Capitolo 8 - Un disastro

«Adesso possiamo parlarne, no?» mi domanda Sun sottovoce, sedendosi al tavolo della mensa.

Mi accomodo di fronte a lei, che mi guarda con occhi pieni di curiosità. «Non c'è molto da dire». Mi sembra di essere sotto esame, tanto da farmi scrutare i dintorni in cerca di sguardi giudicanti. Avevo smesso di farlo da anni.

«Stai scherzando?» Sun attira i miei occhi nei suoi. «Ieri mi hai detto del fattaccio e poi sei fuggita a lezione di danza, per telefono non hai voluto dirmi niente e stamattina eri in ritardo. Cioè, non voglio dire che sei costretta a farlo. Però, ecco...» Si stringe nelle spalle e guarda la sua insalata. Neanch'io mangiavo così poco quando ero fissata con la linea.

Prendo la forchetta e smuovo le crocchette di pollo nel piatto. «Non mi sento costretta. È solo che non c'è niente da dire. Quando sono uscita con...» Socchiudo le palpebre per ricordarmi il nome di quel ragazzo, ma niente. Mi torna in mente solo il fatto che ha chiamato "bambina" la sua auto. «Ti ricordi quando ti ho detto che sono stata di nuovo al festival?»

«Ah, sì. Ma non eri uscita con quello di Scienze Umane? Credo fosse... Ryan? Ricordo bene?»

Ricorda meglio di me.

«Sì, esatto, quello lì. Insomma, mentre eravamo al festival è comparso tu-sai-chi e ha deciso di rovinare il mio appuntamento. Poi mi ha seguita fino al parcheggio e mi ha baciata». Il cuore incalza i battiti se ripenso a quel momento. Cuore traditore.

Sun spalanca gli occhi. «Ti ha baciata così, dal niente?»

«Beh, non proprio dal niente. Prima abbiamo parlato un po'». Butto fuori un lungo sospiro. «Insomma, mi ha baciata ed è successo anche un'altra volta» confesso, le guance formicolano.

«Di nuovo?!» esclama, subito si tappa la bocca. È arrossita, non so se a causa dell'urletto oppure per quello che le ho confessato.

Prendo un pezzo di pollo e ne mordo metà. «Sì, beh... Potremmo aver deciso che ogni tanto possiamo darci qualche bacio, se ci va».

Sun è immobile con gli occhi strabuzzati e le mani ancora sulla bocca. Sbatte più volte le palpebre prima di abbassare le braccia. «E questo tu lo definisci "nulla da dire"?» Inarca un sopracciglio, sarcastica.

Alzo le spalle. «Sono solo baci». Che è quello che mi ripeto da giorni.

«Magari per qualcun altro, ma non per te. Hai baciato qualche ragazzo con cui sei uscita lo scorso anno, però solo dopo il secondo o il terzo appuntamento. Se hai scelto di fare questa cosa con lui ci sarà un motivo». Immerge la forchetta nell'insalata e ne porta un po' alla bocca.

«Ho già ammesso che mi piace, vuoi altre motivazioni?» parlo a bassa voce, lanciando uno sguardo ai dintorni. Mi pare di aver visto alcuni membri dei Royal uscire nell'area aperta della mensa. Oltre le vetrate vedo diverse persone sedute ai tavoli, ma sono molto lontane per decifrarne i volti.

«Questo mi sembra più di un semplice "piacere". Hai sempre messo in secondo piano l'approccio fisico. Oppure non vi baciate soltanto?»

Cavolo, mi conosce troppo bene... Da una parte è stressante perché mi mette a disagio essere vista con tanta chiarezza, dall'altra ne sono immensamente felice perché rivela quanto lei tenga a me. Non ti preoccupi di memorizzare gli aspetti di un'altra persona se non t'interessa conoscerla.

«Lui insiste per sapere qualcosa di me prima che ognuno vada per la propria strada. Anche lui mi dice qualcosa di sé». Mangio dell'altro pollo per tenermi impegnata con la masticazione.

Sun adesso non è soltanto stupita, ha un calore negli occhi come se fosse contenta. «Vuole conoscerti».

