At Home
"Sono Harry Styles, ho sedici anni e vengo da Holmes Chapel, nel Cheshire".
"Sono Louis Tomlinson, ho diciotto anni e sono del Doncaster, South YorkShire".
Ecco, queste sono state le prime parole di Harry e Louis davanti ad uno schermo; o comunque se non le primissime, fra le prime.
Due ragazzi, ancora adolescenti, con il volto paffuto e il sorriso innocente. Un sogno nel cassetto. L'amore per la musica.
Una semplice presentazione. Poche parole. Eppure anche se poche sono bastate affinché tutto iniziasse.
Già, tutto.
Un applauso di incoraggiamento per loro e uno per me che mi sto per appropinquare a raccontarvi una storia.
Una storia di due ragazzi; Harry e Louis.
Due persone che si son conosciute, hanno formato un gruppo con altri tre ragazzi, si son trovate, simili e diverse, hanno stretto amicizia e, poi, non si sono più divise.
Louis ed Harry. Cos'altro c'è da dire?
Ah, certo. Il tema di questa storia, come dimenticarlo?
Harry e Louis sono migliori amici che vivono insieme. Hanno una casa, insieme. Dormono sotto lo stesso tetto, Harry e Louis.
Ecco, soltanto a questa notizia non vi vengono in mente tanti piccoli flash sulla loro vita quotidiana?
A me, per esempio, è accaduto qualcosa.
Già, qualcosa...
Emh. Mi schiarisco la voce, imbarazzata dopo alcuni flash decisamente poco... Emh. Lasciamo perdere.
Ripartiamo, così non arrivo da nessuna parte.
Louis ed Harry sono migliori amici. Soltanto due migliori amici che convivono sotto lo stesso tetto. E, probabilmente, condividono tante cose insieme.
Cose: sostantivo plurale, che include molteplici significati. A noi, questi significati, piace scoprirli, vero?
Per esempio, condividono gli spazi, il cibo, i sorrisi, le litigate, le risate, la musica, le gioie e le paure. Insomma tutto o quasi tutto.
Pensiamo ad un ambiente di una casa e immaginiamo qualcosa di divertente.
La cucina.
Cosa vi viene in mente? A me per esempio, un Harry che cucina per Louis.
Harry che, ogni tanto, prepara a Louis la carbonara, perché sa che Louis ne mangerebbe a volontà, se solo potesse.
Ecco, ho pensato a questo. Ma non mi limiterò a questo banale pensiero. No, voglio esagerare.
Siete pronti per il flashback? Mettevi seduti, allacciate le cinture (Emh, no, forse questo non è necessario).
Immaginate un tre al centro dello schermo, adesso un due, ora un uno.
Zero, il sipario si apre.
Buona visione.
"Affogati" Gli disse, la prima volta, tutto sporco del giallo dell'uovo in viso, ma con un sorriso sincero e curioso che Louis aveva osservato, attento, prima di strafogarsi.
"Adoro questa pancetta..." Aveva commentato Louis, poco dopo, con un sorrisetto furbesco in volto, il boccone pieno e un bucatino al lato della bocca — dimostrazione palese che stesse gradendo fin troppo il pasto.
"L'adori perché è guanciale, caprone" Gli rispose Harry, saccente e soddisfatto.
E Louis aveva sempre odiato il guanciale.
Tuttavia anche Louis, seppur raramente, secondo me, gli fa trovare i cannelloni, appena sfornati, per ricambiare l'attenzione.
Sono i preferiti di Harry, dopo i Tacos.
Sì, anche se Louis cucina quelli surgelati, perché Louis e la buona cucina sono due mondi così paralleli che non cozzeranno mai, insieme.
"Sono caldi, caldi" Disse Louis, la prima volta che aveva tentato di fare il cuoco, con una strana scintilla a illuminare gli occhi azzurri. Harry non rispose immediatamente; li osservò con piglio, prima il piatto di cannelloni e poi il migliore amico.
I cannelloni erano il suo piatto preferito, eppure non sapeva sarebbe morto per qualcosa che amava. Ma, soprattutto, per mezzo delle buone — quanto cattive — intenzioni del suo migliore amico.
"Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?" Chiese, ricevendo da Louis uno scappellotto tra capo e collo.
"Affogati, idiota" Gli rispose seccato, poi, come se gli stesse facendo ingurgitare del veleno.
Harry si grattò il capo, esitante. Inghiottì velocemente la saliva in eccesso, quella volta, e osservò di nuovo gli occhi di Louis, spaventato, e poi il piatto, inorridendo.
Respirò a fondo, infondendosi coraggio, come se quello fosse uno dei compiti più difficili da compiere. Infine lo assaggiò, pronto a sputare qualora facesse schifo.
"È... buono!" Commentò, incredulo, con le iridi verdi spalancate, mandando giù il primo boccone.
Louis sorrise, orgoglioso, e l'osservò, fiero e fomentato.
"Sono quelli surgelati, vero?" Gli chiese, burlone, Harry, osservando il forno fumante dietro le spalle dell'altro, con un sorriso altrettanto sarcastico.
Louis aveva semplicemente cambiato tonalità, arrossendo, abbattuto, prima di ammettere la sua disonestà.
"Fottiti"
"Con i cannelloni caldi, caldi? Allora mi vuoi veramente male..."
O per lo meno, lui e la buona cucina non cozzano bene come Louis e Harry.
Sì, perché Harry e Louis cozzano alla perfezione insieme.
O almeno, così mi immagino che siano: migliori amici che vivono insieme e si rendono felici e che cozzano perfettamente. In che modo non ci è dato, ancora, saperlo.
E nonostante i cannelloni surgelati, Harry lo apprezza perché Louis ci prova.
Quindi diviene un gioco da ragazzi perché anche Louis, infondo, lo accetta così com'è.
Per esempio, usciamo dalla cucina e pensiamo ai due ragazzi: se Harry vuole girare per casa mezzo nudo, Louis non dice nulla, adesso. Anche perché, lo sappiamo tutti che Harry è sempre stato abituato a girovagare svestito per casa e lo fa perché si sente libero, come le rondini sul suo petto. Chi ha a che fare con lui almeno un po', questa sua particolarità la conosce. Sa che Harry ha sempre adorato girare per casa come mamma l'ha fatto — ergo con le chiappe al vento, come le rondini disegnate sul suo petto. Soltanto che Harry non sa che gli altri sanno e che, per la precisione, Louis sa.
O meglio, probabilmente Harry pensa che Louis sa del suo vizietto, ma sicuramente non pensa che Louis lo accetterebbe, quel maledetto vizietto... — che confusione...
Il problema, secondo me, è che Harry ha sempre creduto che andando ad abitare con Louis, poi, avrebbe dovuto limitarsi in certe abitudini. Per farla breve: niente rondini — o chiappe — al vento.
Così, prendiamo un giorno a caso da quando convivono: il primo.
Harry è partito con tutte le buone intenzioni quel giorno. D'altro canto non ci sarebbero dovute essere grosse difficoltà, questo ha pensato Harry. Per 'sfogarsi', per sentirsi libero gli sarebbe bastato chiudersi in camera, spogliarsi e lasciare, così, che le rondini — sì, le rondini — volassero libere. Facile, ha pensato.
Non lo è stato affatto, facile.
"Tutto bene?" Gli chiese Louis, bussando alla porta della sua stanza. Harry, saltato in aria dallo spavento e colto in flagrante, si era coperto, alla meglio, le parti intime con entrambe le mani — invano; e si era girato verso la porta, rigorosamente chiusa a chiave, con gli occhi sbarrati e le chiappe al vento.
Louis aveva poi provato ad aprire la porta, ma fortunatamente per Harry la trovò chiusa.
"S-sì" Balbettò, urlando con una vocetta stridula e muovendosi a destra e a manca.
"T-tutto bene, sto disfacendo la valigia" Continuò, tentando di ricordarsi dove avesse gettato i suoi boxer nel fomento di spogliarsi.
Dall'altra parte della porta Louis aveva alzato un sopracciglio, per poi parlare: "E c'è bisogno di chiudersi a chiave per farlo?"
Non aveva ricevuto risposta, Louis.
"Non dirmi che ti stai già segando. Cristo, siamo appena arrivati!" Lo derise Louis, allontanandosi dalla stanza di Harry, ridendo e facendo baccano.
Come spiegarlo, quindi, a Louis che il problema di Harry non sono altro che le 'cattive abitudini dure a morire'?
Non sa da dove iniziare per spiegarlo, ma l'errore di Harry è fondamentalmente uno: l'incoscienza di non sapere che Louis sa già del suo piccolo difettuccio. E non sapendolo, Harry, ha ancora tutte le buoni intenzioni per farle diventare dignitose, quelle vecchie abitudini.
Due, tre, quattro giorni. Una settimana, due, tre...Poi è scoppiato, il piccolo Harry. Come una pentola a pressione, che borbotta, sbuffa e fuma.
È scoppiato, Harry, esattamente come una pentola a pressione.
Si è sventolato goffamente la maglietta, nel tentativo di resistere. Ha indossato pantaloncini corti, sebbene fossero ancora ben lontani dalla primavera. Ma niente ha funzionato davvero, è scoppiato come una pentola a pressione dimenticata sul fuoco.
"Donna, hai le vampate?" Gli chiese Louis, sarcastico, stravaccato sul divano e con tutta l'intenzione di guardare la Tv.
Harry, però, aveva neutralizzato tutte le sue buone intenzioni di estraniarsi dalla realtà, per almeno un quarto d'ora, passandogli ripetutamente davanti allo schermo, esagitato e in piena crisi — Sì, in piena crisi d'astinenza dalle sue cattive abitudini.
Si era sventolato con la maglia, accorciato i pantaloncini già fin troppo corti, sbuffato e di nuovo sventolato. Tutto questo facendo avanti e indietro davanti alla Tv.
"Và a farti fottere" Gli rispose quell'altro, a denti stretti, salendo nella sua stanza e richiudendosi velocemente la porta alle spalle in un tonfo sordo.
Era sempre un piacere, per Louis, essere mandando a farsi fottere da Harry.
"Voglio i diritti su quella citazione" Lo beccò Louis, beffeggiandolo, ora, che ne aveva l'occasione.
Che poi mi vien da pensare: Non per niente Harry ha due rondini disegnate sul petto! Le chiappe non sono propriamente un bello spettacolo come tatuaggio. E sì, Harry ha il buon senso di saperlo, secondo me, visto che si tatua qualsiasi cosa da quando ci ha preso gusto — ma questo lo fanno un po' tutti, in realtà.
Insomma, scoppiando, il piccolo Harry ha rinunciato. Perché in gabbia non ha mai saputo starci — gabbia che si è perfino tatuato, tanto per ricondurre il discorso a ciò che si è detto sopra.
Perché l'astinenza non è mai stata di casa Styles. C'ha provato, Harry, ma ha fallito.
In fondo quella è anche casa sua, deve essere se stesso — si è giustificato, mentre attuava il piano. E Louis è il suo migliore amico, perciò deve abituarsi. Deve accettarlo, ha continuato a blaterare, mentre tirava su le basi del suo piano geniale.
Harry non lo pensa, dopotutto, che Louis sa. Altrimenti non avrebbe creato un piano per farsi accettare, altrimenti non si sarebbe fatto tutte quelle pippe mentali, altrimenti starebbe già vagando nudo per casa.
Quindi, essendo all'oscuro del fatto che Louis lo conosce fin troppo bene, Harry ha iniziato ad abituarlo un poco alla volta — ecco il suo piano.
Perché ci tiene al suo migliore amico e perché, pensa Harry, dimostrargli ciò che è, dal giorno alla notte, sarebbe sconsiderato e, pensa Harry, Louis potrebbe etichettarlo come maniaco se, da un momento all'altro, iniziasse a girovagare per casa come mamma l'ha fatto.
Così Harry ha stilato le sue mosse.
Un passo alla volta, pensa Harry, e guadagnerà la libertà. Un passo alla volta, si ripete, e inizia col girare scalzo per casa.
Le scarpe e le ciabatte non sa più che cosa siano, Harry. E Louis è parso tranquillo, quasi come se non si rendesse conto della differenza.
"Le soddisfazioni si conquistano un passo per volta" Confessò nel silenzio che circondava la casa, davanti alla colazione.
Louis l'aveva squadrato, accigliato. "Sei già ubriaco alle otto di mattina o cosa?" Chiese, tra una cucchiaiata e l'altra.
"Cosa" rispose Harry, mentre anche i suoi occhi avevano iniziato a "ridere" - eliminando così ogni sorta di dubbio dalla testa di Louis.
"Và a farti una doccia, e che sia fredda. Non ti voglio così" Continuò, ridendo sarcastico. "Poi ti accompagno alle riunioni degli alcolisti anonimi" Concluse, ficcandosi una carota in bocca, prima di iniziare a sparecchiare.
Harry aveva riso, di nuovo.
Peccato che Louis non fosse mai stato tanto serio come in quella situazione. O quasi, visto che Louis non era mai veramente serio.
"E com'è che mi vorresti, invece?" Chiese, malizioso, in un sussurro all'orecchio dell'altro. Louis era sussultato sul posto: Quando quel gatto ruffiano si era avvicinato tanto?
