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Veles
Aprii la porta della stanza di Astraea, finalmente di ritorno dopo la conversazione avvenuta con Hipnôse, e, quando misi piede in quel grande spazio rettangolare, mi sorpresi non poco di trovare la principessa di Aracieli seduta sul suo letto, immobile.
Mi dava le spalle, i suoi capelli lunghi e viola scendevano su di essa in morbide onde che mi ricordarono le increspature del mare quando il vento lo agitava.
Cosa le era successo?
Sembrava decisamente troppo calma per il suo carattere energetico e vivace.
«Astraea?»
La vidi sobbalzare e, subito dopo, chinare il capo, tuttavia, non si voltò a guardarmi.
Una strana sensazione negativa iniziò a farsi strada dentro di me.
Chiusi la porta alle mie spalle e andai subito da lei, accovacciandomi di fronte alla sua piccola figura.
Aveva le mani strette in grembo e lo sguardo quasi assente.
Anche se mi aveva davanti, lei non incrociò il mio sguardo, anzi, lo volse dall'altra parte.
"Amore, cosa ti è successo?", le chiesi, usando il nostro metodo alternativo per comunicare.
In risposta, vidi le sue labbra incresparsi e sentii una strana emozione che le riempiva il cuore. Sembrava dolore mista ad una infinità tristezza.
Possibile che percepissi un'emozione come questa dato che, poche ore prima, l'avevo lasciata in balia della felicità?
Cosa era cambiato in quel breve lasso di tempo in cui non sono stato presente al suo fianco?
«Astraea, potresti rispondermi per favore?» domandai nuovamente mentre la preoccupazione non faceva altro che aumentare dentro di me.
Nemmeno quella volta ebbi la tanto desiderata risposta alla mia domanda.
C'era sicuramente qualcosa che non andava e iniziavo a sospettare del fatto che lei avvertisse dolore ai primi marchi che erano apparsi sulle sue mani.
Senza dir nulla e continuando a guardarla in viso mentre lei tentava in tutti i modi di nasconderlo, le strinsi le mani tra le mie, toccando le sue ferite.
Lei non fece cenno di aver sentito nulla ed io constatai che non era apparso l'ultimo marchio di cui mi aveva parlato, tempo addietro, mia sorella Devana.
Nonostante fossi preoccupato per Astraea e per il suo strano modo di accogliermi, decisi che, forse, cambiare argomento l'avrebbe distratta e, in seguito, mi avrebbe parlato di sua libera acta di cosa l'affliggesse. «Ho parlato con tua madre, poco fa» esordii dopo un lungo periodo di silenzio.
Astraea tirò su col naso e mi guardò di sottecchi. I suoi occhi erano rossi per il pianto e quel chiaro segnale non poteva fare altro che mettermi ancora più in agitazione.
«Alcuni Semidei e divinità hanno creato degli strumenti, manette e corde per di più, in grado di indebolire notevolmente le capacità degli Eterni. Né esistevano già di catene in grado di neutralizzare i poteri dei Semidei nel caso avessero intenzione di non obbedire agli ordini degli Dei, ora sono stati creati anche per voi esseri superiori. Se Inara provasse ad attaccarci nuovamente, per mettere in atto il suo folle tentativo di vendetta, sapremo perfettamente come neutralizzarla.»
La ragazza dai capelli viola arricciò le labbra in segno di dissapunto. «Non mi sembra un piano così tanto facile da mettere in pratica» disse scettica.
Inclinai il capo verso sinistra. «Per quale motivo affermi ciò?»
«Perché Inara non rimarrà ferma a farsi mettere delle manette che le impediranno di usare le sue capacità. Dovrete usare il materiale adoperato per questi oggetti per creare delle vere e proprie armi» finalmente voltò il suo sguardo determinato e regale verso di me. Sentii una fitta acuta di dolore quando non ebbi più alcun dubbio che dai suoi splendidi occhi violacei fossero cadute delle lacrime, lacrime che poi le avevano solcato le guance. «Lance, lame, frecce... credo che queste vi saranno decisamente molto più d'aiuto per combattere un nemico così tanto potente e scaltro.»
