Capitolo 10.1

                                                                          È qui

Andare a lezione regolarmente il giorno dopo essere stata nei bassifondi milanesi in compagnia di persone con poteri arcani, non fu affatto facile.

Stretta al mio ombrello, mi guardavo intorno come se non ci fossero altro che pericoli celati nel grigiore di quella mattina piovosa.

In che mondo ero cresciuta? Spiriti, Guardiani, Entità di un altro Piano coesistevano tutti nella mia realtà.

Erano qui, adesso.

Un brivido di freddo mi attraversò la schiena. Si era alzato un vento gelido.

Accelerai il passo ed entrai in università, provando sollievo una volta giunta nell'edificio riscaldato dove avrei dovuto trascorrere buona parte delle mie ore.

Il professore spiegava a bassa voce, tra un colpo di tosse e l'altro, e lo scroscio dell'acqua fuori, unito ai tuoni prolungati, non faceva altro che disturbare ancora di più le sue parole.

Cercai Tommaso con lo sguardo, ma non lo vidi. Dopo quello che era successo ieri, probabilmente il ragazzo non aveva alcuna voglia di incontrarmi in giro.

Eravamo usciti dal tunnel insieme, lasciando indietro i due cinesi, ma lungo il tragitto non ci eravamo detti niente.

Avevo percepito tensione da parte sua, così non avevo osato iniziare una conversazione. Laddove il sotterraneo si era fatto più buio, Tommaso aveva illuminato il percorso con una fiamma nata dal palmo della sua mano e io ne avevo ammirato, ammutolita, il riflesso guizzante sulle pareti.

Tante erano le domande che avrei voluto rivolgergli e che speravo ancora di potergli fare, ma per il momento, dovevo accontentarmi di leggere la sequenza di numeri e simboli alla lavagna e di riportarli uguali nel quaderno.

Nadia e Fabiana erano in una fila dietro la mia, le avevo salutate poco prima. Era difficile essere loro amica tacendo su ciò che avevo scoperto, ma come avrei potuto coinvolgerle in un simile caos? Non me la sentivo. Avevo deciso che le avrei messe al corrente solo se proprio non avessi avuto altra alternativa, in caso contrario, che lo avrei evitato.

Quando la lezione terminò, le due ragazze mi raggiunsero lentamente, quasi trascinandosi, con l'aria pigra e sonnacchiosa che solo una giornata di maltempo come quella poteva favorire.

«Vacanze», esordì Nadia, piagnucolando. «Ho bisogno di vacanze. Vi ricordate di quel viaggio a cui abbiamo accennato di recente?»

«Sì che ce lo ricordiamo», rispose Fabiana, anche per me.

«Bene. Potrebbe essere giunto il momento di prenotare qualcosa. E con qualcosa, intendo qualsiasi cosa», continuò lei.

«Esagerata», commentai, pensando a quanto dovesse essere semplice la loro situazione in confronto alla mia. «Ma ti capisco.»

«Allora, è fatta. Si parte.»

Fabiana si premurò di aver recuperato tutti i fogli di lavoro dal suo banco con un'occhiata perlustratrice, poi la considerò.

«Mi duole dirlo, ma fantasticare di fuggire non ci aiuterà a superare la sessione di esami in arrivo.»

«Ha ragione lei.»

«Guastafeste», asserì Nadia.

«Che ne dite, ci spostiamo nell'aula accanto in queste tre ore libere che abbiamo? Lì non ci saranno lezioni fino al primo pomeriggio», proposi.

«Sì, va bene.»

Incrociai lo sguardo dell'altra mia amica, in attesa.

«Anche per me.»

Cambiammo aula, e ci sedemmo in banchi vicini, concedendoci una mezz'ora di svago, in cui parlammo molto. In seguito, sfogliammo ciascuna i libri delle materie che avevamo scelto di approfondire, imponendoci di distrarci il meno possibile tra di noi, e per un'oretta, tutto sommato ci riuscimmo.

Fabiana si era mangiata le unghie nel frattempo, in momenti di nervosismo per una formula che non le era chiara; Nadia si era alzata una decina di minuti per andare a ripassarsi il trucco in bagno e una volta tornata, aveva alternato i messaggi sul cellulare a un ragazzo che le faceva il filo, alle prove ripetute con una calcolatrice che, a detta sua, non funzionava.

Io mi ero stufata, perciò misi da parte il volume su cui stavo studiando, spostandolo a lato e mi allungai sul banco.

