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Metà Stella Invernale 5'503,
Aracieli.
1003 anni dopo.
Il volo dei passeri e il loro cinguettio riempivano di sinfonia l'aria fresca e pura. I fiori, che solitamente germogliano durante il periodo della Stella Invernale, hanno iniziato a sbocciare, riempiendo di colori tenui e vivaci la terra fertile completamente avvolta da un candido manto bianco.
Fiocchi di neve cadevano dal cielo nuvoloso e grigio, attecchendo al suolo già innevato.
Non riuscivo ad impormi di smettere di guardarli.
Si muovevano in una maniera così leggera, sinuosa e con una tale lentezza che, in un certo senso, ti ipnotizzava e ti infondeva uno strano senso pace e tranquillità interiore, doti del quale io non ero proprio dotata.
"Non stai mai ferma"
"Sei un uragano di energia"
Più o meno, erano queste le frasi che, di solito, i miei genitori usavano per definirmi, ovviamente senza alcuna cattiveria: a loro piaceva la mia vitalità. Era quasi contagiosa secondo la mamma, la Regina Hipnôse di Aracieli, la Stella Pianeta nel quale vivevano umani, Semidei, Divinità ed, infine, loro: gli Eterni, esseri dotati di poteri di gran lunga superiori a quelli di qualunque altro individuo presente in questo mondo abbastanza bizzarro.
Un tempo, mi aveva raccontato, questo Pianeta era interamente governato dagli Dei, esseri che, secondo gli umani, potevano essere tranquillamente paragonati a dei mostri data la loro crudeltà e la loro insofferenza nei confronti delle razze a loro sottostanti, soprattutto di quella umana e mortale.
In tutta sincerità, avevo avuto più volte a che fare con queste creature e, in tutti i miei sedici anni stellari, non avevo visto alcun comportamento analogo a quanto sentito dire.
Che avessi un punto di vista diverso rispetto a quello di mia madre e di mio padre, il Re Aedyon?
Arricciai il naso mentre vedevo cadere l'ennesimo fiocco di neve sul terrazzino della mia stanza, terrazzino che, durante la primavera, la mamma faceva riempire di piantine per poi farle germogliare rapidamente con le sue meravigliose doti eterne.
Invidiavo il suo fantastico potere.
Lo aveva scoperto prima del suo risveglio in Eterna, potere che, insieme alla possibilità di assorbire quello di qualunque osi attaccarla, aveva risvegliato grazie all'Occhio della Dea, un pendente magico che, una volta morta la sua antenata, l'Eterna Khione, era andato distrutto.
Sospirai.
Se quella pazza non fosse morta per aver fatto il diavolo a quattro, minacciando di distruggere la stessa Stella Pianeta, sul quale viveva anche lei, pur di vendicarsi degli Dei, che, in passato, le avevano fatto un torto, in questo momento io avrei potuto finalmente scoprire di quale meravigliosa dote ero stata benedetta dal Fato.
Per mia grande sfortuna, il potere da Eterna che bramavo di scoprire non era ancora venuto a galla, nonostante a mio fratello maggiore (più grande di ben quattro anni), il Principe Zaedyn, fosse venuto alla luce insieme al suo primo vagito da neonato strillante e petulante. Lui ora, avendo già superato i diciassette anni stellari, era divenuto a tutti gli effetti un Eterno potente come nostra madre e nostro padre.
Aveva il dono della telecinesi.
Controllava qualunque cosa fosse presente nel suo raggio d'azione, utilizzando qualunque oggetto gli si presentasse a tiro come un'arma mortale.
Ogni qualvolta mi capitasse di pensarci, mi infastidiva il fatto che io fossi, in un certo senso, "difettosa" e non potessi usare il mio dono per difendermi in combattimento.
In un corpo a corpo, a quanto pare, al momento dovevo far solo leva sulla mia straordinaria agilità e sulla mia formidabile abilità nelle arti belliche.