"Lucido, dobbiamo andare a registrare" Tentò di dire, esulando l'idea che Harry stesse dietro le sue spalle, con pochi centimetri di distanza a dividerli. "Stoni quando sei sbronzo" Esalò, sorridendo a stento.
Eppure averlo così vicino lo faceva stare bene, come se, esausto dopo una lunga separazione, quel leggero contatto lo rinvigorisse.
"Oh, pensavo parlassimo di posizioni..." Lo schernì Harry, allontanandosi come offeso da ciò che gli era stato appena detto. Quel mattino era particolarmente ilare. Louis sorrise, alzando gli occhi al cielo e sospirando.
Far cadere quel discorso con una risata ambigua era il passo giusto da fare. Andare oltre, invece, era decisamente sbagliato — aveva deciso.
"Se devo essere anonimo, dovrò trovarmi un altro nome?" Chiese Harry, burlone, poco dopo, seduto sullo sgabello mentre beveva il succo che Louis aveva già preparato per lui.
"No, penso che 'idiota' vada bene" Rispose, piccato.
Aveva appena fatto un passo indietro in un discorso andato troppo oltre. E, ora, ne aveva compiuto uno in avanti per un altro dove la "normalità" della loro amicizia non era ancora messa a repentaglio.
Sospirò, nuovamente, Louis, mentre saliva le scale e abbandonava Harry in cucina.
Quando aveva preso la decisione di abitare con il suo migliore amico, era sicuramente sotto l'effetto dell'alcool, di sostanze stupefacenti o qualsiasi altra cosa che lo avesse condotto in quelle condizioni. Perché da lucido, da sano, lo sapeva, non avrebbe mai deciso di compiere un passo così avventato.
Eh, in vino veritas. O, meglio, in 'qualsiasi altra cosa' veritas.
Tuttavia Louis sapeva di mentirsi. Erano state altre "cose" che l'avevo condotto a scegliere Harry come coinquilino.
Harry si sente già più se stesso da quando cammina scalzo per casa — mi viene da pensare.
E, così, continua con il suo piano.
È passato dal girovagare scalzo al farlo senza pantaloni, restando in boxer e canottiera. E anche così conciato Louis appare tranquillo, lo accetta; lo guarda, alza un sopracciglio, lo saluta o dice qualcosa, lì per lì inerente al contesto, ma fa finta di nulla. Forse ride e scherza come il suo solito. Forse.
Harry aveva indossato le sue mutande preferite per inaugurare il passo successivo del suo piano geniale, intitolato: "Come far accettare a Louis la sua cattiva abitudine".
L'aveva fatto una mattina di gennaio, quando faceva ancora freddo e la pelle di conseguenza si raggrinziva.
Louis aveva addosso il suo normalissimo pigiama, al caldo, e stava mangiando i suoi cereali, assonnato e svogliato. Harry era sceso in cucina con indosso una canottiera estiva e i suoi boxer preferiti: verdi fosforescenti.
Louis l'aveva osservato con sguardo vacuo, prima di strabuzzare le iridi azzurre e accigliarsi alla vista di Harry e di quel paio di mutande, che avevano tutta l'aria di non voler passare indifferenti.
Poi Louis si era quasi strozzato con il proprio boccone. Tossì rumorosamente, stava per morire, ma, alla fine, si era salvato.
"Accidenti" Disse, alzandosi dallo sgabello per buttarsi sul lavabo e dare, così, le spalle al coinquilino.
Louis aveva iniziato a notare la lenta regressione di Harry nella battaglia: "Harry vs i vestiti: chi la dura la vince"; e aveva perfino notato che stesse vincendo Harry. Ma ritrovarselo in quello stato, proprio quella mattina, no, non l'aveva minimamente immaginato.
"È tutta una questione di... ormoni."Si disse, senza farsi sentire dall'altro, prima di correggersi: "...d'abitudine, d'abitudine".
Poi si era ricomposto, si era girato verso Harry e gli aveva sorriso, indicandogli la sedia che aveva davanti.
"Tu e il tuo vizio di ingozzarti..." Lo imbeccò, allora, Harry con nonchalance, avvicinandosi a lui con un sorriso sereno sul volto. Lo afferrò velocemente per i fianchi, mentre Louis nel frattempo si era girato nuovamente verso il lavabo, e gli aveva dato un leggero bacio sulla guancia.
Erano migliori amici, Harry e Louis. E si dimostravano sempre l'affetto che entrambi provavano per l'altro.
Louis a quel punto, però, già stranito da quello strano inizio di mattinata, si era irrigidito, come qualcosa nel basso ventre del suo coinquilino, che si era avvicinato decisamente troppo finendo per sfregargli addosso quella cosa rigida e dura.
"Tu e la tua abitudine di girare mezzo nudo" Avrebbe voluto ribattere Louis.
Quella era la battaglia di Harry contro i suoi vestiti o, all'insaputa di Louis, era diventata la battaglia contro i suoi ormoni instabili?
"Và a farti fottere" Affermò, invece, ridendo.
Alla fine, Louis concludeva sempre in quel modo la conversazione con il suo migliore amico.
E d'altro canto era sempre un piacere, per Harry, essere mandando a farsi fottere da Louis.
"Buongiorno anche a te" Aveva risposto, staccandosi di malavoglia dal corpo di Louis e sedendosi sullo sgabello.
Sì, dunque, dicevamo?
Ah, che Louis e Harry sono solo migliori amici. Certo.
Uno dei due, o forse entrambi, però, ha il testosterone sballato. Dovrebbero, perciò, farsi entrambi un controllo, secondo me.
Dopo quella strana reazione, ho immaginato che Harry abbia preso la decisione che la reazione di Louis sia andata a buon fine e perciò di proseguire con la mossa successiva - ovvero quella di togliersi la canottiera, rimanendo in boxer. I calzini, le scarpe, i pantaloni o pantaloncini e le magliette o cannoniere non sa assolutamente cosa siano.
È libero, Harry, di essere se stesso. E vive con Louis, il suo migliore amico.
E Louis pare tranquillo, anche questa volta; l'accetta, la sua cattiva abitudine. Lo guarda, sempre più scettico, alza un sopracciglio — magari — o indugia, allarmato e colto alla sprovvista, sulle sue rondini. Ma non dice nulla. Gli va bene.
Il passo successivo del piano di Harry trovò il suo riscontro il pomeriggio di un venerdì.
Non era voluto, in realtà, e Harry si era giustificato con "Il fato", quando uscendo dalla doccia e, quindi dal bagno, con soltanto addosso un asciugamano a cingergli la vita, incontrò Louis, che passava di lì per dirigersi verso la lavatrice.
I capelli ricci e bagnati facevano ricadere delle piccole perle d'acqua lungo tutto il suo ventre piatto, creando una pozzanghera a terra, che sicuramente Harry non avrebbe ripulito.
Si studiarono, senza parole.
"Capisco sempre di più perché Liam ci tenga a quel soprannome, Hazza" Aveva ironizzato Louis, voltandosi a guardare altrove — era imbarazzato?
I capelli scarmigliati e bagnati, ora di un nero scuro, perfino un po' appiattiti, lo rendevano veramente un piccolo Tarzan.
E Louis si impegnò a non pensare che Zayn avesse ragione a pensare che se si voleva conquistare una ragazza, non bisognava avere mai — MAI - come compagno Harry Styles.
Harry aveva fatto spallucce e aveva sorriso, grattandosi il capo goffamente, incamminandosi verso Louis.
E Louis era rimasto imbambolato a osservare le rondini nel petto dell'altro — sì, proprio quelle.
"Stai per fare la lavatrice?" Sussurrò Harry, fermandosi a pochi passi da Louis.
Louis, finalmente, tornò alla realtà, guizzando gli occhi azzurri in quelli verdi dell'altro. Poi annuì, come un perfetto beota, cercando di darsi un contegno. Sorrise, facendo una smorfia mal riuscita.
Eppure lui non era mai stato così, Louis era sempre il ragazzo dalla battuta pronta, quello giocoso. Chi era invece quel ragazzo imbambolato e sciocco che non aveva nemmeno le capacità mentali di proferire parola?
E Harry, dall'altra parte, lo osservò con il puro divertimento a imporporare il suo viso fanciullo. Perché Harry, a differenza di Louis, era sempre stato così sfrontato e burlone.
Nella sua mente, poi, aveva iniziato a vagare un unico pensiero nitido: "Aveva fatto trenta, perché non fare trent'uno?"
"Sì, devi lavare qualcosa anche tu? Sto facendo i panni colorati..." Gli rispose Louis, girandosi a guardare altrove — di nuovo.
Purtroppo per Louis, però, quella era stata decisamente l'unica domanda da non porgere a un ragazzo abituato alla nudità. Soprattutto se l'asciugamano che indossava era di un viola tenue e, quindi, colorato, come i panni che Louis stava per mettere a mollo.
Il sorriso di Harry, difatti, si era aperto maggiormente, esattamente come l'asciugamano che copriva il suo tutto.
"Sì, questo. Grazie"
E Harry Styles aveva finalmente portato a termine il suo piano. Aveva condotto Louis ad accettare — con forza — la sua brutta abitudine. Aveva vinto.
Glissò il migliore amico e proseguì verso la sua stanza con un sorriso soddisfatto stampato in volto.
"Ehi, maniaco! Torna subito indietro a pulire la pozzanghera!" Urlò Louis, improvvisamente irato, ma con tono ilare.
Ad ognuno le proprie vittorie. Quella di Louis era stata osservare Harry in déshabillé, mentre si appropinquava a ripulire, come gli era stato ordinato.
"E sarei io, il maniaco?" Ironizzò Harry, mentre puliva, senza nemmeno voltarsi verso Louis per accettarsi che ciò che stesse dicendo fosse vero. "A me sembra il contrario". Continuò, sarcastico, trattenendo le risa.
E Louis aveva riso a quella battuta, come Harry.
Perché entrambi stavano soltanto scherzando. Sì, perché Harry e Louis erano soltanto migliori amici.
"Ti prego, rimettiti un paio di mutande" Lo supplicò, alla fine, Louis, ridendo ancora.
"Non riesci proprio a togliermi gli occhi di dosso, eh?"
Da quella volta in poi, Harry è stato se stesso nella propria casa. E Louis lo ha accettato in tutte le sue cattive abitudini.
Da quella volta in poi, Louis, ha iniziato a chiamare Harry: "Maniaco", ogni qual volta se ne prestasse l'occasione.
Eppure, lo conosciamo Louis. Non è di certo il tipo che perde l'occasione di una bella scenetta divertente. No, lui è il Peter Pan, il ragazzino che non vuole crescere... Perciò, secondo me, dopo la conquista di Harry, Louis deve averne combinata una delle sue.
Deve esserci qualcosa.
E, difatti, c'è. E Louis l'ha chiamata: "la vendetta contro il maniaco".
Tornando a casa, Harry aveva già iniziato a spogliarsi con l'intenzione di farsi una doccia. Si era condotto in cucina, pensando di trovare Louis lì, data l'ora, e si era bloccato sul ciglio della porta, esterrefatto dalla visione che gli era stata proposta davanti.
Aveva tante volte preso in giro la faccia sconvolta di Louis quando girava con nonchalance nudo per casa; aveva tante volte riso per la sua poca capacità di interloquire, quando lui, nudo, lo prendeva in giro dicendo cose che lo imbarazzavano ancora di più.
E, ora, quello imbambolato, senza la capacità di spicciare parola era lui, Harry Styles.
Harry, al cospetto di un Louis completamente nudo e disinibito, aveva perso sia la facoltà di parola sia l'aria da sbruffone.
E Louis, soddisfatto e divertito, lo aveva salutato con "La vendetta è un piatto che va servito freddo" avvicinandosi al migliore amico con un piatto di cannelloni freddi e un sorriso malizioso e cospiratorio, che aveva tutta l'aria di non volersene più andare sul suo volto; il Peter Pan, il ventenne che non sarebbe mai cresciuto, aveva giocato la stessa carta di Harry e aveva vinto.
"Bon appetit, Hàrry" Disse in un fintissimo accento francese.
Quella era stata anche la prima e vera volta in cui Harry aveva potuto vederlo totalmente nudo.
E "Un bello spettacolo", aveva pensato.
Louis e Harry sono due migliori amici che si divertono a provocarsi, a spogliarsi per vendicarsi, per divertirsi, o per non sentire gli anni che passano e che li rendono più grandi, più adulti. Sono due persone che si scambiano sguardi maliziosi, sebbene di indicibile non abbiano nulla — a detta loro.
Sono soltanto questo, Harry e Louis, migliori amici che si provocano.
Ed è chiaro, quindi, che secondo me nemmeno Louis sia questo stinco di santo.
Com'è quel detto? Dio li fa e poi li accoppia. Ecco, Dio li ha creati, Harry e Louis, e poi ha deciso di farli andare a vivere insieme. Perché sono migliore amici, certo, non tiriamo in ballo Dio in argomenti compromettenti... Non mi permetterei mai!
Cosa? Blasfemia? E cos'è? Qualcosa che si mangia?
