Capitolo 4 - I - Stronzate

Passo le mani sul viso, stando attenta a non rovinare il trucco sugli occhi. Uso un sacco di carta igienica per pulirmi, cambio l'assorbente e mi drizzo in piedi per tirare su i jeans. Il primo giorno di ciclo è sempre una tortura medievale. E ovviamente non può arrivarmi in orari decenti come alle persone normali. No. I crampi devono scavarmi il ventre in mezzo alla lezione di Restauro. Almeno è sempre stato preciso ed ero preparata ad accoglierlo.

Esco dal box, mi lavo le mani e abbandono il bagno.

«Secondo te, quanti se n'è fatti?» Una voce che conosco arriva dall'altro corridoio, ma non riesco ad associare un volto.

«Tutti. È risaputo che si porta a letto tutti i ragazzi con cui esce». Questa è Ruby e sono quasi certa di sapere di chi stanno parlando. Rallento il passo.

«Ieri ho sentito Lawrence parlare con un amico» dice una terza voce. «Dice che con lei non è andata e che alla fine si è portato a casa una che ha conosciuto al Festival».

«Quindi non è vero che va a letto con tutti?» domanda la prima, l'incredulità nella sua voce è così marcata che pare stia parlando dell'avvento di un miracolo.

Mi fermo all'angolo e piego un po' il capo. Ruby e altre due biondine come lei stanno fumando vicino a una finestra. Questo corridoio è poco frequentato, se qualcuno le vedesse e le denunciasse farebbero ciao ciao alle cheerleader.

Ruby sputa fuori il fumo. «Certo che ci va. Forse Lawrence è una palla a letto, lei si è scocciata e lui si è trovato un'altra. Quella lì è un cumulo di malattie veneree. È fortunata perché adesso c'è la cura all'AIDS».

Le amiche non replicano subito. A farsi coraggio è quella di destra. «Perché la odi tanto?» Questa è la voce che ho sentito dopo quella di Ruby.

«Perché è una troia. È una tale ninfomane che si fa anche quelli fidanzati». Prende un ultimo tiro e butta la cicca dalla finestra.

«È uscita con uno fidanzato? Devo essermelo perso» replica la prima voce.

«Te lo sei perso perché non è mai successo» intervengo, camminando verso di loro. Le due bionde sobbalzano, Ruby si volta verso di me con sguardo assassino. «Anzi, per la precisione, un ragazzo fidanzato mi ha chiesto di uscire in quarto superiore, io pensavo che fosse single, non mi aveva detto di stare con nessuna, e ho accettato. Alla fine della scuola, quando mi ha raggiunta all'uscita per andare da qualche parte, è venuto fuori che era fidanzato. La sua ragazza è corsa da me, mi ha dato della puttana e mi ha mollato un ceffone. Non è vero, Ruby?» La fisso, incrociando le braccia al petto.

Sbuffa. «Racconti sempre le solite stronzate. Vance non ti avrebbe mai chiesto di uscire, sei stata tu a insistere. Lo volevi, l'hai sedotto e costretto a dirti di sì».

«Oh, l'ho costretto? Wow, che grande forza di volontà il tuo Vance! Costretto a uscire con una ragazza... Che mondo crudele».

«Fai poco la spiritosa!» Fa un passo minaccioso verso di me e mi punta l'indice contro. «Tu sapevi che stava con me!»

«Ma se non ti conoscevo neanche».

«Mi conoscevi eccome! Tutti mi conoscevano! Ero capo cheerleader anche al liceo».

Inarco un sopracciglio. «E allora? Cosa vuoi che m'importi della tifoseria? Potevo aver sentito il tuo nome, questo sì, ma non conoscevo di certo la storia della tua vita. Sei talmente egocentrica da credere che il mondo giri intorno a te».

Il suo volto diventa paonazzo. «E tu sei così troia da farti anche i ragazzi fidanzati».

Alzo gli occhi al cielo. «Ancora...»

«Quelli con cui esci non fanno altro che parlare di quanto sei puttana a letto. Pratiche sadomaso, con due o tre uomini per volta e gridi come un'oca». Sorride boriosa, certa che le sue parole mi abbiano ferita.

