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Il fruscio del vento che soffiava fuori dalla finestra e il cinguettio dei passeri mi indussero a svegliarmi.
Aprii gli occhi e cercai di far adattare nel più breve tempo possibile la mia vista alla leggera e soffusa luce del sole che penetrava dalle finestre e dalle tende dorate.
Quando questo piccolo e fastidioso inconveniente fu finalmente superato e riuscii ad aprire gli occhi senza rischiare di rimanere quasi accecata, mi misi tranquillamente seduta sul mio soffice materasso e mi guardai leggermente intorno, ancora un po' stordita da sonno rigeneratore nel quale ero piombata la sera precedente.
Era da un paio di giorni che non avevo fatto altro se non dormire e, quel giorno, non potevo evitare di sentirmi decisamente molto meglio rispetto alle precedenti mattine.
Dopo aver lanciato una rapida occhiata a qualunque oggetto fosse presente nella mia enorme stanza da letto, gettai i piedi fuori dalle coperte, facendo in modo che essi penzolassero oltre il materasso.
Mossi le dita dei piedi nudi e, quando ebbi riacquistato la sensibilità necessaria per evitare che sobbalzassi al contatto con il pavimento freddo, mi misi finalmente in piedi, sorretta da quelle due gambe esili che, nei giorni precedenti, non facevano altro che traballare.
Tirai un profondo sospiro di sollievo nel vedere che la mia stanza non ruotava più ogni qualvolta che mettevo i piedi fuori dal letto o facevo un movimento brusco. Inoltre, notai che era anche sparito il senso di nausea che ne seguiva.
Mi ero ripresa.
Finalmente.
Non ne potevo più di rimanere sempre rintanata nella mia stanza, a dormire, quando il mondo fuori da quelle quattro mura continuava a muoversi imperterrito.
Mi avvicinai alle tende delle finestre e non attesi altro tempo per aprirle e far innondare la camera dall'accecante luce del sole di quel mattino.
Quando ne sentii il calore dei tiepidi raggi di quest'ultimo sul mio viso, non potei fare a meno di sorridere e di assaporarlo appieno, godendomi quel terrore rilassante.
La Stella Primaverile era ormai alle porte, così come alle porte era il mio tanto atteso compleanno, quella data in cui avevo voluto arrivarci il prima possibile solo per scoprire quali fossero le mie reali potenzialità.
Le cose erano leggermente cambiate e non mi sorpresi affatto di non provare più quella fremente eccitazione al solo pensiero di compiere i fatidici diciassette anni stellari, anni che mi avrebbero condotto irrimediabilmente ad un passo dall'essere un' Eterna, se ci sarei arrivata ad esserlo...
Increspai le labbra.
"Cosa c'è, Astraea, non vuoi più divenire un essere invincibile?", domandò la voce nella mia testa, voce che puntualmente, quando mi dava dei preziosi consigli, ignoravo.
Tuttavia, questa non poteva considerarsi una di quelle volte.
Volsi il palmo delle mie mani verso di me e immediatamente i miei occhi si concentrarono sui tagli profondi che mi erano apparsi.
Erano dei tagli precisi, netti, nonostante due di questi fossero a mezza luna.
Il viola delle ferite ancora fresche, misto al rosso acceso, quasi mi fece accapponare la pelle.
Erano il chiaro e palese ricordo del fatto che non avevo più nulla di sotto controllo nella mia vita.
Tutto era cambiato fin troppo in fretta e dovevo ancora trovare una spiegazione plausibile a questi marchi che mi apparivano all'improvviso sulla pelle, provocandomi una perdita eccessiva di sangue.
Rabbrividii quando ripensai alle condizioni in cui avevo ritrovato la mia stanza una volta risvegliata dal mio improvviso svenimento.
Non c'era quasi alcun pezzo del bagno che non fosse completamente macchiato da quella sostanza rossa, intensa e grumosa e le coperte e le lenzuola del mio letto non erano da meno.
Le avevo dovute consegnare alla servitù e ordinare loro di bruciarle dato che, ormai, il sangue era già secco e di una schifosa tonalità scura, quasi nera.
Sospirai e distolsi lo sguardo dalle mie mani al mondo, in procinto di sbocciare in una miriade di colori accesi, oltre la finestra.
