.𝟚𝟡. (𝕡𝕒𝕣𝕥𝕖 𝟚/𝟚)

(...continua)

Più guardavo quel trio più mi sembrava che il cuore mi sarebbe esploso nel petto da un momento all'altro.

Se anche le altre due creature avevano anche solo un briciolo della potenza che aveva quello che mi aveva attaccata, ero davvero spacciata e potevo iniziare a dire addio a questo mondo e a tutti coloro a cui tenevo.

Mi si strinse il cuore nel pensare al viso di Vel e al sorriso mozzafiato che mi aveva rivolto più di una volta.

Arrivata a quel punto, ero quasi completamente sicura che non lo avrei mai più rivisto e che il mio amore per lui sarebbe svanita in una nuvola di fumo portata via dal vento.

Le anime oscure mi si avvicinarono in fretta e mentre una mi teneva sollevata, afferrata per la testa, le altre due iniziavano a colpirmi a ripetizione, provocandomi un dolore sordo e sempre più in aumento man mano che accresceva la potenza con il quale si scagliavano contro di me.

Ad un tratto, quando furono stanchi di tempestarmi di pugni, quello che mi aveva tenuta ferma fino a quel momento, mi scagliò contro la parete accanto alla porta principale di quella abitazione misera.

Mi accasciai su me stessa, inerme, ferita, dolorante e senza più forze.

Quasi non riuscivo più nemmeno ad aprire gli occhi per quanto dolore stessi provando, in quel momento, in ogni parte del mio corpo, contemporaneamente.

Mi veniva da piangere.

Potevo quasi sentire il calore delle lacrime iniziare a regalarmi il volto.

Io non volevo morire.

Io volevo vivere.

Io volevo vivere per poter passare anche solo un'altro misero istante tra le braccia dell'unico ragazzo che fosse riuscito a farmi battere il cuore.

"Vel, Vel, Vel...", invocai il suo nome nella mia mente più di una volta.

Volevo che lui mi sentisse, volevo che lui mi raggiungesse, ma sapevo perfettamente che quella era una speranza stupida a cui non avrei dovuto aggrapparmici per nessun motivo al mondo.

Vel non avrebbe mai potuto sentirmi e non sarebbe mai potuto a correre il mio soccorso.

Non sapeva dove io fossi.

Non poteva minimamente immaginare in quale guaio io mi fossi andata a cacciare.

Non poteva sapere che io ero in grave pericolo.

Già mi immaginavo quanto si stesse maledicendo per avermi persa tra la folla.

Mia madre, la sua amata Regina Hipnôse, gli aveva affidato il compito di proteggermi, di difendermi, e lui, in quel momento, non era lì per compiacere la sua signora.

Era lontano, chissà dove, mentre io sarei morta qui e lui non avrebbe potuto fare assolutamente nulla per evitarlo.

Sì sarebbe maledetto a vita.

L'anima Oscura dagli occhi rossi come il sangue mi afferrò nuovamente, portando il mio viso all'altezza del suo, sollevandomi per la gola.

La stava stringendo con una forza tale da farmi credere che, da un momento all'altro, mi avrebbe staccato la testa dal busto con quel semplice movimento.

Alzai leggermente la palpebra dell'occhio destro per poterlo guardare, anche solo per pochi istanti, in volto mentre stavo per morire soffocata.

Il ghigno malvagio sul suo volto rilassato e soddisfatto non lo aveva ancora abbandonato, anzi, credo che fosse rimasto stampato sul suo volto per tutto il tempo in cui le sue amichette mi avevano colpita ripetutamente.

Ma chi era costui?

Come poteva possedere un'anima talmente spregevole da godere della sofferenza altrui?

Che razza di creatura aveva risvegliato Inara?

Lui allargò il suo sorriso. «È incredibile la somiglianza che c'è tra te e tua madre» iniziò col dire. «Quasi mi sembra di avere lei dinanzi a me, mentre la soffoco con le mie mani».

Mi portai le mani sulle sue e cercai di staccarle dal mio esile corpo.

Mi mancava l'aria e i miei polmoni iniziarono a bruciarmi, desiderosi di ricevere l'ossigeno che mi avrebbe consentito di continuare a vivere.

Nonostante ci provassi, non riuscivo a togliermelo di dosso.