Ma a me non frega proprio nulla delle dicerie.

«Qui l'unica oca che starnazza come se avesse una scopa nel culo sei tu, miss narcisista. Fatti una ragione del fatto che il tuo ex ti tradiva e semmai prenditela con lui – che ti ha anche rifilato una scusa becera, non so neanche come hai fatto a crederci, forse sei così certa di non essere seconda a nessuno che gli hai creduto senza il minimo sforzo. Ne ho le ovaie piene delle tue frecciate e degli scherzi del cazzo nel mio armadietto. Se la tua vita è noiosa non è colpa mia, comprati un serpente tigre, fareste una bella coppia velenosa».

Ruby mi salta addosso. Colta alla sprovvista, non faccio in tempo a spostarmi e mi afferra i capelli, li tira tanto forte da farmi urlare. Le stringo il braccio e imprimo le unghie finché non allenta la presa, lamentandosi per il dolore.

«Sei una troia!»

«Lasciami andare, stronza!»

«Che sta succedendo?» irrompe una voce maschile.

Qualcuno si avvicina, ma non riesco a vedere chi a causa del capo piegato. Il ragazzo riesce ad allontanare Ruby da me e si mette fra noi. Massaggio la cute vicino all'orecchio sinistro, cercando di ricacciare le lacrime che mi stanno bruciando gli occhi.

«Non t'intromettere!» urla Ruby.

Sollevo il capo, di fronte a me c'è un ragazzo alto con le spalle larghe, capelli neri corti e la pelle molto scura.

«Che diavolo di problemi hai? Perché le stavi facendo del male?» Ha la voce calda, seppur non molto profonda.

Ruby sbuffa. «Chi ti dice che non è stata lei a farne a me?»

«Eri tu quella che le stava tirando i capelli».

«Grazie, ma non ho bisogno di un cavalier servente» dico, affiancando il ragazzo. Fisso Ruby. «Azzardati un'altra volta anche solo ad avvicinarti a me e pareggerò la tua faccia con il carattere di merda che ti ritrovi». Maledetta, maledettissima stronza! Non credevo sarebbe arrivata a tanto, mi ha fatto un male cane. Stronza!

Ruby fa un passo avanti come se volesse saltarmi ancora addosso, ma le sue amiche la fermano stringendole le braccia. «Andiamo. La pausa è finita» mormora la bionda a destra. Nello stesso istante suona la campanella.

La Stronza mi fissa con odio, sbuffa sembrando un toro impazzito e se ne va senza aspettare le altre. Mentre mi passa accanto sussurra un «troia». Deve essersi abbonata a quella parola.

«Tutto bene?» mi chiede il ragazzo.

Massaggio ancora la cute, che formicola. Come se non fossi già dolorante di mio. «Non posso lamentarmi».

«Tipa dal carattere focoso, quella lì». Sorride, i denti bianchi spiccano sulle labbra carnose. È un ragazzo di colore molto bello e con un particolare che si vede di rado: gli occhi verdi.

«Per essere precisi, è una grande stronza». E sono stata buona con le parole, meglio non spaventare il mio alleato.

Ridacchia. «Sono Kevin Brooks». Mi porge la destra.

Gli stringo la mano. «Akielah Davis».

«Dimmi, Akielah, ti piace il baseball?» chiede, ritirando la destra.

Inclino il capo, confusa dalla strana domanda. «In realtà, non sono una grande fan dello sport. Non di questo tipo, almeno».

«E di quale tipo?»

Sebbene le mie parole sott'intendessero la danza, mi viene in mente il rugby. Non ci vado matta, ma... «Sono una ballerina».

Solleva le sopracciglia scure. «Oh, fantastico. Io, invece, gioco a baseball, purtroppo. È un vero peccato che non ti piaccia. Guadagno qualche punto se ti dico che sono il capitano della squadra del Kensington?»

Riesce a farmi sorridere. «Non che m'interessino molto le squadre del campus, ma essere il capitano è notevole. Sei uno che s'impegna, o non ti avrebbero eletto».