Un sussulto nel petto mi fa quasi affogare mentre ingoio. Mando giù un po' di acqua. «No che non vuole conoscermi. Si diverte a punzecchiarmi».

«Vuole conoscerti eccome, Aki! E vuole che tu conosca lui. Altrimenti perché cercare una conversazione se fosse solo interessato ai baci?»

Il viso va a fuoco, il cuore mi salta in gola. «Non può essere. Lui gioca soltanto con le ragazze». È una cosa che non posso dimenticare, mai. Non posso permettermi di abbassare le difese.

Sun sposta i capelli rosa su una spalla, facendoli ricadere sul petto. «Per questo è giusto che tu sia cauta, però penso che non dovresti ignorare i segnali. Un ragazzo che ti vuole solo per il tuo corpo mira a quello e basta, non perde tempo a farsi raccontare qualcosa e a raccontarsi».

«Il punto non è questo. È che...»

Calo lo sguardo sul mio piatto. Finora non mi è mai piaciuto davvero qualcuno. Ho trovato interessanti dei ragazzi, ma la curiosità è durata poco. Harper ha la capacità di catturare sempre la mia attenzione, persino quando non è nei paraggi. Imparare cose in più di lui, come il fatto che ama il verde ed è stato operato di appendicite, non fanno che aumentare la voglia di sapere di più.

E non posso permettermi di far evolvere l'attrazione che sento. Quelli come lui sono esattamente i ragazzi da cui devo stare alla larga.

Dovrei stare alla larga.

Sussulto sentendomi toccare la mano posata sul tavolo. Sollevo lo sguardo, Sun mi sta fissando con espressione dolce. «Qualsiasi cosa riterrai giusto fare, io sarò dalla tua parte. Lo sai, no?»

Il petto si riempie di calore, gli occhi mi bruciano e li sbatto più volte. «Certo. Ma parliamo di King e di quello che sta succedendo fra voi in questi giorni. Ti scuserò di non venire alla festa della Crown domani sera solo se ti deciderai a invitarlo a venire con te a quella tua festa di quartiere».

Sun ritira la mano e s'irrigidisce, il volto le va a fuoco.

Mi rendo conto che a volte credo di essere ancora sola, l'istinto di tenermi tutto dentro è sempre vigile. Ma oggi ho avuto l'ennesima conferma: non lo sono più.

«Ehi, Davis».

Volto il capo a sinistra, Kevin si è fermato al mio fianco. «Ciao». Alla sua destra c'è un ragazzo biondo che mi fissa con un sorrisino allusivo. Che Kevin sia un altro di quelli che s'inventano cose su di me pur di non dire che fra noi non c'è stato nulla? Beh, c'è stato un bacio, ma non lo considererei neanche tale.

«Possiamo unirci a voi?» Solleva il vassoio per farmi notare che entrambi stanno cercando posto per mangiare.

Osservo Sun, che si è irrigidita come un tronco, e torno a guardare lui. «Scusami, ma stavamo parlando di un argomento importante. Più in là ci sono dei posti».

Kevin solleva le sopracciglia. «Sì, certo. Non c'è problema. Allora ci... Aspetta». Si china su di me, che indietreggio d'istinto, e afferra qualcosa dalla mia schiena. «Una foglia». Me la mostra con un sorriso e la butta a terra. «Ci sentiamo, okay? Noi andiamo a cercare un posto. Buon pranzo a entrambe». Si allontana insieme all'amico.

«Potevi farli sedere con noi, se volevi» mormora Sun, attirando i miei occhi su di sé. Si stringe un po' nelle spalle nonostante le sue parole. È chiaro che ha problemi con i ragazzi, a parte King e quel deficiente di Dante. È stato furbo ad avvicinarla sfruttando la sua passione per i libri illustrati. Forse mi sbaglio ed è davvero interessato a lei, ma non abbasserò la guardia.

Agito la destra vicino al viso. «Non era necessario. È un ragazzo carino e forse dovrei richiamarlo sul serio, ma...»

«Adesso c'è qualcun altro nella tua testa». Mi sorride un po' maliziosa.

Già. E se conto che gli ho promesso di non baciare nessun altro, come lo spiego a Kevin se dovessimo uscire ancora?

