.𝟙𝟡.

Una volta uscita fuori dalla mia nuova camera, la prima cosa che feci fu di dirigermi a passo spedito verso l'uscita/entrata principale del Palazzo Reale.

Sentivo la necessità di prendere una bella boccata d'aria fresca, nonostante non mi fossi presa un soprabito che mi coprisse dalle temperature ancora leggermente fredde di fine Stella Invernale.

Al diavolo l'aria congelata, volevo starmene un po' per conto mio e non vedo cosa ci fosse di così sbagliato nel passare un po' di tempo in mezzo alla natura, da sola.

Sperai solo che non ci fosse più Alto Cielo ad occupare tutto il perimetro di quel maestoso spazio verde e che mia madre avesse sistemato tutto il caos che esso ha fatto, atterrando.

Lasciai che gli uomini di guardia al grande ingresso mi aprissero le doppie e pesanti porte in legno e, dopo che il passaggio fu finalmente aperto, uscii fuori dal castello e mi immersi nella natura incontaminata che era interamente ricoperta da un candido manto bianco a causa degli ultimi fiocchi di neve che quel periodo prevedeva.

In men che non si dica, venni investita da un vento gelido che rischiò di congelarmi persino le mie fragili ossa ancora umane.

Di Alto Cielo non vi era più alcuna traccia.

Chissà dove è stato sistemato.

Forse, aveva ripreso il suo volo.

Arricciai il naso e le labbra. Ancora non capivo come quel palazzo così imponente fosse riuscita a passare completamente inosservato su nel cielo e come avesse fatto a volare per tutti questi millenni senza precipitare.

Ero quasi convinta che questo sarebbe stato un mistero che non avrebbe mai avuto la sua soluzione.

Provai a camminare per un po' lungo il grande viale che, durante la Stella Primaverile, si riempiva di fiori e verdi piante rigogliose.

Chissà, magari sei riuscita a riscaldarmi un po' se mi muovevo e non rimanevo ferma, impalata in un unico posto.

Peccato solo che non riuscii comunque a riscaldarmi nonostante il mio corpo in movimento.

Stavo ancora congelando.

Mi strinsi le braccia al petto e iniziai a sfregarmi la pelle fredda con le mani, in modo tale che potessi riscaldarmi anche solo minimamente le braccia.

Volevo fare un dispetto al bel Dio della manipolazione, tuttavia, rischiavo di ammalarmi seriamente.

Forse sarebbe stata la cosa più saggia da fare se tornavo nuovamente dentro le mura del palazzo, al caldo e al riparo da temperature così basse per i miei standard di sopportazione.

Sbuffai al pensiero di dover apparire come una "brava bambina", che rispettava tutto ciò che le veniva detto, gli occhi di Veles. Tuttavia, non volevo rimanere in giardino un minuto in più.

Se la mia intenzione era ancora quella di farlo impazzire per l'incarico che aveva scelto di prendersi sulle spalle, avrei sicuramente trovato un altro modo per farlo.

Mi voltai nuovamente in direzione delle doppie porte, con l'intenzione di rientrare a palazzo, quando, ad un tratto, sentii delle voci non molto lontane dal punto in cui mi trovavo in quel preciso istante.

Sembravano le risate di un gruppo di ragazze intente a conversare del più e del meno.

Guardai nella direzione in cui si trovava un piccolo vialetto, collegato a quello principale in cui mi trovavo io, e mi ritrovai a domandarmi a chi appartenessero quelle voci.

Non mi sembravano familiari.

Chissà a chi appartenevano.

Mossa come al solito dalla mia irrefrenabile curiosità, iniziai a percorrere quel vialetto e, dopo un lungo percorso, arrivai dinanzi ad una piccola parte di quel giardino maestoso che aveva il prato verde, ricoperto da una distesa bianca di neve, e l'unico altro elemento vegetale che vi era presente era un salice piangente con delle foglie di una tonalità tendente quasi al blu avio.

Su di esso non vi era traccia di fiocchi di neve e il colore delle sue foglie spiccava notevolmente in mezzo a tutto quel bianco che ci circondava, ormai da un anno stellare.

