Capitolo 13.2
Mirko era sconcertato e preoccupato, lo intuivo da come mi guardava, dall'alto in basso e dal basso in alto, come se fosse la prima volta che mi incontrava, come se non mi conoscesse.
«Che cosa?»
«Ora che l'ho detto, una persona normale penserebbe che sono da rinchiudere in un istituto, ma tu, ecco... tu so che mi puoi credere.»
I suoi occhi erano pozzi bui, all'improvviso senza più luce, e per un istante mi chiesi se non fosse il caso di deviare il discorso e inventarmi di aver solo scherzato per giocare.
«Come fai a dirlo?» domandò.
«Durante uno dei miei viaggi, sono venuta a trovarti e ho saputo.»
Avevo seguito fino in fondo il consiglio di Rydios, ora non potevo più rimangiarmi niente. Non aggiunsi altro, sicura che Mirko stesse già capendo.
«Quella volta in camera mia», collegò, attonito. «C'era qualcuno di vivo vicino al mio letto, ma io non ho visto nessuno.»
«Ero io», confermai.
«Quindi sei entrata di nascosto e mi hai spiato?» chiese, esterrefatto. «Perché?»
«Perché mi piaci, mi sei sempre piaciuto, e non ho mai avuto speranze con te. Te ne sei andato, poi sei tornato, ma la confidenza che avevamo avuto non c'era più», confessai, a cuore aperto. «Mi si è presentata un'occasione unica, potevo spostarmi senza essere vista, e il primo posto che ho pensato di visitare è stato casa tua.»
Mi sarei aspettata di tutto a quel punto, che si alzasse e mi dicesse di andare via, e lo avrei compreso, invece, Mirko schioccò la lingua, mi afferrò un polso e mi tirò a sé con uno strattone, facendomi cadere tra le sue braccia in una dolce prigionia.
«Non sei arrabbiato?» domandai, cercando di interpretare il suo silenzio.
«No, ma allibito sì», rispose. «Hai origliato quello che mi ha detto mio padre, e non hai avuto il coraggio di dirmelo quando ti ho dato il primo bacio.»
«Mi dispiace», dissi, mortificata.
Sciolse l'abbraccio, e si distanziò di nuovo, per guardarmi negli occhi.
«Sono anche sollevato», mi fece sapere, subito dopo. «Perché sono stato un egoista, ti ho detto che volevo una relazione durevole, quando ero consapevole che per averla, avrei anche dovuto metterti al corrente del mio rapporto con loro.»
«Loro, i morti?»
Il ragazzo annuì in modo quasi impercettibile, con un'ombra in volto.
«Io sono un Mheàn», disse. «Un tipo di Medium che non solo può ricevere messaggi da altri Piani in occasione delle sedute spiritiche, ma che può anche vedere e sentire scomode presenze per l'intero arco della giornata.»
«Un Mheàn», ripetei, per abituarmi. «Un Medium avanzato?»
«So chi sono gli abitanti invisibili del nostro mondo, ma di essi posso ascoltare e osservare solo quelli inferiori, come spiriti di trapassati e pochi altri, anche se in linea generale cerco di non avere a che fare con loro.»
«Gli Spiriti Guida, invece?»
«Non li ho mai visti.»
«Neanche il tuo?» chiesi.
«No, nessuno», rispose, scuotendo la testa. «Sono Entità superiori, loro.»
«Sai di essere così dalla nascita, oppure...?»
«No, niente di tragico per diventarlo», mi precedette, intuendo la fine della mia domanda. «Sono nato così, e la medianità è cresciuta con me in modo graduale.»
«Quando ci siamo conosciuti, perciò, tu già vedevi e sentivi gli spiriti?»
«Ero troppo piccolo per capire, ma sì, avevo iniziato a rendermi conto che il mondo era molto più popolato di quanto non pensassero tutte le persone che conoscevo.»
«Con il passare del tempo, la situazione è peggiorata?» domandai.
«Sì, molto. Ricordo che una mattina mi sono svegliato con due occhi grigi che mi fissavano da pochi metri di distanza. Quando si dice: "iniziare la giornata con un morto". Non mi ha fatto paura o senso, come le prime volte che ne ho riconosciuto uno, ma ho provato lo stesso un misto di disagio e fastidio. Sono sceso dal letto e mi sono tenuto alla larga dallo spirito di quell'uomo, che non doveva avere più di quarant'anni. Mi sono appellato alla mia ferrea disciplina e mi è andata bene, perché il morto ha lasciato la camera senza costringermi a cercare un rimedio per farlo sloggiare, ma da quel momento in poi, uguale dove fossi o che cosa facessi, mi capitava sempre di vederne qualcuno.»
«Per caso avevi rimedi... magici?»
