Capitolo 18
So honey now
Take me into your loving arms
Kiss me under the light of a thousand stars
Place your head on my beating heart
- Ed Sheeran
La luna era ormai alta nel cielo, Alec la osservava attraverso il vetro della finestra, con la testa sul cuscino. Aveva cenato a forza, ma alla fine aveva mantenuto nello stomaco quelle poche cose che aveva ingerito. Fortunatamente lui e Adam erano riusciti a nascondere ai genitori la zuffa di quel pomeriggio, quindi la serata era trascorsa tranquilla. Con Iris e Mya non erano stati altrettanto fortunati: erano piombate in camera di Adam poco dopo pranzo e avevano voluto sapere ogni dettaglio. Ovvio che fossero state messe al corrente da altri studenti di ciò che era successo; Alec e Adam erano sulla bocca di tutti, a quanto pareva.
Dopo la piccola discussione che i quattro avevano avuto riguardo l'argomento, Alec si era compiaciuto nel vedere le ragazze molto affiatate. Era contento che Iris avesse trovato un'amica, ruolo che Mya poteva ricoprire egregiamente poiché era una brava persona. Dovette ammettere, però, che era felice anche per quest'ultima: non sembrava avere tanti amici, e coloro con cui passava le sue ore a scuola erano solo delle conoscenze che si limitavano a quell'ambiente.
Nonostante avesse passato una giornata movimentata, adesso non sapeva cosa fare. Aveva cercato il suo fidato libro per i dettagli sull'autore che l'ultima volta aveva trascurato, ma non l'aveva trovato da nessuna parte. Eppure era sicuro di averlo lasciato sul comodino. Forse l'aveva spostato Irina, anche se non vedeva perché avrebbe dovuto farlo sparire. Alla fine si era rassegnato e si era steso sul letto, ad aspettare le undici, e poi mezzanotte.
Il momento di pensieri e solitudine che per lui consisteva nella notte venne interrotto da due colpi secchi alla porta. Si mise seduto di scatto e la fissò, come se il legno pregiato potesse spiegargli chi fosse a quell'ora. Il giorno seguente avrebbero avuto lezione, ed era certo che tutti dormissero; durante la settimana non aveva mai sentito rumori per la casa così tardi.
Si sistemò in fretta sulla propria sedia e si affrettò per aprire, anche per placare la curiosità ormai troppo forte. Abbassò la maniglia e si ritrovò davanti la figura sinuosa di Adam. Indossava solo un paio di pantaloncini del costume e teneva una pila di asciugamani tra le braccia, i quali gli coprivano parzialmente il petto.
L'amico entrò in camera senza essere invitato e si richiuse la porta alle spalle. Si guardò per un attimo intorno, poi si volse a fronteggiare l'espressione stupita di Alec con un sorriso furbo.
«Preparati, andiamo a fare un bagno» disse con una strana luce negli occhi, che accompagnava la sua aria divertita e soddisfatta.
Alec si ripeté la frase nella mente qualche volta per assicurarsi della sua veridicità. «Ma stai scherzando? Hai idea di che ore sono?»
Adam sbuffò, dimostrando di aver già immaginato una reazione simile. «È proprio per questo che andiamo ora. Non possono interromperci, e io ho voglia di terminare ciò che abbiamo iniziato l'altro giorno.»
«Ma fa freddo» si lamentò Alec. In quella settimana le temperature erano aumentate fino a emulare quasi un caldo estivo, però la notte rimaneva sempre quella algida e ariosa di settembre.
«L'acqua sarà caldissima, vedrai.»
Alec rifletté su come erano stati interrotti l'ultima volta, mentre parlavano di lui e della possibilità che ritornasse a camminare, e sperò che l'altro non intendesse letteralmente riprendere quel discorso. Tuttavia, l'idea di un bagno di sera era intrigante, e doveva ammettere che gli sarebbe piaciuto rivivere le sensazioni di quel pomeriggio, anche solo per poco.