Ad un tratto, da esso vidi sbucare fuori e spiccare il volo un grosso rapace simile ad un'aquila bianca che, una volta arrivata a mezz'aria, si tramuta, in men che non si dica, in un enorme Zanna Leone dalla chioma bianca, pronto ad attaccare la figura snella ed elegante di una ragazza dai lunghi capelli blu cobalto.

Ma quella ragazza era...

Quest'ultima si parò le mani davanti al petto e, allungando le braccia e mostrando i palmi ben aperti al Zanna Leone, lo fece immobilizzare.

La creatura dalla criniera Bianca rimase ferma a pochi centimetri di distanza dall'Eterna che, se non ricordavo male, rispondeva al nome di Brisey.

Quest'ultima, anche se mi stava dando le spalle, sorrise. Lo percepii nel momento in cui disse le seguenti parole: «C'hai provato, Deka, ma, come al tuo solito, hai fallito nell'intento di sorprendermi.»

Ma che diamine...

«Astraea» mi chiamò la voce femminile della ragazza che, ormai, avevo imparato a riconoscere.

Mi voltai nella direzione in cui sentii pronunciare la sua voce e immediatamente incrociai lo sguardo dolce e vigile dell'Eterna dai capelli color arancio acceso.

«Helarã.»

Era seduta su una roccia e stava giocherellando con un fiorellino violetto mentre assisteva al combattimento che si stava disputando dinanzi ai suoi occhi.

Mi sorrise dolcemente, gesto che era solita fare ogni qualvolta che i nostri cammini si incrociavano, anche se spesso i nostri incontri erano avvenuti solo ed esclusivamente nei miei sogni.

Iniziai a credere che il suo dono da Eterna fosse appunto quello di poter entrare nei sogni altrui e di poter interagire con chiunque stesse sognando o dormendo in quel momento.

Lei non me l'aveva mai detto esplicitamente, tuttavia, c'ero arrivata da sola ed ero quasi sicura che la mia supposizione fosse del tutto esatta.

Anche perché, questo spiegherebbe il motivo per il quale lei non si stava allenando con le sue sorelle e ne rimaneva in disparte.

«Che bello vederti qui, Principessa. Qual buon vento ti ha condotto da noi?» mi domandò con la sua vocetta dolce e soave. «Non mi sarei mai aspettata che tu ci raggiungessi in questo piccolo posticino incantevole.»

Mi soffermai per un breve istante a guardare il Zanna Leone e l'Eterna Brisey, dopodiché mi rivoltai nuovamente a guardare l'Eterna che mi aveva rivolto la parola. «Ho sentito delle risate in giardino e non sono riuscita a resistere alla tentazione di venire a dare un'occhiata» ammisi. «Non ho riconosciute voci e volevo sapere chi ci fosse in questo angolo di giardino.»

Il grosso Zanna Leone era ancora sospeso a mezz'aria ed immobilizzato da non so quale potere dell'Eterna che aveva provato ad attaccare durante quel tentativo di imitare un combattimento vero e proprio. «Pensavo che, quando vostra madre ci aveva detto che potevamo tranquillamente vagabondare per il palazzo, non ci fosse alcuna restrizione che riguardasse il giardino» disse stizzita l'animale mentre, poco alla volta, riprendeva a muoversi.

Brisey interruppe il flusso del suo potere immobilizzante e le consentì di riprendere a muoversi tranquillamente. Prima, però, sì guardò bene dal spostarsi dalla traiettoria di quel grosso felino dal manto dorato, la criniera bianca e gli occhi azzurri come il cielo limpido.

Non appena a quest'ultimo fu nuovamente consentito il movimento, atterrò sull'erba ricoperta dalla neve e, in men che non si dica, si ritrasformò, assumendo nuovamente le sue sembianze umane.

La Zanna Leone altro non era che l'Eterna dai capelli bianchi che somigliava così tanto a Helarã.

Tutte e tre sembravano la copia perfetta l'una dell'altra.

Corrucciai la fronte per il tono di voce che Deka aveva usato con la sottoscritta. «Infatti non vi sono limiti a dove voi potete andare a ficcanasare e, tuttavia, sono venuta qui semplicemente perché ero curiosa di sapere chi ci fosse a quest'ora del mattino e con queste basse temperature.»