Rise del mio scarso tentativo e nel vedermi agonizzante sotto le sue grinfie. «Non sai quante volte è capitato che, al tuo posto, ci fosse la tua adorata mammina. Mi divertivo da matti nel vedere la sua faccia cambiare colore man mano che il tempo passava e l'ossigeno non arrivava i suoi polmoni. Era uno spettacolo demo di essere visto.»

Costui era dotato di una crudeltà inaudita.

Strinsi più forte le mie mani sulle sue e riuscii a fargli allentare leggermente la presa. «Sei... un mostro...» riuscii a dire, boccheggiando.

L'Anima Oscura sembrò compiacersi di quel che avevo detto. «Lo so, lo sono sempre stato.»

Strinse più forte la sua mano intorno al mio collo e il suo braccio libero si tirò indietro, mentre caricava un pugno pronto a colpirmi in pieno viso.

«Preparati a morire, essere indegno di vivere in questo mondo.»

Chiusi gli occhi e cercai di evitare alle lacrime di scendere giù dai miei occhi mentre mi preparavo a ricevere il colpo.

"VEL AIUTAMI!"

Fu in quel preciso istante che la porta al mio fianco si spalancò e, in un lasso di tempo brevissimo, le mani di quella creatura malvagia si dissolsero nel nulla, lasciandomi finalmente il collo scoperto e consentendomi di poter respirare a pieni polmoni.

Due mani forti e gentili mi afferarono prima che io potessi precipitare al suolo e un sonoro tonfo si udì in quella piccola stanza.

Il profumo di terra fertile, che avrei riconosciuto ovunque, mi travolse e cercai di non aprire gli occhi per evitare di trovarmi di fronte ad una allucinazione.

Non poteva essere.

Non poteva essere proprio lui...

Tossii più e più volte e mi massaggiai il collo che era stato per troppo tempo stretto da quel mostro.

«Calmati, piccola» disse quella voce che mi si era impressa nella mente fin dal primo istante in cui l'avevo sentita. «Ci sono io qui con te. Non ti lascerò andare mai più.»

Aprii gli occhi di scatto e, quando mi trovai a incrociare quelli fiammeggianti di Vel, questi mi si riempirono di lacrime, anebbiandomi la vista.

«Vel... sei proprio tu...?» domandai, tirando su con il naso e sentendo le prime lacrime che mi scorrevano lungo le guance.

Vel aveva gli occhi lucidi e mi guardava come se ancora non ci credesse che io fossi tra le sue braccia. Sì portò una mano sul mio viso e, delicatamente, mi asciugò una lacrima con un dito. Deglutì prima di poter parlare. «Si, Astraea. Sono proprio io.»

Senza dargli tempo di aggiungere altro, mi gettai tra le sue braccia e gli circondai il collo con le mie, iniziando a singhiozzare come una bambina.

Lui non perse altro tempo e ricambiò all'istante il mio gesto, stringendomi forte a sé.

Sentii il rimbombo del suo cuore che batteva ad un ritmo folle contro il mio sterno.

«Ho avuto tanta paura, Vel» bisbigliai in un momento di fragilità.

Il Dio della manipolazione si allontanò quanto bastava da me per guardarmi in volto. Mi prese il viso tra le mani e mi accarezzò come se non avesse più possibilità di poterlo fare. «Tu non puoi immaginare quanta paura abbia avuto io di perderti, amore mio...»

"Amore mio..."

Ripresi a piangere a dirotto e mi gettai nuovamente tra le sue braccia incredula per ciò che gli avevo sentito pronunciare.

Quasi non credevo alle mie orecchie.

Doveva essere un sogno.

Non poteva essere altrimenti.

«Che scena commovente: Veles, il Dio della manipolazione innamorato della figlia del suo più grande amore» disse l'Anima Oscura dagli occhi rossi.

Sia io che Vel ci voltammo istantaneamente nel punto esatto in cui, la creatura evocata da Inara, si stava rialzando dal pugno sferrato dal Dio.

Ci guardava con aria di sfida e con quel sorriso puramente malvagio in viso.

Vel sgranò gli occhi, incredulo di vedere ciò che aveva davanti a sé. «Tu sei...»

«È un piacere rivederti, Veles. È passato molto tempo. 1003 anni stellari, o sbaglio?»

Il ragazzo che mi stava tenendo stretta a lui deglutì a fatica. «Mokosh...»

Il mio mondo sembrò andare in mille pezzi.

Riportai lo sguardo su quel mostro che aveva provato ad uccidermi e non potei credere ai miei occhi.