Ma non è finita qua. Perché Harry avrà il difetto di non sapersi tener addosso due indumenti per più di mezza giornata, ma anche Louis non scherza. Anche Louis ha qualcosa da farsi perdonare, oltre alla sua propensione di divertirsi con poco - questo infatti è niente in confronto ai suoi difetti.
Ad esempio, di peggiore c'è il suo disordine.
I suoi boxer sono ovunque, non c'è luogo dove non ci siano. Giusto un posto è libero dalla condanna, giusto l'unico in cui dovrebbe essere pieno delle mutande di Louis: il suo cassetto. È immacolato. E Harry è fin troppo menefreghista per dirgli di darsi una controllata, perciò il disordine di Louis, quello mentale e fisico, è libero e ingovernabile — come le chiappe e le rondini, esattamente.
Soltanto una volta Louis si era pentito di essere disordinato. La volta in cui Harry aveva indossato un paio dei suoi boxer.
Non ci faceva più caso, quando Harry gli passava accanto mezzo svestito. C'aveva fatto l'abitudine, ormai; ma quando Harry, quella mattina, gli era passato accanto fischiettando un motivetto a ripetizione, nella testa di Louis qualcosa si era insinuato fastidiosamente, richiamandolo all'attenzione verso le parti intime di Harry Styles.
Così, Louis aveva osservato il coccige dell'altro, cercando cosa non quadrasse. Se Harry si spostava a destra, gli occhi azzurri di Louis lo seguivano in quella direzione, e lo stesso se Harry si spostava a sinistra: Louis gli stava fissando con insistenza assidua il sedere.
E Harry se ne era accorto, dopo un po'.
"Da quando hai un'ossessione per il mio culo?" Gli chiese, a quel punto, con un sorriso piccato sul volto.
"Le mutande" Sembrò correggerlo Louis, senza staccare gli occhi dalle parti intime di Harry che, ora, si era girato a osservare il migliore amico con le braccia conserte.
"Sì, le mutande che coprono il mio bel culetto, vero maniaco?" Proseguì Harry, ridendo.
Ma Louis non ne voleva sapere assolutamente di ritornare in sé per smetterla di fissarlo.
"Sì..." Disse, studiando ancora la parte succinta.
"AHHH!" Urlò, poi. "Quelle sono le mie mutande!" Continuò, indicandole e spostando — finalmente! — lo sguardo verso gli occhi verdi e divertiti di Harry.
Certo, chi altri poteva avere delle mutande a righe? Solo uno con la fissazione per quel motivo, ergo Louis Tomlinson.
"Davvero? Son le tue? Eppure le ho trovate nella mia stanza..." Asserì, sincero, Harry, tornando a fare ciò che aveva interrotto.
Louis sbuffò, esterrefatto. Sapeva che Harry aveva ragione, che non stava mentendo. Era probabile, infatti, che le sue mutande fossero ovunque, in quella casa, tranne che nella sua stanza, o meglio nel suo cassetto.
"Sei un maniaco, sapevo che avevi un'ossessione per me, ma arrivare a rubare e a metterti le mie cose..." Ribadì, allora, Louis divagando sullo scherzo.
"Mutande" Lo corresse Harry, girandosi a guardarlo per un istante. Gli occhi incredibilmente accesi dal divertimento. Louis li fissò, seccato.
"Peggiori la tua situazione così, maniaco" Ironizzò, mentre si avvicinava all'altro.
"Io piuttosto penserei al come ci siano arrivate le tue mutande nella mia stanza" Affermò Harry, dando le spalle a Louis per incamminarsi verso il lavabo.
Harry Styles non era mai stato così sagace in vita sua, da quando aveva iniziato? Louis se lo chiese mentre rideva e gli si avvicinava.
"Le hai rubate, facile" Lo provocò, nuovamente. "Sei proprio un maniaco" lo canzonò con tono malizioso.
"O, forse, le hai semplicemente dimenticate" Buttò, lì, Harry, girandosi a guardarlo, perché una scena del genere non poteva di certo perdersela.
Aveva sempre l'ultima battuta con Louis, l'ultima battuta maliziosa che faceva scoppiare il suo coinquilino come fosse una pentola a pressione.
Sì, Louis non ricordava affatto il momento in cui Harry fosse diventato così particolarmente perspicace.
"Và a farti fottere"
"Con le tue mutande non mi si piglierebbe nessuno"
Non c'era nulla da fare: l'ultima battuta, in casa Stylinson, spettava sempre e comunque a Harry.
"Ma con il tuo bel culetto, forse, hai qualche chance lo stesso" Aveva risposto Louis.
O forse no, qualche volta, in quella casa, l'ultima battuta era toccata anche a Louis.
Harry accetta Louis e il suo disordine. E questo perché Louis accetta Harry e il suo ascendente nell'incendiare la cucina, quando si dimentica la roba che mette sul fuoco; o il fatto che la sua testa sia sempre tra le nuvole — e mai sulle spalle — oppure che si addormenti talmente facilmente da riuscirci ovunque e comunque; o come il suo girare per casa nudo, ma di questo ne abbiamo già parlato.
Perciò, sì, avete capito bene, si ritorna in cucina.
I Tacos. I Tacos sono il rimedio dopo essersi svegliati troppo presto — e per presto si intende: mezzogiorno meno dieci o giù di lì.
I Tacos sono il rimedio giusto per qualsiasi problema, per Harry Styles. Soprattutto se Harry non riesce a dormire perché lo stomaco gli brontola rumorosamente.
Così il ragazzo si alza dal letto, mandando al diavolo ogni presupposto di passare l'intera mattinata a dormire, scosta le coperte e si infila un paio di boxer. Si arruffa i capelli, tentando di dargli un senso — che, purtroppo, non avranno mai — e guardandosi allo specchio, Harry nota che i suoi capelli sono particolarmente lisci, quella mattina, lisci e leggermente arruffati sulle punte.
Quella è una brutta giornata, pensa, glielo dicono i suoi capelli, mentre esce dalla sua stanza e si dirige in cucina.
La casa è silenziosa, Louis deve essere già uscito ma non si chiede, affatto, dove sia. Non gli interessa.
Ciò che importa in quel momento è soltanto una cosa: il suo stomaco deve smetterla di brontolare, così potrà tornarsene a dormire.
Li prepara velocemente, i Tacos, perché è abituato a cucinare.
Harry Styles, però, non ha calcolato una cosa: la sua capacità di addormentarsi — anche quando ha sonno, nonostante la fame — ovunque e in qualsiasi posizione.
Pertanto, quando, tutto sporco di farina, getta il risultato dei suoi sforzi nella padella, prende una sedia, dal tavolo della cucina, e se lo avvicina ai fornelli; poi si siede e attende.
Ogni tanto smuove, svogliato, la padella e con lo sguardo assente, sebbene per i Tacos — in realtà — non ci sia bisogno di aspettare molto affinché siano pronti, Harry ci riesce. Sì, ci riesce ad addormentarsi con il cibo sul fuoco e con il rischio di mandare l'intera casa in cenere.
"HARRY!"
Al terzo tentativo, Louis era riuscito a far scattare in piedi il suo coinquilino che, accidentalmente, stava garantendo affinché la cucina andasse a fuoco.
"Ma che diavolo?! I miei TACOS!" Aveva piagnucolato, a quel punto, Harry, mettendo a fuoco — nel vero senso della parola — la situazione, mentre Louis con un panno e una brocca d'acqua tentava di spengere il piccolo incendio.
"Certo, preoccupati del cibo! Ottimo spirito d'osservazione, zuccone" Disse, tagliente, mentre lo fulminava con lo sguardo e gettava l'acqua sull'ultimo piccolo fuocherello.
"I Tacos..." Ripeté, lagnandosi e avvicinandosi in fretta al frigorifero.
L'altro sbuffò mentre l'idea di non poter lasciare quella casa nemmeno per poche ore, perché altrimenti questa sarebbe finita in cenere, balenava nella sua testa senza esclusioni di colpi.
"Si può sapere come fai ad addormentarti ovunque? Se non fossi arrivato in tempo..." Aveva iniziato Louis, mentre Harry osservava con sguardo vacuo all'interno del frigorifero.
"Sei arrivato, perciò smettila" Rispose Harry, burbero e rassegnato. Louis strabuzzò gli occhi.
"Forse non ti rendi conto della gravità, zucca vuota" Tentò Louis, avvicinandosi al ragazzo per afferrargli un polso e girarlo, così, verso di lui.
Due cose Louis aveva l'abitudine di fare quando parlava con una persona, ma soprattutto con Harry: toccarlo, ovunque e sempre — anche quando la situazione quasi lo proibiva — e guardarlo negli occhi con sincerità — troppa sincerità.
Due cose Harry, puntualmente, detestava di Louis, che lo toccasse quando lo obbligava a osservarlo e che Louis non capisse quando non era giornata per discutere.
Così, quando Harry si voltò, obbligato dalla presa del migliore amico, lo fece seccato e di malavoglia e Louis se ne accorse, immediatamente.
Perché Harry, per lui, era un libro aperto.
"Dobbiamo andare a fare la spesa" Disse atono Harry, chiudendo di scatto il frigorifero con il braccio libero.
"Potevi farti male sul serio se non fossi arrivato..." Aveva insistito Louis, preoccupato, cercando le iridi di Harry che, quella mattina, erano tendenti al grigio.
Mentre aspettava che l'altro rispondesse lo osservò: occhi grigi, capelli lisci — più del solito — e scompigliati — come al solito — e viso imbronciato. Da ciò dedusse velocemente che quella fosse una giornata "no" per il suo migliore amico.
D'altra parte per Harry il mondo era così, o bianco o nero. Spesso rideva, lanciava frecciatine maliziose a sfondo erotico, altre era con il morale a terra, burbero e diffidente. Louis ci era abituato, sebbene fosse sempre difficile trattare con lui quando la Luna era storta.
"Appunto, dov'eri? Magari nemmeno sarebbe successo se fossi stato a casa..." Aveva risposto, accusandolo, mentre deviava lo sguardo attento di Louis.
A volte Harry parlava in modo avventato, dicendo cose senza pensarci più del dovuto. A volte.
Quest'ultimo rise, incredulo; risata che fece girare Harry dalla sua parte con sguardo ancora più ostile — se possibile.
"Ora mi stai dando la colpa per essere uscito?" Chiese, stringendo la presa sul braccio.
"Dobbiamo andare a fare la spesa" Ripeté Harry, che forse non aveva voglia di litigare e non sapeva nemmeno cosa stesse dicendo.
"Bene, visto che parliamo di assurdità: se non avessi mandato a fuoco i tuoi Tacos non ci sarebbe stato bisogno di fare la spesa!"
Quella discussione, dopotutto, non aveva poi molto senso. Eppure Harry e Louis litigavano spesso per motivi assurdi e senza senso.
"Ah sì? Perfino se la tua scorte di carote è finita?" Lo provocò, tagliente.
Louis strabuzzò gli occhi e allargò la bocca, lasciando la presa sul braccio di Harry.
"COSA? LE MIE CAROTE, HARRY? Ti avevo detto che erano offlimits per i tuoi stramaledetti Tacos!" Urlò, spintonando il ragazzo e aprendo con furia il frigorifero.
Alla costatazione che le parole di Harry fossero la verità, sbuffò indispettito e si girò verso il migliore amico — tendente all'ex — con sguardo omicida.
"Sono l'ingrediente perfetto per i Tacos" Rispose Harry con lo sguardo da cucciolo indifeso, mentre si grattava il capo, esitante; questa era la tattica che utilizzava sempre quando, al limite dell'esasperazione di Louis, si rendeva conto che usandola evitava molti guai.
"No, non attacca quello sguardo da cane bastonato! Non solo hai usato le MIE carote, le hai anche bruciate!" Aveva continuato Louis, avvicinandosi a Harry con l'indice puntato verso di lui. "MAI, mai, fare spreco delle carote" Affermò, serio, nonostante trattenesse a stento — perfino lui — le risate; perché anche per Louis quella situazione, vista da occhi esterni, sarebbe apparsa assurda ed esilarante.
Quando gli fu vicino, però, quell'indice andò contro il petto di Harry, al centro del petto, tra le rondini, con tutta la forza e la cattiveria che Louis possedeva in circolo. "Tu. Fuori. Spesa. Carote. ORA."
Si osservarono, attenti e sconcertati.
Si studiarono, seri, e rimasero in silenzio. Troppo vicini.
E, nella tacita osservazione di entrambi, si fissano le labbra. Perché sia Louis che Harry, quando discutono, non fanno altro che osservarsi le labbra.
Il motivo è semplice, la passione è un istinto emozionale che ti travolge senza esitazione; ed è così anche per la rabbia.
Sono adolescenti, Louis e Harry, che travolti da un momento di rabbia come quello, vengono trascinati dalla passione — e che sia rabbiosa è poco importante, sempre di passione si parla.
Quindi, arrabbiati e frustati, si osservano le labbra, sempre. Come se da un momento all'altro dovessero baciarsi.
Però non si baciano mai, perché Louis e Harry sono soltanto migliori amici.
"Non..." si schiarì la voce, spostando lo sguardo altrove "dovremmo fare una lista, prima?" Continuò, quasi con costrizione, Harry, tornando esitante sulle iridi azzurre di Louis e interrompendo quell'idilliaco — sotto certi punti di vista — momento.