Arricciai nuovamente il naso e un altro fiocco di neve cadde, strisciando prima su tutto il vetro sul quale era posato il mio faccino semi-imbronciato mentre ero comodamente seduta sul davanzale che sembrava una sorta di divanetto dato che vi era un piccolo e comodo materassino rosso sotto e vari cuscini sparsi qua e là per renderlo ancora più confortevole.
Questo piccolo angolo di "sofficità" era incastrato tra una parete e l'altra della grande cupola, interamente in vetro, che era la mia stanza rotonda, stanza che si trovava ad una elevata altezza rispetto al giardino innevato sottostante.
L'avevo fatta realizzare appositamente per me.
Amavo stare a contatto con la natura, così come adoravo il fatto di potermi addormentare sotto un cielo stellato o sotto un bel acquazzone che, però, non poteva bagnarmi dato il vetro resistente.
Amavo gli agenti atmosferici e quelli climatici, mi rendevano insolitamente quieta e tranquilla, proprio come le acque di un laghetto prima che esso venga increspato dalla caduta di un sassolino che atterra nel suo fondale.
«A cosa stai pensando, Astraea?» domandò Vanya, la mia migliore amica e la mia dama di compagnia.
Voltai il mio sguardo verso di lei, intenta a posare l'abito che avrei indossato quel mattino sul grande letto al centro della stanza in vetro, mentre mi guardava con il suo solito sorriso dolce.
Aveva gli occhi verdi, che le impreziosivano il suo piccolo volto da diciassettenne stellare, e una cascata di capelli arricciati in grandi boccoli biondo platino, quasi tendenti al bianco. Aveva due labbra perfette e rosse ed un corpo da invidiare.
Vanya era una Semidea.
Le sorrisi a mia volta mentre lei mi guardava con i suoi due grandi occhioni verdi lucenti pieni di tenerezza. Era sempre stata una ragazza estremamente dolce e riservata.
Se non fossimo crescite insieme credo che non sarei mai riuscita ad avvicinarmi a lei e a farla avvicinare, a mia volta, a mio fratello Zaedyn.
Vanya, oltre ad essere la mia migliore amica, era anche la promessa sposa del Principe Eterno di questa Stella Pianeta.
I miei genitori avrebbero preferito che mio fratello scegliesse una ragazza adatta alla sua condizione da essere supremo, tuttavia non hanno potuto fare a meno che loro due si innamorassero dando, infine, ai due giovani la loro benedizione da sovrani del Pianeta sul quale viviamo.
Come si suol dire, non si comanda al cuore.
Se questo batte per qualcuno, qualunque cosa si provi a fare per impedirlo, in esso ci sarà per sempre inciso un solo nome, un nome che ci accompagnerà per tutta la nostra esistenza.
«Guardavo la neve cadere.» risposi a Vanya, dicendole una mezza verità.
Lei alzò un sopracciglio verso l'alto e mi guardò con un sorrisino furbetto. «Quella mi sembrava più la faccia da "perché non ho i miei poteri da Eterna?"» disse ironicamente, per poi scoppiare in una leggera e composta risata che, inevitabilmente, face allargare il mio sorriso.
Mi alzai dal "divanetto" e mi avvicinai a lei e al mio grande letto sistemato a dovere e sul quale era posato l'abito che Vanya aveva scelto per me. Un abito semplice con una gonna a campana e le maniche lunghe e strette proprio come il corpetto a forma di cuore.
Era color argento.
«Non posso proprio nasconderti niente.» dissi, fingendomi seccata mentre il sorrisino sulle labbra mi tradiva.
Lei scosse il capo, divertita. «No, Astraea. Non puoi nascondermi niente, ormai.»
Alzai gli occhi al cielo e agguantai con delicatezza il vestito dalla stoffa morbida in velluto e mi avviai verso la porta del bagno privato che era collegato alla mia stanza. Quello, fortunatamente, non era con le pareti in vetro.
Aprii la bianca porta con i ricami in oro e mi voltai leggermente nella direzione della bella Semidea che mi stava guardando. «Mi preparo e sono subito da te.» dissi.
