Capitolo 7.1

                                                   Appuntamento


Avevo avuto l'intera mattina per scegliere l'abbigliamento adatto per la mia prima uscita con Mirko, ma tra stanchezza e pensieri su genitori non sinceri, poteri ereditari ed esseri non umani in incognito, ero riuscita a fare ben poco. Avevo provato diverse volte allo specchio, senza essere mai soddisfatta.

Erano passati cinque mesi dall'ultima volta che ero uscita con un ragazzo che mi piaceva (a parte Rydios, ma lui era una eccezione, era uno Spirito Guida e non era nemmeno del mio Piano), e mi sentivo impreparata.

Diedi una sistemata ai capelli, definendo al meglio le onde con la piastra, poi passai al viso, truccando leggermente gli occhi, e mi infilai un paio di jeans insieme a un maglione blu aderente e a una giacca elegante dello stesso colore.

Il citofono suonò intorno alle tre di pomeriggio, puntuale come mi aspettavo. Ero sola in casa, i miei erano usciti dopo pranzo per andare in un centro commerciale, e mi avevano detto sarebbero stati via a lungo.

Non li avevo ancora affrontati su quello che avevo scoperto la sera prima, avevo cercato di comportarmi come sempre, anche se era difficile, considerando che il mio istinto suggeriva di evitarli o in alternativa, di far uscire le emozioni negative e i dubbi che avevo, in un unico sconnesso getto di parole.

Mi arrivò un messaggio di Mirko, diceva: "Sono qui"; presi un ampio respiro e cercai di calmarmi. In strada, c'era davvero quel Mirko, il ragazzo di Tuenno.

Uscii di casa, e lo vidi. Era appoggiato distrattamente alla sua moto nera, accostata in doppia fila qualche metro più avanti del mio portone.

«Ciao Sofi.»

Mi salutò con un sorriso che gli illuminò i suoi caldi occhi scuri, e io mi sentii fortunata a essere colei che lo stava ricevendo.

«Ciao Mirko.»

«Stai benissimo con queste onde», commentò, passandomi le dita nei capelli in un gesto rapido e inaspettato. «Quasi mi dispiace farti mettere il casco.»

«Grazie», risposi, stupita che si fosse accorto della mia pettinatura. «Il percorso fino al parco è breve, potremmo andare a piedi, se ti va.»

«Non se ne parla. Ti porto io.»

Mi diede il casco e si mise in sella, facendomi segno di salire. La visione di lui alla guida, delle sue gambe strette in jeans neri, del suo giubbotto di pelle marrone, e dei suoi capelli castani sotto il sole, mi diede una forte sensazione allo stomaco.

Mi sedetti dietro di lui e passai discretamente le braccia intorno alla sua vita. Notai attraverso lo specchietto che stava sorridendo rilassato, e mi lasciai andare anche io.

«Si parte.»

Fece scaldare il motore e nel giro di pochi istanti stavamo attraversando le vie del centro, con l'aria fredda in viso. Mi avvicinai di più a lui, per ripararmi dal vento e mi godetti il calore del suo corpo a stretto contatto con il mio.

Quando raggiunse Piazza Castello, fece alcuni giri a vuoto per trovare posto e infine parcheggiò in una via laterale, dalla quale s'intravedevano le maestose mura del Castello Sforzesco.

«Siamo vicini a casa tua», dissi, liberando i capelli dal casco. «Abiti ancora in zona, vero?»

«Sì, qualche via più in là», confermò, sistemando il cavalletto della moto.

«Me lo ricordo.» gli feci sapere, omettendo l'altra parte di verità, quella indicibile e imbarazzante, che non potevo confessare.

Arrivammo alla fontana e attraversammo i cortili antichi del Castello, entrando al Parco Sempione dall'uscita posteriore, dalla quale una fila di alberi spogli conduceva in una distesa di prato dalle tonalità verdi, arancioni e marroni.

Proseguimmo con calma, facendoci superare da giovani in tuta che correvano con le cuffie nelle orecchie, e da famiglie con bambini, dirette all'angolo giochi dove eravamo stati spesso insieme anche noi da piccoli.

«Ti va se ci sediamo lì?» chiese lui, a un certo punto, riferendosi a una panchina isolata su cui batteva, luminoso, il sole.