«Tutto bene, Sofia?»

«No, ho gli occhi che mi si incrociano a forza di seguire l'andamento delle curve in quei disegni.»

Fabiana mi dedicò un'espressione di solidarietà, prima di riportare l'attenzione alla sua materia.

«Riposati, allora», consigliò.

Annuii e poggiai la testa tra le braccia, sopra la mia borsa, usandola come se fosse un cuscino, mentre le mie amiche continuavano lo studio.

Serrai le palpebre, respirando profondamente, e anche se non fu immediato, tra uno sbadiglio e l'altro, mi addormentai.

Rinvenni in un involucro splendente e protettivo, mentre stavo uscendo dalla mia schiena, lasciando indietro il corpo incosciente.

L'ovale di luce si dissolse, e liberò la mia figura evanescente di spirito, con la corda d'argento che si srotolava dal punto in cui ero uscita.

Accanto a me, Fabiana e Nadia avevano le teste chine sui loro paragrafi, ed erano circondate da grandi auree, fumose e colorate, di tonalità cangiante.

Dalle loro tempie, erano sospese due bolle di essenza elementale, che si ingrandivano e si rimpicciolivano a scatti; sapendo che racchiudevano i pensieri che stavano facendo, le osservai, con l'intenzione di spiare dentro le loro menti.

Fiumi di parole vi scorrevano in modo rapido, per lo più frasi tratte dai libri che stavano leggendo e considerazioni personali su di esse, sostituite, a volte, da immagini che non c'entravano niente.

Mi librai verso l'alto, e in quel preciso momento mi accorsi di uno spirito che prima non avevo notato; era seduto a gambe incrociate di fianco a una ragazza, e stava leggendo lo stesso foglio che contemplava lei, in una posa che mostrava quanto fosse affascinante e... annoiato.

«So a cosa stai pensando», comunicò, dopo avermi sorpresa con lo sguardo nella sua direzione. «Potrei scommetterci, anche se non posso sentirlo.»

Attesi che continuasse a parlare, osservandolo meglio. Aveva i capelli biondi, lunghi fino oltre la schiena, e gli occhi di un azzurro simile al grigio, dentro i quali baluginavano tutti i colori dell'arcobaleno, come festosi lumini.

«Se questo è un sogno, vi prego, non svegliatemi.» Si fermò un istante, e aggiunse: «Ho indovinato?»

«No.»

«Sai chi sono?» continuò.

«No, ma contrariamente a quanto credi, posso fare anche a meno di saperlo», dissi.

Sembrò divertito dalla mia risposta.

«Sono lo Spirito Guida di questa ragazza», si presentò, indicandola con un dito. «Tu, invece, chi sei?»

«Una Psichica.»

"Fuori controllo per giunta" completai tra me e me.

«Sì, l'avevo notato», commentò, seguendo con gli occhi la mia corda d'argento fino a trovare il mio corpo assopito. «Volevo capire se ne eri consapevole.»

«Non sembri stupito.»

Ricordavo, invece, la sorpresa di Rydios quando mi aveva vista davanti a lui in forma eterea.

«Non sei la prima che incontro. Ultimamente siete parecchi in giro per l'Astrale», rispose.

«Parecchi?»

Finora io ne avevo vista solo una, una certa signora Serena, che mi aveva salutata presto.

«Considerata la vostra rarità, imbattersi in quindici di voi in poche settimane, è già un evento», si spiegò.

«Questo fa riflettere su quello che sta avvenendo nel mio Piano», collegai subito.

«Già.»

«Tu sai chi è la nuova Entità che è uscita dal Cancello?» provai.

«No, dall'alto non vogliono che noi Spiriti Guida ce ne occupiamo. So che qualcuno di terrificante è arrivato nel Fisico e che famiglie di Guardiani stanno cercando di arginare la sua indole distruttiva.»

Mi ansiai. «Ci riusciranno, vero?»

«Chi lo sa. Bisogna aver fiducia in loro e sperare.»

«Non sei preoccupato per la vita di questa ragazza?» chiesi, riferendomi a colei che seguiva come Guida spirituale.

«Non più di tanto.»

«Come mai?»

«So quali sono le date dei giorni in cui potrebbe morire», mi fece sapere. «Ed esse sono molto lontane da oggi.»

«Le date?» ripetei. «Ho sempre pensato che noi esseri umani avessimo un giorno x e che questo fosse in qualche modo, stabilito.»

