Capitolo 15.2

«D'accordo», mi arresi, anche se significava censurare quello che provavo, e mi costava più di quanto fossi disposta ad ammettere.

«Sono sollevato», disse, con un sorriso che mi diede una sensazione agro- dolce.

«Ho seguito il consiglio che mi avevi dato su Mirko», mi sentii di informarlo, nonostante lui potesse averlo già letto nel pensiero. «Avevi ragione sul nostro rapporto, è molto migliorato con il dialogo diretto e sincero.»

«Era quello che volevo per te», disse, con un tono di voce incrinato. «Un ragazzo che può farti felice in qualsiasi istante, laddove io non posso e non potrò mai.»

«Tu... sei contento, così?»

«Amo e odio quello che sono», mi rispose, con sincerità. «Posso seguirti dovunque, ma sono obbligato a mantenere sempre le distanze, anche contro quello che vorrei.»

«Non puoi vivermi», dissi, con rammarico. «E io non posso viverti.»

«Mi sono lasciato andare nell'Astrale, e ora sono sotto la stretta sorveglianza dei Puri, i quali si vogliono assicurare che non commetta alcun tipo di atto impuro mentre sei nel mio stesso Piano.»

«Mi dispiace.»

«Deve essere così, Sofia.»

Il vento si calmò, e i cristalli di neve smisero di turbinarci intorno, scendendo più lenti e ordinati al suolo.

«Ti ho incontrato da viva perché è stato fatto un rituale proibito e un'Entità è scappata dal tuo Piano al mio.»

«Forse più in là negli anni saresti uscita dal tuo corpo comunque.»

«Forse», ripetei, poco convinta. «So bene che un grande dolore potrebbe arrivare a sconvolgermi, ma non riesco a non essere grata per aver avuto questa possibilità.»

Rydios strinse le mie mani nelle sue, e mi attirò al suo corpo in un abbraccio che fuse le nostre energie. Eravamo aria, eravamo pensieri, eravamo emozioni, eravamo... amore universale. Tutto insieme. Ed era così perfetto che fui certa fosse qualcosa di immutabile e perpetuo, di indissolubile.

Non so per quanto restammo a sentirci a vicenda, a godere di quella intima fusione, lo spazio e il tempo erano compressi. Quando ci separammo, capii che eravamo divisi in due metà, che non avrebbero mai potuto unirsi.

«Sarò onesto. Non posso proteggerti dai pericoli del Fisico, quello potrebbe farlo soltanto Mirko. Ma qui, nel mio Piano, finché sarai con me, non devi temere niente.»

«Sto imparando a cavarmela anche da sola», lo rassicurai.

«Lo so. Vedo che viaggi con un pugnale magico niente male», osservò dalle immagini che stavo facendo passare nella mia mente. «Inoltre sei riuscita a uscire dal corpo guidata dalla meditazione di un Mheàn.»

«Non è stato facile.»

«Non lo è mai, le prime volte. Devi continuare a esercitarti, se vuoi acquisire il pieno controllo di te.»

«Farò del mio meglio.»

Rydios mi sorrise appena, poi si rialzò in piedi, e fissò l'orizzonte, ormai avvolto da una bruma opaca per il maltempo.

«A che cosa pensi?» domandai.

«Ritornando dal Mentale all'Astrale, ho avvertito che in città la situazione è peggiorata.»

«Di quanto?»

«Di tanto», rispose, senza voltarsi. «Sono venuto a cercarti per dirtelo.»

Fece un passo sicuro oltre il marmo del colonnato, e rimase sospeso in aria, indicando con il dito una zona non lontana da dove eravamo noi.

«Laggiù.»

«I Navigli?»

«Sì, vieni.»

Mi lasciai alle spalle le Colonne di San Lorenzo, seguendo Rydios nella direzione che avevo sempre sognato di prendere con un ragazzo ammaliante come lui.

Giunsi, in poco tempo, nei pressi della Darsena, e dei canali d'acqua di Naviglio Grande e Naviglio Pavese, conosciuti per essere un tranquillo ritrovo per coppie di ogni età.

Sembrava non ci fosse anima viva qui, solo lunghe vie sgombre, così desolate da far venire i brividi, mentre in aria aleggiava una concentrazione di spiriti anomala.