Si trovava davanti a un laghetto coperto di fogliame, che veniva scavalcato più avanti da una passerella monumentale, il Ponte delle Sirenette, decorata ai lati da quattro sirene in ghisa che stringevano un remo tra le mani.

«Sì, va bene.»

Mi sedetti di fianco a Mirko in tensione, come se avvertissi di essere giunta a un momento cruciale con lui, di stare per incontrare uno snodo decisivo che avrebbe potuto cambiare le nostre vite, o non cambiarle affatto.

«Immagino vorrai sapere perché ti ho chiesto di uscire», iniziò lui, appoggiandosi allo schienale con una svogliatezza che gli invidiai.

«A parte il motivo ovvio?»

Sorrise. «A parte quello.»

«Sì, vorrei saperlo.»

«Mi piacerebbe frequentare una ragazza per un periodo che superi la settimana», disse, con schietta sincerità. «E tu potresti essere quella ragazza.»

Restai in silenzio, ad ascoltare i battiti accelerati del cuore che mi rimbombavano nelle orecchie.

«Cosa te lo fa pensare?»

«Ho l'impressione che tu sia rimasta una persona affidabile. Stai sempre con le solite amiche a cui sono sicuro vuoi molto bene, e non esiti a trattarmi gentilmente anche se sono sparito in un'altra Regione senza farmi quasi più sentire per anni.»

«In effetti, sei stato pessimo», sostenni, dandogli un pugno scherzoso sulla spalla. «Ma eri giovanissimo, e stavi affrontando delle difficoltà che non credo neanche di poter immaginare.»

Mi cercò con gli occhi, facendomi capire di aver colto nel segno.

«Puoi ben dirlo.»

Mi chiesi come facesse a sembrare un ragazzo tanto comune e ordinario. A prima vista, non vi era davvero niente di insolito in lui.

«Io sono libera, e anche a me piacerebbe frequentare un ragazzo per più di una settimana.»

«Bene. Quindi nessun ragazzo che ti piace? Nessun pretendente nelle vicinanze?»

Mi venne in mente Rydios. Non era successo nulla tra di noi, ma eravamo usciti insieme e mi sentivo legata a lui in un modo mai sentito prima con nessun altro.

«No, nessuno di visibile.»

«Strano. Eppure, sei così...»

Si fermò un istante e abbassò lo sguardo alla mia bocca. Avvicinò il viso al mio, e mi sfiorò le labbra con delicatezza.

Sapeva di speziato e di dolce insieme, di cannella mischiata allo zucchero, e il cuore quasi mi esplose nel petto.

«...irresistibile», completò.

«E tu?» fiatai.

«Io, cosa?» bisbigliò.

«Niente ex ancora innamorate, niente frequentazioni in corso?»

«Niente di niente.»

«A quando risale l'ultima?» continuai.

«Preferirei non parlarne adesso...»

«E' recente.» dedussi.

«Sì, ma non è quello il punto.»

«E qual è, allora?»

Si scostò da me, tornando al suo posto, e mi guardò con un'espressione mista di disagio e dispiacere.

«Non l'ho trattata bene. E a essere completamente sincero, non ho mai trattato bene nessuna di loro.»

Mi scontrai con quella dura affermazione, e l'urto mi riportò con i piedi per terra.

«Oh, capisco», commentai tranquilla, senza però nascondere la mia delusione. «Il ragazzo per cui avevo già una cotta in passato mi bacia, ma preferisce non dirmi che è uno stronzo con le ragazze.»

«Tu avevi già una cotta per me?» ripeté, disorientato. «Quando?»

«In prima media.»

«Non me ne ero accorto.»

Feci spallucce. «Ero brava a nasconderlo.»

«E poco dopo mi sono trasferito.»

«Sì, e io non ho saputo quasi più nulla di te», aggiunsi.

Mirko guardò il paesaggio davanti a se, pensieroso, poi fece un lungo sospiro.

«Io non sono un ragazzo perfetto, Sofi. Per niente. Ma volevo che tu mi vedessi perfetto, per questo ti ho detto che preferivo non parlare delle ragazze che ho avuto.»

«Nessuno è perfetto. Nemmeno io lo sono.»