Ecco, l'avevo chiesto. Mirko non rispose subito, si prese il suo tempo, e valutò fin dove spingersi, infine si decise ad affrontare l'argomento sul quale lo volevo portare.
«Solo quelli che mi ha iniziato a passare Alba, da quando mio padre le ha chiesto aiuto, dicendole che ero in equilibrio tra due Piani, e senza sarei caduto nella pazzia.»
«E' da tanto che tu sai di lei e lei sa di te, quindi.»
«Sì, e si preoccupa per me ancora oggi, come se fossi suo figlio.»
«Ti ha alleviato il peso di essere un Mheàn, ma non te lo ha tolto, giusto?» proseguii a chiedere, pensando che qualche decotto magico qua e là non fosse sufficiente a vivere in modo normale.
«E' stata utile, e le devo molto, però mia madre non era soddisfatta, voleva cercare a tutti i costi un modo per aiutarmi senza dipendere da lei, ed è finita per trovarne ben due diversi, entrambi a Tuenno, il paese dove è cresciuta.»
«E' questo il vero motivo per cui ti sei trasferito con lei in Trentino?»
«Sì, lei ha insistito tanto affinché incontrassi due persone che abitavano nella Valle di Non e che erano interessate a conoscermi, e non so come spiegare, mi sono sentito in obbligo di andarci.»
«Chi erano?» domandai.
«Un Mheàn anziano di nome Renard, e il Figlio dell'Aria che, a detta sua, gli aveva più volte salvato la vita, Philippe.»
«Un certo Renard lo hai nominato al telefono poco prima di chiedermi gli appunti della lezione, settimane fa», ricordai.
«Sì, ogni tanto mi chiama ancora, anche se sono tornato a Milano. Lo fa perché negli anni che sono stato a Tuenno mi ha conosciuto a fondo, e ci tiene a sapermi al sicuro.»
«In che modo ti ha aiutato, lui?»
«E' stato il mio Maestro», rispose, con un sorriso di affetto e gratitudine. «Mi ha insegnato giornalmente a meditare, a trascorrere le settimane sulle sponde del Lago di Tovel, all'interno del Parco naturale Adamello-Brenta, in armonia con l'acqua, il vento, e gli spiriti.»
«Deve essere stato difficile.»
«I morti vogliono un contatto con i vivi, mi ha avvertito subito Renard, ignorali oppure sapranno che li vedi e vorranno usarti per i loro scopi. Mica facile quando ne vedi uno o più che fluttuano sopra la testa del tuo vicino e l'unica cosa che ti viene in mente di fare è di urlare a più non posso.»
«Appunto.»
«Mi sono imposto di stare calmo e di guardarli con distacco, facendo finta che non si trovassero dove li vedevo e ci sono voluti forza di volontà e tempo, ma alla fine ci sono riuscito.»
«Quel Philippe, invece, come ti ha aiutato?» indagai, curiosa.
«Lui mi ha dato questo», mostrò, prendendo tra le dita la collana che aveva al collo. «Il ciondolo è magico, l'Aria che vi è racchiusa dentro indebolisce la vista e l'udito di Mheàn, annebbia ciò che riuscirei di norma a vedere e sentire del Piano Astrale.»
«Quando lo indossi è come se fossi una persona normale?» chiesi, catturata dai riflessi bianco-perlacei del ciondolo.
«Non proprio, qualcosa riesco a percepire lo stesso, infatti la magia indebolisce i miei sensi solo in parte, mai del tutto.»
«Comunque, funziona bene», commentai, sfiorandogli la collana, per poi ritrovarmi a contatto con il suo petto nudo. «Guidi come un pilota, parli come un universitario, e baci come un amante. Nessuno potrebbe mai pensare che vivi anche come un Medium.»
Mirko prese la mia mano e se la portò alla bocca, imprimendovi sopra piccoli baci, dopo tornò a guardarmi, enigmatico, attraverso quei suoi occhi marroni come l'autunno.
Mi avvicinai alle sue labbra, sorridendo, e gli leccai quello inferiore, tirandomi indietro prima che potesse prendere l'iniziativa di baciarmi. Ripetei il gesto, lasciando anche scivolare la lingua tra le sue labbra, ma quando il suo respiro accelerò, mi spostai di nuovo.
Lo lasciai lì, a sospirare, e desiderare ciò che non era ancora suo.
«Sofia», sussurrò, con voce roca. «Come pensi che riuscirò a fare il bravo, ora?»
«Non lo so.»
Afferrò i bordi laterali della mia maglia, e senza dire altro, me la sollevò fino al collo, rimanendo a osservarmi estasiato. In seguito, piegò la testa e iniziò a tracciare con la lingua un sentiero bagnato tra i miei seni, negli spazi scoperti, scendendo con le labbra morbide fino al mio ombelico, dove rimase un istante in più.