Era uno spettacolo assolutamente imperdibile quello del sole che accarezzava il bianco candido della neve, posata sugli alberi e sulla vegetazione, e la faceva risplendere proprio come se fosse una immensa gemme preziosa.
Sorrisi mentre i miei occhi si godevano quel meraviglioso spettacolo scintillante.
Ad un tratto, la porta della mia camera si aprì ed io non potei fare a meno di girarmi di scatto in direzione di essa, curiosa di vedere chi stesse entrando in quelle quattro mura.
Istantaneamente, i miei occhi incrociarono quelli rossi e fiammeggianti del bellissimo Dio della manipolazione che era sicuramente entrato per constatare come stessi e cosa stessi facendo.
Senza ombra di dubbio ci sarebbe aspettato di trovarmi ancora distesa nel letto, incosciente, ed era per questo che vi lessi la sorpresa sul suo viso quando mi trovò intenta ad ammirare il paesaggio sottostante dalla finestra.
Le mie labbra con poterono evitare di allargare ulteriormente il sorriso che era già sul mio viso.
Anche sul suo ne apparve uno in grado di riscaldarmi il cuore, proprio come la luce di felicità che aveva sostituito la sorpresa e che gli vedevo brillare nelle iridi irridescenti.
«Vel» dissi, mentre le mie gambe si muovevano automaticamente per correre tra le sue braccia.
Gli saltai addosso nel vero senso della parola e non mi sorpresi di trovarlo pronto per accogliermi a braccia aperte.
Quando il mio petto fu completamente spalmato sul suo e le mie braccia circondarono il suo collo, mentre lui mi teneva ben saldamente ancorato a lui, ebbi l'impressione che non ci fosse posto più bello al mondo in cui potessi trovarmi.
Essere tra le sue braccia mi infondeva un senso di pace, protezione, calore.
Era come trovarsi al centro di un ciclone ma sapere con certezza che c'è comunque qualcuno disposto a tenerti la mano e affrontare al tuo fianco ogni avversità.
Lui mi sollevò dal pavimento ed io gli piantai le mie gambe intorno alla sua vita sottile.
«Ti trovo in splendida forma oggi, piccola» disse lui contro i miei capelli. Dal suo timbro di voce potevo essere sicura al cento per cento che anche lui stesse ancora sorridendo.
Risi di gusto e mi allontanai un po' in modo da poterlo guardare dritto negli occhi colmi di gioia e di un sentimento che non potevo fare a meno di classificarlo come 'amore' anche se lui si ostinava a non volerlo etichettare come tale. «Oggi mi sento decisamente molto meglio e non vedo l'ora di fare colazione» affermai, mentre il mio stomaco iniziava a brontolare senza sosta. «Ho decisamente molta fame.»
Vel non poté evitare di ridere a crepapelle nel sentire il mio stomaco produrre un suono talmente simile a quello di un tuono che squarcia il cielo sereno. «In tal caso, credo che la cosa migliore da fare sia lasciarti vestire e correre nella sala da pranzo in modo che tu possa nutrirti. Non vorrei che, data la fame, iniziassi a mordermi le braccia con l'intento di divorarmi. Sarebbe una cosa ben poco carina da parte tua» sogghignò.
Lo guardai con il viso fintamente imbronciato. «Non oserei mai mangiarti» dissi, cercando di trattenere un sorriso e mantenere uno sguardo più serio possibile. «Sono quasi sicura che tu non abbia un buon sapore.»
Lui mi guardò con un sorriso sbarazzino mentre nei suoi occhi potevo leggervi la malizia a causa di qualcosa che stava pensando, in quel preciso momento. «Bhe, non è ciò che mi è stato riferito dalla bocca di qualcuno che mi ha assaggiato, piccola peste.»
Improvvisamente iniziai a sentire caldo e freddo allo stesso tempo.
Le mie guance divennero senza ombra di dubbio rosse come quelle di un pomodoro maturo.
Aprii la bocca per poter dire qualcosa ma non ne uscì fuori nemmeno una sillaba, dunque la richiusi.
Veles mi aveva lasciata completamente senza parole e senza la possibilità di ribattere in alcun modo.
