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Il cinguettio dei passerotti mi fece abbandonare il sonno profondo nel quale ero piombata la notte precedente, lasciandomi galleggiare in uno stato di semicoscienza dal quale facevo fatica ad uscirne.

Sentivo le palpebre pesanti e mi sembrava persino impossibile immaginare di dover aprire gli occhi ed iniziare un nuovo giorno.

Da quando ero diventata così tanto pigra? Ma, del resto, morire ed essere riportata in vita da un albero millenario non era poi una cosa da poco.

Era chiaro che il mio corpo sentisse ancora il bisogno impellente di dover recuperare le forze e il sonno era il modo più facile e piacevole per arrivare all'obbiettivo.

Per questo motivo non avevo alcuna intenzione di lamentarmi.

Con ancora gli occhi chiusi, misi una mano sotto il cuscino, sul quale era adagiata la mia testa, e mi accovacciai su me stessa, pronta a gettarmi nuovamente tra le braccia di Morfeo o, almeno, quello era l'intento, all'inizio, fin quando una mano pesante ma, in quel momento, leggera come una piuma, non mi accarezzò il fianco sinistro con fare provocante.

Il desiderio si accese e fu questa l'unica ragione che mi spinse a riaprire gli occhi, azione che non mi pentii assolutamente di aver compiuto: non appena le mie palpebre furono completamente sollevate e i miei occhi si furono subito adattati alla luce del sole che entrava dal vetro della mia stanza a cupola, nel mio campo visivo comparvero all'istante un paio di occhi rossi come le fiamme di un incendio.

Vel mi stava guardando insistentemente, come se, tutt'oggi, faticasse a credere che io fossi davvero al suo fianco.

«Non che non mi piaccia essere guardata da te mentre dormi, ma sei inquietante, dio della manipolazione» dissi, ironica.

Istantaneamente, le labbra di Vel non poterono evitare di distendersi in un sorriso raggiante che sarebbe riuscito ad illuminare la stanza, nel quale ci trovavamo nudi e sotto le lenzuola, molto più rispetto a quanto facessero i caldi raggi del sole della Stella primaverile.

«Credo che sia la prima volta che una ragazza mi abbia definito "inquietante" mentre la guardavo dormire» ribatté, anch'egli ironico e, soprattutto, divertito da quel stravagante 'buongiorno'.

Una risatina sfuggì dalle mie labbra. «Forse, le altre ragazze con cui sei stato a letto si sentivano privilegiate nell'essere guardate da te» scherzai.

I suoi occhi sgranaro e le sue sopracciglia perfette non poterono non scattare verso l'alto mentre il sorriso non faceva altro che allargarsi a dismisura sul suo viso. «Perché tu non ti senti fortunata sapendo che ti guardo come un maniaco mentre dormi?»

Feci finta di pensarci su per qualche istante e, subito dopo, scossi il capo con nonchalance. «Neanche un po'...»

Vel rimase con la bocca spalancata per un paio di minuti ed io non potei fare a meno che scoppiare a ridere di gusto nel vedere la sua strana espressione facciale.

«Per tutti gli dei, ora, invece, sembri uno che non ci sta con la testa!» dissi, ridendo.

«Ah si?» domandò lui, ridendo con me.

Annuii tra una risata e l'altra e, in risposta, Vel si mosse dal punto in cui si trovava, girato sul fianco, e, mettendosi seduto, iniziò a farmi il solletico ai fianchi scoperti.

Le mie risate si accentuarono e finirono per eliminare qualunque traccia di quel silenzio rilassante che vi aveva regnato nella cupola di vetro da quando mi ero addormentata tra le sue braccia.

«Basta! Basta, Vel!» dissi, non potendo più sopportare i crampi allo stomaco che sentivo per l'eccessivo ridere.

«Ah-ah, principessa, i suoi genitori non le hanno insegnato le buone maniere?» si prese gioco di me, continuando a solleticarmi la zona sensibile dei fianchi nonostante mi stessi dimenando come una dissennata. «Come si dice?»

«Per favore!» risposi, ridendo a più non posso.

Le mie risate terminarono solo quando Vel si decise a smettere di torturarmi in quel modo.

Pogiai completamente la schiena sul soffice materasso del mio grande e soffice letto e guardai il cielo azzurro mentre cercavo di regolarizzare il respiro e i battiti impazziti del mio cuore.

Dopodiché, volsi lo sguardo a Vel al mio fianco.

Sorrideva e anch'io.