Corrucciai la fronte e serrai le labbra. «Parli come se tu non ci sarai più nel momento in cui lei potrebbe decidere di attaccarci, perché?»
Astraea abbassò nuovamente lo sguardo. «Non so se potrò mai aiutarvi in questa guerra.»
«Perchè mai? Mancano solo quattro giorni al tuo risveglio e ancora non sappiamo quale possa essere il dono che ti è stato concesso nel momento della tua nascita» dissi. «Per quel poco che ne sappiamo, potresti possedere un potere decisamente più grande rispetto a quello di Inara e metterla al suo posto come se nulla fosse.»
La vidi chiudere gli occhi con tutta la forza che aveva in corpo, come se volesse evitare di guardarmi in faccia.
Una sensazione di dolore inspiegabilmente si fece strada dentro di lei, confondendosi perfettamente con il mio stato d'animo tormentato.
Mi avvicinai ancora di più a lei, come se non fossimo già decisamente troppo vicini, e le chiesi: «Cosa c'è che non và, piccola mia?».
Come prevedibile, la giovane non rispose nemmeno quella volta alla mia sollecitazione. Feci per accarezzarle il viso e fu lì che capii che c'era davvero qualcosa di preoccupante in Astraea: si allontanò da me di scatto, sistemandosi davanti alle vetrate delle finestre, dietro di me.
Quando mi voltai per guardarla.
Lei mi dava le spalle e sentii un leggero tremolio nella sua voce quando parlò. «Niente.»
Mi alzai e strinsi i pugni lungo i fianchi mentre i miei occhi erano fissi sulla sua figura snella e minuta. «Non mi sembra» affermai, seccato. «Noto chiaramente i segni delle lacrime sul tuo viso e non credere che non mi sia reso conto del tuo strano comportamento: sembra come che tu non voglia nemmeno incrociare il mio sguardo.»
«Forse perché è così.»
Quella frase, pronunciata da quel tono di voce così freddo e distaccato da parte di Astraea, riuscì a farmi sussultare.
Erano come la lama affilata di un coltello che mi entrava nella carne sempre più in profondità, causandomi un dolore quasi insopportabile.
«Per quale motivo?» domandai, fissando la sua figura di spalle.
Sospirò sonoramente e le sue spalle si irrigidirono fino all'inverosimile. «Credo che sia il caso che noi due smettessimo di stare così vicini.»
«Cosa stai dicendo...?»
Astraea finalmente trovò il coraggio di voltarsi nella mia direzione di guardarmi dritto negli occhi mentre continuava a dire parole senza senso per le mie orecchie. I suoi occhi incrociarono i miei e non potei fare a meno di sentirmi mancare il fiato quando notai che non vi era la benché minima emozione in quelle sue iridi tanzanite. «Tra noi non può funzionare, Vel.»
Mi bloccai.
In tutta onestà, credo che tutto il mondo si bloccò nell'istante in cui le sue labbra sputavano fuori quelle sei paroline, parole che erano in grado di spettarmi letteralmente in due.
La guardai come se fosse completamente impazzita, come se avesse le rotelle fuori posto.
Continuammo a mantenere il contatto visivo ma, man mano che i secondi passavano, quei suoi occhi così freddo e lontani sembravano sul punto di condurmi un passo più vicino alla morte.
Ero senza parole, completamente scioccato da ciò che lei mi stava dicendo come se nulla fosse, come se le sue parole non fossero in grado di indurmi ad una lenta e atroce agonia senza fine.
Cercai di avvicinarmi a lei ma, quando fui sul punto di prenderle le mani strette intorno al suo corpo, Astraea si ritrasse nuovamente con una rapidità di cui non la credevo possibile.
In quel momento, ero abbastanza convinto che il mio volto fosse una maschera di dolore e incredulità. «Perchè...? Cosa ti è successo...?»