Helarã mi si avvicinò, alzandosi dal masso sul quale era seduta, sentendo il mio tono di voce, leggermente irritato, quando parlai con l'Eterna. «Deka, a volte, non ha mezze misure e diciamo che è molto diretta quando si tratta di dire quello che pensa» disse.

Arricciai il naso e guardai nuovamente l'Eterna in grado di trasformarsi in un animale. «Avevo notato...» borbottai.

Lei, in tutta risposta, mi guardò con aria scettica e con un sopracciglio ben piantato in alto. Incrociò le braccia al petto e, quando parlò, si rivolse a Helarã. «Nella vita bisogna pur essere schietti e tentare di non tenersi nulla per sé, mia cara sorella.»

«Sorella?» domandai, strabuzzando gli occhi e fissando Helarã con un misto di sorpresa e incredulità.

Effettivamente, mi era sembrato strano che tutte e tre si assomigliassero in maniera così palese e lampante, tuttavia, non avrei mai creduto che fossero sorelle, anche perché non era concepibile che nascessero tre Eterne nella stessa famiglia.

A meno che...

Gli occhi di Helarã sorrisero, imitando il movimento delle sue labbra e illuminandole il volto con la luce dei suoi occhioni azzurro cielo. «Mi sembrava fosse chiaro come la luce del sole che noi tre fossimo sorelle gemelle, Astraea. Non ti eri mai accorta della nostra notevole somiglianza?»

«Evidentemente no, Helarã» rispose sbuffando la Mutaforma dal manto bianco.

Ignorare completamente il suo commento pungente e, continuando a guardare fisso Helarã, la mia bocca si aprì per il stupore. Subito dopo, feci vagare il mio sguardo su tutte e tre le ragazze eterne. I colori dei loro capelli era nettamente diverso, tuttavia, gli occhi e i lineamenti del viso erano gli stessi. «G-g-emelle?» ripetei, quasi balbettando. «Ma come può essere...?»

Brisey mi fissò come se fossi appena uscita fuori da una cella psichiatrica e avessi il disperato bisogno di ritornarci. «Come può essere possibile, cosa? Che siamo tre Eterne gemelle nate nello stesso anno di Stella 2'500?»

Annuii con convinzione. «Esatto. Non pensavo che fosse possibile far risvegliare ben tre Eterne nello stesso identico anno» affermai. «Tutto ciò mi sembra un po'... ehm... come dire? Strano ed inspiegabile. Mia madre ha sempre sostenuto che, durante l'anno '500, solo un Eterno è in grado di divenire un essere più potente delle divinità.»

«Bhe, tua madre, se è per questo, non sa neanche che da due Eterni non sempre nascono...» iniziò col dire Deka prima che la sorella viaggiatrice del tempo la interrompesse, facendole lasciare la frase in sospeso e, di conseguenza, lasciando la mia curiosità insoddisfatta.

«Deka!» la ammonì la sorella dalla chioma blu cobalto. «Smettila di parlare a sproposito e tieni chiusa quella bocca!»

La Metamorfa alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente. «Ora ti concedi anche il lusso di dirmi quando devo stare zitta e quando devo parlare, sorella?»

L'Eterna del tempo la fulminò con lo sguardo. «Si, se tu ti fai scappare informazioni che non vanno in alcun modo rivelate.»

«Ragazze, smettetela...» intervenne Helarã, con il suo solito tono pacato, cercando di mettere pace tra le sue due sorelle.

Brisey si portò una mano alla testa e la scosse leggermente. «Helarã, sai benissimo che ciò che ho detto corrisponde alla verità. Se Hemera, la nostra vera Regina, venisse a scoprire che ci siamo lasciate scappare un'informazione di così vitale importanza, cosa credi che ci succederebbe?»

Ora basta.

Stavano parlando tra di loro come se io non fossi presente e tutto ciò mi infastidiva parecchio.

«Di quale informazione state parlando?» chiesi.

Deka mi guardò con uno sguardo cupo e, allo stesso tempo, serio. «Del fatto che tu sei...»