«Puoi dirlo forte. Sono uno tenace». Ammicca.

Prima di quella serata al festival mi ero ripromessa di non uscire più con nessuno se con Ryan fosse andata male, ma dopo quel bacio... quel maledetto bacio... ho bisogno di distrarmi.

Il baseball potrebbe diventare uno dei miei sport preferiti.



«Non mi hai detto niente di questo appuntamento. Chi è il fortunato di oggi?» mi domanda Sun, fermandosi sul viale che conduce al parcheggio.

«Kevin. Niente di che, ma è carino». Scruto i dintorni, spero che Harper sia anni luce da qui. Non voglio incontrarlo, sto facendo il possibile per impedire che accada.

«Oh, capisco. Il famosissimo Kevin» dice sarcastica.

Scoppio a ridere. «È il capitano della squadra di baseball. Scusa, dimentico che non conosci le squadre del campus fatta eccezione per i Royal. Tu, invece, cosa devi fare? Sei stata molto vaga». È vero che mi sono isolata un po' dopo lo spiacevole incontro con Ruby, ma mi è parsa molto taciturna e lei di rado lo è. Molto di rado.

Sun stringe la bretella della borsa. «Ecco... sono impegnata». Corrugo la fronte, lei sospira. «Vado al campo».

Le mie sopracciglia schizzano verso l'attaccatura dei capelli. «Ah, ti sei decisa. Credevo non ci saresti andata più. Ormai è una settimana».

«Sì, beh...» Alza le spalle. «Ho deciso di mettere un punto».

«Non ho capito... Vuoi mettere un punto, ma vai al campo?» D'istinto mi massaggio la cute, mi fa ancora male. Quella stronza!

Annuisce. «Poi ti dico. Adesso è meglio se vado, prima che il tremolio alle gambe mi faccia cambiare idea». Forza un sorriso a denti stretti, ma è chiaro che è molto agitata.

Una sensazione calda mi avvolge il petto. «Sei adorabile, lo sai? A volte vorrei essere come te». Accenno un sorriso, avvertendo un po' di malinconia. Essere forte è sempre stata l'unica opzione che ho avuto per sopravvivere, ma a volte vorrei vivere con il cuore come fa lei, anche se potrebbe voler dire soffrire molto.

Sun sobbalza. «Stai scherzando? Non esiste che tu voglia essere come me! Io voglio essere come te!» ribatte con foga.

Inarco un sopracciglio. «Sboccata, vanitosa e antipatica con tutti? Dubito di essere un modello da seguire. Ho anche una pessima memoria e i miei voti fanno piangere. Tu sei dolce, forte e intelligente. E quel King è un coglione, te lo ripeto. Lo prenderei a schiaffi se non rischiassi di rompere le unghie».

Sun arrossisce, è davvero adorabile. «È vero che sei sboccata, vanitosa e antipatica con gli altri, ma sei anche altruista con chi ritieni che meriti la tua stima, sei divertente, bellissima e una leader nata. Credo che ci sarebbero molte più persone che vorrebbero essere come te piuttosto che assomigliare a me».

Schiocco la lingua, contrariata. Certo, come no. Infatti il risultato del mio bellissimo modo di essere è che lei è la mia unica amica.

«Ho capito che c'è qualcosa che ti tormenta in questi giorni e sappi che non ti giudicherò né farò qualsiasi cosa che possa metterti a disagio. Perciò, quando vorrai parlare, io sono qui». Mi fissa decisa, gli occhi verdi risplendono di sincerità.

Non riesco a replicare, il cuore ha iniziato a battere così forte da scaldarmi il viso. Guardo altrove per impedire che mi osservi in volto. Lei non sa... non ha la più pallida idea di quanto le sue parole siano importanti per me. Per tanto tempo mi sono sentita fuori luogo, lei invece mi accetta come se non vedesse i miei difetti. Lei vede me e basta. E mi vuole tanto bene da accorgersi quando qualcosa non va. Prima di lei, mia madre era l'unica a farlo.

