Drew
- Scusa, per caso conosci lo strano del linguistico? - Chiese Drew.
Non gli piaceva quel soprannome, ma non conosceva il suo nome e a meno che non iniziasse a descrivere il suo aspetto, non sapeva in che altro modo cercarlo.
Era da tutta la mattina che sperava di trovare il ragazzo limone che il giorno prima gli aveva lasciato così tante domande per la testa.
- Be' sì, chi non lo conosce? - Rispose la ragazza con una nota di divertimento nella voce.
Strinse i pugni all'udire il tono dell'altra : - Perfetto, sai dov'è? -
- Ma ti pare? Quello è tutto strano chi lo sa dove va nel tempo libero - Rise lei ottenendo solo uno sguardo che rappresentava tutto il contrario della reazione che avrebbero avuto le altre persone, ma decise di rimanere zitta : se stava chiedendo di un asociale come 'Il mostro' c'era da aspettarselo che fosse pazzo anche lui.
- Va bene, grazie lo stesso - Sbottó Drew infine, andandosene con passo pesante.
I due intervalli erano finiti, aveva perso l'occasione di reincontrare il ragazzo e quindi di avere delle risposte e la sensazione che sarebbe successo qualcosa non lo lasciava in pace.
L'unica felicità fu sentire l'angelico suono della campanella che annunciava la fine della giornata scolastica come una madre che annuncia la riuscita della torta al limone al proprio figlio.
Prese le sue cose e si diresse verso l'uscita facendosi spazio tra la folla di ragazzi.
Aveva appena attraversato il cancello quando lo rivide.
Tra la folla di ragazzi che si erano fermati a chiacchierare, mentre fissava il cielo sbuffando e guardando di tanto in tanto l'orologio, c'era il ragazzo limone del giorno prima.
Drew strabuzzò gli occhi e con un sorriso a trentadue denti, corse verso di lui.
Quando gli fu a un paio di metri, il biondo lo notò, contrasse il viso in una smorfia e disse : - Che cazzo vuoi ancora!? - Incrociando le braccia.
- Sì, anche io sono felice di vederti - Sorrise - Mi chiamo Drew, e tu? - Domandò porgendogli la mano.
L'unica cosa che fece l'altro fu alzare un sopracciglio, ancora in attesa di una risposta.
Il rosso sospirò dicendo : - Senti, è da ieri che mi chiedo cosa ho fatto di male per essere sgridato da te.
Alcuni miei compagni hanno detto che sei strano e che l'hai fatto senza motivo ma vorrei sentire le spiegazioni da te, non mi fido molto di loro -
Il ragazzo gli lanciò un occhiata : - SAREI IO A DOVER DARE SPIEGAZIONI!? SEI TU CHE MI HAI LANCIATO IL CIBO ADDOSSO! -
Drew stava per dire qualcosa, ma si fermò, rimase in silenzio a riflettere per quello che a lui parve qualche secondo poi gli fu tutto chiaro e mai aveva provato tanto odio verso qualcuno come per i suoi compagni in quel momento.
- Cazzo sono stati loro! - Erano i miei compagni che stavano giocando col cibo, sicuramente uno di loro l'ha lanciato addosso a te e gli altri per non fargli prendere la colpa l'hanno data a me - Spiegò passandosi una mano tra i capelli.
- Certo certo, e io dovrei pure crederti.
Allora spiegami perché dei tuoi amici dovrebbero fare una cosa del genere? -
Il rosso assunse un espressione malinconica, si strinse nelle spalle come a distaccarsi da tutto e tutti e rispose : - Loro non sono miei amici, io non ne ho -
A sentire quelle parole, il biondo cambiò del tutto il suo modo di fare.
- Oh scusami però non essere triste, almeno non ti chiamano 'Il mostro' e non ti insultano per i tuoi occhi e per le tue origini -
Lo disse con un filo di voce, sapendo che quella frase avrebbe distrutto il muro di ferro che aveva costruito per allontanare gli altri.
- Se lo dicono è perché non si sono visti allo specchio, io li adoro i tuoi occhi - Gli tolse una ciocca ribelle dal viso.
- Grazie - Disse arrossendo e accennando un piccolo sorriso.
- Prego -
Ci furono parecchi secondi nei quali i due si guardarono l'un l'altro sorridenti, fregandosene del mondo che tanta tristezza gli aveva offerto.
La rabbia dovuta alle occhiatacce e allo sparlare per un attimo sparirono.
In quel momento c'erano solo loro, due ragazzi che avevano bisogno di affetto ma che non erano capaci di darlo.
Poi ci fu un lampo che annunciava l'aumento della pioggia.
Il ragazzo limone iniziò a imprecare posando lo zaino per terra arresosi all'idea di tornare a casa.
Drew capendo le sue intenzioni, prese il suo ombrello e lo aprì.
Poi lo passò all'altro dicendo :
- Andiamo? - Senza neanche dare il tempo all'altro di metabolizzare la cosa.
Il biondo lo guardò titubante, ma lo prese facendo sfiorare le sue dita con quelle del rosso per poi arrossire senza motivo.
Coprì tutti e due sotto lo strumento impermeabile e iniziò a camminare.
La pioggia bagnava le vie illuminate dai lampioni.
Erano appena le cinque e già sembrava sera.
Per molti quel panorama poteva sembrare nostalgico ma per Drew aveva un nonsoché di romantico e si ritrovò ad arrossire pensando a loro due insieme che percorrevano quei viali ricordando i momenti passati.
L'unica cosa che gli venne in mente per scacciare quei pensieri fu parlare.
- Quindi...Come va la vita? -
L'altro lo guardò perplesso :
- Bene - Rispose anche se pareva più una domanda che altro.