Brisey alzò la mano, l'aprì mostrando il palmo alla figura della sorella e, quest'ultima, come d'incanto, si immobilizzò.

Ma che diamine stava succedendo?

Guardai Brisey con occhi sgranati mentre lei metteva a tacere con la forza Deka. «Cosa le hai fatto?»

«Ho semplicemente bloccato il tempo intorno a lei» rispose.

La fissa per quello che mi parve un secondo infinito. «Come, scusa?»

Helarã si mise a ridere mentre sul volto di Brisey comparve un leggero accenno di sorriso che non era neanche minimamente simile a quello di sua sorella. «Lei è l'Eterna in grado di vedere passato, presente e futuro ogni qualvolta lo desideri. Vive nel tempo ed è dotata del dono di bloccarlo e riavviarlo a suo piacimento» mi spiegò.

«Ho fatto la stessa ed identica cosa anche quando sei arrivata qui che ci stavamo allenando.»

Oh...

Un potere decisamente molto interessante.

Chissà se anch'io avrei avuto un potere altrettanto magnifico e strepitoso come il suo.

«ASTRAEA!!!» sentii la voce, di qualcuno che conoscevo fin troppo bene, chiamarmi.

Immediatamente, il mio corpo reagì come se fosse un automa: mi voltai di scatto nella direzione in cui avevo sentito provenire il suono della voce armonica di Vel.

In men che non si dica, il suo volto comparve nel mio campo visivo e i nostri sguardi si incrociarono, facendomi sussultare.

Un lampo di sollievo brillò nei suoi occhi fiammeggianti mentre si portava le mani alle ginocchia flesse in modo tale che potesse reggersi ad esse.

Aveva il fiato corto, chiaro segno che avesse corso lungo il largo solo per potermi ritrovare dopo aver scoperto, con molto dispiacere, che avevo disubbidito al suo ordine, uscendo fuori dalla mia camera senza il suo consenso.

«Finalmente ti ho trovata...» disse ancora con il fiatone. Chissà quanto aveva corso solo per trovarmi. «Ti ho cercata dappertutto...»

Accidenti...

Deglutii per mandare giù la saliva che sentivo essermi fermata in gola. «Ti avevo avvisato che non sarebbe stato facile badare a me...»

Lui assottigliò lo sguardo, soprattutto quando mi vide in compagnia delle Eterne che erano scese da Alto Cielo.

Ovviamente, di tutto si aspettava for che io mi trovassi proprio con il "nemico".

Tuttavia, quando il suo sguardo passo oltre alle tre ragazze per guardare il punto esatto del giardino in cui ci trovavamo, il suo volto si rabbuiò all'istante, come se qualcuno avesse spento di colpo la luce che era in grado di emanare con il suo sorriso o con i suoi occhi sempre attenti e, in fin dei conti, vivaci.

Puntò questi ultimi sul grande salice piangente che era alle nostre spalle e iniziai a sentire un certo disagio, misto al terrore che avvertivo sulla mia pelle nonostante non fossi io ad avere paura.

Stavo nuovamente scendendo le emozioni che provava il dio della manipolazione.

Lui parve completamente concentrato su quell'albero ed io mi ritrovai a chiedermi il perché lo stesse guardando così tanto intensamente al punto di far sparire tutto il mondo ai suoi occhi.

Ruotai leggermente il capo per guardare l'albero e, ai miei occhi, sembrava un comunissimo e banalissimo salice piangente. L'unica cosa che magari poteva differenziarlo dagli altri, era il colore sgargiante delle sue foglie blu avio.

Solitamente erano di un verde molto scuro.

Oltre a questo, non riuscivo a capire quale fosse la particolarità di quell'albero che avesse così tanto turbato il giovane Dio.

Brisey, che stava puntando il suo sguardo sul ragazzo di origine divina, gli rivolse un sorriso malevolo. «Deve averlo scoperto» disse.

Deka, che finalmente non era più sotto il controllo del potere della sorella dominatrice del tempo, sì affianco ad essa e sorrise a Vel con la stessa malvagità di quella accanto. «La loro Dea deve aver avuto una visione al riguardo. Non ci sono dubbi.»