«No, invece, è come giocare a una roulette», paragonò. «I giorni di morte sono le caselle, e perfino noi Spiriti Guida non sappiamo su quale data tra quelle si fermerà la vostra pallina.»

«E' meno stringente di quanto pensassi.»

«Meglio per voi, no?»

La ragazza che non conoscevo piegò in due i fogli su cui stava studiando e li ripose in una borsa, alzandosi dal posto dove era stata seduta finora. Si avviò verso l'uscita dell'aula, dando un'occhiata intorno, dopodiché non la vidi più.

«Vado via anche io», si congedò con me la sua Guida, fluttuando verso la porta. «Buon proseguimento di viaggio, Psichica.»

Non appena sola, cercai d'istinto il battito del mio cuore tra gli altri suoni, e lo isolai, insieme al mio respiro, che si ripeteva con cadenza regolare.

Fui pervasa da una sensazione di quiete. Avrei potuto restare ad ascoltarli per ore, mi piaceva, ma mi era anche tornata la voglia di muovermi, e di andare alla scoperta del Piano.

Attraversai la parete che dava sull'esterno, e in pochi secondi, fui sotto una pioggia scrosciante, che mi investiva senza inzupparmi gli abiti.

Era come guardarla cadere da un posto riparato e asciutto, proprio al centro della traiettoria delle sue gocce.

Pensai all'ombrello lasciato in aula, e sorrisi; anche se avrei potuto crearne uno astrale identico con la mente, non ce n'era alcun bisogno.

Feci un giro basso del quartiere, prestando attenzione ai vortici d'aria che ogni tanto vedevo, e che davano l'impressione di poter essere trappole mortali, e tenni d'occhio le masse di pensiero che mi capitava di sorpassare.

Avevo già potuto constatare quanto esse potessero diventare velocemente grandi, e sapevo che avrei dovuto essere scattante in caso di pericolo.

Un gruppo di spiriti sbucò dall'uscio di una casa, e mi colse alla sprovvista, non avendo la prontezza di cambiare direzione per evitare il confronto diretto.

Erano cinque, due adulti, uomo e donna, due adolescenti maschi e un anziano. Si incamminarono sicuri per la via, come se la conoscessero bene, e mi vennero incontro.

«Che cosa è successo?» mi domandò la donna, guardandosi intorno con stupore. «Tu sai che cosa è successo?»

«Mamma, guarda la casa dei nostri vicini!» la distrasse uno dei due giovani, che non dovevano avere più di quattordici anni. «I colori sono così caldi e vivi, sembra che stiano per staccarsi dal muro da un momento all'altro!»

L'altro ragazzo, forse il fratello o magari un amico, si fermò a raccogliere un mazzo di chiavi che gli era scivolato dalle mani. Riuscì a sollevarlo per pochi centimetri, poi il mazzo gli sfuggì di nuovo a terra. Ci provò una seconda volta, ma non riuscì più a prenderlo.

«Le chiavi sono diventate inconsistenti», informò, in tono sconvolto. «Le sto attraversando con le dita.»

«Nei miei ottantadue anni, non ho mai visto nulla di simile.» commentò l'anziano.

«Il mondo è impazzito!» esclamò la donna, voltandosi verso di me. «Lo vedi anche tu, non è vero?»

Annuii, poco convinta, non sapendo cosa rispondere per farle capire che, invece, era tutto nella norma per il Piano Astrale.

«È accaduto ore fa. Eravamo in auto insieme, e percorrevamo la tangenziale est di Milano, quando c'è stato un problema con un camion e abbiamo avuto tanta paura», mi aggiornò il suo compagno. «Abbiamo sentito un colpo forte, la sensazione di essere sbalzati fuori dal tempo e dallo spazio, e poi... il mondo è cambiato.»

Erano morti, e continuavano a credere di essere vivi; cercai di trattenere le lacrime, che avvertivo pizzicare tra le ciglia.

«Siamo tornati a casa a piedi, perché la macchina non funzionava più e quel tratto di strada era stato intasato da mezzi e da persone.»

Mi chiesi se avessero visto i loro stessi corpi insanguinati in quell'auto, o se non ne fossero stati in grado per qualche ragione, o ancora, se li avessero notati ma con orrore si fossero rifiutati di accettare la realtà.

«Il mondo si è trasformato di colpo e in modo così violento», riassunse l'anziano. «Adesso la città è strana, irriconoscibile. Le cose sono imprendibili e le persone non ci vedono, sono cieche.»