Presenze evanescenti erano sospese sui pittoreschi canali, nascoste dentro le macchine, o riparate sotto i tendoni dei bar. La maggior parte aveva occhi sconcertati e intimoriti, come se non riconoscesse l'ambiente circostante.

Erano morti, e inconsapevoli, attendevano di riprendere le attività svolte prima che il mondo che conoscevano mutasse. Vederne così tanti insieme e vicini, mi impressionò.

Accanto a una panchina, Rydios mi prese per mano, e io ebbi un tuffo al cuore: una bambina piangeva in un passeggino, e un fumo scuro si stava alzando su di lei, prendendo le sembianze di una bocca.

«E' un Kakodaimon», disse, senza staccare lo sguardo dalla piccola, che non doveva avere più di tre o quattro anni.

«Dobbiamo aiutarla!» esclamai, con orrore, ma il fumo nero si stava già ritirando, e il corpo della bambina era scomparso nel nulla, come se non fosse mai esistito.

«Dove è finita?!» chiesi, con voce isterica, senza più vederla. «Che cosa le ha fatto?»

Il ragazzo mi strinse più forte la mano, e scosse la testa, come per dire "mi dispiace".

Un metro più in alto del passeggino comparve un nuovo spettro, esile e giovane, e io fui sul punto di crollare.

«Ti avevo detto che i Dysdaimon e i Kakodaimon divorano le persone», iniziò. «Dopo essersi nutriti nell'ombra, fanno scomparire il corpo fisico dei malcapitati.»

«È ... è per questo che i Navigli sono così deserti adesso?» riuscii ad articolare.

«Temo di sì.»

Udii due ragazze non lontane che si lanciavano palline di neve con i rispettivi ragazzi, e le loro risate, ignare di tutto, in quel silenzio tombale mi arrivarono angosciose alle orecchie.

Tirai Rydios per il braccio, facendogli capire che volevo seguire le loro voci ilari.

«Andiamo da loro.» lo esortai, e lui non si oppose, ma poco dopo, desiderai non avere mai preso l'iniziativa.

Uno stormo di rapaci dalle piume nere e gli occhi gialli aveva accerchiato uno dei quattro ragazzi, mentre gli altri assistevano all'attacco e gridavano.

«Sono Dysdaimon?» chiesi a Rydios.

«E' uno solo.»

«Uno... solo?»

Più le loro urla si acutizzavano, più i rapaci acquisivano impeto e voracità nei confronti della loro vittima.

«Non ce la farà!» esclamai.

«Non può farcela.»

In pochi secondi, il suo corpo fisico scomparve e al suo posto si liberò il suo spirito nell'Astrale.

Ammutolii.

Quel ragazzo prima rideva contento, e ora era finito in un altro Piano, lasciando per sempre il suo.

Era morto.

«Ha provato dolore?» ebbi la forza di chiedere, con la nausea che saliva.

«Probabile», rispose Rydios, inorridito quanto me. «Essere divorato dalla propria Paura è l'esperienza più traumatica che si possa fare.»

I rapaci si scontrarono l'un l'altro, in una confusione di piume e versi striduli, per unirsi in un unico maestoso uccello, che aveva la statura di un uomo di media altezza.

Il becco della creatura era appuntito e lucido, gli occhi due diaboliche fessure color ocra, il corpo un intreccio di piume scure che contrastava con il bianco candore della neve su cui poggiava le zampe dai lunghi artigli.

Era un mostro già sazio, ma ero certa non disdegnasse di cibarsi ancora, e a guardarlo, compresi che nella mia forma astrale non avrei avuto alcuna possibilità di aiutare i tre.

Sperai che corressero via insieme, senza più voltarsi, ma solo due di loro lo fecero, lasciando indietro la fidanzata della vittima, accasciata a terra in stato confusionale.

Mi dispiacque per lei, era rimasta sola, senza protezione. Se solo le armi in acciaio magico fossero già state nelle loro mani! Io avevo la mia grazie all'alleanza tra la mia famiglia e quella degli Zhao, ero fortunata.

La ragazza non ebbe alcuna reazione evidente, restò ferma, sconvolta e inerme, e il gigantesco rapace perse interesse, alzandosi in volo e svanendo nella cortina di nebbia.

