Capitolo 10.2

Cercai di non pensare a quanto potesse essere rischioso, e andai dietro a loro.

I tre sorvolarono le nuvole plumbee cariche di pioggia, e tagliarono dentro quelle spumose e variopinte di essenza elementale, per poi fermarsi in un punto distantissimo da terra, nel quale ogni suono giungeva ovattato.

Si disposero a cerchio, chiudendo gli occhi, e iniziarono a mormorare parole che si sovrapposero e si armonizzarono in una oscura melodia.

Quando risollevarono le palpebre, mi resi conto che il nero delle loro iridi non c'era più, si era trasformato: adesso al loro posto brillava il viola acceso e puro delle ametiste. Un viola sinistro, ammaliante.

«Darstina, Ianven, è giunto il momento di unire il triangolo», istruì l'uomo più anziano, porgendo loro i suoi palmi aperti. «Prendiamoci per mano.»

I due obbedirono, e quando le dita si furono intrecciate saldamente l'una con l'altra, un nastro di luce lilla perforò i loro polsi, legandoli in tre lati luminosi di una figura geometrica splendente, di cui loro erano le punte.

Una nebbia densa apparve nello spazio che avevano delimitato, estendendosi fino a lambire ogni lato del triangolo, come a cercare un varco.

«Zack, è incontenibile!» si lamentò Ianven, digrignando i denti in una smorfia di dolore.

«Tenete duro», soffocò l'uomo, con la mascella contratta per lo sforzo.

Spire grigie presero a vorticare per liberarsi, e due occhi bianchi si spalancarono proprio al centro della foschia, scrutando, inespressivi, la trappola di luce.

«Ti prego, mi sta logorando!» implorò Darstina, in un gemito acuto.

«Non adesso, lo abbiamo appena chiuso!» resistette Zack, con disperata fermezza.

Fumi opachi turbinarono sempre più compatti, abbattendosi sui confini del triangolo violaceo, e infine, ruppero la barriera nel punto in cui Darstina e Ianven si tenevano per mano, scaraventandoli lontano con la forza.

«No!» urlò il loro compagno, nello sconforto, mentre l'irrequieta caligine che avevano cercato di trattenere si stava già dissipando, fino a far evaporare ogni traccia di se.

«E' stato inutile», evidenziò Ianven, di nuovo al fianco di Zack, accompagnato da Darstina. «Non possiamo fare niente contro di lui

L'uomo gli rivolse uno sguardo duro.

«Mi umilia sentir parlare un Guardiano così, a maggior ragione se mio figlio.»

Guardiani! Lo avrei dovuto intuire dal colore identico dei loro occhi, solo che, a differenza di Shian e Miri, loro erano occidentali, e si esprimevano in italiano con un accento nordico.

I tre dovevano far parte di una delle famiglie che presidiavano il Cancello Sacro, insieme agli Zhao. Il lui a cui si stavano riferendo, quindi, poteva essere...

Darstina posò una mano sulla spalla di Ianven, a dimostrare sostegno per le parole che Zack gli aveva rivolto.

«Possiamo provare a ostacolarlo con poteri angelici e poteri demoniaci, certo», sostenne, guardando l'uomo dritto in viso. «Ma lo sai anche tu che lui non appartiene a nessuna delle due categorie.»

Ero scioccata. L'Entità fuggita era stata davvero qui, a un passo da me, e non era né un angelo impazzito, né un demone!

«Suggerisci di arrenderci?» le domandò Zack, contrariato. «Di dichiarare che non siamo in grado di portare a termine l'incarico, solo perché è diverso da noi?»

«Non intendevo quello», si difese lei.

«Dovremmo coinvolgere chi potrebbe seriamente occuparsene», sbottò Ianven, accorgendosi tardi di aver detto qualcosa che secondo suo padre non avrebbe dovuto pensare.

«Ci siamo fatti sorprendere e fregare non una, bensì due volte da un ridicolo rituale fatto da deboli esseri umani», gli rovesciò addosso Zack, rabbioso. «Non ci abbasseremo mai a tanto.»

Il figlio parve volersi scusare, ma non poté, perché l'uomo era già svanito, lasciando in aria schegge di luce, che pian piano, si spensero. Nel giro di un minuto, anche Ianven e Darstina svanirono.

I Guardiani avevano davvero provato a fronteggiare l'Entità scappata, con scarsi risultati. Forse non sarebbero riusciti a difenderci, forse eravamo già spacciati, mentre quella nebbia dagli occhi bianchi avrebbe fatto di noi ciò che voleva.