Avevo sempre sentito parlare della malvagità che aveva sempre caratterizzato questo Dio ucciso da mia madre, ma non avrei mai potuto immaginare che un giorno l'avrei provata sulla mia pelle.

Quello che avevo davanti era Mokosh, il terribile Dio della distruzione, risvegliato da un'Eterna in Anima Oscura.

Il mio sguardo corse a cercare Inara, ferma ad un angolo a godersi tutta la scena con sguardo impassibile.

Come aveva potuto anche solo pensare per un istante di risvegliare un mostro del genere?

Cosa le è passato per la mente?

«In persona, piccolo stupido» disse lui. «Non avrei mai creduto che tu potessi perdere la testa per la figlia di quella lurida umana. Non ti è bastata la prima esperienza?»

Vel ringhiò in risposta a ciò che aveva detto il Dio della distruzione. «Taci.»

«Solo da morto.»

«Allora preparati a tornare da dove sei venuto» disse la voce di Xzander alle mie spalle.

Strabuzzai gli occhi nel vederlo lì, in piedi al mio fianco, con la solita aria da sbruffone stampata in viso.

Stava guardando Mokosh con aria di sfida e Mokosh guardava lui come se pregustasse già la sua morte.

Peccato solo che era un Eterno e un Eterno non può essere ucciso.

«E tu chi sei, moccioso?» chiese l'ex Dio della distruzione.

Xzander si tolse uno dei grandi orecchini che aveva indosso e lo guardò mentre lo rigirava tra le sue mani, spavaldo, dopodiché, spostò il suo sguardo su una delle tre creature con un sorriso sbarazzino sul volto perfetto. «Colui che ti rispedirá nuovamente all'inferno, bastardo.»

Quando termino di dire quella frase, Mokosh iniziò subito a scagliarsi contro di lui e Xzander, nel frattempo, trasformò il suo orecchino d'oro in metallo, lo lancio in aria, lo riafferrò e lo lanciò ad una velocità sorprendente in direzione dell'anima oscura dagli occhi rosso sangue.

L'oggetto andò a segno e si conficcò al centro del petto dell'Anima Oscura.

Dalla ferita iniziò a sgorgare una specie di sangue nero come la pece e Mokosh lo guardò, ridendo subito dopo della misera ferita che gli aveva provocato quell'attacco da parte dell'Eterno dal metallo.

«Mokosh, ti fai colpire adesso?» disse l'Anima Oscura senza pupille.

Lui si voltò a guardarla dato che essa era dietro di lui. «Velisy, mia cara, non mi ha fatto nemmeno un graffio» affermò, strappandosi subito via l'orecchio conficcato nella carne dei suo petto. La ferita si rimarginò all'istante e lui la indicò con le mani dopo aver gettato via l'oggetto scagliato da Xzander. «Come vedi, sono intatto.»

Velisy, l'ex Dea delle tenebre che a quanto pare era passata a miglior vita, scosse il capo e roteò gli occhi al cielo. «Eliminiamoli così potremmo finalmente andare a corte e annientare Hipnôse e tutti coloro che hanno osato tradirci.»

Mokosh sorrise soddisfatto nel vedere di essere appoggiato in tutto e per tutto dalla Dea delle tenebre. «Confermo ciò che ho detto qualche minuto fa: mi sei mancata, Velisy.»

L'altra Anima Oscura si fece avanti, guardandomi con la voglia di annientarmi. Ma cosa diamine le avevo fatto? «Basta perdere tempo. Uccidiamoli.»

«Zōira, vuoi avere tu l'onore di far fuori uno di loro?» disse Mokosh, ridendo.

Quest'ultima sorrise. «Voglio Astraea.»

«Lei ho il presentimento che dovremmo dividercela» disse lui. «Magari potremmo farla a pezzi e vedere come la via scivola via dal suo corpo.»

«Stete zitti!» ringhiò Vel, stringendomi ancora più forte a sé. «Non vi permetterò di avvicinarvi a lei!»

Le tre Anime Oscure risero mentre Inara guardava me e Vel con una maschera di ghiaccio in viso.

«Veles, dalla a me» disse la voce famigliare di Helarã, mentre l'Eterna mi teneva le spalle. «Ci penso io a lei.»

I miei occhi incrociarono i suoi azzurro cielo e mi domandai il perché lei fosse lì, insieme ai due ragazzi che erano accorsi in mio soccorso.

Helarã mi sorrise dolcemente, cercando di infondermi coraggio mentre il mio corpo veniva scosso da brividi.