Quando vide la mia espressione quasi scandalizzata, lui non poté fare a meno di scoppiare nuovamente in una flagolosa risata di gusto, suono divino che sembrò rimbombarmi persino dentro di me.
Mi fece scendere dalle sue braccia ed io d'istinto mi nascosi le mani dietro le spalle. «Su, va a cambiarti» riprese a dire, smorzando l'imbarazzo che avvertivo accrescere in me. «Come ho detto, vorrei evitare di finire divorato dalle tue fauci, soprattutto considerando il fatto che ho vegliato giorno e notte sul tuo sonno.»
"Sei davvero rimasto a vegliare sul mio sonno, in questi giorni?", gli chiesi, sorpresa per ciò a cui ero venuta a conoscenza, usando il nostro metodo alternativo per comunicare.
Lo vidi guardarmi dolcemente ed il mio cuore non poté evitare di battere all'impazzata, mentre i miei occhi lo guardavano come se fosse l'unica cosa degna di essere vista a questo mondo. "Sì, Astraea", rispose. "Avevo la costante paura che tu potessi star peggio di quanto già non lo fossi e il pensiero di non poter far nulla per alleviare le tue pene mi faceva diventare pazzo."
Quelle parole furono come una pugnalata al petto.
Sapere del suo tormento nel vedermi inerme sul letto mi faceva sentire uno schifo totale.
In quel momento, mi ritrovai a domandarmi se non fosse stata la scelta meno appropriata quella di non dirgli ciò che mi stava cadendo nell'ultimo periodo.
Certo, io lo avevo fatto semplicemente per evitargli dei dispiaceri e delle preoccupazioni inutili, tuttavia non potevo fare a meno di sentirmi irriconoscente nei suoi confronti non dicendogli quale fosse la causa di tutti quei malesseri che sembravano avermi colpita come un uragano recentemente.
«Mi dispiace tantissimo, Vel... non era il mio intento quello di farti preoccupare in questo modo e per un malessere del tutto passeggero» affermai, visibilmente dispiaciuta.
Lui scosse il capo e subito dopo mi guardò con il sorriso sulle labbra. «Non devi dispiacerti. Non è colpa tua se sei stata male. Sono cose che capitano e che non si possono evitare in alcun modo.»
Non potevo dargli torto su questo, tuttavia...
Mossi agitate le mani dietro la mia schiena, stringendole subito dopo tra di loro.
«Lo so perfettamente, ma odio il fatto di averti fatto stare in pensiero per una cosa da nulla.»
Inclinò la testa di lato, guardandomi come se fossi pazza. «Anche se tu non lo volessi, io non posso far a meno di preoccuparmi per te, Astraea. Dunque, non sentirti in colpa e và a vestirti per andare a fare colazione con i tuoi genitori. Io ti aspetto in salotto.»
Mugugnai in risposta e, senza aggiungere altro, mi voltai in direzione del bagno mentre Vel usciva dalla mia camera, chiudendosi adeguatamente la porta alle sue spalle in modo da lasciarmi la privacy neccessaria a cambiarmi.
Mi feci un rapido bagno caldo, prestando massima attenzione a non bagnarmi anche le ciocche di capelli viola ci che fuori uscivano dalla mia coda disordinata, e corsi alla cabina armadio per poter scegliere uno dei vestiti a mia disposizione.
Ne afferrai uno azzurrino, con una gonna a campana abbastanza modesta e un corpetto elaborato con del pizzo bianco e con le maniche aderenti di tale tessuto, e lo indossai rapidamente. Infilai anche un paio di scarpette bianche ai piedi scalzi e mi coprii le mani con un paio di guantini dello stesso colore delle scarpette da me scelte.
Sciolsi i capelli e lasciai che quest'ultimi ricadessero in morbidi boccoli viola oltre le spalle, dopodiché, mi prestai ad uscire subito fuori dalla mia stanza.
Lo stomaco brontolava e reclamava il cibo che avevo deciso di non mangiare nei giorni precedenti a causa della nausea frequente.
Appena fui finalmente oltre l'uscio della porta bianca, vidi Vel seduto sul divanetto.
Mi sorrise non appena mi vide e non potei evitare di sentire una serie di brividi di eccitazione lungo tutto il mio corpo quando i suoi occhi mi guardarono ogni centimetro di pelle coperta e non.