No, la verità è che non sono interessata neanche un po' a vedere qualcun altro. E questo è un male. Un disastro.

«Allora, la festa di domani?» le domando, cambiando discorso.

Sun scuote il capo. «Voglio... Voglio provare a invitarlo». Il viso si colora d'imbarazzo, gli occhi verdi brillano luminosi.

Mi concentro su di lei e abbandono i miei pensieri. Ho bisogno di una pausa, prima che mi esploda la testa.


***


Indosso i guanti per proteggere le mani, calo la T-shirt blu sul petto e sistemo la maschera che mi copre dal naso in su. «Ma quanto sono figo così?» constato l'evidenza, guardandomi nel piccolo specchio fra gli armadietti dello spogliatoio.

Anche se Elián è alle mie spalle, sono certo che abbia alzato gli occhi al cielo. «Se non la smetti di dirlo, la prossima volta vengo qui da solo».

Mi volto verso di lui, che sta tirando su i bermuda che ha sostituito ai jeans. «Credevo non ti sarebbe più andato di combattere ora che fra te e White le cose vanno meglio».

I suoi occhi grigi mi trafiggono. «Non c'entra nulla».

«Ah, no? Ero certo che venissi qui per sfogare la situazione fra voi». Anche se mi dicesse il contrario, non cambierei idea. Non capisco perché si ostina a tenerla lontana e sono anche un po' incazzato perché non me ne parla mai. Mi racconta altre cose, ma della sua ex-amica mai niente.

Elián inserisce i vestiti che ha tolto nel borsone nero e sistema le scarpe sotto la panca chiara. È così ordinato da farmi paura, a volte. «Non parlare di lei. Parlami di qualsiasi altra cosa, tutte le stronzate che vuoi, ma non nominarla».

Stringo i pugni, gliene vorrei tirare uno in faccia. «Sai che puoi dirmi tutto, quante volte devo ripetertelo? Pensi che lo andrei a raccontare a qualcuno? Che deriderei te o lei?»

«Devi solo provarci a deridere lei...» sibila, voltandosi verso di me. Mi fissa come se volesse dilaniarmi. Passa una mano dietro il collo, smuovendo i capelli neri. Sospira. «Mi dispiace. Parlare di lei mi...» Fissa la maschera nera che rigira fra le mani. Sospira ancora. «Non posso dirti niente. Niente di più di quello che hai capito». Copre naso e occhi e lega i lacci dietro la testa. «Per quale motivo hai deciso di raggiungermi? O meglio, come ti sta facendo impazzire adesso Davis?»

Sollevo gli occhi al soffitto bianco, ma sposto subito lo sguardo verso i due bagni per non essere accecato dai LED. «È tutto un casino. E più la vedo e più è un casino. Le ho detto che non deve baciare più nessun altro, a parte me».

Nonostante la maschera, riesco a intuire che Elián inarca un sopracciglio. «Marchi il territorio? È un po' complicato se siete solo... come hai detto? Baciamici?» Gli sfugge uno sbuffo divertito.

Ora sono io che lo trafiggo con lo sguardo. «È una cosa senza impegno».

«Però marchi il territorio».

Stringo i denti e i pugni. «Sì, cazzo! L'ho vista spesso con ragazzi diversi, il solo pensiero che prima di baciare me ha baciato un altro... Un bacio a tre, ma immensamente disgustoso».

I baci a tre in cui sono stato coinvolto erano tutti sexy: io, due belle ragazze e le nostre lingue. Un po' contorto, ma aveva il suo perché, soprattutto perché nel mentre ci spogliavamo e palpavamo. Ma sapere Davis fra le braccia di un ragazzo e poi con me mi fa imbestialire. O bacia me o bacia un altro, cazzo!

Elián si avvia verso l'uscita dello spogliatoio. «E quindi hai marcato la sua bocca, perché che il resto appartenga ad altri non ti dà per nulla fastidio, immagino» si prende gioco di me schiudendo l'uscio.

«Oggi sei davvero simpatico. Come un gatto che mi artiglia i coglioni».

