scoppiò a ridere, rischiando di affogarsi.
«Ve lo racconterò stasera insieme a papà.» Frida provò a dissuadere le figlie, senza successo.
«Per favore, il filmato che abbiamo trovato sul PC merita delle spiegazioni.» insistette Atali.
Amaltea rise come una bambina: «C'era il nonno sul tavolo del buffet a ballare con lo zio Thor e papà.»
«Tua madre è una donna fortunata, Frida.» aggiunse Màirìn fingendosi innamorata.
«Okay ragazze, d'accordo, vi racconterò tutto, ma sarò più breve e coincisa possibile.» Frida finì di masticare il suo boccone con fretta, chiudendo gli occhi e sollevando la forchetta incastrata tra le dita.
«Ci siamo sposati in luglio, la giornata era calda ed abbiamo allestito l'altare in spiaggia, proprio a casa nostra. E' stato lì che si è svolta il resto della festa, con una cura dei dettagli incantevole. Màirìn mi ha fatta da damigella d'onore, ed è stata un'impresa davvero asfissiante convincere la zia Nebula ad indossare l'abito l'ungo da cerimonia! Erano presenti tutti gli amici ed i familiari più cari, io e papà non avremmo potuto chiudere nulla di meglio, soprattutto dopo quello che era successo. Zio Thor era tornato di proposito qui sulla terra con la ciurma dei guardiani della galassia per vedermi in abito bianco, è stata un'emozione indescrivibile, e poi il fatto che Atali camminasse già, nel suo abito bianco e ampio, è stato un fiore all'occhiello. Uno dei giorni più belli e felici della mia vita, sono tornata a sentirmi ragazzina abbracciata ad Axel per tutto il tempo. Ed il mio abito, lo ricordate dalle foto, vero? Ampio per il tulle e favoloso come quello di una dea!»
«Sì d'accordo, carino il romanticismo, ma io voglio sapere dello spogliarello di Peter Parker e degli shot che hanno quasi ucciso il vecchio Steve!» Atali protestò, a conoscenza di quegli aneddoti segreti raccontanti precedentemente da Màirin e dalla sua bella fidanzata.
«Frida non sai raccontare le storie! Ad un certo punto tutti hanno iniziato ad urlare al bacio, ma nessuno ha considerato gli sposi visto che per colpa della vodka alla pesca Bucky e Steve si sono limonati davanti a tutti! Ragazze mie vi giuro, sono crollata a terra per le troppe risa! Tutti hanno iniziato ad urlare come se fossero allo stadio!»
Atali e Amaltea scoppiarono a ridere, cariche di eccitazione.
«Volete davvero sapere cos'è successo quella sera? -Frida rise, stufa di essere contraddetta- Se vi interessa saperlo abbiamo concepito Amaltea in riva al mare.»
«Ti prego, che schifo!» strillò Atali, ridendo disgustata.
Amaltea storse il naso, imbarazzata; «Mamma!»
Frida e Màirìn risero a crepapelle come due cornacchie malvagie, iniziando a riordinare quello che era rimasto del loro pranzo.
«La rubrica dei racconti imbarazzanti della mia giovinezza è finita, dobbiamo tornare a lavoro. Atali ti raccomando di idratare il tatuaggio, e quando arrivate a casa non lasciate le scarpe in disordine come al solito!» mamma Frida tornò ad essere responsabile e protettiva.
Atali sbuffò seccata, seguendo Amaltea verso l'uscita. Le sorelle salutarono madre e zia, litigando su chi dovesse guidare per il ritorno.
Vinse Amaltea, entusiasta di impratichirsi come neopatentata. Atali si allacciò la cintura fingendosi terrorizzata dalla guida della sorellina, sedendosi scompostamente con le gambe sul cruscotto.
«Togli i piedi da lì, è pericoloso nel caso facessimo un incidente.» le disse Amaltea come a volerla pregare.
«In quel caso la colpa sarebbe la tua, sei tu il conducente.» rispose Atali dispettosamente. Quando sorrideva soddisfatta delle sue piccole malefatte assumeva, a sua insaputa, le deità del suo vero padre.
Atali era del tutto all'oscuro della vera storia che si nascondeva nelle sue radici. Frida aveva deciso che non le avrebbe mai raccontato di Loki. Sarebbe stato troppo complicato da spiegare, e troppo doloroso da affrontare per l'ennesima volta.
Loki faceva parte di un passato ormai lontano, erano diciannove anni che di lui Frida non aveva alcuna traccia, nonostante quel sogno erotico tenuto nascosto persino ad Axel. Loki aveva smesso persino di apparirle in sogno.
La menzogna che conosceva Atali era semplice e piacevole, di quelle che tutti vorrebbero sentirsi dire.
Axel e Frida erano i suoi genitori, ed il fatto che c'entrassero con il periodo storico in cui Thanos aveva annientato metà della vita sulla terra era sempre stato raccontato con incredibile onestà. Atali si fidava di sua madre, non avrebbe mai pensato che potesse nasconderle dei segreti.