La ragazza di fronte a me, ragazza che così facevo fatica a riconoscere, continua a guardarmi con indifferenza e con una determinazione sorprendente.
Capii che lei non mi avrebbe dato le risposte che cercavo e le cercai nelle sue emozioni.
Fu in quel preciso istante che il mio cuore si inclinò e una crepa apparve su di esso: non avvertivo nessuna emozione da parte di Astraea.
Era come se l'amore che avessi sempre sentito accrescere nel suo petto fosse sparito nel nulla, dissolto, volatilizzato.
«Astraea...»
Il suo sguardo era una lama tagliente ma le sue labbra tremavano mentre pronunciò le seguenti parole: «Non ti amo, Veles. Credo che non ti abbia mai amato. Tutto ciò che ho sentito per te non era altro che frutto della mia immaginazione. Voglio che tu te ne faccia una ragione e sparisca dalla mia vita una volta per tutte.»
No.
Non poteva essere.
Non potevo davvero credere che Astraea, la ragazza di cui mi ero perdutamente innamorato, stesse affermando che quel grande amore, perché il suo sentimento nei miei confronti poteva essere etichettato solo come tale, fosse frutto della fantasia di una diciassettenne.
«Che scherzo è mai questo?» domandai. Quasi stentavo a riconoscere la mia stessa voce. Era tagliente ma, allo stesso tempo, lasciava trapelare tutta la sofferenza che le sue parole mi stavano provocando.
Arricciò il naso e increspò le labbra, classica smorfia che voleva far capire al suo interlocutore che era abbastanza irritata dal proseguimento di quella conversazione. «Cosa non ti è chiaro?»
«TUTTO!» urlai.
Le emozioni contrastanti dentro di me stavano prendendo il sopravvento sulla ragione.
Annullai la distanza che aveva creato tra di noi con uno scatto felino e le afferrai le braccia.
«Cosa vuol dire tutto ciò? Come sarebbe a dire che tu non mi ami è che devo starti lontano il più possibile?» continuai a domandarle. Ormai il mio cuore ferito aveva messo a tacere la razionalità del mio cervello. «Fino a poche ore fa professavi il tuo amore eterno nei miei confronti ed ora dici che questo non è mai esistito?»
Astraea si scrollò le mie mani di dosso e mi guardò con sicurezza. «Non so come si è potuta essere così stupida da credere che ciò che provavo per te fosse amore. Ho sbagliato.»
Mi passai le mani tra i capelli neri mentre la voglia di gettarmi dalla finestra si faceva sempre più forte.
«Non è possibile», la guardai negli occhi e puntai le dita contro il mio petto, nel punto esatto in cui il mio cuore si stava frantumando poco alla volta. Mi sentivo di impazzire. «Lo sentivo, Astraea. Io sentivo che ciò che tu provavi per me fosse amore e non credo di aver sbagliato anch'io. Tu mi ami ed ora non riesco a capire perché tu mi stia facendo una cosa del genere!»
Lei chiuse gli occhi, impedendomi di fissare le sue iridi violacee, e sospirò sonoramente. Solo dopo alcuni attimi di silenzio che mi parvero interminabili, lei trovò il coraggio di guardarmi nuovamente negli occhi e disse: «Mi sono resa conto di essere innamorata di Xzander. È lui il ragazzo che appare ogni notte nei miei pensieri...»
Un briciolo di dolore e tristezza trapelò da quello scudo di ghiaccio in cui aveva rinchiuso qualunque sua emozione.
Tuttavia, si confusero con le mie, di emozioni, per un tempo troppo ridotto per esser sicuri di ciò che avevo avvertito.
Che fosse stato frutto della mia immaginazione?
Che in realtà avessi sentito qualcosa che era la proiezione dei miei desideri?
Non lo sapevo.
L'unica cosa certa, in quel momento, era che il mondo mi stava crollando addosso ed io non avevo le forze sufficienti per poter portare il suo peso sulle mie spalle.