Lui ride, io no. Quello che ha detto mi fa imbestialire ancora di più del discorso dei baci e lui lo sa. Non ho mai fatto una cosa del genere. Scelgo una ragazza, ci passo la notte mettendo in chiaro che non ci sarà altro e poi vado avanti. Questo è ciò di cui ho bisogno, però a quanto pare non serve a nulla ripetermelo di continuo. Davis non vuole darmi nulla di più di qualche bacio e sono disposto a prendermi quel che mi offre, visto quanto mi fa girare la testa.

Ma perché da me scappa e dagli altri no? Che cazzo le ho fatto?

«Buona fortuna, mio re».

Sollevo lo sguardo, Tai è appoggiata alla parete del corridoio deserto che stiamo percorrendo. I lunghi capelli scuri cadono sulle spalle e ai lati dei seni generosi, indossa una camicetta rossa sbottonata fino a metà petto e un paio di shorts striminziti sfilacciati. È bella, l'ho detto subito, ma la trovo inquietante. È sempre fra i piedi, spunta ovunque. Ovunque ci sia Elián.

Il mio amico le rivolge uno sguardo e prosegue senza dirle una parola. Si sarà rotto le palle, lo capisco bene.

«Perché non le dici di lasciarti in pace?» mormoro quando siamo abbastanza lontani. Le due porte che ci separano dall'arena non bastano per attutire le grida energiche al di là.

«L'ho fatto. Non ascolta». Elián schiude il passaggio, subito il vociare degli spettatori c'investe.

Sul ring rialzato ci sono due tipi che non ho mai visto, oggi dev'essere la giornata dei nuovi. Scruto le prime file alla ricerca del pelato. Eccolo lì, sta parlando con Rutter e Tiger. Posso solo sperare che saranno loro i nostri avversari, ho bisogno di menare le mani e anche forte.

Il pubblico costretto in piedi esulta come dopo una meta, sul tappeto il tipo dalla pelle scura senza maglia ha atterrato il rivale con la divisa bianca da karate.

Elián mi fa cenno con il capo verso il pelato e si avvicina per dirmi: «Forse quei due sono nostri stasera».

Batto il pugno destro contro il palmo sinistro, l'adrenalina comincia a scorrermi sottopelle. «Vuoi fare un doppio?» grido un po' per farmi sentire.

Alza le spalle. «È uguale. Insieme o da soli, voglio solo salire là sopra».

La volta scorsa abbiamo combattuto da singoli e questa volta dovremmo farlo in coppia, ma penso che salirò da solo. Sì, voglio il mio nemico tutto per me.

«Porco cane, ragazzi, siete pronti?» ci chiede Lenny, accarezzandosi la pelata. Cala lo sguardo sugli appunti che regge con la destra. «Allora, Rutter e Tiger contro B. ed E. Come volete procedere?»

«Singoli» dico subito, fissando i ragazzi di fronte a me. Sono entrambi ben piazzati, i muscoli sodi si vedono anche attraverso le canotte nere.

«Singoli» ripete Elián, dandomi manforte.

«In coppia» dice Rutter, puntando gli occhi scuri su di noi.

«Coppia» si unisce Tiger, portando i lunghi capelli biondi indietro per legarli.

Lanny annuisce più volte con fare isterico. «Sapete come funziona in caso di disaccordo».

Muovo un passo in avanti, Rutter fa lo stesso verso di me. Contiamo insieme da tre a zero agitando un pugno nell'aria e buttiamo giù la mano fra noi: il mio sasso batte le sue forbici. Grande!

«Bene. Scontri singoli. Chi va con chi?»

Di nuovo giochiamo alla morra cinese: la sua carta vince il mio sasso. Merda...

Rutter si consulta con Tiger, che pronuncia: «Io mi prendo il biondino». Incrocia le braccia al petto e mi rivolge un sorriso di superiorità, la pelle abbronzata s'increspa ai lati della bocca.

«Okay, okay». Lenny segna i nomi sui suoi fogli. «Siete i prossimi. Ultima morra cinese».

Agito il pugno destro, Rutter fa lo stesso e mostriamo le mani: le mie forbici vincono contro la sua carta. Vai così!