«Sì, ma è diverso», rimarcò lui. «Tu non...va bé, lasciamo stare. Come siamo finiti a discutere su chi sia il più imperfetto tra noi?»

«Non lo so, ma se può farmi conoscere qualcosa in più di te e del tempo che hai trascorso lontano, non mi dispiace come argomento», risposi.

Le mie parole lo sciolsero, glielo lessi negli occhi; ne ebbi la prova non appena prese la mia mano tra le sue, stringendola.

«E' stato difficile, e non ne vado fiero», mi avvertì con una serietà che mi fece quasi paura. «Sei sicura di volerlo sentire?»

Espirai, liberando la tensione. «Sì.»

«D'accordo», si decise, infine, lasciandosi andare. «Dopo il trasferimento, ho avuto un periodo di isolamento, senza amici e senza ragazze. Seguivo le regole di mia madre in modo ferreo ed ero sempre depresso. Sono andato avanti così per qualche anno, fino a quando, intorno ai diciassette, mi sono ribellato, e ho fatto soffrire molte persone.»

«Senza ripensamenti?»

Mi lanciò una occhiata diffidente, come a valutare quanto ancora potesse aprirsi con me.

«Sì, senza. Essere menefreghista per me era una forma di evasione e quindi di autodifesa», riprese, con una nota di sofferenza nella voce. «Ho disobbedito, e ho poi condiviso l'intimità con una ragazza diversa ogni volta solo per proteggere me stesso, per dimenticare per una manciata di ore il grigiore del mondo in cui vivevo.»

Rimasi in silenzio, a elaborare quello che mi aveva appena detto.

«L'espressione che hai ora in viso mi fa male», commentò, ritraendosi. «Ma la comprendo, l'avrei anche io se fossi al tuo posto.»

«In seguito non hai avuto una fidanzata di cui sei stato innamorato?»

«No. Io non ho proprio mai avuto una fidanzata», ammise.

«Sul serio? Perché?»

«Perché non potevo», confessò, soltanto. «Nessuna ragazza avrebbe potuto capirmi fino in fondo.»

«Capirti?»

«So che per te non avrà senso, ma vedi, il mondo in cui vivevo io era sottosopra, non era normale e in ogni caso, non avrei mai potuto coinvolgerne una senza turbarla.»

"Quindi a causa degli spiriti", riflettei dentro di me. "E della sua capacità di vederli."

«Sembra spaventoso.»

«In un certo senso lo è. Inoltre, l'unica ragazza per la quale io avessi mai provato più che affetto viveva a chilometri di distanza da me.»

«E quella ragazza... invece?» m'interessai.

Mirko mi accarezzò una guancia, con dolcezza. Aveva la pelle fredda, eppure il suo tocco leggero mi mandò lo stesso in cortocircuito, facendomi avvampare di calore.

«Eri tu, Sofi.»

Mi prese per mano, facendomi alzare; io mi lasciai condurre da lui, in assoluta confusione su tutto quello che avevo ascoltato, mentre si avvicinava al corso d'acqua che scorreva nel parco.

Salì i gradini del Ponte delle Sirenette, fermandosi a metà di esso, poi si appoggiò alla ringhiera e mi attirò a sé, circondandomi in un abbraccio deciso.

Mirko profumava di sapone e di abete, di natura e di libertà; avrei voluto percepire ogni sfumatura del suo odore, respirare solo lui, riempirmi della sua essenza, ma non ne ebbi il modo, perché lui si scostò dalle mie braccia prima di poterlo fare.

I suoi occhi scuri erano come un intricato groviglio di rami tesi verso di me, costruivano un sentiero di sottobosco nel quale era difficile entrare, ma in cui avrei voluto restare nascosta per sempre.

«E' sbagliato, forse, quello che sto facendo», mi disse. «E' da egoista, e solo io posso rendermene conto, ma non ho voglia di resistere ancora.»

Siamo agli inizi tra Mirko e Sofia, ma pare che questo appuntamento, da cui prende il titolo il capitolo, non stia andando poi così male ;-) Che cosa ne dite? A me di tutto, piace soprattutto come il ragazzo ammetta di non essere perfetto, a maggior ragione detto da lui che ha un problemino non da poco... Spero che questa parte vi sia piaciuta, nella prossima si prosegue con loro due! A domani ❤

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