Helarã incontrò per un breve momento il mio sguardo, dopodiché, lo distanze, guardando le sue mani strette in grembo. Capivo dal modo in cui le torturava che era decisamente nervosa e che non provava neanche minima parte ciò che stavano provando le altre tue sorelle.

Lei non disse nulla.

Nella mia testa continuava a porsi sempre la stessa domanda: di che diamine stavano parlando?

Spostai nuovamente il mio sguardo su Vel e, quando lo feci, feci appena in tempo a vedere che lui ni veniva incontro, marciando a passo spedito.

Mi circondò l'avambraccio con una sua grande, e fin troppo calda, mano e iniziò a trascinarmi via da quel posto come se quest'ultimo fosse maledetto da chissà quale profezia.

«Vel, fermati!» cercai di dire mentre pensavo con tutte le mie forze di evitare che lui mi trascinasse fino l'entrata del palazzo.

«Dobbiamo andare via di qui, Astraea. Non protestare come tuo solito e dammi ascolto per una buona volta» disse in tono autoritario mentre mi dava le spalle.

Non potevo vederlo in volto, tuttavia, avrei giurato che sul suo sguardo ci fosse un'espressione seria e cupa.

Ormai, avevo imparato a conoscere ogni suo aspetto e ogni reazione che poteva avere il suo corpo.

Eravamo già abbastanza distanti dal punto in cui si trovavano le tre Eterne di Alto Cielo, quando piantai bene i piedi sul ghiaccio e tirai con forza il mio braccio, in modo tale che potessi liberarmi dalla sua presa quasi opprimente.

Fortunatamente, il mio misero piano ebbe successo e la sua mano forte non era ancora stretta intorno al mio avambraccio.

Lui si voltò all'istante a guardarmi con un'aria furente.

Tentò di riacciuffarmi, ma io mi tirai indietro, evitandolo.

Quando parlò, il suo tono di voce sembrava decisamente molto basso e minaccioso e sembrava quasi un ringhio animale. «Astraea, fa come ti dico e vieni via con me.»

Posai le mani suoi miei fianchi. «Non ho detto che non verrò insieme a te, vorrei soltanto poter camminare liberamente con i miei piedi senza essere trascinata dalla tua forza bruta fino alla nostra stanza.»

Vel sospirò sonoramente e chiuse gli occhi mentre si passava una mano tra i capelli color ebano, così neri da sembrare talmente simili alle ali di un grande corvo nero.

Mi sembrava stremato, distrutto.

Lasciai che le mie braccia ricadessero lungo i fianchi e mi avvicinai leggermente a lui, posando una mia mano sulla sua.

Quasi sobbalzamo entrambi quando la nostra pelle entrò in contatto con quella dell'altro.

Reazione dovuta alle diverse temperatura del nostro corpo, oppure c'era qualcos'altro sotto che potesse spiegare tutto ciò?

Le sue palpebre si sollevarono all'istante, rivelando un paio di iridi rosso fuoco che mi fissavano con attenzione e con... preoccupazione?

Deglutii a fatica sotto quel suo sguardo che riusciva sempre a scatenare dentro di me emozioni molto contrastanti tra di loro. Decisi di ignorarle per potermi concentrare su di lui e non su ciò che sentivo per lui. «Cosa è successo, Vel? Perché, in questo momento, sto leggendo della preoccupazione nei tuoi occhi? A cosa è dovuta?» chiesi con calma e pazienza.

Lui non rispose e si limitò a spostare il suo sguardo su qualcos'altro che non fossero il mio viso e i miei occhi.

A quel punto, vedendo ciò che aveva fatto pur di evitare il mio sguardo, mi spostai, sistemandomi davanti a lui nuovamente. «È colpa mia? Ti sei preoccupato nel non vedermi in camera, non è così?» continuai a ricaricare la dose.

Avevo bisogno di scoprire il perché fosse talmente agitato e in pensiero.

Non mi rispose nemmeno quella volta.

Strinsi con più forza la mia mano sulla sue e gliela accarezzai. «Mi dispiace...» ammisi quasi sottovoce, guardando il modo in cui la mia mano toccava delicatamente la sua. «Non volevo farti stare in pensiero, tuttavia, non c'è nulla da temere. Sono qui, di fronte a te e nessuno potrebbe portarmi via.»