«Come faremo a mangiare?» chiese uno dei due ragazzi all'altro, di fianco a lui. «Il cibo sarà ancora come era prima, oppure dovremo farne a meno, d'ora in poi?»

«Dovremo nutrirci lo stesso di qualcosa», intervenne subito la madre. «Non possiamo digiunare, non fa bene saltare i pasti.»

«Per caso, tu sai che cosa è successo?» mi sentii rivolgere di nuovo quella domanda, solo dal padre di famiglia, che mi aveva esposto un'approssimativa versione dei fatti.

Tutti e cinque gli spiriti mi rivolsero la loro attenzione, in attesa di una risposta, che tardò ad arrivare.

«Non è che sei un'aliena?» insinuò uno dei giovani, posando gli occhi sulla mia corda d'argento, dietro di me. «Hai un affare luminoso e sospetto che ti spunta dalla schiena. O è solo un effetto ottico di questo luogo assurdo?»

«No, sono una di voi», risposi, non avendo alcuna intenzione di essere io a rivelare la cruda verità. «E non so che cosa sia accaduto.»

La loro ignoranza mi faceva una grande pena, ma non potevo prevedere ogni reazione di fronte alla presa di coscienza della morte, e mi ero ricordata delle parole della Psichica Serena, la quale mi aveva avvertita di non chiedere mai agli spiriti se fossero ancora vivi o meno. Probabilmente, molti di loro entravano in confusione dopo il decesso e avevano bisogno di tempo per rendersi conto della loro nuova forma astrale e accettarla.

«Peccato», sospirò la donna, capendo che non potevo aiutarli. «Sei una delle persone che ci vede e ci sente, ma non hai nulla da dirci.»

«Mi dispiace.»

Mi ringraziarono, delusi, e proseguirono oltre, continuando a guardarsi intorno con meraviglia e preoccupazione. Controllai che fossero abbastanza lontani, poi cambiai direzione, nella speranza di non incontrarli di nuovo.

Raggiunsi una nuova strada, questa volta frequentata solo da persone. Nessuno spirito in vista, per il momento.

Le persone si muovevano a passo veloce sotto il temporale, e appena potevano, entravano in negozi e bar, oppure si rifugiavano dentro ai mezzi pubblici e alle macchine che avevano lasciato in parcheggio.

Le loro auree, così vicine tra di loro mentre procedevano o sostavano sul marciapiede, riunivano tutta la scala di colori esistenti e formavano lucenti aloni di varie dimensioni, che in alcuni casi, si modellavano a vicenda.

Mi fermai a un incrocio, per studiare due persone che chiacchieravano alla mia sinistra, quando mi accorsi di altre tre che camminavano spedite e... non avevano un'aura. Il semaforo diventò verde, e queste mi superarono senza considerarmi, come tutte le altre che avevano un'aura.

Unica eccezione davanti a me, mi riuscì facile seguirle, come un'investigatrice invisibile, adeguandomi senza fatica alla loro andatura.

Un uomo di mezza età era in testa al gruppo: aveva la fronte bianca scavata da rughe, gli occhi neri, e uno sguardo arcigno. I suoi capelli chiari erano protetti dal cappuccio della giacca a vento e il complesso dei suoi abiti tendevano a una tonalità cupa che si adattava all'atmosfera uggiosa della giornata.

Dietro di lui, vi erano una donna e un uomo più giovani, sulla trentina, che avrebbero potuto essere le sue copie da quanto gli assomigliavano. Ciuffi di capelli biondi uscivano dai cappucci delle loro giacche, gli occhi erano neri e vitrei, sembravano assenti, e la corporatura, snella e agile, unita alla tensione che traspariva dai loro visi, avvertiva che era opportuno non disturbarli in alcun modo.

Le tre persone senza aura svoltarono in un angolo deserto, e una dopo l'altra, si dissolsero in minuscoli puntini di luce fino a scomparire. Avevo il sospetto che potessero non essere umani, ma vederlo con i miei occhi e saperlo per certo mi lasciò comunque esterrefatta.

Perlustrai a fondo la via, girando su me stessa per avere una visuale migliore, e in seguito, li udii muoversi nell'aria, svariati metri sopra di me. Li individuai con lo sguardo: erano diretti verso l'alto.

Parte densa questa, siamo in uno dei capitoli piu' lunghi del libro. Come state dopo averlo letto? Come vi e' sembrato?❤ La parte di domani svelera' il titolo del capitolo... e potremmo leggere qualcosina di romance, pure.

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