Il Dio della manipolazione, seppur diffidente nei confronti dell'Eterna dei sogni, non poté fare altro che assecondare la sua richiesta e annuire.

Mi guardò per un istante interminabile e mi lasciò un casto bacio in fronte. «Presto ce ne andremo via. Te lo prometto.»

Detto ciò, mi consegnò ad Helarã mentre lui si alzava in piedi, stringendo forte i pugni lungo i fianchi.

«Andrà tutto bene, Astraea disse la ragazza. «Non devi temere niente e nessuno adesso.»

Mi limitai a guardarla ma non dissi nulla, riportando subito dopo lo sguardo su ciò che stava avvenendo dinanzi ai miei occhi.

Lanciai uno sguardo ad Inara e la sorpresi a guardarmi.

Perché lo aveva fatto?

Perché si stava mettendo contro di noi e non faceva assolutamente nulla per fermare quelle creature mostruose?

Possibile che fosse così cieca da non vedere chi fossero i malvagi in tutta questa storia?

Velisy attaccò istantaneamente Xzander che parò subito ogni suo tentativo di coprirlo.

Lui era un Eterno, nessuno avrebbe potuto ucciderlo.

La mia paura era rivolta invece a Vel, impegnato in un combattimento corpo a corpo con l'ex Semidea del fuoco.

Lei tentò di dargli un pugno all'altezza dello stomaco ma, fortunatamente, il Dio della manipolazione riuscì a schivarlo e a colpirla a sua volta con un calcio rotante all'altezza del collo.

Sperai che quella mossa potesse eliminare almeno uno dei tre mostri ma così non fu: non scalfì Zōira che si preparò nuovamente ad attaccarlo.

Intravidi delle fiamme sulla sua mano, stretta a pugno, che teneva ben nascosta dalla vista del suo rivale in combattimento.

La strinse con più forza e si preparò ad attaccarlo con essa.

Mi liberai all'istante dalla presa quasi soffocante di Helarã e tentai di mettermi in piedi in modo da poter evitare che il colpo della Semidea andasse assegno.

Tuttavia, i miei movimenti erano lenti e indecisi.

Non sarei mai riuscita ad arrivare a fermarla in tempo. Ero inutile.

Fu per questo motivo che decisi di urlare il suo nome in modo tale che lui potesse prestare attenzione a ciò che io potevo vedere e lui no. «VEL! ATTENTO!»

Nel preciso istante in cui Zōira tentò di sferrargli il pugno, il Dio della manipolazione indietreggiò, evitando così di essere colpito.

Ma i guai non erano ancora finiti: con la coda dell'occhio, in quel momento esatto, vidi avvicinarsi rapidamente Mokosh a me, pronto a sferrarmi uno dei suoi, di pugni, mentre il suo potere distruttivo emergeva.

Sgranai gli occhi, sorpresa.

Non avrei mai potuto schivarlo, non avrei mai potuto evitare che esso mi colpisse in pieno petto.

Ero troppo lenta, troppo stanca, troppo... Mortale.

Chiusi gli occhi e mi rassegnai al fatto che, almeno, presto sarebbe tutto finito e che non avrei dovuto più soffrire.

Ma, quando notai che, dopo un paio di minuti, non accadeva assolutamente nulla, riaprii gli occhi e il mio cuore parve smettere di battere.

Il mondo intero si fermò e sembrò andare in frantumi.

Il colpo di Mokosh era andato a segno ma qualcuno aveva deciso di pararlo con il suo corpo per evitare che io fossi ferita.

Lo aveva promesso poco fa.

Aveva affermato che ci avrebbe pensato lei a me, che sarebbe andato tutto bene.

Gli occhi dolci di Helarã si riempiono di lacrime mentre mi guardavano e un sorriso amareggiato si distendeva sul suo viso.

Il suo petto era stato trapassato dal pugno distruttivo di Mokosh.

Quando lui lo ritrasse, un foro enorme mi consentiva di vedere oltre lei.

Il sangue colava.

Sembrava l'acqua che scorre da una sorgente limpida.

Si accasciò ai miei piedi.

Non urlavq.

Non emettevq alcun suono.

Il tempo sembrava andare più lento mentre per lei volava via velocemente.

No.

No.

Non poteva essere vero.

Non poteva accadere una cosa del genere.

Non era possibile.

Non poteva essere.

L'Eterna dei sogni crollò sul pavimento logoro e impregnato del suo stesso sangue.