'Non. Guardare. Le. Labbra. Non. Guardarle.' Si ripetevano entrambi.
Come se osservare quegli occhi fosse più semplice, poi.
"Lo sai che tendo a dimenticarmi le cose..." Continuò mantenendo lo stesso sguardo da cucciolo di Labrador in piena crisi d'abbandono e facendo un passo indietro.
Louis lo osservò ancora, bieco, e con il respiro affannato. Nessuno doveva toccargli le carote. Ma, poi, nonostante ce la avesse messa tutta per non scoppiare in una risata isterica, non resistette e rise.
Perché era questo che Harry provocava in lui: rabbia inverosimile e risate nei momenti meno opportuni.
Quello sguardo, poi, era stato così carico di emozioni inespresse che Louis non ce la faceva proprio a mantenere il broncio per più di due minuti.
All'insicurezza di non sapere come avrebbe reagito, qualora Harry si fosse avvicinato piuttosto che distanziato, rideva e osservava il cucciolo indifeso, stupito; il quale ricambiava lo sguardo con sgomento, prima, e in un accenno appena percettibile d'ilarità, poi.
Perché Harry era così, vedeva bianco o nero. Tuttavia nelle giornate nere a mantenersi bianco era soltanto Louis. Louis, che era capace di fargli passare via il peggiore dei malumori.
E poi se il modo di vedere la vita di Harry, in bianco o nero, cedeva in un grigio con sguardi come quelli — e risate come quelle — allora Louis poteva cambiare per Harry, per il suo migliore amico. Sebbene fosse arrabbiato e in collera per il pasticcio, con quello sguardo, con quell'ammenda taciuta, poteva dimenticare e ridere.
Così dopo un po' di esitazione, risero entrambi, guardando il disastro che Harry aveva combinato.
Dopo di che, stilarono la lista della spesa. "Scrivi le carote" Aveva detto Louis, fingendo di essere ancora seccato, mentre buttava il panno nero e sporco nella spazzatura e asciugava velocemente la cucina.
Perché un altro difetto di Louis, come avrete avuto modo di intuire, e come naturalmente già saprete, sono le carote.
Un difetto perché sono un'ossessione; perché Louis è arrivato a volere una scorta in casa per evitare che finiscano prima del tempo.
E Harry, per dispetto, spesso si applica nel finirla, quella scorta, nonostante lui non ci vada pazzo per le carote. Anzi, Harry giura che è arrivato a odiarle, le maledettissime carote, perché se Louis compilasse una lista delle cose che ama di più metterebbe senza dubbio queste al primo posto e poi, forse, forse verrebbe lui, il suo migliore amico.
È sempre stata una lotta impari, quella tra Harry e le carote. Una lotta che avrebbe sempre portato avanti, speranzoso di vincere almeno una volta.
"Farina, uova, pollo, guanciale, spaghetti..." Iniziò Harry, rileggendo la lista per vedere se nel carrello ci fosse tutto, mentre si dirigevano verso l'auto.
Louis si girò a guardarlo con gli occhi sbarrati e agghiacciato da un'idea folgorante, bloccando perfino il carrello che aveva trascinato svogliato verso la macchina.
"Le carote!" Aveva urlato, ricordandosi, come il pessimo dei traditori che dimentica l'anniversario della moglie, di essersi scordato la sua scorta infinita di carote.
"Ops" Rispose Harry, avvicinandosi la mano alla bocca, che già si era aperta in un sorriso beffardo. "Ho dimenticato di scriverle sulla lista" Mentì spudoratamente, facendo spallucce con disinvoltura.
Harry Styles vs Carote 1 a 0. Per la prima volta Harry aveva un vantaggio sulle maledette rivali.
Era insolitamente riuscito a far dimenticare a Louis, per tutto il tempo della spesa, la passione immortale per le carote e quella notizia rendeva bianco tutto ciò che, aprendo gli occhi, quella mattina, ad Harry era parso completamente nero.
Perché Harry Styles era fatto così, o tutti bianco o tutto nero. Però con Louis era diverso.
Louis era l'unica persona capace di trasformare quel suo 'essere bianco o nero' in un grigio rassicurante.
E Harry aveva sempre odiato il grigio.
Louis lo trapassò con lo sguardo, prima di incamminarsi di nuovo verso l'alimentari. A quanto pareva, però, a Louis la giornata si era inverosimilmente colorata di nero.
Perché per Louis era sempre stato così: amare o odiare il suo migliore amico.
"Dove vai, Carrot?" Lo derise Harry, voltandosi verso il ragazzo.
Ma Louis non rispose, perché dopotutto Harry non aveva poi così tanto bisogno di riceverla, quella risposta.
E Harry non aveva mai adorato il grigio come in quel momento.
Harry e Louis si preoccupano a vicenda l'uno per l'altro.
Così quando Louis ci mette troppo per tornare alla macchina, Harry attende dieci minuti, un quarto d'ora, mezz'ora; sbuffa, mentre i surgelati iniziano a scongelarsi e l'istinto di addormentarsi gli fa desiderare di accasciarsi sul sedile e chiudere gli occhi.
Eppure è preoccupato, Harry, perciò non riesce nemmeno a stare fermo.
Canticchia, gesticola, afferra il telefono e spulcia ovunque, tentando di distrarsi.
Sbuffa, puntella con il piede sul tappetino della macchina. Poi scende e fa qualche passo, avanti e indietro.
Ma di Louis nessuna traccia. "Dove cazzo è finito?" Sbotta, scusandosi poi con una vecchietta che passa di lì, in quel momento, per la volgarità e lo spavento che le ha fatto prendere.
Sì, Harry è capace di mandare una cucina a fuoco senza la minima preoccupazione per la sua incolumità, ma quando si tratta di Louis è tutta un'altra storia. L'agitazione è tutta un'altra storia.
Perciò si guarda attorno, verso l'entrata del supermercato, l'orologio al polso e le buste che ha riposto nei sedili posteriori. Sbuffa e chiude lo sportello con vigore, fin troppo, poi si incammina verso il market.
"Che fine ha fatto Louis Tomlinson?" Pensa. "Sarà scappato con le carote?" Continua a pensare, ridendo divertito —e preoccupato dal fatto che i suoi pensieri possano essere reali.
Ciò che Harry Styles dimentica è l'inclinazione di Louis verso i bambini di età inferiore ai due anni.
Ciò che Harry dimentica è l'incoscienza di Louis nel perdere tempo a fare lo stupido con i bambini.
Ciò che Harry dimentica è che Louis è un bambino nonostante i suoi venti anni d'età.
Quando le porte automatiche gli si spalancarono davanti, Harry non ebbe più dubbi: Louis Tomlinson aveva dei problemi.
E non perché avesse in mano ben cinque confezioni di carote, no, bensì perché Louis stava gloriosamente giocando con un bambino di almeno un anno che, a sua volta, lo fissava meravigliato. Harry si fermò sul posto, incrociò le braccia al petto e attese, permettendosi il lusso di osservarlo da lontano con ingordigia.
D'altronde in quell'assurda inclinazione di Louis, c'erano dei lati positivi. Louis era un incredibile spettacolo da vedere, assolutamente.
"Non so proprio come tu ci riesca, Louis, mio figlio non è mai stato così contento di vederti!" Aveva esclamato la madre, entusiasta, guardando il ragazzo pieno di gratitudine.
Louis aveva sorriso e allungato un dito verso il piccolo all'altezza della bocca. "Cos'è questo broncio? Devo farti ridere con le cattive?" Aveva detto, sorridendo.
Il bambino aveva semplicemente negato con la testa e sorriso, arrossendo.
"Oh sì, invece! I musi lunghi non sono ammessi!" Aveva replicato, prima di prenderlo in braccio di peso — come se fosse un sacco — per fargli il solletico. A quel punto il bambino non si era più trattenuto.
E nemmeno Louis.
Harry sorrise a quella scena.
Dopotutto quell'inclinazione di Louis non era poi così male, anche perché per prendere il piccolo in braccio Louis aveva dovuto buttare a terra le sue carote.
Le sue preziosissime carote.
Sorride Harry, nonostante i suoi capelli siano lisci e le sue iridi incredibilmente grigie. Questo perché grazie a Louis riesce a stare meglio, perché Louis lo fa stare bene.
Eppure, forse per orgoglio - o per altri motivi a noi sconosciuti — Harry non glielo mostra mai cosa Louis è capace di fare al suo umore; né gli mostra i suoi dubbi, le sue incertezze... Semplicemente vive e sopravvive, perché quando la giornata è 'no', Harry vede tutto nero e mai bianco.
Anche se Louis, nella sua vita, è luce e bianco. Sempre.
Louis, invece, è sempre solare. E quando si arrabbia non passa molto tempo prima che torni a sorridere e a vivere. È entrato nel supermercato scazzato con Harry, ma si è già dimenticato.
E non per le carote.
A quel punto Harry si avvicinò, eliminando la distanza che lo separava dal migliore amico.
Louis lo notò subito, con ancora in braccio il bambino sopra la sua spalla, il quale rideva come un ossesso per le attenzioni che il più grande — tra i due bambini — gli stava concedendo.
La madre del bimbo, invece, osservò Harry con un sorriso sereno stampato in volto.
"Ehi, guarda chi ho incontrato?" Lo aveva salutato Louis, con uno dei sorrisi più belli sul suo viso. Difatti, l'ombra dell'arrabbiatura nei confronti del migliore amico era completamente dissolta. Harry annuì e sorrise.
"Salve signora Taylor, come sta?" La salutò Harry con un sorriso di circostanza.
"Oh, Harry, continui a darmi del 'lei', mi fai sentire così vecchia!" Borbottò quest'ultima, afferrandolo velocemente per una spalla, sorridendogli infine. Harry abbassò lo sguardo e sorrise.
Louis, intanto, continuava ad avere occhi soltanto per il piccolo. "Louis, abbiamo i surgelati in macchina, vogliamo andare?" Lo rimproverò poco dopo Harry, grattandosi goffamente la testa.
La signora Taylor guizzò i suoi occhi scuri sul proprio figlio e si incupì. Era sempre un piacere incontrare Louis Tomlinson per il quartiere, perché suo figlio non rideva mai così tanto come quando era in compagnia di quel ragazzo.
"Sì, devo ancora pagare" Aveva risposto Louis, rimettendo a terra il piccolo e afferrando velocemente le sue adoratecarote. "E tu, Michael, non farmi tornare a farti ridere con le cattive maniere, eh?"
Il bambino aveva annuito con più vigore e afferrato velocemente la mano della madre. "S-sì, Lou" Aveva, poi, risposto Michael, puntando gli enormi occhi nocciola sul suo amichetto Louis.
"Arrivederci signora Taylor" Aveva continuato Louis, seguito da Harry.
"Arrivederci cari, ogni tanto passate per il the, mi farebbe veramente piacere"
Entrambi annuirono e si avvicinarono velocemente alle casse.
D'altronde come si può resistere al fascino del 'cucciolo'?
E non sto parlando di Michael, eh. E nemmeno di Harry.
Eh no, ora la scena è di Louis. Louis e la sua inclinazione ad adorare qualsiasi tipo di bambino: capriccioso, timido, esagitato, depresso... Insomma, Louis ha la capacità di divertirsi e di far divertire qualsiasi bambino.
Li adora e lo dimostra. Come dimostra i suoi sentimenti a qualsiasi persona abbia a cuore. Perché Louis è così: ama. Ama sempre e lo dimostra.
E Louis a causa di questa sua inclinazione, secondo me, a volte ha fatto anche delle proposte indecenti a quel povero Harry Styles.
"Voglio un bambino" Aveva affermato Louis, dopo un breve silenzio. Harry scoppiò a ridere, schiaffeggiandosi velocemente il viso, esterrefatto — anche se non più del solito.
"Prima dovresti trovarti una donna" Aveva risposto l'altro, gettandogli un'occhiata carica di sottointesi.
Louis aveva fatto spallucce.
"Cosa me ne faccio di una donna, quando ho te, Harry?" Rispose di slancio Louis, allungando le labbra all'insù in un sorriso felice, prima di gettare le mani sui capelli ricci di Harry per scompigliarli più di quanto già non fossero.
Harry sbuffò, allontanandosi dalla presa del migliore amico.
"Io sono inutile sotto quel punto di vista" Borbottò Harry, tentando di sistemarsi i capelli — inutilmente — mentre procedevano di qualche passo nella fila. "Puoi sempre sfruttarmi per il sesso, però, quello non mi dispiacerebbe..." Aveva ironizzato con un sorriso malizioso rivolto verso Louis, che aveva sorriso — imbarazzato? — glissando velocemente quel discorso — imbarazzante?
"Perché? Non ti piacciono i bambini?" Harry si schiaffeggiò nuovamente.
Possibile che Louis fosse così tardo, alle volte?
"No, non so se sai come funziona il sesso ma, sai, per fare un bambino c'è bisogno di un uomo e una donna" Continuò, a bassa voce, Harry, sarcastico.
Louis alzò gli occhi al cielo. "Se sono questi i problemi, allora non c'è da preoccuparsi, lo adottiamo" Rispose con sincerità, mentre posava le confezioni sulla cassa e sorrideva alla cassiera.