Senza pensare oltre, l'abbraccio e la stringo forte a me. Siamo alte uguali, quando non porto i tacchi, ma lei è più magra, cosa che a volte mi preoccupa. Vorrei poterla aiutare, farmi carico dei suoi problemi e vederla felice. È il mio Raggio di sole, non permetterò a nessuno di farle del male. A costo di trasformarmi in un demonio.

«Ora andiamo» dico sciogliendo l'abbraccio. «Karl mi starà aspettando dove abbiamo appuntamento».

Inarca un sopracciglio. «Non era Kevin?»

«Karl, Kevin... è lo stesso». Agito una mano per enfatizzare. È già tanto che mi sono ricordata una volta come si chiama. «Ci sentiamo per telefono, Raggio di sole».

«Divertiti al tuo appuntamento». Mi saluta agitando la destra.

Ricambio e m'incammino verso il parcheggio dove mamma mi ha lasciato l'auto. Dobbiamo assolutamente prenderne un'altra per evitare di scambiarci questa di continuo quando serve a me o a lei. Il lavoro ai chioschi non mi permetterà di comprarne una nuova di zecca, ma non importa. Va benissimo una usata, purché cammini.

Kevin – oh, wow, l'ho ricordato ancora! – mi ha dato appuntamento al Crazy little ranch sulla Wakefield. Non vado matta per la carne alla griglia – anche perché la maggior parte di quella rossa non va d'accordo con l'intolleranza al lattosio –, ma non ci sono mai stata e mi piace scoprire posti nuovi. Soprattutto, continuo a essere stupita della reazione neutra che ha avuto quando gli ho detto che lo avrei raggiunto con la mia auto. Quasi tutti mi hanno guardato come fossi aliena, di certo avranno pensato che me la tiro.

Parcheggio non molto lontano dal pub. Kevin mi sta aspettando davanti alle porte in legno. Credo mi abbia notata subito, il suo sguardo è fisso su di me.

«Bel posticino» dico, rivolgendo un'occhiata agli esterni in legno. Il locale è situato all'interno di un palazzo di una decina di piani, davanti all'ingresso c'è un tendone rosso che prende quasi tutto il marciapiede in larghezza.

«Devi vederlo dentro. Sembra di essere a un rodeo. Ci sono persino delle corna di toro appese ai muri, ma mi hanno detto che sono finte. Solo scena». Apre una delle due porte massicce e attende che passi per prima. Uhm, un cavaliere. Mi tocca sul vivo.

Entro in un grande stanzone pieno di tavoli tondi, sulla destra c'è un lungo bancone per chi vuole mangiare una cosa al volo sugli sgabelli. Ed è vero, ci sono le corna di toro ai muri, alternate a quadri di animali, targhe di auto e vinili. L'odore di carne arrosto per fortuna non è forte.

«Dove preferisci sederti?» mi domanda.

«Vicino a una finestra, s'è possibile». Sono quasi tutte aperte verso l'alto per far circolare l'aria, preferisco un po' di ossigeno pulito tenendo conto che il locale è già mezzo pieno e siamo di poco in anticipo per l'ora di cena.

Kevin mi fa strada verso sinistra. Veniamo raggiunti da una cameriera mora: lui le dice che vogliamo stare vicino a una finestra e la ragazza ci accompagna proprio verso il tavolo dove ci stavamo dirigendo. Lascia due menu e va via.

Ci sediamo l'uno di fronte all'altra. Do un'occhiata ai piatti, per fortuna c'è un po' di tutto.

«Allora», quelli strani occhi verdi mi scrutano, «da quand'è che quella ragazza ce l'ha con te?»

«Da un po'. È convinta di sapere meglio di me chi sono e quando una persona è così convinta di qualcosa, meglio lasciarla nel suo brodo». Fisso il menu: prenderò un sandwich al pollo e un'insalata.

«Non mi pare persa nel suo brodo, visto quello che è successo oggi».

Punto gli occhi nei suoi. «È stata la prima volta che ha avuto una reazione del genere». A parte lo schiaffo che mi ha dato in quarto superiore.

«Quindi dici che è stato un errore?»

Sbuffo. «Oh, no. Voleva farmi male, questo è certo».