Ci guardammo negli occhi senza dire una parola e, alla fine, a rompere il silenzio fu proprio lui, dicendo dolcemente: «È da tanto che non sentivo il suono della tua risata.»

«Ti eri quasi dimenticavo come essa fosse?»

Il suo sguardo divenne improvvisamente serio. «Non avrei mai potuto permettere che ciò accadesse.»

Quelle sue parole furono in grado di riscaldarmi l'anima completamente e di risvegliare lo sciame di farfalle impazzite che credevo di aver debellato nel momento in cui ci eravamo giurati amore eterno.

Da quel che capivo, Vel avrebbe continuato a farmi un certo effetto nonostante sapessi perfettamente che le nostre due anime si appartenevano sin dal primo momento che i nostri sguardi si erano incrociati per la prima volta.

Lo guardai attentamente e, con ancora l'accenno di un sorriso sulle labbra, mi issai sulle braccia. Senza chiedergli il permesso, mi sedetti a cavalcioni su di lui, facendolo fremere dalla voglia non appena la sua parte più dura entrò strettamente in contatto con la mia più morbida e delicata.

Le sue mani si posarono subito sui miei fianchi sottili mentre i suoi occhi fiammeggianti scrutavano ogni centimetro del mio corpo nudo davanti a sé.

«Mi sei mancato...» dissi.

I nostri occhi si incrociarono e le mani che aveva posato suo fianchi si strinsero intorno alla pelle. «Anche tu, piccola. Non c'è stato un solo istante in cui non abbia desiderato poterti riavere al mio fianco.»

All'improvviso, un nodo mi serrò la gola, rendendomi quasi difficile parlare. «Tutto ciò che abbiamo adesso è solo grazie al sacrificio di Devana» iniziai col dire. «Solo per merito suo possiamo godere di questo breve periodo di felicità che ci è stato donato.»

Vel inclinò la testa di lato, non comprendendo perfettamente il motivo per il quale avessi affermato una cosa del genere. «Breve?»

Annuii. La tristezza stava prendendo il sopravvento sul mio buon umore che avevo sfoggiato fino a qualche istante prima. «Breve...» ripetei. «Il mio corpo è umano...»

Proprio così...

Devana ha potuto riportarmi in vita ma non ha potuto donarmi l'immortalità che mi serviva per vivere eternamente al fianco di suo fratello.

Gli anni sarebbero passati per me e sarebbero stati ben visibili su tutto il mio corpo.

Sarei invecchiata mentre Vel sarebbe rimasto giovane, lo stesso ragazzo di sempre.

Io, al suo fianco, sarei sembrata solo sua nonna e, a quanto sembrava, la cosa lo divertiva parecchio dato che stava tentando di trattenere una risata di gisto.

Lo notavo dal modo in cui le sue labbra si muovevano.

«Cosa c'è di così divertente?» chiesi, leggermente infastidita.

Vel non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere. «Mia nonna?» chiese divertito avendo sentito la piega che avevano preso i miei pensieri qualche istante prima.

Vedendo lui come sghignazzava al solo pensiero di aver una me vecchia e rugosa al suo fianco, non potei evitare di ridere anch'io al suo fianco.

Effettivamente, se ci lasciavamo trasportare dall'immaginazione, il tutto era abbastanza ridicolo ed esilarante.

«Esattamente» dissi. «Magari mi ritroverò a correrti dietro con un bastone.»

«E poi io dovrò rallentare per tenerti al passo» affermò, ridendo a crepapelle.

Gli diedi uno schiaffetto sul braccio. «Non prenderti gioco di me, divinità! Non tutti possono essere perfetti come te!»

Ed effettivamente era così: Vel era assolutamente perfetto ai miei occhi.

Non c'entrava nulla il fatto che avesse un corpo da urlo e il viso da angelo, lui era perfetto anche interiormente, soprattutto quando tentava di nascondere dei difetti che, in realtà, erano le parti di lui che lo facevano splendere di luce propria.

Le sue risate finirono di rompere il silenzio di quel mattino intorno a noi, e si limitò a guardarmi con ancora il sorriso sulle labbra. «Tu sei perfetta e non importa se tu sia un'umana, un'Eterna o una semidea. Quell'umanità che tanto disprezzi è ciò che sei. Non mi sono innamorato di te per la tua perfezione fisica, mi sono innamorato di te perché ho visto dentro questo guscio esterno qualcosa di così bello che poteva perfettamente incastrarsi con il mio animo tormentato. È vero, non ti ho amato da subito, ma ho sempre avuto bisogno di te. Ti amo ora, e senza di te non so vivere e nemmeno dovrò provarci.»