Harry Styles l'aveva semplicemente osservato con la bocca leggermente aperta, senza parole. Poi Louis aveva iniziato a ridere; cosa che gli fece intuire che il suo migliore amico stesse semplicemente scherzando.
Il solito, insomma. Harry sbuffò seccato.
Dopo aver pagato, infine, si diressero velocemente verso l'uscita e, quindi, verso la macchina.
"Un gatto?" Chiese Louis, salendo al posto di guida.
Sia Harry che Louis avevano un ascendente per i felini e questo Louis lo sapeva troppo bene.
Si guardarono in silenzio. "Almeno un gatto possiamo prenderlo?" Continuò, quasi lagnandosi.
Harry pensò inconsciamente che, dopotutto, Louis non aveva poi dovuto scherzare molto riguardo all'adozione. Poi si riscosse, impazientito dai suoi stessi pensieri idioti.
"Sì" Rispose atono, poggiando immediatamente la testa sul sedile e sbuffando seccato. In realtà fingeva, perché Harry aveva sempre desiderato avere un gattino.
"E come lo chiamiamo?" Riprese poco dopo Louis, fomentato. L'idea di avere un animale domestico, probabilmente, doveva entusiasmarlo alla sola idea.
"Perché dovrei stabilirlo io? Sei tu che lo vuoi..." Borbottò Harry, osservando fuori dal finestrino.
Nonostante tutto, quella era ancora una giornata 'no'.
Harry, però, si riscosse pochi secondi dopo perché Louis lo afferrò per una coscia, con prepotenza, facendolo scattare sul posto.
Harry osservò il migliore amico, bieco: "Che vuoi?"
"Ho detto: sei tu che sei bravo con i nomi. Non per niente ci chiamiamo "One Direction", dai! Un nome per il nostro gattino, Harry" Riprese, gettando di tanto in tanto i suoi occhi incredibilmente azzurri sul volto di Harry, mentre camminavano lungo la strada che li avrebbe riportati a casa.
Harry osservò la mano di Louis poggiata sulla sua coscia, per poi sbuffare e allacciare le braccia al petto.
Anche il modo di dire il suo nome, il tono delicato di voce di Louis mentre diceva semplicemente "Harry" riuscivano a dissuaderlo, stenderlo e confonderlo.
Cosa gli stava succedendo? Ma, soprattutto, perché a lui?
"Prima di tutto, maschio o femmina?" Chiese sperando che Louis dicesse ciò che stava pensando.
"Femmina" Rispose, annuendo convinto e facendo sorridere l'altro inconsapevolmente.
"Eccolo, il musone che mi sorride! Hello, my Sunshine" Lo sfotté Louis, guardandolo — fermi al semaforo — con un sorriso a esprimere tutta la gioia di vederlo sereno.
Erano quasi arrivati a casa.
Harry lo fissò per qualche secondo, estasiato.
No, non sapeva proprio cosa gli stesse succedendo.
"Che ne pensi di 'Darcy'?" Chiese, scoccando poi la bocca e girandosi a guardare fuori dal finestrino.
Louis rimase in silenzio, forse riflettendo su quel nome mentre Harry faceva finta di non essere impaziente.
"Quando andiamo a prenderla?" Sbottò a quel punto Louis, mentre parcheggiava.
"Chi?" Chiese attonito Harry, girando il volto a guardarlo e incontrando le iridi chiare di Louis fisse verso di lui.
L'auto era ferma come i loro respiri.
Poi Louis sorrise, magnetico e felice. "Darcy, no? Sennò chi altro, zuccone!"
Il tempo della cucina e della spesa, ahimè, è terminato.
Ahimè un cavolo!
Finalmente si va avanti, sebbene... No, no, non voglio spoilerarvi nulla.
Dunque, passiamo alla camera di Harry.
Però vi avverto, sarà un po' triste. Giusto un po'.
"Ah, meno male! Almeno per un po' non sarò costretto ad avere davanti le tue chiappe al vento, Harry" Aveva ironizzato Louis, con un sorriso derisorio, mentre osservava le spalle di Harry, intento nel fare la valigia.
L'altro socchiuse gli occhi, estasiato e tremante. Perché doveva aggiungere sempre il suo nome, Louis, quando gli parlava? Perché, se poi provocava in lui tanti inspiegabili effetti collaterali?
Poi, però, si trattenne, calmandosi.
Sorrise e negò, evitando di farsi accorgere triste e — già — malinconico all'idea di abbandonare quella casa e il suo migliore amico.
Louis però lo capì, senza nemmeno la necessità di studiarlo a fondo. Si ricompose e si avvicinò al letto, sfatto, dell'amico, dove si sedette placido e attento a ogni sfumatura che imporporava il viso di Harry. "E quant'è che starai via?" Chiese con improvviso tono serio.
"Per un po' " Aveva risposto Harry, sorridendo e girandosi a guardare di sfuggita gli occhi verdi e pensierosi di Louis.
Louis spesso pensa di odiare Harry perché il suo migliore amico è sempre capace di prenderlo in contropiede.
Appena conosciuto, Louis ha pensato di Harry che fosse troppo taciturno, lunatico e con la testa da un'altra parte; ma Louis ora lo sa di essersi sbagliato di grosso.
Harry va a periodi. È scontroso, pensieroso e scostante, certo. Ma è anche malizioso, divertente e solare — sì, perfino solare — sebbene sia un privilegio che pochissime persone possono avere la fortuna di vedere.
E Louis pensa di odiare Harry perché, adesso, lui è perfino troppo solare. Quando si rabbuia e Louis se ne accorge, Harry si sforza di cambiare umore. Lo nasconde, facendo pensare a Louis che lo faccia a causa sua.
Harry pensa di odiare Louis, a volte.
Perché di Louis, invece, è riconosciuta la sua indole all'espansività, come un Peter Pan che non ha nessuna intenzione di crescere e come il ragazzo con addosso sempre la voglia di scherzare, giocare e fare scherzi.
Eppure Harry sa che Louis spesso è pensieroso, a volte anche taciturno e che, piuttosto che parlarne con il migliore amico, preferisce fischiettare e uscire per delle lunghe e solitarie passeggiate. Oppure sa, Harry, che se gli chiede cosa abbia che non va, Louis risponde con un'alzata di spalle, buttandola sullo scherzo.
Louis pensa di odiare Harry, perché il suo migliore amico non gli mostra mai i problemi che lo turbano.
E Harry, d'altra parte, pensa di odiare Louis perché il suo migliore amico preferisce i silenzi e la solitudine rispetto alla sua compagnia e alla sua amicizia.
In realtà Harry e Louis pensano soltanto di odiarsi. In realtà, non si odiano affatto.
Al contrario si vogliono troppo bene, ed è questo il loro unico problema.
Perché pur di non ferirsi, fingono.
Harry e Louis sono una bomba a orologeria pronta a esplodere, manca soltanto qualcuno che la disattivi.
Perciò... BOOM.
"È successo qualcosa?" Aveva chiesto ancora Louis, ora preoccupato.
"No" Aveva risposto semplicemente Harry, evitando di guardarlo.
"Non ti starai pentendo di essere venuto ad abitare con me, vero?" Chiese Louis, dispiaciuto, come se glielo stesse leggendo negli occhi.
"No, Boo Bear!" Rispose, tentando di sorridere sinceramente. Louis alzò gli occhi al cielo, forse ancora seccato dal nomignolo attribuitogli.
Non è successo che Harry, alla fine, sia andato oltre al semplice affetto.
Non è successo che Harry, alla fine, abbia bisogno di staccare la spina da quella casa prima di uscire pazzo.
Non è successo che Harry, alla fine, non veda più come semplice amico Louis Tomlinson.
Non è successo che Harry stia male perché il suo migliore amico preferisce la solitudine e il silenzio piuttosto che parlare dei suoi problemi con lui.
No, non è successo nulla di tutto questo.
BOOM.
"Perché fingi? Pensi che non capisca che c'è qualcosa che non va? Non ti sopporto, Harry, quando fai così" Sbottò Louis, alzandosi dal letto e incamminandosi velocemente verso la porta, con tutta l'intenzione di salutarlo in quel modo e sapendo già che poi se ne sarebbe pentito.
La verità è che Harry Styles si è semplicemente innamorato. Innamorato del suo migliore amico, Louis Tomlinson. Ed è sicuramente un problema, quello. Dopo tutto ciò che tacitamente accade in quella casa.
"No, aspetta..."
È arrabbiato Louis, ma non sa spiegarsi il motivo. Anzi, non vuole spiegarselo.
Perché ammettere che ciò che fa stare male Harry, ferisce anche lui è... troppo.
Perché ammettere che se Harry ride, anche in lui si apre un sorriso sincero è... difficile.
Perché ammettere che Harry sia soltanto il suo migliore amico è... una menzogna.
Perché ammettere che Louis sia andato oltre all'amicizia con Harry è... una stronzata.
BOOM
"Oh, bullshit!" pensa Louis.
Poi, però, alcune circostanze esterne avevano fatto serrare al suolo Louis, già sul ciglio della porta.
Un abbraccio, per la precisione, era stata la circostanza esterna.
"Non fingo" mentì Harry, sussurrando quelle parole sul collo di Louis. "E lo so che tu mi conosci meglio di chiunque altro. Ma in questo caso ti stai sbagliando." Continuò a mentire Harry.
Era facile per lui, dopotutto, nascondere per bene ciò che provava. "E poi anche tu hai i tuoi problemi e non vuoi parlarmene...no?" Aveva detto, questa volta sincero.
Louis, a quel punto, era semplicemente rabbrividito a quel contatto e a quelle parole.
Poi, senza proferire parola, si era girato verso il migliore amico e l'aveva abbracciato a sua volta, respirando l'odore di Harry a pieni polmoni.
Gli sarebbe mancato ogni cosa di quel ragazzo — sì, perfino le chiappe al vento — e Harry poteva dire qualsiasi cosa, ma Louis sapeva che c'era qualcosa che non quadrava in quella casa.
"D'accordo, sbrigati ora, altrimenti farai tardi per il treno" Aveva detto semplicemente il ragazzo, tentando di sciogliere quell'abbraccio, seppur con malavoglia e costrizione.
Harry però lo aveva avvolto con più forza, perché non era ancora pronto a lasciarlo andare.
E Louis glielo aveva lasciato fare, cingendolo con vigore e socchiudendo gli occhi appena. Inspirò nuovamente l'odore del migliore amico, infondendosi l'idea che, per tutto il tempo che l'avrebbe visti distanti, il suo odore sarebbe rimasto con lui a tenergli compagnia.
Sì, gli sarebbe mancato da morire Harry Styles.
"Ora me lo dici quanto stai via?" Chiese in un sussurro. Harry negò.
Dopotutto lo sapevano entrambi che non sarebbero stati lontani per molto.
Perché qualunque fosse il motivo, Harry e Louis non sapevano mancarsi, non sapevano stare lontani l'uno dall'altro.
La bomba, però, non ha iniziato a ticchettare con la partenza di Harry; no, affatto, tutto è accaduto ben prima e molto lentamente.
Purtroppo, però, la bomba ha ancora un po' di tempo prima di scoppiare...
BOOM.
O forse no?
Uno dei motivi che ha azionato la bomba, tra Harry e Louis, è stato un temporale.
Ma dobbiamo partire dal principio, altrimenti non mi spiego.
Harry e Louis sono amici che si beccano, pungolano fino a quando non si dividono ognuno per andare a dormire nel proprio letto, la notte, quando è davvero tardi.
Passano le giornate a sbrigare i loro impegni, a volte nello studio di registrazione, oppure a girare per tutto il mondo con gli altri della band; però quando tornano a Londra, nella loro casa, trascorrono il tempo come due persone normali.
O almeno ci provano, a essere normali.
A volte sembrano più una vecchia coppia sposata, altre due fidanzatini al primo mese di convivenza, altre ancora semplicemente due migliori amici — ma quest'ultimo accade di rado, solo quando litigano e non sanno far pace.
Ma sto divagando...
Insomma, Harry e Louis vivono insieme, e fanno qualsiasi cosa, insieme: Giocano, guardano film, parlano, mangiano pop corn davanti alla Tv, ridono... Lo abbiamo già detto, no?
Sì, l'abbiamo detto.
Harry e Louis dormono sotto lo stesso tetto, ognuno nella proprio stanza.
Sì, nella propria stanza.
Beh? Non ci credete?
...Fate bene.
Il brutto di quella città era senza dubbio il temporale. Abituato alla pioggerella di Londra, quando Louis aveva sentito un vero e risonante tuono era saltato tra le coperte gelide del suo letto.
Louis non aveva mai tremato in vita sua a causa di qualcosa, ma soprattutto non aveva mai avuto paura del brutto tempo.
Aveva vent'anni, era diventato un cantante, girava il mondo insieme al suo gruppo e... aveva paura di un fottuto temporale.
Si tirò su le coperte fino a coprirsi il volto, tentando di estraniarsi dalla realtà che, per quanto non volesse ammetterlo, lo stava spaventando. Sbuffò, seccato dai suoi stessi pensieri.
Erano le due di notte ed era stanchissimo, Louis. Eppure quel maledetto temporale non voleva farlo dormire. Appena si calmava un poco, accingendosi a dormire, un tuono lo faceva sussultare, svegliandolo.