Frida aveva combattuto al fianco dei vendicatori durante la guerra infinita per via della sua tenace voglia di agire. Tony Stark l'aveva notata e adottata nella sua missione impossibile.
Né una motivazione di più né una di meno. Convinta da sempre con ingenuità che quella fosse la verità Atali, come Amaltea, non aveva motivo di sospettarne la veridicità.
Adorava la famiglia di super eroi, anche se le capitava raramente di vederli. Per fortuna c'era la zia Màirìn, spacciata da sempre per una comune terrestre.
Atali non sapeva nemmeno chi fosse Loki, se non attraverso vecchie notizie e capitoli di storia contemporanea nei libri di scuola.
Si preoccupava dei problemi alla punta dell'iceberg, ignara di tutta questa verità che si celava sotto l'acqua gelida.
Il suo ragazzo l'aveva lasciata, comportandosi da stronzo dopo due anni di felice e complice relazione. Era dura affrontare quella rottura, e ciò non la stava aiutando nel concentrarsi sul resto della sua vita. Non riusciva ad avere stimoli, a pensare a cosa davvero le sarebbe piaciuto fare o anche solamente provare.
Frida le aveva proposto spesso di seguire le sue orme, volendole insegnare a disegnare, ma Atali aveva sempre rifiutato. Non era brava, non si sentiva abbastanza responsabile da lavorare in quel modo su delle persone.
E la cosa che più le metteva rabbia era il fatto che Amaltea sapesse già che direzione prendere. Stava studiando per entrare alla facoltà di medicina psichiatrica, lei, che somigliava più ad una paziente piuttosto che ad un medico!
Poi Atali sentiva il senso di colpa avanzare ad ogni pensiero come quello. Non doveva provare invidia per sua sorella, era egoista ed ingiusto. La ammirava perché sapeva sempre essere una brava confidente, empatica e coraggiosa. Amaltea si nascondeva dietro alla sua insicurezza, forse Atali avrebbe dovuto imparare a disegnarle le sopracciglia, così da farla diventare finalmente felice.
Ma non lo sapeva, non sapeva assolutamente cosa fare.
Rimanendo in silenzio a pensare a tutti i suoi dissidi interiori Atali voltò lo sguardo per guardare il profilo di Amaltea. I bei capelli posati su una sola spalla diedero modo di mettere a nudo l'unico piccolo tatuaggio che Amaltea aveva scelto di farsi fare dalla madre.
Tutte e due le sorelle avevano una runa tatuata in corpo, come un sigillo protettore.
Axel ne era stato contrario, lasciando però a Frida la libertà di insegnare alle figlie il fascino magico dei simboli runici; la ossessionavano.
Per Amaltea era stata scelta la runa Isa, tatuata dietro l'orecchio. Isa rappresenta la materia cosmica primordiale, che ha dato vita all'universo. La sua radice etimologica Is è presente anche nella divinità egizia Isis (Iside), da anni tatuata e venerata da Frida. Isa è la matrice femminile ibernata presente in ciascun individuo, che attende di essere sciolta e risvegliata dal fuoco spirituale dell'amore. E' runa di espansione e di forza di volontà.
«Amélie attenta a non sbagliare strada come sempre.» Atali la stuzzicò ancora, chiamandola con un dolce accento infantile. Storpiava il suo nome con quell'altro elegante e curato, che aveva sentito in una canzone da bambina. Anche Amaltea adorava quel soprannome, delicato e perfetto per lei.
«Non sono mica distratta come te.» le rispose sorridendo.
Atali incrociò le braccia scosse la testa ridendo; «Che stronzetta.»
Appena entrare in casa le due sorelle, dispettose e divertite, si tolsero le scarpe lasciandole sparse all'ingresso. Si diressero verso la cucina per mangiare le ultime fette di crostata rimaste in teglia, spargendo briciole un po' ovunque.
Chiacchierando di gossip e nuovi tagli di capelli da provare, le due furono interrotte dallo squillo del telefono fisso appeso alla parete.
Atali posò il bordo della crostata sul piano di lavoro della cucina, dirigendosi con seccatura verso il telefono.
«Hello?»
«Sto cercando Frida Anderson.» disse l'uomo dall'altro capo dal telefono. Aveva una voce magnetica ma allo stesso tempo inquietante e minacciosa.
«E' al lavoro al momento, chi la cerca?» domandò Atali.
«Le dica di richiamare a questo numero il più preso possibile.» insistette lo sconosciuto.
«Scusi, lei chi è?» Atali riprovò a insistere, più per curiosità che per altro.
L'umo al telefono sembrava in difficoltà, di fretta, come se avesse i minuti contati. Atali sentì il rumore coatto del suo respiro soffiare sulla cornetta, infastidita dal suono troppo alto.
La voce diventò spaventosa, facendo venire i brividi alla ragazza.
«Liesmith.»
«Credo di non aver capito, può ripete...» Atali si ammutolì accorgendosi che la comunicazione era stata interrotta.
Quel tizio inquietante aveva riattaccato, spaventando Atali che cercò conforto nello sguardo confuso di Amaltea.
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