I suoi occhi erano vacui, non emettevano più la luce che mi era solito vedere nelle sue iridi azzurre.

Il suo corpo non si muoveva.

Lei rimane ferma, inerme.

Un guscio vuoto al cui interno non vi era assolutamente nulla.

Mi inginocchiai al suo fianco e con mani tremanti provai ad accarezzare il suo viso divenuto all'istante bianco come un lenzuolo. «Helarã...» bisbigliai.

Nessuna risposta.

Riprovai. «Helarã...»

Helarã non rispondeva.

Helarã aveva gli occhi fissi nel vuoto e il suo cuore non batteva più.

Non lo sentivo.

Guardai la mia amica e, subito dopo, spostai lo sguardo sulla ferita che le era stata procurata. «Helarã, rispondimi, ti prego...»

Non ci fu alcun movimento da parte sua.

Lei era...morta.

Un'Eterna era morta a causa di una creatura richiamata dall'oltretomba.

Voltai il capo e incrociai nuovamente lo sguardo di Inara. La morte di una sua simile non era nemmeno riuscita a scalfirla.

«È questo ciò che vuoi, Inara?» le chiesi.

Piangevo.

I suoi occhi bianchi si fissarono sul corpo inerme di Helarã, morta a causa di una creatura evocata da un'altra Eterna, una creatura in grado di ucciderci tutti. «Questo è ciò che vuoi avete voluto.»

Mi misi in piedi, non curante del grido disperato del mio corpo dolorante.

«VOLUTO COSA?» urlai mentre le lacrime continuavano a cadere incessanti.

Lei non rispose e si limitò a fissarmi.

«Lei era come noi, era come te!» dissi. «Possibile che non ti rendi conto che nessuno voleva ucciderti e che tu hai contribuito ad uccidere un innocente?»

«Nessuno è realmente innocente a questo mondo, principessa. Ognuno di noi vive seguendo il proprio istinto, le proprie regole. C'è del marcio in ognuno di noi, chi più chi meno.»

Il mio collo venne nuovamente circondato dalle mani gradi di Mokosh, posizionato dietro di me.

Puzzava di morte e non potevo credere che l'ultimo odore che potessi sentire fosse proprio quello.

Posai le mie mani sulle sue mentre lui stringeva con forza ed io tentavo di liberarmi dalla sua presa.

«È giunto il momento di morire, Principessa» bisbigliò Mokosh, maligno, al mio orecchio.

Strinse ulteriormente e iniziai ad avere la vista offuscata sia dal pianto che dal dolore.

Scalcia con le gambe per provare a liberarmi ma quella mosso fu del tutto inutile.

Stavo soffocando.

Sentii la voce di Vel che mi chiamava ed io, nonostante avrei tanto voluto farlo, non potevo rispondergli.

Dalla mia bocca uscivano fuori solo dei flebili sussurri e dei lamenti.

«Basta così!» disse Inara e, ad un tratto, sia Mokosh, sia Velisy, sia Zōira sparirono del tutto, proprio come se la terra sotto i nostri piedi gli avesse inghiottiti.

Vel fu subito al mio fianco quando caddi nuovamente sul pavimento, mentre Xzander correva dal corpo privo di vita di Helarã.

Gli occhi fiammeggianti dell'uomo che amavo incontrarono subito i miei quando riuscii ad aprirli del tutto. «Stai bene?» domandò in tono urgente. La preoccupazione nei suoi occhi sgranati era impressionante.

Tossii ed annuii vigorosamente, guardando nuovamente Inara.

«Andatevene» disse lei.

Senza dire nulla, Vel mi prese tra le sue braccia e iniziò a camminare in direzione della porta spalancata.

Cercai di fermarlo dato che avevo urgente bisogno di parlare ancora con l'eterna che evocava le anime dei defunti, ma non ci fu verso di fargli cambiare idea e, in tutta onestà, non ero nemmeno dell'umore di tenergli testa.

I miei occhi erano puntati sull'eterna morta tra le braccia di Xzander, il cui volto era una maschera inespressiva in cui potevo intuire il suo stato d'animo cupo solo grazie alla mascella contratta fino all'inverosimile.

Il ragazzo le aveva chiuso gli occhi spalancati e sentii nuovamente le lacrime fare capolino nei miei occhi.

Avevo il cuore in frantumi.

L'Eterna dal manto arancio era morta e tutti i suoi sogni erano stati distrutti con il semplice schioccare delle dita.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top