«Aspettami fuori.»
Senza aggiungere altro, prese il costume pulito dall'armadio e si cambiò in fretta. Mantenne la felpa anche se probabilmente questa volta non si sarebbe potuto coprire durante la nuotata. A quel pensiero, un profondo senso di imbarazzo lo invase. Non ci era abituato poiché era la prima occasione in cui avrebbe mostrato una parte vulnerabile di sé a qualcuno che gli era abbastanza vicino, quindi non aveva idea di come comportarsi. I suoi vecchi amici non avevano mai visto le sue cicatrici, non ve n'era stato modo. Non era più andato in piscina con loro dopo l'incidente, e loro non l'avevano invitato.
Adam lo attendeva raggiante al di là della porta. Sembrava un bambino il giorno di Natale, e la cosa non poté che far sorridere Alec. Lo trascinò fino al portone d'ingresso dimenticandosi momentaneamente di rallentare per lui, vinto dall'entusiasmo. Ad Alec stava bene così. Era giusto che ogni tanto pensasse anche a sé stesso invece di preoccuparsi sempre per gli altri.
Una volta fuori, il ragazzo premette un interruttore e le luci intorno e dentro la piscina illuminarono la loro visuale, riempendo la notte di fasci lucenti.
Avanzarono insieme fino all'acqua, poi Adam non riuscì a trattenersi. «Non vorrai fare storie anche oggi, spero. Non entro finché non lo fai tu» s'impuntò, incrociando le braccia all'altezza del petto e rimanendo lì a riservargli uno sguardo indispettito. Era piuttosto euforico, Alec non l'aveva mai visto così.
In realtà il desiderio di immergersi ora superava qualsiasi altro, persino quello onnipresente di tornare a casa. Tuttavia c'era ancora qualcosa che lo bloccava, che gli impediva di mostrarsi liberamente all'amico.
«Alec?» lo chiamò Adam, e lui si morse l'interno di una guancia. Non era lì per niente e lo sapeva, stava solo aspettando il momento più propizio.
Si calò con poca grazia dalla sedia e, come l'ultima volta, si sedette sul bordo della piscina, immergendo le gambe. Il caldo dell'acqua lo sorprese, nonostante Adam l'avesse avvertito, e si lasciò sfuggire un sospiro mentre socchiudeva gli occhi.
Percepì il giovane Brass sedersi accanto a lui, ma entrambi restarono in silenzio per un po'. Un venticello gli carezzò le orecchie non più protette dai capelli – cosa alla quale si era ormai abituato – e gli scorse dietro il collo provocandogli un rapido brivido. La sensazione non fece in tempo a scemare che sentì le mani di Adam su di sé. Non si mosse mentre le dita stringevano i lembi della felpa e la alzavano per toglierla. Si tormentò il labbro ma non si oppose, inarcando la schiena per aiutarlo nel movimento. Era a conoscenza del fatto che se gli avesse negato anche quello, lui da solo non avrebbe mai trovato il coraggio per esporre i segni della sua vita davanti a quegli innocenti occhi blu.
I polpastrelli del ragazzo gli sfiorarono i fianchi man mano che la maglia saliva, creando tanti piccoli brividi che questa volta non avevano niente a che fare con la brezza notturna. Alzò le braccia quando fu il momento di sfilare la felpa dalla testa, e rimase esposto al freddo e a quei zaffiri. Questi ultimi si soffermarono sul suo torace solo per un attimo per non essere invadenti, ma poté scorgere in loro una strana scintilla che lo rese insicuro.
Desideroso di celare il proprio corpo, si immerse nella piscina senza esitare, e venne avvolto dalla temperatura tiepida e confortevole dell'acqua.
Adam non si fece attendere e gli fu subito accanto dopo aver sfogato il suo entusiasmo in un tuffo che aveva bagnato interamente il capo di Alec.