Mi ricordai che i Dysdaimon erano soliti seguire solo la persona che li aveva creati, e anche se nel complesso avevo ben poco di cui rallegrarmi, provai sollievo per la giovane.

«Dove sarà adesso, lui?» chiesi, sottovoce, a Rydios.

«Injin?»

Annuii, seria. Era un interrogativo che mi ponevo spesso da quando lo avevo visto in cielo attorniato da Guardiani.

«Mi avevi detto che è dappertutto e da nessuna parte, ma non capisco come sia possibile.»

«E' così.»

«E' presente quando gli esseri umani vengono aggrediti a causa sua?»

Lui non rispose, e il suo silenzio mi irretì, spingendomi a continuare.

«Non è un angelo, e non è un demone. Insomma, chi è, davvero?»

«Perché vuoi saperlo?» replicò, soltanto.

«Perché si sta prendendo la mia città, forse si prenderà tutto il mondo, la vita scomparirà dalla faccia della Terra, e io non so nemmeno chi devo maledire per questo!»

Rydios sentì la rabbia montare nelle mie parole, mi dedicò un'occhiata dolce e al tempo stesso furibonda, come se la mia vulnerabilità lo facesse diventare aggressivo.

«Terra, Aria, Acqua, Fuoco e... Vuoto. Quattro elementi e il loro opposto, un non elemento.» parlò, dopo alcuni secondi.

«Un non elemento?»

«Injin è il quinto Spirito della Natura.» rivelò.

«Lo Spirito del... Vuoto?»

«Sì.»

«Quindi, sono in cinque», appresi.

«Dunija, Iska, Ruwa, Wuta sono i governatori degli elementi della Natura, Injin è uno Spirito antico quanto loro, ma governa un elemento contrapposto e necessario, chiamato il "non elemento": il Vuoto.»

«Necessario?»

«Purtroppo non può esistere alcun elemento naturale, senza di lui. Injin ha un legame eterno con gli altri quattro Spiriti.»

«Perciò non verrà ucciso?»

«No», rispose, confermando il mio sentore. «Nessuno può permettersi di ucciderlo. E' una Entità troppo potente, la cui importanza ha origine nella creazione della superficie terrestre.»

«Ah.»

Le lacrime punsero contro le ciglia astrali, delicate gocce di delusione, e di frustrazione.

Era un complicato labirinto, tutto: tra le possibilità sbarrate, sapevo che doveva celarsi qualcosa di brutto, e che la via di uscita poteva essere introvabile.

Rydios mi avvicinò piano a sé, e mi accolse tra le sue braccia, offrendomi la sua spalla per sfogarmi. Fu gentile, soave.

Mi fece singhiozzare su di lui, aggrappata alla sua schiena, mentre mormorava al mio orecchio, contrito, parole in una lingua dai suoni sconosciuti, che lenivano e calmavano.

Mi ripresi, rafforzata dalla sua vicinanza, e sciolsi l'abbraccio, guardandolo negli occhi. Tremavo come una foglia, per lui, per me.

Condividevamo un sentimento. Non sapevo che cosa fosse per me, ma di sicuro era qualcosa di profondo e inesplorato.

Gratitudine, attrazione fisica, ammirazione, avevano favorito una connessione emotiva con lui che ero certa non si sarebbe mai interrotta.

«E' meglio che rientri, Sofia», mi suggerì, udendo i miei pensieri. «La tua vita è là, nel tuo corpo fisico.»

«E' anche qua.» replicai.

«Non adesso.»

"E quando?" avrei voluto rispondere, ma sapevo già la risposta. Solo dopo la morte. Le ali di Rydios si mossero, e posero una nuova distanza tra me e lui. Il suo sguardo risoluto mi stava esortando ad andare.

Sotto la neve che continuava a cadere, ora più fitta di prima, io feci quello che dovevo, mi voltai dall'altra parte, e lasciai che la mia corda d'argento mi riportasse a casa.

Il Cattivo si fa sempre più vicino... abbiamo scoperto chi è, finalmente. E abbiamo iniziato a capire che Milano non se la passa tanto bene a causa sua :-/ Preparatevi, perchè dal prossimo capitolo il livello di intensità degli eventi che vivrà Sofia sale ancora di più. A domani!

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