Scesi a terra, in pensiero, seguendo a ritroso la mia corda d'argento per tornare in università. Quanto tempo era trascorso da quando mi ero addormentata accanto alle mie amiche?

Quando giunsi all'edificio da cui ero partita, qualcuno dall'aspetto familiare era seduto sul cornicione, con le gambe che penzolavano nel vuoto.

Rydios.

Aveva i capelli scuri come l'ebano e gli occhi verdi punteggiati di piccoli brillanti argentei. Era un incanto, quel ragazzo, così reale e vicino, eppure mai del tutto raggiungibile. La pioggia scendeva, lo accarezzava, s'insinuava in ogni parte di lui, e per la prima volta, anche se era incorporeo e non aveva alcun senso, io la invidiai.

I nostri sguardi s'incrociarono, e un'ondata di emozione mi sommerse, togliendomi il respiro e lasciandomi completamente inerte.

Ora non avevo più ossigeno, il cuore faticava a pompare, sentivo lo sforzo che stava facendo, anche se in quel momento ero solo uno spirito, e non avrei dovuto avvertirlo.

Mi resi conto di quanto mi facesse stare male, quel viso dagli alti zigomi, quel fisico ben proporzionato, quella intensità negli occhi; era un dolore soffocante e letale, che si propagava dal petto, e lentamente, annientava.

Rydios si alzò in piedi, senza staccare lo sguardo dal mio, e mi chiamò dal tetto, il mio nome soffiato nel vento a comunicare che mi aspettava. Un altro flutto di emozioni si abbatté su di me, e mi mandò a fondo, incapace di reagire; mi tolse la vita, e me ne diede una nuova nello stesso istante.

Andai verso di lui, stordita e fremente, e quando gli fui accanto, notai che era in tensione. Il suo volto si era adombrato, ma quegli occhi color smeraldo rilucevano ancora in modo speciale.

«Non mi rendi facili le cose», disse.

«Mi dispiace.»

Allungai un braccio, seguendo un impulso, e gli sfiorai il petto; volevo sentire il suo corpo astrale sotto le mie dita, ne avevo quasi bisogno. Posai le mani sulla sua maglia, e strinsi la stoffa, tirandola verso di me; lui reclinò il viso, e un delizioso rantolo gli uscì dalle labbra.

«Per favore, non fare altro», sussurrò, in un affanno, come se fosse in una agonia dalla quale solo io avrei potuto liberarlo.

Allentai la stretta, arrendevole, e poco dopo, lui mi prese i polsi, e me li allontanò, con garbo. Da come evitava i miei occhi, capii che era tormentato per qualcosa che mi riguardava.

«Sono qui perché ho due cose importanti da dirti», iniziò, con un tono di voce stanco, guardando un punto indefinito a terra.

Recuperai lucidità, realizzando chi era lui per me, e che cosa avevo appena desiderato.

«Ti ascolto.»

«So chi è l'Entità che è fuggita nel tuo Piano. Tempo fa ti avevo assicurato che lo avrei scoperto», ricordò, rialzando lo sguardo.

«Sì.»

Unicamente per te riudii nelle orecchie in un sibilo di memoria, e per poco non mi sciolsi dai brividi caldi per lui.

«Siete tutti in grave pericolo», affermò, con una sicurezza che mi colpì. «Più di quanto immagini.»

«Tutti?»

Rydios annuì, cupo.

«Injin è dappertutto e da nessuna parte, esiste nascosto, ossessionato dal cuore degli umani, e quando agisce, lo fa senza farsi notare», descrisse. «Origina la Depressione, la Disperazione, e le Paure degli uomini, che accresce e comanda fino ad arrivare a ciò che più gli piace, al male e alla distruzione. Confinato nell'Astrale, ha sempre avuto questo potere su di voi, ma adesso che è nel Fisico, esso si è amplificato ed è diventato addirittura tangibile.»

«Non capisco», ammisi.

«La Depressione, la Disperazione, le Paure si possono ora materializzare anche al di fuori delle persone con forme grezze e mostruose, su suo ordine», spiegò.

«Intendi che ce le potremmo trovare davanti come se avessero preso vita? Che ne so, mentre facciamo la spesa, e camminiamo tranquilli per strada?» mi intimorii.

«Sì», rispose Rydios. «Esse sono a tutti gli effetti una vostra creazione indotta da lui, possono apparire in qualsiasi momento, per ricongiungersi a voi.»

«E...?»

«Divorarvi senza esitazione.»

Mi sentii sull'orlo di una crisi isterica. Mostri terrificanti pronti a ingurgitarci. Era per difenderci da quelli che servivano i pugnali magici?