«Hai ancora freddo?» gli chiese, tornando a preoccuparsi per lui. Gli prese i polsi e lo allontanò dal bordo, prendendo in affidamento la sua sicurezza. Alec gli si aggrappò alle spalle come l'ultima volta, e i loro respiri si fusero per quanto erano vicini.
Scosse la testa. «Avevi ragione: è calda.»
Adam assunse un'espressione fiera e rise. «Io ho sempre ragione.»
Avrebbe voluto replicare a tono, ma si limitò a sorridere perché non aveva modo per affermare il contrario.
«Cosa vuoi fare?» gli domandò Adam dopo un attimo di silenzio.
Tutto, pensò, ma suo malgrado dovette scegliere tra ciò che avevano fatto l'ultima volta. Prima si fece trascinare da Adam tra le piccole onde che il loro movimento creava, poi vorticarono su sé stessi in una spirale di risate, e alla fine si rifugiarono sott'acqua in quel particolare mondo dalle sensazioni ampliate e tutto il resto ovattato.
Alec osservò affascinato le ciocche nere di Adam fluttuargli attorno alla fronte. Sembravano così soffici lì sotto che gli venne voglia di toccarle. Allungò le dita e ne saggiò la consistenza morbida e setosa.
L'amico non cambiò atteggiamento, gli permise di fare tutto ciò senza disturbarlo, seguendolo con sguardo vigile. Quando fu tempo di recuperare aria, lo trascinò in superficie, lasciando in quella dimensione irreale ciò che vi era successo.
Entrambi si ritrovarono a respirare affannosamente, nella stessa posizione di prima. La luce della luna baciò i capelli zuppi di Adam riempiendoli di riflessi argentati che gli colorarono anche le iridi, fino a quel momento scure come due pozze per via della notte che vi si rispecchiava.
Il ragazzo lo lasciò e gli passò una mano dietro, facendolo trasalire per il contatto improvviso.
«Cosa stai facendo?» gli uscì naturale chiedere, a voce appena più alta di prima.
«Non ti agitare» gli disse piano l'altro, con una pacatezza paragonabile solamente alla bellezza che i suoi occhi avevano assunto sotto quel cielo notturno. «Fidati di me» insistette.
Alec si morse un labbro come era solito fare in preda al nervosismo, ma poi distese i lineamenti e fece come gli era stato detto. Si sentì affondare solo per un attimo, ma subito il palmo di Adam spinse contro la sua schiena fino a garantirgli una posizione orizzontale. Il suo corpo emerse per la metà anteriore come se stesse facendo il morto a galla, sorretto da Adam e dalle acque. Allargò le braccia d'istinto. Quando fu sicuro che avrebbe potuto farcela da solo, il giovane Brass ritirò le mani, lasciandolo a galleggiare come se non pesasse nulla.
«Non ti allontanare» fece Alec, irrequieto, ma quando si accorse che cominciava a sprofondare rimase fermo, irrigidendo ogni muscolo che possedeva.
Un nuovo tocco gli impedì di andare a fondo, così vicino all'elastico del suo costume che non gli permise di rilassarsi.
«Sta' tranquillo, altrimenti non riuscirai a restare a galla.»
Facile a dirsi, ma il suo cuore che aveva deciso improvvisamente di intraprendere una corsa sfrenata non glielo concesse. Attribuì tutta quell'ansia alla paura di annegare e si diede dello stupido. Adam l'avrebbe ripreso in qualsiasi momento, non c'era di cui preoccuparsi. E allora perché continuava a sentirsi teso?
L'amico lo lasciò di nuovo e questa volta lui seguì le indicazioni. Riuscì a placarsi un poco, poi riempì i polmoni e chiuse gli occhi. Galleggiò senza muoversi per un tempo indefinito, poi li riaprì e vide che Adam lo fissava.