«In quale momento ti sei accorto che ti piacevo io?» tirai fuori, per frenare almeno per un po' i nostri istinti, impedendoci di andare oltre.
Il ragazzo lasciò la mia maglia, così questa si abbassò e tornò a coprirmi; poi si mise in una posizione diversa, a distanza di sicurezza da me, e indicò il suo ginocchio sinistro.
«Ho i pantaloni, e non lo puoi vedere, ma proprio qui vi è una cicatrice», iniziò. «E' una ferita che risale a quando ero bambino. Avevo appena compiuto undici anni e tra i vari amici, anche tu eri presente alla festa che mi avevano organizzato i miei genitori. Ricordi?»
«Sì, eravamo tutti insieme al Parco Sempione, se non sbaglio.»
«Esatto», si compiacque. «Ci siamo divisi in due squadre, una maschile e una femminile, e abbiamo giocato a rincorrerci a turno. Io sono andato dietro di te, perché eri la più vicina, ma ad un certo punto sono inciampato e caduto malamente, sbucciandomi il ginocchio. Invece di approfittarne per fuggire e vincere, tu sei rimasta con me, e ti sei messa a piangere come se quella per terra fossi stata tu e non io. Piangevi così tanto! E' stato quello il momento.»
Mi sporsi verso di lui, per abbracciarlo, e altri episodi che avevamo vissuto insieme da piccoli mi tornarono alla memoria in sequenza sparsa.
«Vorrei tornare a quei giorni», mi sorpresi a dire, con malinconia. «Giorni da bambini nei quali tutto era ancora possibile, giorni in cui non vi era alcuna Entità malvagia libera là fuori, o mostri pronti a portarci uno a uno con loro.»
«Aspetta, che cosa hai appena detto, Sofi?» realizzò, seriamente scioccato. «Hai detto mostri ed Entità?»
«Sì.» Poteva essere che lui non fosse pronto a sentire anche quella parte di verità, così scomoda e assurda, e io avessi esagerato con le parole, perciò aggiunsi: «Ne sapevi già qualcosa?»
«Negli ultimi periodi, ho avuto tentativi di contatto da parte di spiriti che parlavano di qualcosa del genere, ma ho smesso subito di ascoltarli perché credevo si facessero beffe di me.»
«No, è vero. Oltre ai normali pericoli del nostro Piano, adesso abbiamo anche quelli usciti dall'Astrale», provai a spiegargli.
«Mostri?» richiese, incredulo. «Sul serio?»
«Sì, creati dalle nostre paure.»
«Mi sa che ci sarà bisogno di un altro appuntamento come questo per saperne di più.»
«Io sono una Psichica, ma ho scoperto di esserlo solo perché mi trovo in una situazione di grande pericolo per me stessa o per qualcuno a cui voglio bene.»
«Significa che in un'altra situazione tu non saresti mai uscita fuori dal tuo corpo?»
«Esatto», risposi. «Almeno, non così, senza volerlo, e senza controllo.»
«Dev'essere estenuante passare da un Piano all'altro senza preavviso, davvero non riesci a evitare di fare viaggi astrali?»
«No, non ci riesco», risposi, rassegnata. «L'unico modo in cui potrei riuscire a controllare le mie uscite è seguendo un corso di meditazione, secondo la mia Guida.»
«Io ho seguito proprio quel tipo di corso in Trentino», collegò, con sguardo allusivo. «Te ne ho parlato prima.»
«Con il Mheàn di nome Renard», completai, facendogli capire che ero stata attenta a ogni parola. «Quindi?»
«Potresti venire a Tuenno con me. Ti potrei ospitare nella baita di mia madre, poco distante da casa nostra, e ti potrei far seguire un programma intensivo con il mio Maestro.»
«Davvero?»
«Sì, potremmo stare lì una settimana», propose, riflettendoci su. «Oppure iniziare solo con un weekend e, se mai, aumentare i giorni una volta che ti sarai ambientata.»
«In questo modo potrei parlarti pure dei mostri e provarti la loro esistenza, ma le lezioni e gli esami?» domandai, rendendomi conto anche da sola di quanto gli obblighi di studio fossero ormai poco importanti.
«Credo che, considerato tutto, al momento non siano la tua priorità. O sbaglio?»
Non e' andata poi cosi male per Sofia! Allora che cosa ne pensate delle confessioni che si sono fatti? Abbiamo capito un po' meglio chi e' Mirko e come puo' vivere come vive. Il consiglio di Rydios era quello corretto, alla fine... Spero che il capitolo vi sia piaciuto ❤ a domani!
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