Corruga la fronte, contrariato. «Non è affatto normale. Dev'essere successo qualcosa di davvero brutto fra voi».

Il ritorno della cameriera mi salva dal dover rispondere a un discorso a cui non ho voglia di pensare. Ordiniamo, lui prende dell'acqua e io una bionda piccola.

«Il tuo coach ti vieta di bere anche solo un po'?» domando, dopo che la ragazza si è allontanata.

Ridacchia. «Certo. La regola vale per tutti gli sportivi, ma in genere si tende a chiudere un occhio, questo sì. Io però preferisco evitare».

Inarco un sopracciglio. «Non reggi l'alcol?»

«Lo reggo, ma durante il campionato evito».

Poggio i gomiti sul tavolo, avvicinandomi un po' a lui. «Mi stai dicendo che sei un bravo ragazzo ligio alle regole?»

Sorride, ha un bel sorriso, genuino. «Le rispetto abbastanza. È un problema?»

«Uhm, no. Sarei curiosa di sapere quando reputi giusto non rispettarle. Ti aggrapperai a un buon motivo».

Anche lui posa i gomiti sul tavolo, avvicinandosi. «Posso raccontarti dell'ultima volta in cui ho trasgredito. Questa mattina, quando ti ho chiesto di uscire».

Sollevo le sopracciglia, stupita. «Chiedere un appuntamento è trasgredire?»

«Nel periodo di campionato sì. Me lo sono ripromesso dal primo anno. Le ragazze sono una bella distrazione. In tre anni di college questo mi ha permesso di essere più concentrato».

«E come mai hai deciso di infrangere la regola?»

Mi risponde, lo percepisco, ma non lo sento. I miei occhi si sono incollati al gruppo di ragazzi che è appena entrato. Sono in cinque, tutti con il giubbotto rosso e la scritta "Royal" ad altezza scapole. Un ragazzo biondo con i capelli ricci corti spicca fra tutti. In realtà, è l'unico che riesco a vedere a fuoco, gli altri sono ombre di cui non m'importa assolutamente nulla. Per fortuna non sembra avermi visto, è concentrato a parlare con un giocatore alla sua destra, dalla parte opposta alla mia. Proseguono verso il fondo del locale, due cameriere si precipitano ad assisterli – le vedo bisticciare su chi delle due dovrà servirli.

«... to bene?»

Sbatto più volte le palpebre e sposto l'attenzione sulla persona di fronte a me. Ah, Kevin. Mi sta facendo proprio una bella impressione.

«Scusami, oggi non sto benissimo. Ho un po' di mal di testa e mi sono distratta. Cosa stavi dicendo?» Ho ancora mal di pancia, ma in fondo non è così lontana dalla testa.

Mi scruta. Sorride. «Dicevo che appena ti ho vista ho capito che dovevo conoscerti».

Oh, cavolo, stavamo flirtando e facendo un discorso importante. Non è il momento di inutili distrazioni.

La cameriera spunta con il vassoio e le nostre cose da bere. Mi fiondo sulla birra, portando subito il bicchiere a metà. Forse dovevo prendere una media.

«Allora, cosa fai nella vita? Oltre a giocare a baseball». Lo guardo, cercando di concentrarmi su di lui.

Ho il cuore in gola. Il caldo improvviso mi costringe a spostare i capelli dal lato opposto alla finestra, sperando che mi arrivi un po' d'aria fresca. Ho fatto l'impossibile per non pensare a quel bacio e ora lui arriva e mi getta addosso tutto quello che sto spingendo dentro una cassa di ferro.

Maledetto demonio.

«Il baseball m'impegna molto, soprattutto in questo periodo di allenamenti, ma un ragazzo deve pur guadagnare qualcosa per permettersi dei vizi, no? Perciò faccio il dog sitter, porto a spasso alcuni cani del mio quartiere, e mi occupo di ristrutturare le staccionate delle abitazioni – mio padre è in un'impresa edile e mi ha insegnato un po' di cose».