«Non hai mai pensato di ricominciare a camminare?» gli chiese a tradimento, tirando in ballo quel discorso spinoso.
Alec tornò a tormentarsi un labbro, ma provò a fare lunghi respiri per non affondare. «No» disse secco, sperando che bastasse per chiuderla lì.
«Tua madre mi ha detto che potresti.»
La sorpresa lo distrasse, ma riuscì ancora a rimanere a galla. «Lei cosa?» Non poteva credere che Adam avesse parlato tanto a lungo con Louise da venire a conoscenza di un'informazione del genere. Perché mai la donna avrebbe dovuto rivelarglielo se era la prima ad approfittare della convenienza scaturita da quella situazione?
«Ha detto che sei fisicamente pronto per farlo. Perché non vuoi, Alec? Potresti provare. Guarda.»
Adam gli si avvicinò con rapidità e gli portò una mano sul ginocchio. L'altra la poggiò con delicatezza sulla caviglia e strinse piano, quasi avesse paura di romperlo. Forzò l'arto in un movimento che non gli provocò alcun dolore, ma il fastidio di essere toccato si propagò fino al cervello, impedendogli di mantenere quella posizione esposta un secondo di più.
«Non toccarmi!» si agitò, iniziando a cadere verso il basso fino a immergersi completamente. Provò a muovere le braccia per tornare su, ma fu tutto inutile.
Adam lo riagguantò nella sua presa che ora era tutto fuorché rassicurante. Respirare gli veniva difficile, i polmoni bruciavano per via della mancanza d'aria, dopo che l'aveva espulsa di getto. Quando uscì, prendere ossigeno non si rivelò facile. Sentiva quasi ardere i punti in cui Adam l'aveva sfiorato e non riusciva a concentrare la propria attenzione altrove.
«Lasciami andare.» Lottò insensatamente per liberarsi dalla stretta anche se sapeva che senza avrebbe rischiato di affogare.
«Alec, calmati» provò a dire l'altro, sbalordito davanti al suo sfogo subitaneo.
«Lasciami. Non toccarmi» continuò a ripetere. Scosse la testa per cercare di scacciare la sensazione di disagio, ma non sembrava voler scemare.
Avvertì sotto le mani qualcosa di solido e aprì gli occhi. Nemmeno si era accorto di averli chiusi, così forte che ora quasi gli facevano male. Si ancorò al bordo della piscina mentre Adam lo lasciava e si issò sopra per fuggire via da colui che aveva osato toccarlo e, addirittura, provare a fargli muovere le gambe. Stava bene così, non doveva camminare, non meritava questo privilegio. Stava bene così, stava bene così.
Il gelo lo investì con una ventata di aria che fece correre le goccioline sulla sua pelle, e questa si ricoprì di tanti piccoli brividi che facevano quasi male. Si allungò fino ad afferrare due teli da mare dalla pila che aveva portato Adam; uno lo stese a terra per sdraiarcisi e l'altro lo utilizzò come coperta. Si voltò verso la villa e si lasciò cullare dal tremore del proprio corpo finché il bruciore che solo mentalmente percepiva non si attenuò un po'.
Quando sentì Adam uscire si girò di colpo, quasi spaventato all'idea di averci a che fare. Lo vide prendere un altro asciugamano. Era passato così tanto tempo che lui ormai era asciutto, quindi si sedette, si protese verso i vestiti e indossò la felpa per proteggersi dal freddo.
L'amico non disse nulla, si limitò ad accomodarsi accanto a lui, tremando a sua volta, anche se in modo meno evidente.
«Alec» lo chiamò mentre si sdraiava sul telo, grande abbastanza da contenere tutti e due.
Il suo nome lo percosse internamente come se, pronunciandolo, Adam avesse toccato una parte profonda del suo essere. Tornò a poggiare la testa accanto a quella dell'altro.
«Guardami» lo sentì sussurrare, e non poté ignorarlo. Si voltò titubante verso di lui in preda a altri brividi.
