Capitolo 17.2

Mi spostai in cucina con lui, su suggerimento di mia sorella, socchiudendo la porta per avere un po' di riservatezza.

«Allora?» iniziai.

«Siediti, per favore.»

Feci come chiedeva, e rimasi in attesa.

«Vedo qualcosa», disse, frustrato, grattandosi la testa, poi si corresse: «Qualcuno.»

«Uno spirito?»

Lui annuì. «Sempre lo stesso.»

«E' in questo appartamento?» chiesi, a disagio.

«Sì, ci ha seguiti.»

Un brivido mi percorse la schiena.

«Che cosa vuole?»

«Parlare con noi», m'informò, intristito. «Pensa di essere ancora viva.»

Prima che potessi fargli un'altra domanda, Mirko mi circondò in un abbraccio.

«Mi dispiace», soffiò, in pena. Feci per tirarmi indietro, ma lui continuò a tenermi stretta a sé.

«Mirko?»

«La tua amica Nadia non ce l'ha fatta.»

«Che cosa hai detto?»

«Il suo Dysdaimon l'ha trovata», rispose.

Non ce l'ha fatta?

«No, Nadia non può essere...»

Non pronunciai quella parola, non volevo nemmeno prenderla in considerazione.

«Io la vedo, Sofi.»

Un Mheàn la vedeva.

«No, no.»

Ripensai al sorriso smagliante della mia amica e agonizzai. Davvero non esisteva più? Non lo avrei mai più rivisto?

«La vedo agitata», aggiunse, rammaricato, tenendo la mia testa al suo petto con una mano. «Ripete che detesta essere ignorata, e che non è gentile da parte nostra escluderla.»

«Nadia è... è...»

Le lacrime sgorgarono da me come da una fontana, bagnando il tessuto della sua felpa, marrone come il fango in cui mi sembrava di essere caduta.

«Sì, lei è...»

«Non dire altro», lo pregai, divincolandomi dalle sue braccia, per alzarmi in piedi e vagare fino alla borsa dove tenevo il cellulare.

«Scusami.»

Arrivai a prendere il telefonino, e aprii i messaggi arretrati che mi aveva scritto Fabiana, leggendoli uno a uno.

Ore 10: "Alle 15 io e Nadia ci vediamo dal solito bar nel mio quartiere, vieni anche tu?"

Ore 14: "Ehi, tutto bene? Fammi sapere qualcosa. Non sparirai di nuovo come giorni fa, vero?"

Ore 16: "A proposito di sparire, tu non mi hai risposto e Nadia non si è presentata. Così, perché lo sapessi."

Ore 16.20: "Sofia, sono preoccupata. Tu non avevi nemmeno letto, ma con Nadia ero rimasta che ci saremmo viste."

Ore 16.30: "Si sentono notizie di brutte sparizioni ultimamente, per favore, scrivimi un messaggio appena leggi, e se senti o vedi Nadia, dille che non sono arrabbiata."

Il numero di Fabiana, dovevo digitarlo subito. La vista mi si era appannata, ma in qualche modo riuscii a far partire la chiamata.

"Sofia?" rispose la mia amica, dopo tre squilli. "Ciao, stai bene?"

"Sì, tu?"

"Anche io"

"Nadia?"

"Dovevamo vederci, ma non è venuta e non mi ha scritto per disdire. Ho anche provato a chiamarla a casa, ma i suoi mi hanno detto che è uscita in anticipo per passare a salutarti. Tu non l'hai vista, vero?"

Alzai gli occhi verso Mirko, che ascoltava vicino a me, e per la tensione, si rigirava il ciondolo della sua collana tra le dita.

"No." risposi, abbattuta. "Io no."

"Dove sei adesso?"

"Nell'appartamento di mia sorella e del suo fidanzato."

"Capisco. Non sapevo avessi già un impegno con loro. Chissà dove è Nadia, e soprattutto, perché non si fa sentire."

"Ci aggiorniamo più tardi?" tagliai corto, non sapendo più cosa dirle.