Le mie guance sicuramente assunsero una tonalità leggermente rossa.
«Andiamo, Principessa?» chiese lui, porgendomi la mano che subito accettai.
Ricambiai il sorriso. «Certamente, mio cavaliere dall'armatura scintillante.»
Lui rise di gusto per quel modo bizzarro in cui l'avevo definito e iniziammo ad avvicinarci verso la sala da pranzo a passo spedito.
Avevo una gran fretta di arrivarci.
La fame mi stava quasi logorando e creando un buco talmente profondo che quasi temetti che non sarei riuscita mai a riempirlo.
Le guardie aprirono le doppie porte e non mi sorpresi a trovare tutta la mia famiglia già intenta a divorare ciò che i domestici umani avevano servito loro.
Mia madre fu la prima a salutarmi, seguita a ruota da mio padre e dai miei nonni.
Vanya si limitò a sorridermi calorosamente come suo solito mentre mio fratello maggiore, proprio come mio padre del resto, guardava con astio il Dio della manipolazione a cui tenevo ancora la mano.
Vel, dal canto suo, sembrò non essere minimamente infastidito dalla cosa e continuò a tenermi per mano come se nulla fosse.
Sembrava divertirsi nel sapere di quelle occhiataccie penetranti che il Re e il principe gli rivolgevano.
Il suo sorriso sfrontato e audace quasi mi lasciava senza parole e mi faceva sorridere a mia volta, divertita da quella scena quasi comica.
Si avvicinò alla sedia sul quale mi sarei seduta e, contro ogni mia aspettativa, mi spostò educatamente la sedia in modo da farmi sedere senza che io nemmeno muovessi un dito.
«Prego, mia signora» disse ed io non potei evitare di sentirmi profondamente in imbarazzo per tutto ciò.
«Grazie» risposi al suo gesto di galanteria.
Mi sedetti e lui subito prese posto al mio fianco mentre due ragazze di natura umana iniziavano a servirci la colazione che divorai quasi all'istante.
Vel cercò di trattenere un bel po' di risate per tutto il tempo, evitando di guardare troppo a lungo nella mia direzione per non cedere alla tentazione di scoppiare a ridere.
Persino io, solo a sentirlo sogghignare sottovoce, rischiavo di deconcentrare tutti i presenti da ciò che avevano nel piatto.
Quando mi sentii sufficientemente piena, inizia a mangiarmi l'ultimo pezzo di torta ai lamponi con un ritmo decisamente più lento, gustandomela.
Nel frattempo gli altri presenti a quel tavolo avevano preso a conversare ma io ero troppo presa da ciò che stavo mangiando per poter capire cosa stessero dicendo e per poter interagire con loro nella conversazione.
Infilzai l'ultimo pezzo di dolce con la forchetta e, nel momento esatto in cui questo stava per finirmi in bocca, ecco che le porte dorate di quella sala si aprono improvvisamente, provocando un rumore quasi assordante.
Tutti noi smettiamo di fare ciò che stavamo facendo per vedere chi avesse usato il rompere così bruscamente in quella sala.
I nostri occhi si puntarono sulla figura snella ed elegante di Devana, palesemente sconvolta e con il fiato corto.
Sembrava che avesse corso per poterci raggiungere in prima possibile.
Corrucciai la fronte e mi domandai cosa ne fosse successo.
A quella domanda da me inespressa, tuttavia, fu data voce tramite mia madre che guardava la Dea con un'espressione seria e cupa in volto. «Cosa è successo, Devana!?»
Gli occhi della rossa si incontrarono subito con quelli di mia madre. «Si tratta di Zōira» iniziò col dire, deglutendo subito dopo a fatica. La Regina Hipnôse si mise immediatamente in piedi. «Ho avuto una visione di ciò che le stava accadendo poco fa...»
Il silenzio e la tensione sembrarono diventare delle entità a sé stanti.
«Cosa hai visto?» chiese in un tono quasi brusco mia madre.
«Lei è morta, Hipnôse» disse, scandendo attentamente ogni singola parola che gli usciva fuori dalle sue labbra carnose e rosee. «Zōira è morta.»
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