Aveva iniziato a tremare, sotto le coperte, nonostante continuasse a darsi dell'idiota. Lui, Louis Tomlinson, che prendeva in giro Zayn e la sua paura del buio; anzi, e la sua paura per qualsiasi cosa, ora invece stava tremando, lui, per un paio di tuoni.
L'ennesimo, che risuonò con forza sviscerando fin nelle ossa con una vibrazione inquietante, lo turbò nell'animo e lo fece alzare a sedere sul letto.
"Cazzo!" Sbuffò, stringendo i pugni attorno alle coperte. Tornò supino, girandosi d'un fianco, socchiudendo gli occhi per osservare il vuoto.
Non avrebbe chiuso occhio, era quella la realtà dei fatti.
La prima volta, però, non risale nella loro casa. Quindi, perdonatemi se faremo un grande salto — temporale e spaziale — finendo in una città — di cui non ci interesseremo particolarmente — e in un albergo — che non citerò perché non mi pagano per far pubblicità!
Insomma questa famosa notte risale ai primi viaggi, ai primi tour, quando di tempo tra il loro primissimo incontro ne è passato poco. Quando girano il mondo ed sono dei ragazzini, tutti e cinque.
Louis è il più grande, ma non sempre il più grande è quello senza paure.
Già, Louis.
Louis, che non conosce le sue paure e nemmeno quelle due braccia che sanno farlo dormire, come mai è riuscito a fare in tutti i suoi anni di vita.
Louis che non conosce ancora Harry, ma che già si sente profondamente legato a lui.
Torniamo nell'albergo, dove Louis, da sveglio, con l'insonnia a renderlo teso e nervoso, è veramente capace di far qualsiasi cosa.
Per esempio, svegliare anche chi dorme beatamente, nonostante il diluvio universale.
Per esempio, uno a caso, Harry Styles.
Hey honey you could be my drug
[Everybody talks — Neon Trees]
Le fortune di quella città, per Louis, o meglio di quell'albergo erano state le camere adiacenti.
E a Louis e Harry, (s)fortunatamente, gli erano state date due camere adiacenti.
L'idea di andare a disturbare quello che, fin troppo velocemente e in meno di un anno, era diventato il suo migliore amico, non si era attardata a balenare tra i pensieri del ragazzo, che aveva paura dei tuoni.
Così, quando Louis si alzò dal letto per andare alla porta, condivisa con la stanza di Harry, non si fece ulteriori scrupoli ad aprirla e a sgattaiolare verso il letto del migliore amico.
Un altro tuono lo colse alla sprovvista proprio quando stava per dire sottovoce il nome del ragazzo che dormiva beatamente.
Sussultò, trattenendo le urla e salvaguardando il suo orgoglio. Non poteva di certo urlare come una checca isterica - benché poco c'era mancato che lo facesse sul serio.
Inspirò, piuttosto, tentando di darsi un contegno.
"Harry..." Lo chiamò, poco dopo, con la sua voce tenera, quanto roca, afferrandolo per una spalla da sopra la coperta. "Harry...svegliati" Tentò nuovamente, scuotendolo.
Un sussulto, un lamento e poi Harry si era girato, supino, con gli occhi ancora mezzi chiusi.
"Cos...?! Boo Bear? Sogno o son desto?" Farfugliò Harry, ironico, con la voce bassa, stropicciandosi gli occhi per tentare di mettere a fuoco Louis; anche mezzo addormentato, Harry riusciva a essere il solito smaliziato.
Uno sbadiglio, un altro stropicciamento e, poi, puntò le iridi verdi sul ragazzo che l'aveva svegliato.
"Ne avrai ancora per molto con quel maledettissimo soprannome?" Chiese a denti stretti Louis, mentre iniziava perfino a sentire freddo.
"Non penso che tu sia venuto qui a svegliarmi, nel cuore della notte, per rimproverarmi sulla mia intenzione di continuare, per molto tempo ancora, sì, a chiamarti Boo Bear, piccolo Boo Bear" Borbottò, piccato, con un sorriso in volto che pronunciava le due tenere fossette ai lati della bocca — per quanto, ormai da tempo, fossero prive di innocenza.
"No, ecco, non sono qui per questo" Ammise Louis, grattandosi il capo mentre ciondolava sul posto, indeciso sul da farsi.
La storia di quel nomignolo per Louis Tomlinson è veramente imbarazzante e Harry, venutone a conoscenza grazie a una fan, non fa altro che chiamarlo con quell'appellativo ogni qualvolta se ne presenti l'occasione.
E Louis, ogni volta, alza gli occhi al cielo, sbuffa, lo fulmina con lo sguardo ma non si arrabbia davvero. No, si sente soltanto profondamente imbarazzato.
Quell'epiteto, che la madre usava quando era un bimbo, lo fa vergognare incredibilmente. E Harry lo sa, per questo motivo si diverte con così poco.
"Quindi, perché sei qui, Boo Bear?" Sussurrò Harry, alzandosi a sedere e accendendo la luce dell'abatjour.
Soltanto in quel momento Louis notò il petto nudo e liscio di Harry, e soltanto in quel momento Harry notò la disperazione nel volto di Louis.
Louis, dall'altra, strabuzzò gli occhi, infastidito dall'improvvisa luce; balbettò facendo fuoriuscire aria e vocali e, soltanto dopo, si decise a rifilare uno sguardo arrabbiato all'altro; il quale, però, non si era perso affatto nemmeno un dettaglio delle tante espressioni — sempre più sconvolte — del migliore amico.
Si osservarono e tra il verde e l'azzurro trovarono un modo per studiarsi e capirsi.
"Cosa succede?" Domandò Harry, eliminando ogni traccia di impertinenza, sia nell'espressione del viso che nel tono di voce, osservando Louis, preoccupato.
"Non ridere" Supplicò Louis, torturandosi le mani e fissandole con ostinazione.
Harry annuì semplicemente, perché non avrebbe riso — o per lo meno avrebbe tentato di non farlo.
Ciò nonostante non fu necessario che Louis si spiegasse, perché l'ennesimo tuono lo fece sussultare, spazientito.
E Harry, allora, capì. Così "Vieni, infilati sotto" affermò semplicemente, alzando la coperta per permettere al migliore amico di eseguire il suo invito.
A quel gesto, non solo Louis constata il fatto che Harry, quando dorme, non indossa il pigiama, ma anche che Harry, quando dorme, ha l'abitudine di farlo completamente nudo.
Non dice una parola, però, perché farlo renderebbe chiara l'idea che, per lui, sia un problema.
E per Louis non è affatto un problema che Harry dorma nudo.
Si agita, piuttosto, dondolandosi ancora per qualche secondo sul posto; tentenna tra l'idea di tornarsene nella sua stanza e urlare al maniaco... Poi, alla fine, cede.
L'idea di un altro tuono, il freddo e la stanchezza lo conducono a spegnere la luce e a ficcarsi sotto le coperte, accanto al suo migliore amico.
"Non lo dire a Zayn" Sussurrò, mentre Harry si muoveva tra le coperte, affinché Louis potesse stare tranquillo nella sua parte di letto.
"Cosa non dovrei dire? Che hai dormito con me? Non penso sia geloso..." lo provocò Harry, sarcastico; il tono di presunzione nuovamente a tingere la sua voce bassa e nasale.
"Intendevo..." Ribadì Louis, dopo avergli dato una gomitata sul fianco. "Non dirgli che ho paura dei tuoni. Me lo rinfaccerebbe per tutte le volte che l'ho preso in giro per le sue stupide fobie" Brontolò, girandosi d'un fianco e dando, così, le spalle all'altro.
Harry sospirò, "Ognuno ha le sue paure, Boo Bear" ribadì, imitando Louis, dandogli così le spalle e chiudendo gli occhi.
Avevano taciuto entrambi, senza nemmeno darsi la buonanotte.
"Tu?" Ruppe, poi, il silenzio Louis, dimostrando una certa curiosità nel tono della voce.
Harry sorrise, prima di rispondere. "Sì, delle montagne russe e dei serpenti"
Louis colse quel sorriso con cui Harry si era espresso e sorrise di conseguenza.
"Io non ho mai avuto paura dei temporali...è questa città" Riprese, dopo pochi attimi di silenzio, rattristato.
Harry sembrava ascoltarlo con piacere, forse perché una volta perso il sonno era difficile che questo gli ritornasse.
"Ho paura di crescere. E... ho paura degli uccelli, ecco, questo l'ho sempre saputo. Crescere e gli uccelli mi terrorizzano" Ammise Louis, chiudendo gli occhi, mentre lasciava che una sua mano strisciasse sotto al cuscino.
Erano rimasti in silenzio per qualche secondo ancora, prima di rendersi conto di ciò che avevano detto e di scoppiare a ridere.
Harry aveva paura dei serpenti, Louis aveva paura degli uccelli.
"Ho la vaga idea che i nostri inconsci stiano tentando di dirci qualcosa, sai?" Ironizzò Louis, mentre finalmente iniziava a tranquillizzarsi, insieme ai suoi muscoli fino a poco prima tesi.
Non lo sa ancora, Louis, se quel giorno si sia sospinto in camera di Harry perché aveva l'idea in testa che il suo migliore amico sapesse tranquillizzarlo.
Ricorda soltanto, quando ci pensa, che Harry è riuscito a fargli dimenticare il temporale, in quel momento. E che tutto ha avuto senso, in quel letto. E che quelle braccia hanno saputo renderlo spensierato a tal punto da sentirsi bene. E che non c'è bisogno di vergognarsi delle proprie paure. Perché si può sempre ridere su di esse.
Anche se la paura di crescere, eh, quella per Louis sarà sempre un problema.
Avevano riso ancora, schiena contro schiena, e le loro risate erano risuonate soavemente per la stanza, come se si stessero cantando una ninna nanna per addormentarsi.
C'era qualcosa che il subconscio di Louis gli stava sicuramente suggerendo a gran voce: Harry Styles era la sua cura contro i temporali.
Proprio nell'istante in cui, però, stava per abbandonare questo mondo, insieme a Morfeo, un altro boato in lontananza lo fece sussultare. "Dannazione" imprecò, alzando il capo e sistemando invano il cuscino, mentre Harry affianco a lui si muoveva senza dire nulla.
Quando Louis tornò a posare la testa sul cuscino, con il braccio ancora sotto di esso, sentì anche un altro braccio — non suo — cingerlo all'altezza della vita.
"Cos...?!" Aveva tentato di dire, girandosi verso Harry.
"Shh" Esalò all'orecchio di Louis, che, colto alla sprovvista, era semplicemente diventato di sale. "Ora, chiudi gli occhi e dormi. Il temporale è fuori, noi siamo qui" Gli sussurrò Harry, mentre baciava una guancia per tranquillizzarlo; poi sì avvicinò maggiormente, addossandosi sulla schiena del migliore amico, mentre faceva strisciare il braccio, libero, sotto il cuscino, accanto a quello di Louis.
You could be my new prescription
Too much could be an overdose
[Everybody talks — Neon Trees]
Noi siamo qui, ha detto Harry. E, mai, Louis, in vita sua, ha sentito tanto vere quelle tre parole.
Loro sono lì nello stesso letto, vicini, abbracciati, in un paio di coperte, in un respiro solo e in due cuori che palpitano nella stessa corsa, durante un temporale.
Louis, in un primo momento, si smuove tra quell'abbraccio forzato, un po' imbarazzato, sebbene, improvvisamente, si sia sentito bene, tranquillo — a casa.
Oltretutto il temporale in lontananza si è completamente attenuato quando le labbra di Harry si sono posate, caste, sulla sua guancia.
Nonostante fuori l'inferno tuonasse impetuoso, lì, al chiuso, in quella stanza d'albergo, Louis ha trovato il paradiso; e sì, l'ha trovato tra le braccia di Harry.
And I'm afraid I wont get out alive
No, I won't sleep tonight.
[Animal — Neon Trees]
Chiunque potrebbe fraintendere, se li scovassero in quel letto, uno completamente nudo e l'altro accoccolato tra le sue braccia.
Chiunque. Per Harry e Louis, invece, di fraintendibile non c'è mai stato niente.
Sono soltanto due amici che dormono insieme.
Take me to your love shack
Mamas always gotta back track
When everybody talks back.
[Everybody talks — Neon trees]
Così aveva chiuso gli occhi, Louis, e sospirato, mentre si stava — nuovamente — per riaddormentare, cullato dal respiro di Harry sul suo collo e dal battito del cuore che bussava dolcemente sulla sua schiena.
Non aveva trovato il sonno nemmeno in quella oasi di pace. Perché ben presto Harry aveva iniziato ad agitarsi dietro di lui, sbuffando e sospirando.
Così Louis aveva aperto gli occhi, nuovamente, pensando che qualcun altro avesse deciso per lui che non avrebbe chiuso occhio.
E non aveva fatto nemmeno in tempo a domandare cosa accadesse, perché Harry l'aveva preceduto, stupendolo e facendogli sbarrare gli occhi nel cuore terso della stanza. "Spogliati" Gli ordinò, incolore e piuttosto seccato.