Drew sospirò : - Ok non era il meglio del mio repertorio, però anche tu potevi sforzarti a dirmi tutti i tuoi problemi da principessa indifesa - Sogghignando per le sue stesse parole.
- Vede psicologo, uno sconosciuto sta usando la scusa di portarmi a casa per uccidermi.
Gli devo spaccare la faccia adesso o quando mi mostrerà la sua vera forma da Ghoul? -
- Gu-che? -
Il biondo a sentire quella domanda si portò una mano al cuore, fingendo un infarto e cadendo a terra trascinando anche Drew.
- Oh mio Ryuk scusa scusa scusa, non volevo farti cadere - Esclamò facendo combaciare le mani in segno di scuse
- Non ti preoccupare però alzati da lì, il marciapiede è bagnato - Lo aiutò a rimettersi in piedi - L'ombrello non è servito a niente, siamo fradici - Aggiunse guardandosi i vestiti
- Mi dispiace, dannata passione per gli anime -
- Ti piace il paranormale? -
- ...per favore cambiamo discorso prima che io compi un omicidio -
- Ma che ho detto? -
- Hai detto troppo, decisamente troppo.
Non si insulta il mio amato Giappone -
- Io non ho parlato del Giappone - Disse Drew visibilmente confuso
- Tsk Baka -
- Che lingua è?
Arabo? -
- No scemo, è giapponese -
- Quindi lo sai pure parlare - Rispose stupito
- Certo, è la mia lingua natale - Disse il biondo sapendo che di lì a poco sarebbe partito l'interrogatorio sul perché era in Italia
- Aspetta, quindi sei nato in Giappone? -
A quella domanda il ragazzo limone si fermò di scatto fissandolo : - Ma tu quando parli con una persona non la guardi in faccia? -
- Sì -
- E allora come cavolo hai fatto a non capire che sono giapponese!? -
- Potevi benissimo essere cinese o coreano, infondo sono tutti uguali - Rispose accorgendosi del suo errore solo quando ricevette un'occhiataccia dall'altro
- Come scusa!? Ripeti ancora una cosa del genere e il coreano te lo ficco su per il culo - Gli urlò il biondo
E dopo questa minaccia Drew si appuntó mentalmente di dover imparare la differenza fra i tre popoli se non voleva finire senza un arto o peggio
- Comunque non l'avevo capito anche perché di solito i giapponesi non sono biondi -
L'altro lo guardò ancora una volta perplesso : - ...Ma siamo sicuri che andiamo nella stessa scuola? Gli altri oltre per i miei occhi mi prendono in giro anche per le mie origini e per i miei capelli fuori dal normale, mi conoscono tutti a scuola come 'Il mostro' e poi ci sei tu che sei tolmente fuori dal mondo, sembra vivi in un altro universo.
E per tua informazione solo mio padre è giapponese -
- Il mio è un bellissimo universo fatto di unicorni e zucchero filato - Fece oscillare i capelli girando l'angolo.
- ...ci credo poco... -
- Perché? - Chiese Drew incuriosito dalla risposta dell'altro.
- Perché a mensa avevi lo sguardo triste come se il tuo universo stesse per crollare -
Il rosso a quelle parole restò a bocca aperta, il ragazzo limone con una sola occhiata era riuscito a capire una cosa che lui non aveva rivelato a nessuno e anche se trovava questa cosa alquanto pericolosa come la vocina gli suggeriva, allo stesso tempo lo affascinava tant'è che rimase qualche minuto a pensare alle sue parole.
- Quindi tua madre non è nata in Giappone? - disse dopo per cambiare discorso
- No, ci è andata per lavoro.
Lí ha conosciuto mio padre e sono nato io.
Poi a dodici anni c'è ne siamo andati e mamma ha lasciato mio padre... -
- ...E siete venuti qui in Italia - Concluse Drew al posto suo.
- No, siamo andati in America per due anni.
Poi siamo stati un anno in Canada e solo dopo siamo andati in Italia -
- Wow -
- Già -
- Anch'io sono stato in America - Cercò di non far finire lì la conversazione - Sono nato lì e ci ho vissuto fino a sette anni, poi... - si sforzó di mantenere lo stesso timbro di voce di due minuti prima, fallendo miseramente - Poi mia madre è morta e i servizi sociali mi hanno portato qui dove mi hanno adottato -
- Oh - Disse il ragazzo limone fermandosi appena si accorse di essere di fronte casa sua - Sai, forse mi sbagliavo quando ho detto che il tuo universo sta crollando - restituì l'ombrello a Drew - Perché lui è crollato diversi anni fa, tu stai solo cercando di farne un altro ripartendo da zero - prese le chiavi di casa sua
-lascia che ti aiuti a costruirlo Drew -
disse infine sorridendo e lasciando il rosso a bocca aperta
- Ci vediamo domani -
- Aspetta, non mi hai ancora detto il tuo nome -
- Ethan Osaka - sorrise un'ultima volta per poi chiudere la porta alle spalle
E forse per il suo meraviglioso sorriso, per la sua bellissima risata o semplicemente per un colpo di fulmine.
Drew si ritrovò a provare quella sensazione tanto familiare agli uomini quanto nuova per lui.
Quella che ti fa sentire le farfalle allo stomaco, il rossore alle guance e il batticuore.
Colei che porta a pianti, depressione e ad automutilarsi.
La senzazione che dona un enorme felicità, il sorriso perennemente in volto e che fa sembrare il mondo più colorato.
Quella che fa andare avanti il mondo e che va sempre in coppia con la morte.
L'amore
Non so che scrivere
Adios
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