Adam adagiò sopra i loro corpi entrambi gli asciugamani che avevano usato, tramutandoli in coperte. Il vento smise di imperversare sulle loro parti esposte, e il piccolo rifugio momentaneo li protesse dal freddo.
«Cosa ti ho detto questo pomeriggio?» chiese dopo essersi di nuovo sistemato accanto a lui. Erano vicinissimi, così tanto che i loro nasi quasi si sfioravano.
Alec continuò a mordicchiarsi il labbro finché non percepì il sapore del sangue invadergli la lingua. Esitò, ma nemmeno a quel punto si fermò, continuando a infierire con frenesia sulla propria carne.
Adam scosse la testa e gli poggiò l'indice sulla bocca per farlo smettere. Il ricordo di quelle stesse dita sulle sue gambe lo fece tremare.
«Ho detto che devi essere forte.»
Alec lo guardò con disappunto. «Io sono forte.» Tutto sommato non si sentiva un debole. La situazione in cui era capitato era più grande di lui, ma la stava gestendo con autorità, senza mai farsi vedere fragile da nessuno.
Alec sorrise. «Certo, lo sei. Ma non devi solo esserlo esteriormente. Devi trovare la forza in te, devi combattere quello che ti succede, non fuggire.»
Resistette all'istinto di continuare a mordersi. Sapeva benissimo di cosa stava parlando Adam, ma non voleva affrontare quell'argomento. Non era giusto il modo in cui quel ragazzo gli leggeva dentro ed eliminava così tutte le sue difese.
«Perché non mi lasci semplicemente stare? Dannazione!»
Il vento si alzò e li colpì con il suo freddo notturno. Alec rabbrividì e si strinse di più nella felpa. Adam era ancora a petto nudo, e lui si domandò come potesse reggere quelle basse temperature.
«Perché no. Puoi camminare e camminerai, Alec.»
La sua caparbietà non fece che generare altre emozioni contrastanti. Vedere che teneva a lui a tal punto da insistere gli scaldava il cuore, ma lo faceva anche adirare per via della sua invadenza.
Non gli rispose, troppo impegnato a tremare per la nuova folata. Adam ridusse ancora di più lo spazio tra loro finché gli asciugamani non furono in grado di avvolgere completamente entrambi. I loro corpi aderirono in tutta la lunghezza, e Alec strinse i denti per il contatto tra le loro gambe. Aveva sopportato fin troppo quella sera.
«Non senti dolore, non è vero?» indagò Adam, interrompendo sul nascere il suo pensiero di fuggire.
Udendo la sua voce si calmò leggermente. «No. Mi dà... fastidio. Quasi come quando ti toccano l'ombelico» spiegò, trovando ridicolo il paragone, anche se il senso era quello.
Infatti Adam rise. «Ti dà fastidio che ti tocchino l'ombelico?» chiese tra le risate.
Alec alzò un sopracciglio, perplesso. «A te no?»
Adam scosse la testa e per un istante il suo naso sfregò contro quello di Alec. «No, anzi. È... piacevole» concluse, con un tono a malapena interrogativo che sorprese Alec.
«Stai scherzando?» domandò serio. In tutta la sua vita non aveva mai sopportato di essere anche solo sfiorato quel punto, e per Iris era la stessa cosa, tanto che quando erano bambini lo usavano come mezzo per farsi i dispetti.
Adam fece spallucce, rendendolo ancora più incredulo. Una piccola parte di lui si rese conto che tutta quella storia lo stava distraendo egregiamente dal problema.
Per confermare le parole dell'amico, allungò le dita senza pensarci fino a sfiorargli l'addome piatto e poi l'ombelico. Il ragazzo sussultò appena per il contatto inaspettato, ma non si mosse, socchiudendo gli occhi come se gli piacesse. Alec lo guardò sbalordito, più dal suo stesso gesto che dalla reazione dell'altro. Sentendo le guance più calde, ritirò la mano, stranito.