«Ho visto i Guardiani cercare di contrastare una nebbia sovrannaturale. Non ce l'hanno fatta. Hanno detto che lui è diverso da loro. Che cosa intendevano?»

«Che loro non sono in grado di affrontare alla pari qualcuno di così alto livello, che non sia un demone o un angelo.»

«Spero che la seconda cosa che sei venuto a dirmi sia migliore della prima», commentai, sconsolata e sconcertata.

«Non direi. Me ne sto andando», informò, risoluto, e a me parve che una lancia avvelenata mi si fosse appena conficcata nel petto.

«Come?»

«Sono stato convocato dalla Guida Superiore per una congrega con altri Spiriti che si trovano in una situazione uguale alla mia. Andrò in una sorta di isolamento spirituale nel Piano sopra a questo, e di conseguenza, per un certo periodo non potrò seguirti come avresti bisogno.»

Mi sentii perduta a quella notizia, come se mi venisse a mancare qualcosa di fondamentale per andare avanti.

«Quindi mi stai salutando?»

Il ragazzo mi guardò, afflitto.

«Proprio ora?» proseguii.

«Sì. Non ci incontreremo per un po'. Volevo fartelo sapere prima di andare via.»

Un veleno urticante mi entrò in circolo, il mio essere urlava e si ribellava, così assuefatto da Rydios da non riuscire ad accettare la possibilità della sua assenza.

«Quando tornerai?»

«Non lo so.»

Era troppo, non ce la facevo. Gli andai rapidamente incontro, spinta da una tentazione che avevo fin da quando lo avevo conosciuto, e lo abbracciai con un coraggio dissennato.

«Sofia...»

Lo avvertii fare resistenza e sospirare al mio orecchio, e a poco a poco, lasciarsi andare.

Le sue mani sfiorarono appena la mia schiena, caute, e infine mi cinsero a sé con un impeto che mi sconvolse di gioia.

Avrei voluto ridere, e piangere, e ridere e piangere insieme, e per un po' probabilmente lo feci, perché tra le sue braccia non ero altro che pura e grezza emozione.

«No, non va bene», disse, in un flebile respiro, muovendo la testa all'indietro.

Guancia a guancia, i suoi capelli corti si confusero coi i miei, mentre il suo petto si alzava e si abbassava forsennatamente contro il mio.  Sentivo tutto l'affetto, la privazione, e...

Le sue labbra scesero nell'incavo tra le mie scapole, mi strapparono un gemito, per la sorpresa e il piacere che mi aveva dato sentirle su di me.

Ormai non contava più che se ne stesse per andare lontano, e che non sapevo quando sarebbe tornato, la sua bocca era sulla mia pelle astrale, come potevo voler altro?

Rydios ritrasse le labbra, ma continuò a solleticarmi con la punta del naso, risalendo dal collo fino al mento, fermandosi con l'invitante viso a pochi centimetri dal mio.

Non volevo che smettesse, non mi bastava quello che mi stava facendo; io ne volevo ancora di lui, e ne avrei voluto sempre, sempre di più.

«Non va bene», ripeté, con una sfumatura di tristezza e una di rabbia. «Non dovresti desiderarlo con uno come me.»

«Ma...»

«Hai Mirko», mi precedette, sciogliendo l'abbraccio in cui ci eravamo stretti. «Lui ti affascina fin da bambina, e a differenza mia, ha un corpo fisico nel tuo stesso Piano.»

«Non è facile nemmeno con lui», lo smentii, riferendomi alla capacità del ragazzo di vedere gli spiriti.

«Non vi siete ancora confidati i rispettivi segreti», constatò, oppresso. «Confidagli il tuo, e permetti che lui ti confidi il suo.»

Stavo per rispondere che non avrebbe cambiato quello che mi faceva provare lui nell'Astrale, quando mi sentii tirare all'indietro dalla mia corda d'argento e non riuscii più a restare sul tetto, venendo trascinata con forza verso il basso.

Invocai aiuto, con l'espressione dispiaciuta di Rydios che mi seguiva sempre più lontana, ma fu inutile, perché in pochi attimi, piombai nell'aula dove qualcuno stava disturbando il mio sonno, e fui in caduta libera sopra il mio corpo.


Proprio sul piu' bello! Allora, in questa parte facciamo la conoscenza indiretta di un personaggio importante, Injin, che avrete capito, e' il nostro cattivo❤ E Sofia e Rydios hanno un momento intenso insieme! Spero vi sia piaciuto! Fatemi sapere come vi e' sembrato, a domani


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