Lo guardai confusa.

Aveva detto cose bellissime che erano riuscite a farmi sentire speciale ma l'ultima parte mi lasciava perplessa. «In che senso, non dovrai nemmeno provarci a vivere una vita senza di me?» iniziai a chiedergli.

«Non dovrò farlo perché non morirai, Astraea. Semplice.»

Forse non aveva ben compreso ciò che gli avevo detto fino a quel momento.

«So cosa mi hai detto e comprendo perfettamente anche la gravità della condizione umana in generale, ma ti assicuro che non dovrai in alcun modo preoccuparti per tutto ciò.»

Ero sempre più confusa. Ancora non riuscivo a capire di cosa parlasse. «Per quale motivo?»

Lui sorrise e, spostandomi dolcemente sul letto, si alzò, mostrandomi il suo corpo scolpito nel marmo, e andò a prendere una scatolina in legno grezzo che teneva posato sul mobile di fronte al letto.

Lo guardò, se lo rigirò tra le mani e venne verso di me con un sorriso che era il risultato perfetto tra la tristezza e la felicità.

Si sedette al mio fianco e mi porse la scatoletta.

La guardai scettica e, dopo averla presa tra le mani, lo guardai con un punto interrogativo in volto.

«Aprilo» mi disse. «Solo così saprai cosa vi è al suo interno.»

Il mistero si faceva sempre più fitto e la mia curiosità su risvegliava velocemente.

Guardai per un'altro istante quella piccola confezione rigida e, subito dopo, decisi che era finalmente giunto il momento di aprirla e di scoprire cosa vi era al suo interno.

Quando posai lo sguardo sulla piccola boccetta, contenente un liquido dorato, che vi era stata deposta all'interno della scatoletta, rimasi completamente a bocca aperta.

Cercai all'istante gli occhi di Vel e il suo sorriso si allargò.

«È ciò che penso che sia...?»

Lui annuì. «È l'ultimo regalo che mia sorella ci ha fatto prima di morire.»

Rimasi a bocca aperta.

Non riuscivo davvero a credere a ciò che avevo dinanzi a me.

Riguardai la boccettina e la tolsi dalla scatola in legno, stringendola tra le mie mani.

Sentivo il potere che questa emanava nonostante fosse rinchiusa nel vetro.

Avevo solo sentito parlare della sua esistenza, ma era la prima volta che lo vedevo con i miei occhi: il regalo che mi aveva fatto Devana era qualcosa che pensavo essersi estinto con l'arrivo delle divinità.

Mi sentivo il corpo tremare al solo pensiero di ciò che esso comportava.

Cercai ancora una volta lo sguardo di Vel. «Il nettare degli dei...» pronunciai sottovoce.

Ciò che avevo tra le mani era la chiave per divenire una Dea, la chiave per arrivare alla tanto desiderata immortalità e non riuscivo a credere che questa fosse destinata a me.

Devana non solo mi aveva donato la sua vita, ma mi aveva anche dato la speranza di un futuro tra le braccia di suo fratello.

Lei aveva riposto in me tutti i suoi sogni e tutti i suoi desideri ed io non mi sentivo all'altezza di vivere quell'amore a cui lei aveva dovuto dire addio con l'arrivo di Khione.

Senza nemmeno rendermene conto, iniziai a piangere e a stringermi forte quella speranza di una vita immortale.

«Astraea, cosa ti prende?» chiese Vel, preoccupato per l'improvvisa reazione che avevo avuto nel comprendere in cosa consistesse il regalo fattomi da sua sorella maggiore.

Non risposi e mi gettai tra le sue braccia, piangendo e singhiozzando.

Lui non disse più nulla e si limitò ad abbracciarmi e ad accarezzarmi. Solo quando mi fui calmata, disse: «Rimarremo insieme, Astraea.»

Mi asciugai le lacrime e alzai il capo per guardarlo negli occhi. «Ora e per sempre. L'eternità ci attende.»

Il sorriso di Vel fece capolino sul suo bel viso mentre mi portava delle ciocche ribelli dietro l'orecchio.

«Ora e per sempre» ripeté lui e sentii il mio cuore battere a ritmo di infarto.

Gli presi il viso tra le mani e, senza pensarci su due volte, avvicinai le mie labbra alle sue, baciandolo come se fosse la prima volta.

Devana ci aveva donato la speranza di una lunga ed interminabile vita insieme ed io avevo intenzione di godermela istante dopo istante.

FINE

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