«In ogni caso cerca di non toccarmi» ordinò ritrovando la voce.
Adam rise e aguzzò lo sguardo. «Come, così?» chiese innocentemente, i piedi che scorrevano su per i polpacci di Alec.
Non riuscì a trattenersi e gli strinse forte un braccio. «Falla finita» ringhiò.
Nel movimento che fece, uscì in parte fuori dalla protezione degli asciugamani e il freddo si insinuò al loro interno.
Adam si mosse rapido e diede finalmente pace alle sue gambe. Risistemò il tessuto che li copriva avvicinandosi di nuovo a lui in modo tale che la coperta abbondasse, poi gli passò una mano dietro la schiena giusto il tempo per tirarlo a sé. Il suo cuore perse un battito mentre il suo viso andava a cozzare contro la spalla dell'amico. Il suo odore impregnava la sua pelle anche dopo il bagno in piscina, e riempì le narici di Alec, confondendolo. Perché improvvisamente aveva avvertito quel vuoto nel petto?
«Mi dispiace per prima» gli sussurrò Adam vicino a un orecchio, e lui rabbrividì ancora. Colpa del freddo, si disse, anche se non ne era del tutto sicuro, ormai. «Però devi affrontare questa cosa e vincere le tue paure.»
Alec non ribatté, abbassò lo sguardo fino a sfiorare con il naso il collo di Adam. Desiderò di passarci sopra le labbra per saggiarne la morbidezza, ma si rese conto di quanto fosse ambiguo quel pensiero e si sentì in imbarazzo con sé stesso.
Adam sembrava in attesa, quindi si sforzò a dargli una risposta. «Non voglio parlarne.»
Il giovane Brass addolcì il tono della voce mentre pronunciava una singola affermazione: «Ok.»
Ancora una volta aveva agito nel migliore dei modi. Sapeva sempre – o perlomeno quasi – quando insistere e quando invece lasciargli spazio.
«Hai freddo?» gli domandò dopo l'ennesimo brivido.
«Un po'» mormorò Alec, udendo le proprie parole rimbombare contro il ragazzo.
«Vuoi rientrare?»
«No.»
La sola idea di uscire da quel piccolo e momentaneo rifugio gli fece storcere il naso, la cui punta sfiorò la pelle di Adam.
Sentì l'amico muoversi appena, poi una sua mano gli si poggiò di nuovo sulla schiena e stavolta lo strinse fino a fargli affondare il viso in quel calore che qualche istante prima aveva desiderato toccare. Si ritrasse imbarazzato, ma l'altro non parve infastidito, quindi permise a sé stesso di rilassarsi.
La nuova stretta lo riscaldò più di prima, e volle in qualche modo ricambiare. Portò titubante la destra sul fianco di Adam e poi la fece scorrere piano più lontano, fin quasi ad abbracciarlo. Per tutta risposta Adam iniziò a carezzarlo impercettibilmente.
Chiuse gli occhi e si rilassò sotto quel movimento che non aveva il coraggio di emulare. Si fece trascinare alla deriva come avrebbe fatto con le onde del mare, con l'unica differenza che queste l'avrebbero condotto al pericolo, mentre Adam lo stava accompagnando pian piano verso la tranquillità.
«Sei stato bravo stasera.» Il ragazzo lo riportò alla realtà quando stava per cadere nel sonno.
Ci mise qualche secondo a elaborare il significato nascosto di quelle parole, poi sbuffò sonoramente. «Non ho mangiato per te» mentì in preda all'orgoglio.
Adam sorrise, se ne accorse dal breve sospiro da lui emesso e dal tono che aveva la seguente frase. «Non devi farlo per me, ma per te.»