Una parola che difficilmente poteva essere confusa con altre. Ciò nonostante, Louis "C-cosa?" chiese sbigottito.
Doveva essere uno scherzo. Strano che non c'aveva pensato lui, per primo, a scherzare in quel modo.
"Emani calore con questo pigiama e se ho caldo non riesco a dormire... Perciò, spogliati" Ripeté, chiarendo l'arcano mistero che, tuttavia, non aveva convinto ancora l'altro.
"Harry, se è uno scherzo non..." Iniziò Louis con un sorrisetto sarcastico, seppur titubante, stampato in volto.
Harry, però, lo fermò: "Che tu ci voglia credere o no, non riesco davvero a dormire. Fa troppo caldo. Spogliati" Insistette, scostandosi dal corpo del migliore amico.
"Ma..." Rispose, esitante, Louis, girandosi verso Harry; che nella semioscurità erano appena percettibile, lui e il suo broncio.
"Allora tornate nel tuo letto" Lo minacciò con tono amareggiato e severo.
Restano in silenzio e fermi per qualche secondo. Harry con le braccia conserte, piuttosto seccato, ha atteso sapendo già di averla vinta, mentre Louis, dubbioso, ha pensato seriamente di tornarsene nella sua stanza.
Il tuono successivo è stato il complice del primo, perché Louis, saltando spaventato, si alza dal letto, celere, iniziando a togliersi la cannoniera.
È stato un innocente, Louis, perché avrebbe potuto vincere quella partita evitando di farsi abbracciare da Harry; eppure eccolo lì, Louis, mentre si toglie i boxer e torna rapido sotto le coperte, evitando di freddarsi.
In realtà, Louis c'ha pensato, eccome se l'ha fatto.
Lui, con la sua mente sveglia, l'ha pensato immediatamente.
Eppure non si è mai sentito così bene, in vita sua, se non accoccolato tra le braccia di Harry. Quindi è stato più furbo, Louis. Fingendo di essere seccato ha obbedito alle direttive del suo migliore amico, spogliandosi, e poi si è condotto tra le braccia dello stesso. Hanno vinto entrambi, sebbene Louis lo abbia fatto in silenzio.
E hanno dormito insieme, nello stesso letto di una stanza d'albergo, completamente nudi e abbracciati.
Quando tornarono ad abbracciarsi, avevano sorriso, inconsapevoli che lo stessero facendo allo stesso modo.
"Tieni a bada il tuo coso" Lo schernì, a quel punto, Louis.
Harry rise, soffiando sul collo del migliore amico che, sperando di non farsi accorgere, era rabbrividito.
"Difficile, Boo Bear, sei così sexy" Lo beffò — o forse no? — l'altro.
Risero ancora, tornando a cullarsi con la melodia delle loro voci.
"Sì, quel nomignolo poi mi rende ancora più sexy" Brontolò, fingendo di essere seccato.
La verità era che iniziava a piacergli il modo in cui le labbra e la voce di Harry pronunciavano quel vezzeggiativo imbarazzante.
"Mi leggi nel pensiero" Rispose, mentre con i capelli ricci solleticava leggermente le spalle di Louis.
" 'Notte, Harry" Gli augurò, poco secondi dopo, sistemandosi ancora meglio tra le braccia del migliore amico.
"Buonanotte, Louis" Gli sussurrò in risposta Harry, stringendo la stretta e abbandonando il capo sul cuscino dell'altro.
Così, finalmente, al sopraggiungere dell'alba, si addormentarono.
No, I won't sleep tonight.
[Animal — Neon Trees]
E al risveglio sono ancora abbracciati allo stesso modo — a cucchiaio.
E al risveglio entrambi non hanno il coraggio di aprire gli occhi e far cessare quell'incanto.
E al risveglio, dopotutto, aprono gli occhi, assonnati e confusi.
Harry respira l'odore di Louis dalla sua spalla e Louis, si rannicchia, sorridendo, nell'abbraccio del migliore amico.
Harry, così, ha la forza di volontà di abbracciarlo con maggiore forza, avvicinandoselo con avidità.
Se fosse per Harry rimarrebbero in quel letto per tutto il giorno.
Se fosse per Louis resterebbe tra quelle braccia per tutta la vita.
Così, Louis Tomlinson non ci pensa molto e agisce senza raziocinio. Si gira verso il suo migliore amico e gli sorride maggiormente, gli occhi appena socchiusi e ancora addormentarti, la voce impastata dal sonno e la gioia di aver dormito poco, ma bene.
Bene, come non accadeva da tempo.
Poi parla.
"Andiamo a vivere insieme?" Aveva chiesto con voce roca, stupito dai suoi stessi pensieri.
Harry lo fissò incredulo e ancora assonnato.
Si schiarì la voce e si stropicciò un occhio con la mano libera. Poi incespicò sui suoi stessi pensieri prima di parlare.
"C-cosa?" Chiese, per assicurarsi di non aver perso il senno.
Louis aveva così sorriso, spensierato e felice.
"Hai capito..." Esalò, abbracciando il migliore amico, incurante del fatto che fosse completamente nudo e ripeté: "Andiamo a vivere insieme, quando torniamo a Londra?"
"Perché?" Chiese, ancora, Harry, aggrottando la fronte. Louis sorrise, sotto lo sguardo confuso dell'amico. Si accoccolò maggiormente sul petto di Harry, prima di parlare, e poi "Perché voglio dormire così bene come sono riuscito a fare soltanto questa notte" rispose, ammettendo con sincerità, mentre sentiva il cuore dell'altro battere inquieto.
Harry Styles era rimasto in silenzio per qualche minuto, poi aveva abbracciato Louis con entrambe le braccia e aveva sorriso, carico di dolcezza.
"Approfittatore" soffiò tra i capelli chiari dell'amico.
"Sei tu quello che mi ha obbligato a spogliarmi" Specificò, sarcastico, Louis. Risero all'unisono.
"Harry?" Continuò Louis, poco dopo, con la sua voce delicata — sebbene ancora assonnata — senza la minima intenzione di allontanarsi da quell'abbraccio.
"Mh?" Mugugnò l'altro in risposta, socchiudendo appena gli occhi e respirando l'odore che Louis emanava e che sapeva terribilmente di buono.
"Lo prendo per un sì" Continuò, pacato.
"Mh, mh" Assentì, sorridendo sulla pelle di Louis, che lo seguì a ruota.
Rimasero in quel letto per un po', così, accoccolati, prima di alzarsi e tornare alla vita di tutti giorni.
La loro, che non era affatto normale.
Oh, oh
What are we waitin' for?
[Animal — Neon Trees]
Così iniziano a scattare i secondi, lentamente, in una corsa all'indietro di un conteggio che porta all'esplosione.
BOOM.
Ma non sempre le esplosioni sono un cattivo presagio.
Non sempre.
A volte esistono anche i lieto fine.
A volte.
C'è stata un'altra prima volta. Questa, però, senza temporali a giustificare l'accaduto.
Ma, soprattutto, a casa. A casa di Harry e Louis.
La stanza da letto in cui entreremo, però, è quella di Tomlinson, perché la seconda — prima — volta che hanno dormito assieme è stato Harry a fare il primo passo.
Pronti?
Avvertenze: Se soffrite di diabete, preparatevi psicologicamente e fisicamente... perché, per carità, mica vi voglio sulla coscienza!
Louis Tomlinson aveva tante volte pensato, da quando abitavano sotto lo stesso tetto, di andare nella stanza di Harry, durante le notti imperiture, e infilarsi sotto le coperte. Louis aveva tante volte desiderato, sognando ricordi passati, di essere accolto nuovamente dalle braccia del suo migliore amico e dormire... Dormire bene e rilassato.
Eppure aveva sempre esitato, addormentandosi inquieto e fremente.
Il perché era semplice da immaginare, dopotutto. Chiunque poteva pensare male. Chiunque. Perciò perfino Louis aveva iniziato a pensare male.
Non era lecito, da parte sua — come di entrambi — passare le notti abbracciato ad un uomo.
Lui, che era un uomo. Non era naturale. Non lo era per gli altri, quindi anche per lui.
In realtà, però, a Louis era sembrato troppo naturale dormire con Harry. Così tanto da spaventarlo.
Perciò, sebbene lo avesse desiderato con tutto se stesso, non si avvicinò mai, durante le notti, alla stanza di Harry.
Non ci riuscì. Perché era sbagliato, innaturale, e perché aveva paura.
Harry, invece, non aveva fatto la stessa cosa. Aveva esitato tante notti, certo, desiderando che Louis tornasse a fargli visita con una qualsiasi scusa.
Aveva atteso. Troppe, troppe notti. Poi, spazientito, aveva smesso di aspettare e aveva agito.
Una notte, placida e senza una nuvola a oscurare il cielo, si era alzato dal suo letto e si era trascinato velocemente nella stanza di Louis.
Lui, che non aveva scuse per intrufolarsi nel letto del migliore amico.
Lui, Harry, che al massimo aveva paura dei serpenti...
Non aveva nemmeno bussato, entrando. Perché fare qualcosa tra l'azione di alzarsi dal suo letto e infilarsi in quello del migliore amico l'avrebbe senz'altro fatto pentire e ritornare indietro con la coda tra le gambe.
Così quando arrivò ai piedi del letto di Louis, dove quest'ultimo dormiva sereno e supino con la bocca leggermente aperta, sorrise e alzò le coperte per sdraiarsi accanto all'amico.
Tentò di essere il più delicato possibile, ma Harry non era conosciuto per la sua delicatezza e Louis a maggior ragione per il suo sonno profondo... Perciò Harry lo svegliò.
Here we go, again.
[Animal — Neon Trees]
Eppure Harry Styles, sebbene non abbia affatto un motivo plausibile di trovarsi in quella stanza, deve trovare una scusa per giustificarsi. Perché ammettere che è in quella stanza, in quelle coperte, perché gli manca l'unica notte trascorsa insieme a Louis è... decisamente fraintendibile.
Perciò mente. Senza prepararsi alla menzogna.
"AH" Urlò Louis, strabuzzando gli occhi mentre il cuore aveva iniziato a battere troppo, troppo velocemente.
"Buh" Aveva replicato Harry, sorridendo e sdraiandosi di lato verso Louis. "Sono io, zuccone" Continuò, ridendo.
Louis sospirò semplicemente, accarezzandosi il petto per tentare di calmarsi. Non ci riuscì: troppe novità lo avevano accolto quando si era svegliato.
"Che ci fai qui?" Chiese, scostandosi appena affinché Harry potesse sdraiarsi e stare comodo accanto a lui.
Senza chiedere il permesso di restare, Harry si era concesso la possibilità di dormire con Louis. E Louis glielo aveva permesso.
Così, in un modo del tutto naturale.
"Volevo chiederti scusa per averti cancellato dal pc la colonna sonora di Grease" Farfugliò sicuro, nonostante stesse palesemente improvvisando.
Se ci fosse stata la luce, come testimone di quell'incontro notturno, questa avrebbe palesato agli occhi di Louis la faccia da cucciolo paraculo di Harry Styles; tuttavia gli bastò la voce strascicata e leggermente nasale per farglielo intuire.
Sorrise, Louis, sapendo perfettamente che fosse una balla. Una grandissima e meravigliosa balla che decise di prendere per vera.
"Questo, però, è successo una settimana fa..." Aveva risposto, divertito, soffiando vicino al viso di Harry.
Perciò era chiaro anche a Louis che il suo migliore amico fosse in quel letto per tutt'altro motivo.
E quel motivo lo rendeva agitato, quanto felice. Sì, innaturalmente felice.
"Non è mai troppo tardi per chiedere scusa" Ammise Harry, mentre un sorriso imperlava il suo viso.
E per quanto fosse palese, a Harry importava soltanto di essere riuscito a sgattaiolare nel letto di Louis.
Niente altro.
"E lo fai venendo a svegliarmi nel cuore della notte?" Ribatté Louis, sorridendo maggiormente.
"Suvvia, lo so che non vedevi l'ora" Sbottò Harry, per quanto dal suo tono di voce scaturisse fuori tutto tranne che la sicurezza di ciò che stava affermando.
Louis, però, gli tolse ogni dubbio.
"Hai ragione" Ammise, alzando lo sguardo verso il viso di Harry e soffiando dolcemente quelle due parole. "Non vedevo l'ora..."
And I'm afraid I wont get out alive.
No, I won't sleep tonight.
[Animal — Neon Trees]
Sorridono, inconsapevoli, nella notte quieta ed eterna che li unisce nuovamente.
Come se coabitare nelle ore di giorno non gli basti, Harry e Louis vogliono anche tutta la notte da condividere, insieme.
Per quanto sia innaturale l'idea che un uomo dorma con un altro uomo, Harry e Louis per una volta — e forse per qualcun'altra ancora — decidono di dimenticare il significato della parola 'naturale'.
E io mi unisco a loro. Voi?
"Devo spogliarmi anche stavolta?" Chiese, sarcastico e malizioso, Louis, ridendo in faccia a Harry, che lo seguì poco dopo.
Inconsapevolmente si stavano avvicinando, toccando e accarezzando. Il primo a farlo, però, era stato Louis, che aveva allungato una mano — come faceva spesso — verso una ciocca riccia dei capelli di Harry, iniziando a giocarci. In quel modo, poi, capì che Harry aveva assentito alla sua richiesta.