«B. e Tiger siete i primi. Potete salire» dice il pelato, accennando al ring. Neanche mi ero accorto che i partecipanti di prima avessero concluso.

Tiger si dirige subito verso il tappeto, afferra le corde e salta su. Lo seguo, ma vengo afferrato per un braccio. «Cosa?» domando, incrociando lo sguardo di Elián.

«Non fare lo stupido, quello lì picchia forte. Ha i polpacci deboli e scopre spesso il fianco destro. Non perderti in chiacchiere». Fissa Tiger come se lo stesse minacciando.

Sorrido. Non credevo saremmo diventati così amici, né credevo che mi sarei trovato in sintonia con un tipo così diverso da me. Ma che importa come siamo fatti se chi hai di fronte si preoccupa per te?

Gli do una pacca sulla spalla. «Tranquillo. Gioco un po' e poi lo faccio fuori».

Elián assottiglia gli occhi chiari in un'espressione infastidita. «È proprio quello che ti ho detto di non fare».

Alzo le spalle e mi dirigo verso il ring. Oltrepasso le corde, prendo dalla tasca il paradenti e lo sistemo in bocca. Tiger sta saltellando nel suo angolo, la coda bionda rimbalza su schiena e spalle nude – la sua maglia è a terra.

Passo il pollice sul labbro inferiore. Ho notato anch'io che ha un gioco di gambe rigido e che scopre il fianco, un paio di settimane fa si è beccato un bel gancio sotto le costole che l'ha quasi steso. Però non voglio concludere in fretta. Altrimenti, perché diavolo sarei venuto?

Mi avvicino al centro del tappeto, Tiger fa lo stesso. Lenny ci raggiunge con il microfono stretto nella destra. «Allora, le regole per questo incontro le sapete ma le ripeto per gli spettatori: niente colpi alla testa o sul volto, niente colpi alle palle e niente azioni pericolose». Il pubblico protesta con una serie di buuh. «Voglio un gioco pulito, ragazzi. Se uscite dal ring, siete fuori; se fate un azione scorretta, siete fuori; e, ovviamente, se andate al tappeto e ci restate per dieci secondi, siete fuori. Cominciate». Esce subito dal quadrato, accompagnato dalle grida d'incitamento.

A schiena dritta, mi muovo lungo il perimetro; Tiger fa lo stesso in senso inverso, curvo su se stesso e i pugni stretti davanti al petto. Sorride compiaciuto. Forse crede che avere più esperienza di me su questo tappeto gli garantirà la vittoria. Ma oggi sono particolarmente nervoso – lo sono da diversi giorni, in realtà – e non mi farò battere.

Tiger si lancia contro di me. M'incurvo, schivo il suo pugno, sbatto il polso contro il suo braccio teso e con un gesto veloce aggancio la mia caviglia alla sua per tirarla verso di me. Il mio avversario perde l'equilibrio, ma riesce a non cadere. Il pubblico batte le mani mentre mi sposto all'angolo opposto del ring.

Inizio a saltellare, picchiettando la lingua sul paradenti. Mi torna alla mente quella cazzo di scena di stamattina. Il capitano della squadra di baseball che si avvicina a Davis, si china su di lei e dalla posizione in cui ero sembrava proprio un cazzo di bacio. Ma non può essere. Mi ha promesso che avrebbe baciato solo me, no?

Tiger mostra i denti, schiariti dalla protezione trasparente, e si lancia ancora contro di me. Schivo il colpo diretto allo stomaco, ma mi accorgo troppo tardi che era solo una finta e le sue nocche sbattono contro il mio fianco sinistro. Gli afferro il polso e mi porto dietro di lui per girargli il braccio ma Tiger mi dà una tallonata, che riesce a prendermi di striscio lo stinco grazie al balzo indietro che faccio all'ultimo istante.

Di nuovo libero, il mio avversario si gira verso di me e mi dà un calcio, mirando a un ginocchio. Mi sposto di lato e ricambio il calcio, riuscendo a colpirlo alla coscia. Tiger accusa il colpo e fa un passo indietro. Faccio lo stesso, stringendo i denti per non lamentarmi della botta al fianco. Picchia forte eccome. Per fortuna un dolore del genere può essere scambiato per un inconveniente inevitabile del rugby. Con tutti i giocatori che mi placcano, sono più che abituato a fitte del genere.