Mi sentivo in colpa, nonostante tutto.

Terribilmente in colpa.

Vel continuava a non rispondere alle mie domande e, solo quando decisi che era meglio annullare qualunque contatto fisico si fosse instaurato tra di noi, ecco che lui, inspiegabilmente e senza alcun preavviso, mi attira a sé e mi stringe talmente tanto forte tra le sue braccia da farmi quasi mancare il respiro.

Sgranai gli occhi mentre il mio viso si posava sul suo petto, nel punto esatto in cui sentivo il suo cuore battere all'impazzata, battere quasi allo stesso ritmo frenetico del mio, in quel momento.

Il calore del suo corpo mi avvolse interamente ed il suo profumo di lenzuola fresche e pulite, miste all'odore di terra fertile, mi invase le narici, innebriandomi.

Lo sciame di farfalle pazze si risvegliò di colpo, iniziando a svolazzare nel mio stomaco.

«Astraea...» pronunciò il mio nome quasi come se fosse una benedizione ed una maledizione allo stesso tempo. «Sono convinto che tu sarai il motivo della mia pazzia...»

Un brivido mi percorse il corpo teso da cima a fondo, partendo dalla punta dei miei capelli violacei fino ad arrivare alle dita dei piedi.

I miei occhi, come se fosse davvero possibile, sgranati o ulteriormente e potevo giurare che le mie pupille fossero completamente dilatate e che rendessero addirittura invisibili le mie iridi violacee.

Sentendo il mio corpo vibrare al suono delle sue parole, Vel mi strinse ancora più forte a sé, annullando anche il minimo spazio che c'era tra i nostri due corpi che aderivano meravigliosamente l'uno a quello dell'altra.

Sentivo il mio cuore arrivare a livelli inverosimili di battiti al secondo e i miei muscoli doloranti per l'attenzione che sentivo a crescere dentro di me.

Avevo paura che tutto ciò non fosse reale, che prima o poi mi serve svegliata mi sarebbe nuovamente ritrovata da sola con un cumulo di frammenti di cuore spezzato.

Veles, il Dio della manipolazione, non poteva davvero avermi detto una cosa del genere e le mie orecchie avevano, senza ombra di dubbio, sbagliato nell'udire il suo messaggio.

Sicuramente non era quello ciò che mi aveva pronunciato con la voce ovattata a causa del suo viso tra i miei lunghi e folti capelli.

Ciò che avevo sentito doveva essere frutto della mia fervida immaginazione e il mio disperato desiderio di sentirmi dire frasi del genere, di sentirmi indispensabile per lui e per la sua vita.

Chiusi gli occhi di scatto e, facendomi forza, tentai di liberarmi dalla sua presa in modo da spezzare quell'incantesimo che mi avrebbe solo fatto del male, recandomi ulteriori ferite nell'animo. Tuttavia, quando provai a sciogliere quell'abbraccio, Vel me lo impedì e mi strinse ancora più saldamente a sé, mettendo una mano sulla base della mia schiena e una sulla mia nuca.

Sembrava disperato, bisognoso anche lui, proprio come me, di quel contatto fisico che si era venuto a creare tra di noi.

«Non voglio perderti, Astraea» bisbigliò al mio orecchio sinistro. «Non voglio che ti accada nulla che possa portarti lontana da me...»

Il mio cuore fece una capriola, anzi, più di una, mentre le parassite nel mio stomaco continuavano a svolazzare imperterrite.

A quel punto, lasciai che i muscoli del mio corpo si rilassassero e finalmente ricambiai l'abbraccio che mi stava dando Vel, avvinghiandomi a lui e chiudendo gli occhi.

Per una volta, volevo credere che tutto ciò fosse reale e che per lui contassi davvero qualcosa di più.

Per una volta, volevo inebriarmi della sensazione di essere stretta tra le sue braccia e di non essere soltanto la figlia del l'unica donna che avesse mai amato.

«Non mi accadrà mai nulla se tu sarai con me, Vel.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top