Lei annuì in risposta ed io entrai nel bagno, chiudendomi la porta alle spalle.
Posai l'abito su una piccola sedia imbottita rossa e feci scivolare lungo le spalle, fino a farle toccare il pavimento in marmo lucido, la vestaglia calda che avevo indossato per la notte, scoprendo interamente il mio corpo, ormai nudo e dalle forme perfette.
Sciolsi i lunghi capelli ondulati e lasciai che essi mi ricaddero lungo la schiena, fino ad arrivare a toccarmi con le punte arrotondate le natiche.
Mi immersi nella grande vasca piena di acqua calda che Vanya mi aveva preparato poco tempo fa e lasciai che quel torpore mi rilassasse i muscoli del corpo, ancora indolenziti per il sonno profondo della notte.
Mi lavai in breve tempo e, quando uscii dalla vasca e mi asciugai adeguatamente, afferrando il favoloso vestito che la Semidea dai capelli biondo platino aveva scelto per me.
Lo indossai.
La stoffa di velluto mi fasciò come un guanto, mettendo in risalto la vita sottile ed elegante, il seno prosperoso, le spalle esili coperte dalle lunghe maniche, e facendo scendere la gonna morbida suoi fianchi sinuosi.
Mi guardai allo specchio quando anche i capelli furono asciugati e le morbide onde dei miei capelli, ridefinite, scendermi come una cascata lungo la schiena.
Essi erano viola pallido, dello stesso colore delle mie iridi violacee, di qualche tonalità più scura, che brillavano come pietre tanzanite sul mio volto dalla carnagione chiara e pallida come la neve.
Le labbra rosee e carnose sorridevano leggermente alla vista del mio riflesso nello specchio.
Mi passai un filo di rossetto rosa sulla labbra e fui pronta.
Uscii dal bagno e mi avviai verso la camera, trovandoci ancora Vanya intenta a sistemare quella stanza dalla circonferenza rotonda, realizzata quasi interamente con il vetro.
Appena mi vide, sorrise leggermente. «Sei pronta?» domandò con il suo solito tono di voce calmo e pacato.
Annuii, pronta a rispondere anche con la mia voce a quella domanda. «Si.»
«Perfetto.» disse. «Sarà meglio se iniziamo ad avvisarci nella sala da pranzo per la colazione.»
Sentii il mio stomaco brontolare in risposta alla parola "colazione". «Credo che sia meglio, altrimenti finirò per mangiarmi le travi in ferro che sorreggono questa stanza.»
Lei rise di gusto a quella mia risposta. «Andiamo allora, mia principessa.» mi porse la mano, giocosamente, come avrebbe fatto un cavaliere alla propria dama ed io mi inchinai, stando al gioco di Vanya.
«Come desidera, mio cavaliere.» dissi con il solito civettuolo che utilizzavano le dame durante le feste che venivano organizzate qui a palazzo.
Misi il mio braccio sotto il suo e, ridendo e scherzando, uscimmo dalla camera, avviandoci a passo spedito nella direzione della sala da pranzo dove avremmo consumato il primo pasto della giornata.
Eravamo intente a chiacchierare del più e del meno quando, ad un tratto, le campane suonarono, facendo riecheggiare la loro melodia in tutto il palazzo, sovrastando e frantumando il silenzio che vi regnava sovrano.
Io e Vanya ci guardammo istantaneamente, comunicando con i nostri soli sguardi.
Sapevamo perfettamente cosa stavano ad indicare i rintocchi delle campane: visitatori in arrivo.
«Pensi anche tu quello a cui penso io?» domandai alla mia amica con un sorrisino furbetto sulle labbra.
Lei ricambiò il mio stesso sorriso, con lo stesso luccichio negli occhi verdi che ero sicura fosse presente anche nelle mie iridi tanzanite. «Sicuramente si!»
«Allora cosa stiamo aspettando?» domandai entusiasta. «Corriamo alla sala del trono!» urlai.