Tiger mi studia restando a distanza. Riprendiamo a percorrere il perimetro.

Non conosco molto Davis, ma qualcosa mi dice che non promette invano. E mi sento uno stupido solo a pensarlo. Dovrei diffidare di chiunque, soprattutto delle donne. Però lei...

Passo una mano fra i capelli, frustrato. Quello sembrava proprio un cazzo di bacio, maledizione!

Mi lancio contro Tiger, che mi accoglie con un pugno pronto. Lo evito ruotando il busto e punto ancora ai suoi stinchi, colpendolo di lato per non fargli troppo male pur ottenendo quello che voglio. Tiger si sbilancia, lo spingo con una spallata e riesco ad atterrarlo.

Mi butto sopra di lui, ma riesce a sbalzarmi quasi subito. Ora è Tiger sopra di me. Prova a farmi girare per bloccarmi di faccia contro il tappeto. Calo con forza un pugno sul suo ginocchio e ci cambiamo di nuovo di posto. Riesco a salirgli sulla schiena, ma non senza evitare una gomitata alle costole che mi fa sputare fuori tutta l'aria. Non gli permetto di disarcionarmi, anche se si agita come un forsennato. Stringendo i denti per il dolore al fianco e alle costole, gli piego un braccio dietro la schiena e gli spingo la testa al suolo.

«Uno!» urla Lenny, avvicinandosi.

Non dovrei incazzarmi così tanto se bacia un altro. Non c'è impegno fra noi e non avrei neanche dovuto imporle di baciare solo me. Ma l'ho fatto, perché più la conosco e più sento un istinto omicida che non avevo mai provato al solo pensiero che un altro ragazzo le si avvicini.

Il patto, devo ricordarmelo. Ho giurato di mantenerlo dall'istante in cui ho convinto i miei genitori ad accettare le proposte che avevano ricevuto a Adelaide. E sono stato maledettamente bravo a rispettarlo.

Finora.

«Otto!» grida Lenny insieme al pubblico.

Tiger prova a sbalzarmi con tutte le sue forze e per poco non ci riesce, facendomi staccare un ginocchio dal tappeto. Ma mi riprendo subito e lo incollo al suolo con tutte le forze.

«Dieci! B. è il vincitore!»

Gli spettatori esultano, ma non me ne frega niente. Non m'importa neanche dei soldi che ho appena vinto.

Ignoro Lenny che mi attende al suo fianco per sollevare il mio braccio e fare un po' di scena, mi drizzo in piedi e scendo dal ring.

«Torno subito» dico a Elián passandogli accanto. Non voglio che pensi che lo sto abbandonando prima del suo incontro, ma devo fare una cosa urgente.

Esco dall'arena e mi fiondo nello spogliatoio. Apro il mio armadietto, tiro fuori il borsone e prendo il cellulare. Seleziono la chat di Davis e scrivo.


Ci vediamo fra un'oretta?


Dopo l'incontro di Elián devo farmi una doccia, grondo sudore ovunque, non voglio presentarmi così da lei. Sarà ora di cena, potremmo andare a mangiare da qualche parte. Anche qualcosa al volo, se non ha voglia di sedersi al tavolo.

Però con il lanciatore ha avuto un appuntamento in piena regola, è solo con me che non vuole uscire.

Che problemi ha?

Mi rendo conto di star aspettando la sua risposta nonostante abbia detto a Elián che lo avrei raggiunto subito. Lei potrebbe essere chissà dove, alle sue lezioni di danza o con White, e avere il cellulare lontano. Potrei stare qui per ore prima che mi risponda, è davvero questo che voglio?

Il che mi rimbomba in testa è un maledetto bastardo.

Spalanco gli occhi osservando la scritta "in linea" sotto il suo nome e poi i puntini che indicano una risposta in arrivo.


Non posso, sono impegnata


Impegnata con chi?

Digrigno i denti. No, non va bene. Devo risolvere questa situazione, prima che diventi un vero disastro.


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