«Mirko, non ce la faremo mai», fiatai, subito dopo aver chiuso la chiamata con Fabiana.

«Cosa? Non dire così.»

«Perché non dovrei?!» ribattei.

«E' la paura che te lo fa dire.»

«Mi sto chiedendo tante cose, sai. Perderò altre persone care? Resterò sola? Riconoscerò ancora la mia casa? Scomparirò pure io?»

«Non farlo, non chiedertelo», mi bloccò lui, serio. «In Trentino, ho imparato che ci sono domande che non bisogna porsi, risposte che non bisogna mai cercare.»

«Altrimenti?»

«Altrimenti non si vive», continuò lui, con gli occhi lucidi. «Non come si dovrebbe. Non veramente.»

«Ma sono così impotente», mi lamentai, tra le lacrime, crollando, esausta, su di lui. «Senza alcun controllo su niente!»

«E questo ti spaventa molto, vero?»

"Da morire" pensai.

Lui mi strinse forte.

Lasciai l'appartamento di mia sorella per mano a Mirko, che aveva ora una premura eccessiva nei miei confronti. Aveva calmato i miei pianti disperati per Nadia prima di uscire, e ora era intenzionato a farmi capire che non mi avrebbe lasciata sola.

Fabiana mi aveva richiamata, chiedendomi se potevamo raggiungerla appena possibile. Si trovava in quel bar in cui andava spesso, quello in cui ci saremmo dovute vedere insieme a Nadia, ma non voleva uscirne, perché fuori dalla sua vetrina aveva visto esplodere due macchine, colpite da strane saette rosse.

Ci spostavamo per le strade che ritenevamo meno rischiose, avvicinandoci sempre più alla zona del bar, ma a un certo punto il sole sembrò oscurarsi e un ringhio profondo mi fece rabbrividire.

«Da dove proviene?»

«In alto!»

Un animale dal folto pelo grigio, un incrocio tra un orso e un cane di una certa stazza, si stava affilando gli artigli, sporgendosi dal tetto di un palazzo.

«Oh, merda.»

I suoi occhi famelici ci stavano studiando con attenzione, mentre una serie di ringhi bassi si protraevano dalla sua gola.

«Una Paura», riconobbi.

«Dobbiamo andarcene!»

Non reagii, non ne fui in grado. Il mio cuore pompava velocemente, sentivo il sangue affluire alla testa e le gambe diventare pesanti.

«Adesso o ci attaccherà!» avvertì Mirko.

Esitai ancora, e fu tardi. La creatura si era già lanciata con forza verso di noi.

Mi piombò davanti, flettendo le robuste zampe, come se saltare giù da un tetto fosse del tutto naturale, poi sollevò il muso.

Un urlo mi si fermò in gola.

Aveva occhi rossi dai quali colavano righe di sangue verde, e fila di denti acuminati, pronti a ghermire e dilaniare.

Era il cane-orso più spaventoso che potessi mai immaginare, ed era mio, lo avvertivo da come mi puntava.

Mirko mi tirò con uno strattone, cercò di allontanarmi dal mostro, ma il Dysdaimon era nato per seguirmi, e si mosse anche lui.

«Il pugnale, Sofi!»

Feci per tirarlo fuori, ma la creatura si avventò su di me, separandomi dalla borsa dove lo tenevo, e mi sbattè al pavimento.

«No!» urlò Mirko.

Provai un dolore lancinante alla schiena, tanto che la vista divenne a pallini bianchi e neri, e i rumori ovattati.

Il mostro torreggiava sopra di me, mi aveva intrappolata tra i suoi artigli. Era la mia fine? Scossa da spasmi di terrore, pregai che fosse veloce, e tutt'intorno calò il buio.

Sofia ha perso pure una amica e io, fontana a scriverlo :-/ E' stato difficile e lo sarà di più nel prossimo capitolo, perchè torneremo su Nadia e ci resteremo un po', vi anticipo. Ho terminato il capitolo con movimento, è arrivato pure il mostro della nostra protagonista, come andrà d'ora in poi? A domani!

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