La afferrai per la mano e iniziammo a correre da tutt'altra parte del palazzo, dirette, a passo svelto, al primo piano di quella nuova costruzione imponente dove, la sala del trono, nel quale si tenevano gli incontri degli ospiti appena arrivati, era stata spostata.
Girammo l'angolo e iniziammo a scendere, a due alla volta, la scala a chiocciola che, in certi casi, mi sembrava davvero infinita e mi faceva venire una gran voglia di, aprire le porta finestre della mia stanza e gettarmi dal balcone, atterrando direttamente in giardino, anche se, con molte probabilità, mi sarei sfracellata al suolo.
Non dovevo dimenticare che, in quanto prossima al risveglio da Eterna, io ero ancora un'umana, dunque, in quanto tale, qualunque cosa poteva ferirmi e portarmi a vedere la morte con i miei stessi occhi.
«Rallenta, Astraea!» urlò la mia amica che stavo praticamente trascinando lungo tutte le scale per la mia voglia matta di vedere chi fosse arrivato a palazzo. «Sei troppo esaltata e rischierai di farmi inciampare se non scendiamo questi scalini con più calma!»
Voltai leggermente il capo in modo tale da poterla guardare di sfuggita mentre non prendevo, per nessuna ragione, la semplice idea di rallentare il passo.
La mia curiosità doveva assolutamente essere accontenta.
I suoi capelli biondo platino e boccolosi le svolazzavano dietro la schiena mentre sul suo bel faccino le sue labbra carnose erano leggermente socchiuse per l'affanno.
«Dai, Vanya!» risposi. «Siamo quasi arrivate! Non possiamo entrare nella sala del trono con l'udienza già in corso. Sarebbe da maleducati!»
Lei mi guardò con sguardo implorante. «Ma sarebbe anche scortese da parte tua farmi morire di fatica! Immagina la reazione di Zaedyn, tuo fratello, se vedesse che la sua amata cade agonizzante nella sala solo perché la sua amata sorellina l'ha fatta affaticare troppo.»
Arricciai il naso e sospirai sonoramente. «Resisti su!» le risposi ancora una volta.
Ormai, mancavano solo pochi scalini all'arrivo del primo piano.
Lei sbuffò ma non protestò più.
Sapeva benissimo che, quando mi mettevo in testa una cosa, sarebbe stata impossibile farmela togliere dalla mente.
Poggiai il piede sull'ultimo scalino, costringendo Vanya a starmi ancora dietro e a seguire il mio passo troppo svelto per una semplice creatura divina come la razza Semidea, e, improvvisamente, andai a sbattere contro un corpo solido e dalle spalle ben scolpite.
Rimbalzai mentre lui - perché ero sicura che fosse un lui dato il corpo perfetto e leggermente muscoloso - fu spinto in avanti.
Accidenti!
Mollai la presa su Vanya mentre iniziavo a perdere l'equilibrio ma, prontamente, misi il piede sinistro dietro quello destro, impedendomi di inciampare e di fare una figura ben poco regale.
Rimessa in piedi e scampato il pericolo di una figuraccia a livello colossale, riacciuffai la mia amica e continuai a correre subito lungo il corridoio che mi avrebbe condotta alla sala del trono, mentre superavo il ragazzo con il quale avevo avuto un incontro fin troppo ravvicinato.
«Astraea!» bisbigliò Vanya, stando al mio passo.
Mugugnai in risposta. «Mh!?»
«Non è stato cortese da parte tua non scusarti con quel ragazzo!» mi rimproverò dolcemente. «Non l'hai nemmeno visto in volto: sembra un Dio per quanto è bello!»
Incuriosita da quanto detto dalla mia amica, voltai leggermente il capo in direzione del ragazzo che avevo urtato poco prima.
Il mio cuore parve perdere un battito.
Aveva gli occhi color rosso fuoco, irridescenti e luminosi come un incendio in piena notte che mi stavano scrutando con attenzione mentre lo sorpassavo a tutta velocità. I suoi capelli erano leggermente mossi e sembravano fatti di seta. Il color ebano della sua chioma fluente non faceva altro che risaltare le due pietre rosso rubino incastonate sul suo viso dalla carnagione leggermente abbronzata. Le labbra piene e carnose sembravano una tentazione irresistibile per qualsiasi fanciulla, indipendentemente da quale fosse la sua classe sociale, se Semidea, Divina, Eterna o umana.