Mi sentivo schiacciato, distrutto e la ferita al mio cuore continuava a sanguinare copiosamente.
Non potevo davvero credere a ciò che stava accadendo in quell'istante della mia vita.
Se era un incubo, avrei voluto che questo terminasse all'istante.
Avrei voluto riaprire gli occhi nel buio di quella camera e vedere il viso sereno della ragazza di fronte a me, mentre dormiva tra le mie braccia. L'avrei stretta più forte al mio petto solo per assicurarmi che lei non andasse più via.
Per mia sfortuna, quello non era un incubo, era la più crudele delle realtà che si ripresentava nella mia vita come un disco rotto che ripeteva sempre il solito brano.
Possibile che per il Fato io non potessi godere di un breve momento di felicità?
Perché doveva portarmi via tutto ciò che avevo di più caro in questa miserabile vita immortale?
Deglutii a fatica nonostante non avessi saliva in bocca. «Menti.»
Gli occhi bruciavano.
Che stessi per piangere?
Probabile.
Astraea scosse il capo delicatamente. «È la verità, Veles. Non ti amo e il mio cuore appartiene ad un altro, a Xzander... Ci sarà sempre e solo lui nel mio cuore.»
"Ci sarà sempre e solo lui nel mio cuore"...
La storia si stava ripetendo, il dolore si stava ripresentando seppur decisamente molto più amplificato.
Quelle parole erano le stesse che mi disse Hipnôse qualche giorno dopo il nostro unico bacio.
Ricordavo vagamente quel senso di sofferenza, ma, questa volta, quelle stesse parole pronunciate da Astraea avevano un effetto diverso, un effetto senza ombra di dubbio più distruttivo e devastante.
Il mio cuore si spezzò del tutto, lasciando fuoriuscire un dolore che non avrei mai potuto immaginare di poter provare nella mia vita.
Deglutii nuovamente e feci un passo ultimo passo verso di lei e l'abbracciai.
Con Hipnôse mi ero rassegnato già in partenza all'idea di non poterla avere, ma, con lei, con la mia Astraea, non mi sarei mai arreso, non dopo che avevo scoperto che si può amare così profondamente e perdutamente una persona.
Io l'amavo, per tutti gli dei se l'amavo, ed era proprio per questo motivo che non l'avrei lasciata andare per nessuna ragione al mondo.
Avrebbe dovuto uccidermi se voleva liberarsi di me.
La strinsi forte tra le mie braccia mentre il nodo alla gola si faceva sempre più grande e la sentii tremare mentre era stretta in quell'abbraccio.
Non ricambiò mai il mio gesto, in quel momento, tuttavia, la sentii stringere forte i pugni delle mani tese lungo i fianchi.
Che fosse un modo per costringersi a non cedere alla tentazione di stringermi a sé a sua volta?
Non lo sapevo, sapevo solo che, ad un tratto, la sentii singhiozzare ed io, d'istinto, la abbracciai più forte.
Quasi la soffocai.
Non ricordo esattamente per quanto tempo rimanendo in quella posizione, ricordavo solo che, ad un tratto, la principessa che era riuscita a rubarmi il cuore, con la sua semplicità e la sua vivacità, si divincolò e, senza perdere altro tempo, scappò via da me, piangendo, proprio come una lepre scappava via da un animale decisamente più grosso e feroce.
L'unica cosa che feci, subito dopo averla vista andar via, fu fissare il punto in cui l'avevo stretta a me e domandarmi cosa fosse accaduto, cosa l'avesse spinta ad allontanarsi da me in così breve tempo.
Chiusi gli occhi con forza e dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non lasciarmi sopraffare dai miei sentimenti contrastanti.
Mi sentivo distrutto, derubato di ogni desiderio di continuare a vivere.
Tuttavia, non mi sarei arreso.
Non avrei lasciato che Astraea si allontanasse da me di punto in bianco e senza alcun senso logico.
Non volevo perderla e avrei fatto di tutto affinché ciò non accedesse.
Io l'amavo più della mia stessa vita.
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