"Stavo scherzando" Aveva continuato, facendo scoppiare a ridere l'altro.
"Fa sempre caldo, però" Rispose, piccato, Harry, alzando appena il capo, e socchiudendo gli occhi, per farsi accarezzare in viso dalla mano di Louis, che stringeva ancora i suoi capelli.
Un gesto così naturale, d'abitudine.
Louis, infatti, accarezza sempre, quando gli è concesso, i capelli di Harry. Perché lo rilassa, ma soprattutto perché destabilizza l'altro — cosa che lo fa sempre sorridere, contento di sortire in Harry quell'effetto naturale.
E Harry, quando Louis gli accarezza i capelli, reagisce sempre nello stesso modo: socchiude le palpebre e cade nell'oblio; poi, come se fosse necessario per la sua sopravvivenza, fa di tutto affinché le mani di Louis, che stringono le sue ciocche ribelli, arrivino fino alla sua pelle.
Perché le esige le mani di Louis su di lui.
Perché sono il Nirvana, ogni volta, le sue carezze.
"Mio il letto, mie le regole" Borbottò Louis, allontanando le mani dal suo migliore amico.
Harry tornò alla realtà troppo velocemente a causa di quel gesto, a causa di quella mancanza improvvisa con il contatto della pelle di Louis.
Così sbarrò gli occhi, infastidito, e afferrò le mani di Louis per riportarle sulla sua pelle.
Appunto. Un'esigenza, la sua. Possessiva, ma pur sempre naturale.
I want some more.
[Animal — Neon Trees]
"D'accordo" Aveva risposto, secco, e senza espressione nel tono di voce.
Louis aveva sorriso, divertito, prima di tornare ad accarezzarlo delicatamente.
"Sì, però, dopo le coccole tu mi abbracci" Lo minacciò Louis, sapendo già di dargliela vinta.
Harry, infatti, rise come un gatto nell'atto di fare le fusa. Poi "Tuo il letto, tue le regole" miagolò.
E Louis rise.
E lo fece nel modo più naturale possibile.
Come può essere, quindi, innaturale un gesto tanto... impeccabile?
Non so se mi spiego. È assurdo, no?
Everybody talks, everybody talks
Everydody talks, too much.
[Everybody talks — Neon Trees]
Parlando di gesti impeccabili, torniamo al risveglio.
Harry e Louis hanno, perciò, dormito per la seconda volta insieme.
Si sono addormentati nella medesima posizione, perché Louis lo ha minacciato. E Harry, quindi, è chiaro che sia stato costretto a posizionarsi a cucchiaio dietro di Louis e a cingerlo con un braccio attorno alla vita.
Sì, è stato costretto a strisciare un braccio sotto al cuscino di Louis e ad addormentarsi accanto al capo dell'amico, condividendo lo stesso guanciale.
Sì, lo ha costretto Louis a rimanersene buono, accoccolato sulla sua schiena, e ad addormentarsi con i loro respiri in simbiosi e con i loro battiti cardiaci, per quanto frenetici, all'unisono.
Non ci sono dubbi in merito, nevvero?
Bene, ora ve li faccio venire io i dubbi.
Il risveglio è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Anzi, il risveglio ha favorito lo scoppio della bomba tra Harry e Louis.
It's us that made this mess
Why can't you understand?
[Animal — Neon Trees]
Quando Louis si svegliò, la mattina dopo, non aprì gli occhi immediatamente.
Perché tornare alla realtà gli costava troppa fatica, troppa delusione. Perché stava bene tra quelle braccia. Perché le bramava, perfino nei suoi sogni più inquieti.
Così rimase accoccolato tra le braccia di Harry e il suo petto che, senza rendersene conto, durante la notte era diventato il suo cuscino alternativo.
Non ragionò su quanto stesse facendo, quando iniziò ad accarezzare l'addome dell'amico, altezza della farfalla.
O meglio, lo fece solo per mettere in luce quanto Harry, in pochissimo tempo, fosse cresciuto e avesse abbandonato la sua natura di fanciullo.
Le spalle larghe, alto già più di lui, e i muscoli del petto già formati. Non che fosse quest'uomo muscoloso, Harry, però sicuramente lo era più di lui.
Abbozzò un sorriso, mentre continuava l'esplorazione; senza nemmeno sapere di che tipo fosse, l'esplorazione che stava portando avanti, continuò semplicemente ad accarezzarlo.
Quando, poi, Harry, ancora completamente addormentato, a quel contatto, aveva mugugnato — di piacere?! — Louis si era bloccato, rimanendo di sale.
E non perché quel mugugno l'avesse spaventato o inorridito. Affatto, la reazione era stata totalmente diversa. Gli era piaciuto, sentirlo gemere; aveva stuzzicato i suoi sensi intorpiditi e, sempre quel mugugno, gli aveva sussurrato implicitamente di continuare - di continuare a toccarlo e ad accarezzarlo.
Perché sentire di appagare con così poco un'altra persona lo aveva reso felice.
Ancora più felice di quanto già non fosse, in quel momento, accoccolato tra le braccia di Harry. No, quel mugugno era stato ancora più forte, naturale.
Così, senza inibizioni, scese con la mano, accarezzando lievemente intorno all'ombelico dell'altro.
E allora Harry si era smosso, fremente, continuando a dormire — e a sognare che, magari, quella mano fosse di una donna.
"Louis..." Farfugliò, poi, nel dormiveglia. E, sentendosi chiamare in causa, Louis aveva alzato il capo in direzione di Harry, strusciando sulla pelle come se fosse un gatto nell'atto di fare le fusa.
Socchiuse gli occhi e si decise a tornare alla realtà, ma soltanto con un piccolo spiraglio dei suoi occhi azzurri, soltanto per un'impercettibile momento.
"Mh?" Mugugnò, poi, scoprendo che anche Harry aveva continuato a tenere gli occhi chiusi.
Così li richiuse anche lui, mentre tornava ad accarezzarlo, ormai, sulla pancia.
Harry lo strinse con più forza, ma non rispose.
E allora a Louis fu chiaro il fatto che Harry stesse ancora dormendo. E sorrise perché non erano mani di donna quelle che stava sognando e desiderando Harry. Bensì le sue.
Si lasciò, così, trasportare dal dormiveglia, dalle sensazioni naturali che lo stavano avvolgendo e lo accarezzò anche in altri luoghi, oltre il bacino.
Cadde così nell'innaturalezza, nell'impeccabile. E lo fece con tutti e due i piedi. Felice, come se fosse la cosa più naturale esistente al mondo.
Lo accarezzò, mentre dormiva, trovandolo sveglio in quei luoghi nascosti.
E sorrise maggiormente, divertito e sempre più orgoglioso di provocare quelle sensazioni all'altro.
No, non era imbarazzato o inorridito alla costatazione che Harry Styles fosse eccitato grazie - o a causa — sua.
Era felice, naturale, libero.
Sì, erano liberi.
E soltanto al sopraggiungere del piacere, poi, Harry aveva aperto gli occhi, colmo di pienezza e gratitudine, abbracciato dal Nirvana e dal suo Louis che lo stava accarezzando, come mai aveva fatto prima di allora.
Si svegliò, Harry, venendo al mondo. Nel modo più naturale possibile. Con il cuore che correva impazzito, il respiro affannato ma pieno. Pieno di Louis e Harry, insieme.
Louis e Harry, che insieme cozzavano alla perfezione.
"Louis..." Ansimò Harry, guardando le iridi azzurre con le sue incredibilmente verdi, provocando nel diretto interessato una trottola felice all'interno della pancia.
Never thought I'd live
To see the day
[Everybody talks — Neon Trees]
E quando Harry mette a fuoco ciò che è accaduto, la goccia è appena traboccata dal vaso, con l'intenzione di sopraggiungere in fretta al suolo.
Quando Harry viene, colto da un orgasmo mattutino, la bomba ha semplicemente iniziato a scoccare gli ultimi rintocchi.
Non è affatto scoppiata.
I can be your new addiction
[Everybody talks — Neon Trees]
Prima che Louis potesse pentirsi, prima che la realtà affondasse sulle loro vite, Harry colse il momento e ribaltò la situazione.
E lo fece ad occhi chiusi, così come Louis. Appoggiò velocemente sul materasso il corpo dell'amico e si distese al suo fianco, baciandogli velocemente il collo. Si adoperò poi a togliere la maglietta del suo pigiama a righe — e Louis glielo fece fare di buongrado.
Buttandola a terra, dopo, iniziò ad accarezzarlo lungo il ventre, così come aveva fatto Louis ma accostando, a quei leggeri movimenti, le sue labbra piene.
E Louis era rabbrividito, scosso da tante e troppe piacevoli sensazioni.
Non dormivano più, però fingevano di farlo... Perché era più semplice, quanto innaturale visto che fingevano qualcosa che veniva fuori con troppa naturalezza.
"H-harry" Ansimò Louis con quel timbro di voce che lo mandava sempre in estasi, ma che, ora, era stato perfino un eufemismo definirlo così.
"Mh?" Farfugliò, senza staccarsi dalla pelle di Louis — non per altri motivi, piuttosto perché sapeva che non era capace a staccarsi, ora, che era stato liberato.
"Fallo" Brontolò, pensando — forse — che Harry stesse esitando. Quanto si sbagliava, Louis; povero e sciocco, Boo Bear.
E Harry Styles aveva riso a quello stupido doppio senso che la parola di Louis lo aveva condotto a pensare.
"Sei sempre così inopportuno, Carrot" Sussurrò sulla pelle nivea di Louis.
"Mh?" Mugugnò una richiesta, aggrottando la fronte, l'altro.
"Potevi dire tante parole e hai scelto 'Fallo' " Spiegò, allungando il viso in un sorriso e facendo così comparire le sue graziose fossette.
A quel punto, allora, Louis capì e rise insieme a Harry.
"Sei tu Mr Malizioso, Harry" Brontolò con il sorriso sulle labbra, alzando le braccia per accarezzare i capelli dell'altro.
Harry socchiuse gli occhi e guizzò le pupille verdi verso il viso di Louis, che lo stava già fissando chissà da quanto tempo.
"Lo so, perciò... 'Fallo'?" Ironizzò, osservando felice di essere in una realtà che non lo aveva ancora inabissato. Felice di aver aperto gli occhi, insieme al migliore amico.
Felice di essere, nella totale naturalezza, libero.
"Fallo"
It's just the world is quiet
So hush, we both can't fight it
[Animal — Neon Trees]
E Harry lo ha fatto, lo ha imitato e stravolto. Lo ha accarezzato, oltre il ventre. Si è reso peccabile e innaturale.
E sebbene, al contrario di lui, Louis sia già sveglio mentre Harry lo ricambia, prova le stesse identiche emozioni dell'altro.
Si sente pieno, accolto nel Nirvana, tra le braccia di un uomo; si sente libero, naturale, spiazzato ma felice, tra le mani di Harry.
I kinda wanna be more than friends
[Animal — Neon Trees]
Quando, poi, il telefono di Louis, però, interrompe quello spazio che si sono ritagliati, la realtà, che fino ad allora ha aleggiato tra loro attendendo il momento giusto, gli crolla inevitabilmente addosso.
Ciò che gli è sembrato naturale fino ad allora inizia a essere sporco, peccaminoso... innaturale.
Evitano di guardarsi, entrambi poi si alzano dal letto — non più immacolato — e Harry abbandona la stanza, quando Louis risponde alla chiamata.
In quel momento, il vaso ha traboccato e la bomba è esplosa.
BOOM.
Quando si incontrano, pochi minuti dopo, in cucina, sono imbarazzati. Si sorridono a stento, si evitano così come evitano di scontrarsi, toccarsi e avvicinarsi.
"Buongiorno" si dicono, sapendo entrambi che il buongiorno è stato spezzato, interrotto e bloccato dal sopraggiungere della telefonata.
Sanno che non sarà affatto un "Buongiorno", ora, che non si sono spiegati.
E Harry e Louis sono come due pentole a pressione dimenticate sul fuoco, stanno per fumare e scoppiare, divampanti.
"Dobbiamo raggiungere gli altri" Dice secco Louis, grattandosi il capo. Harry si gira, lo guarda con piglio, poi torna a prepararsi la colazione e annuisce.
"Dove?" Chiede, poi, secco.
Loro non sono così formali. Loro trovano sempre qualcosa su cui prendersi in giro.
Eppure...
"Un'intervista" Risponde atono l'altro, afferrando velocemente dal frigorifero una carota, per risalire le scale, celere, per poi rinchiudersi in bagno.
BOOM
Harry e Louis, non contenti di essere migliori amici, hanno infranto le regole e rischiano, ora, di non esserlo più.
Una volta che si sono vestiti e preparati in un rigoroso, quanto imbarazzante, silenzio, escono di casa e raggiungono gli altri.
Here we go again
We're sick like animals
We play pretend
You're just a canible
And I'm afraid I wont get out alive
No I won't sleep tonight.
[Animal — Neon Trees]
... Il resto, però, nel prossimo capitolo.
Perché la suspance funziona sempre con il pubblico.
E io sono tremendamente masochista quest'oggi.
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