Era accompagnato da una ragazza di origine Semidea, con gli occhi giallo ocra e dai lunghi capelli lisci e bianco latte, e da un'altra figura femminile dalla chioma rosso sangue e due diamanti incastonati sul suo volto.
Lei mi stava rivolgendo un sorriso sornione, mentre il ragazzo mi guardava con sguardo cupo, come se avesse appena visto il fantasma di qualcuno che proveniva dal suo passato.
«Hai visto quanto è bello!» ricominciò a dire Vanya quando voltai nuovamente il mio sguardo, intenta a guardare cosa vi era di fronte a me.
Non le risposi.
Avevo ancora in mente lo sguardo fiammeggiante e penetrante di quel ragazzo mentre mi osservava insistentemente.
Potevo ancora sentire i suoi occhi su di me nonostante gli avessi dato le spalle.
Continuai a correre e, quando arrivammo in prossimità delle doppie porte in oro della sala a cui eravamo dirette, due guardie di origine umana, poste ai lati di esse, le aprono, consentendoci il passaggio.
Prima che le superassimo, fecero un inchino e chiusero le pesanti porte alle nostre spalle.
Mi fermai nel vedere mia madre e mio padre seduti entrambi sul trono che gli era stato ceduto dai miei nonni, presenti anche loro in quella stanza.
Mi stavano guardando con uno sguardo caloroso, soprattutto nonna Crysalide. Mio nonno, il precedente Re Fenrys, dimostrava di volermi bene in maniera più pacata. Mi sorrideva dolcemente, ma lo faceva solo quando pensava che io non lo stessi guardando.
Era un tipo strano e abbastanza burbero, soprattutto nei confronti di mia madre.
Evidentemente, tra loro non correva buon sangue nonostante si conoscessero da più di un millennio.
«Astraea» iniziò col dire mia madre, guardandomi con un leggero sorriso. «cosa ci fai qui?»
Mio padre, Re Aedyon, si voltò a guardare la figura dell'Eterna, con cui aveva deciso di passare il resto della sua vita immortale, con un sorriso divertito sulle labbra. «A te cosa sembra, amore mio?» le domandò. «Mi sembra chiaro che sia venuta fin qui per vedere chi fosse appena arrivato a palazzo.»
La Regina alzò al cielo i suoi occhi tempestosi, in perfetta sintonia con la sua folta e lunga chioma color rosa pallido, legata in un'acconciatura elaborata. Io ero la sua copia sputata seppur avessimo delle caratteristiche fisiche che ci contradistinguevano: i colori delle iridi e dei capelli. Per il resto, eravamo praticamente identiche. «Mi domando da chi abbia preso.» disse, ironicamente.
Suo marito, seduto al suo fianco sul trono, alzò un sopracciglio verso l'alto, pronunciando le seguenti parole in tono giocoso: «Credo che la risposta già la sai.»
Da lei, ovviamente.
Mio fratello Zaedyn, sistemato dietro la figura imponente di mio padre, alzò gli occhi al cielo e venne avanti, scendendo quei tre scalini che innalzavano i due troni.
Si avvicinò a noi e prese la mano della sua futura consorte, la mia amica Vanya, baciandole il palmo della mano con le sue labbra carnose e rosee. «Buon giorno, tesoro mio. Dormito bene?» le domandò e lei annuì in risposta.
Vanya arrossì di colpo per il gesto del Principe suo amato e lo guardò con occhi colmi di amore e imbarazzo.
Mio fratello fece lo stesso, ricambiando il suo sguardo con gli stessi sentimenti che leggeva negli occhi della fanciulla Semidea.
Le sue iridi erano azzurre chiare, così chiare da sembrare quasi incolore, mentre, i suoi capelli erano leggermente ricci alle punte e grigi. Credo che fosse un misto tra il colore nero dei capelli di mio padre, con quello bianchissimi di mia zia Sol, zia che, da quando ero nata, non avevo mai conosciuto.