Il silenzio tornò su di loro come una coltre, e Alec si accoccolò beato contro l'amico, quasi nell'inconscio. Prima che quest'ultimo se lo portasse definitivamente via, pronunciò un singolo ringraziamento, a voce così bassa che sperò non si potesse udire.
«Grazie.»
Poi un sonno senza incubi lo accolse, riempiendogli la mente del nulla più totale.
*
Adam sorrise ancora a quel ringraziamento. Sapeva che per Alec non era facile ammettere di aver ricevuto abbastanza da dover ringraziare, eppure si era sforzato per lui, per permettergli di capire il suo stato d'animo. Non che gli servissero parole per comprenderlo, la gratitudine era evidente nei suoi gesti e persino nascosta nella sua voce, però riceverla direttamente gli aveva colmato il cuore.
Rimase immobile in quella posizione finché non sentì il respiro di Alec farsi più calmo, segno che stava dormendo. A quel punto si scostò quel poco che gli serviva per osservare il volto dell'amico.
La ruga di preoccupazione appena accennata che manteneva sempre senza rendersene conto era scomparsa adesso, sostituita da un'espressione tranquilla. Le lunghe ciglia gli sfioravano gli zigomi, fin troppo pronunciati per via della sua magrezza. I capelli erano già ricresciuti un po', e fino a quel momento gli avevano sfiorato il mento, solleticandolo. Si sentì scaldare al pensiero e alla visione che aveva davanti. Non sapeva bene perché, ma vedere Alec contento lo rendeva gratificato e soddisfatto, come se da ciò dipendesse anche la propria felicità.
Continuò a esplorarlo a lungo, studiò prima il suo viso magro, poi le orecchie piccole dalla forma tondeggiante, per passare alle guance arrossate, forse per il vento, e le labbra gonfie per l'infierire dei canini. Infine si soffermò sul suo collo, più in particolare sulla cicatrice che usciva dal lato sinistro del petto, laddove la felpa abbondante lasciava uno spazio visibile per via di una piega.
Tutto ciò che sapeva al riguardo era che aveva avuto un incidente. Louise non gli aveva voluto dire di più quando aveva provato a interrogarla, e Alec non ne parlava mai. Già solo riferirsi alle sue gambe gli risultava estremamente complicato, in un modo che non si aspettava.
Un passo alla volta, si disse, sospirando contro i capelli dell'amico. Vi ci passò una mano cercando di stringerli sebbene fossero corti.
«Adam» si sentì chiamare dalla voce roca di Alec. Fin dal primo istante l'aveva trovata particolare, dal tono basso e limpido, ma ora che era macchiata dal sonno risultava ancora più orecchiabile.
«Mh?» rispose, allontanandosi appena da lui per guardarlo in volto. Incontrò le sue palpebre chiuse che proiettavano l'ombra delle ciglia sulle guance. Il suo respiro era regolare e non c'era traccia della ruga sulla fronte.
Ci mise un po', ma alla fine si rese conto che Alec l'aveva chiamato nel sonno.
Un sorriso gli nacque spontaneo sul viso mentre si riposizionava vicino a lui, incastrandolo tra il collo e la spalla. Chiuse gli occhi definitivamente e si permise di addormentarsi, con il proprio nome pronunciato da Alec dormiente che ancora gli rimbombava in testa come la ninna nanna di un carillon.
*Revisionato*
Koa
Come alcuni di voi mi hanno chiesto, ecco un'altra parte di Adam, anche se piccola ^-^ mi spiace se non scrivo spesso dal suo punto di vista, ma quello di Alec mi risulta molto più facile, forse perché mi coinvolge di più, quindi, anche se ho cercato di tenere in considerazione il desiderio di alcuni di leggere che cosa ne pensa Adam di tutto questo, non voglio forzare troppo le cose, quindi inserirò altri pezzi dal suo pdv solo se sentirò davvero il bisogno di farlo :)
E pensare che dovrebbe essere Alec quello difficile, invece ^^' hehe
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