Mia madre l'aveva inviata in missione speciale con un Dio e una Dea, alla disperata ricerca di qualcuno che, in passato, aveva tentato di ucciderla in collaborazione con il fantomatico Dio della distruzione, Mokosh.
Da come me parlava mia madre ogni volta che mi raccontava di tutti gli ostacoli che aveva dovuto affrontare in passato, non potevo fare a meno di disprezzarlo senza che nemmeno lo avessi conosciuto. Per fortuna.
«Andiamo a posizionarci dietro ai nostri genitori, Astraea.» disse Zaedyn con volto corrucciato. Credo che avesse preso la sua antipatia e la difficoltà a dimostrare i propri sentimenti verso gli altri, tranne Vanya ovviamente, da mio nonno Fenrys. «O preferisci rimanere lì mentre gli ospiti avanzano verso l'entrata di questa stanza?» continuò dicendo mentre camminava in direzione dei miei genitori, con Vanya sottobraccio.
Arricciai il naso e gli feci la linguaccia.
A volte lo odiavo quando faceva l'altezzoso.
«Smettila e muoviti.» mi rimproverò lui, percependo il gesto che gli avevo rivolto nonostante non mi stesse guardando.
Sbuffai ed incrociai le braccia al petto. «Arrivo.»
Percorrendo la distanza che mi divideva dal punto in cui mi sarei dovuta situare dietro mia madre, sentii la doppia porta aprirsi, facendo entrare le tre figure che avevo visto, poco prima, nel corridoio.
A mio padre parve calare un velo oscuro sul suo volto non appena vide entrare il ragazzo dagli occhi di fuoco con cui mi ero scontrata.
Gli occhi del ragazzo scrutarono con attenzione tutti i presenti, soffermandosi per più di un secondo sul volto rilassato di mia madre e poi spostandosi al suo fianco, nel punto in cui mi trovavo io, e concentrandosi su di me.
Mi sentii fremere tutto il corpo non appena i nostri occhi si incrociarono, incatenandosi l'uno in quelli dell'altro.
Mi stava scrutando con estrema attenzione e serietà mentre, la donna, dal manto rosso, sogghignava nel guardarci entrambi.
La ragazza dai capelli bianchi e lisci sembrava decisamente confusa nel vedermi ma, subito dopo, sorrise calorosamente, come se tutto le fosse improvvisamente chiaro.
«Non ci aspettavamo di vedervi qui.» iniziò col dire mia madre, seduta sul trono. «Ci sono novità, Vel?»
"Vel", dunque questo era il suo nome e, stando ai racconti di mia madre, lui doveva essere il Dio Veles e, quella alla sua destra, sua sorella, la Dea Devana. Tuttavia, non riuscivo ancora a capire chi fosse la ragazza albina che mi guardava calorosamente con i suoi occhi giallo ocra quasi simili a quelli di mia nonna.
Non sarà che...
Sgranai gli occhi mentre il Dio Veles spostava il suo sguardo da me a mia madre, la sua Regina.
Il suo volto perfetto si incupì ulteriormente. Scosse il capo. «Di Velisy e Zōira nessuna traccia, Hipnôse.» affermò con una voce che sembrò entrarmi dentro ed incidersi nella mia mente. Lui mi guardò di sottecchi, per poi distogliere nuovamente lo sguardo.
Corrucciai la fronte dinanzi a quel suo gesto.
Sembrava come che avesse percepito quale piega avessero preso i miei pensieri su di lui.
Chissà quale fosse il suo potere divino. Al momento non mi veniva in mente.
«Non siamo nemmeno riusciti a trovare lei, la nuova Eterna nata nella Stella Primaverile 5'500.»
Quelle parole sembrarono far calare il silenzio in quella sala, facendo perdere un battito ai nostri cuori per ciò che questo potrebbe significare per l'intera Stella Pianeta Aracieli.
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