Oh, che meraviglia! Porta a spasso i cani e aiuta il vicinato! Un ragazzo altruista, non beve e salva le donzelle a cui stanno per strappare i capelli. Sembra quasi finto, soprattutto dopo i pessimi appuntamenti che ho avuto.

«I giocatori titolari non ricevono un compenso per le partite che giocano? So che per il rugby funziona così».

E parlando di rugbisti, la tentazione di vedere dove si è seduto Harper è altissima, ma non voglio rischiare d'incrociare il suo sguardo. Spero non mi abbia notata e spero che il cibo arrivi presto, così posso proseguire l'appuntamento con Kevin da un'altra parte.

Mordo il labbro inferiore. Mi torna alla mente la sensazione di quando altri denti l'hanno acchiappato, e succhiato. E poi con la lingua...

Scuoto il capo. No, cazzo, no! Non devo pensarci più.

«La squadra di rugby è il fiore all'occhiello del Ken, il rettore ha voluto fare le cose in grande per essere certo che i ragazzi s'impegnassero al massimo. Noi del baseball riceviamo solo una stretta di mano».

«Capisco. Una bella seccatura».

Mi sembra di sentire il corpo duro di Harper contro il mio, la mano calda che mi sfiora il fianco e scivola verso la coscia nuda, i suoi gemiti di piacere mentre con la lingua...

«Puoi dirlo forte. Tutti i club sportivi lo trovano ingiusto. Siamo una scuola sportiva, tutti dovrebbero essere importa...»

«Vuoi baciarmi?» chiedo, quasi sorda alle sue parole. Ho bisogno di togliermi dalla testa quella sera e non c'è nulla di meglio di un bacio per sovrascriverne un altro. Così non ci penserò più, diventerà roba vecchia e inutile.

Kevin sgrana gli occhi. «Oh, beh... In verità, ci penso da stamattina, ma pensavo di aspettare un po' prima di un passo del genere. Conoscerci».

Che carino, è proprio il ragazzo perfetto! Aspettavo da una vita d'incontrare uno così. Quasi quasi non sono più incazzata con Ruby per aver tentato di farmi lo scalpo.

«Hai proprio ragione. Ma è solo un bacio, per vedere come va la chimica fra noi. Mi piaci, sei molto interessante. Sono curiosa di conoscere i tuoi baci».

Negli occhi di Kevin passa un lampo di lussuria. «Anche tu mi piaci». Si sporge in avanti.

Lo imito, le nostre labbra s'incontrano a metà del tavolo. Mi bacia per esplorarmi, lento, assaporando la mia bocca come a volerla studiare in ogni millimetro. Le sue labbra sono calde e morbide, sanno quello che vogliono, non tentennano. Faccio il possibile per concentrarmi su questo momento, in altre circostanze avrei apprezzato tanto la gentilezza con cui mi sta baciando. Ma in queste, quando nella mia testa c'è il bacio più incredibile che abbia mai ricevuto, non riesco a provare nulla.

Kevin pare intenzionato ad approfondire lo scambio, tuttavia mi tiro indietro. Non bacia male, eppure... Magari è troppo presto, ci riproverò più avanti.

«Uhm, un bel bacio» commenta con sguardo fisso sulle mie labbra.

«Già». È il massimo che posso rispondergli.

«Quindi? Com'è la chimica fra noi?»

Sposto tutti i capelli sulle spalle, il caldo non è diminuito, però lui non c'entra niente. «Sembra buona, ma potremmo alimentarla. Cos'altro devo sapere di te, capitano?»

Ridacchia e schiude le labbra per parlare, tuttavia le sue parole non arrivano alle mie orecchie. Nessun suono lo fa.

Harper è seduto sul fondo della stanza, a quattro tavoli di distanza dal mio, ma riesco a vedere benissimo il suo sguardo su di me. Mi è difficile capire la sua espressione, però è certo che non sta ridendo. E lui ride sempre. Avrà visto il bacio? Per quello mi sembra che voglia incenerirmi? Se non l'ha capito così che non lo voglio fra i piedi, non so come altro farglielo capire.

«... l'ultima occasione di farmi vedere». La voce di Kevin m'induce a distogliere lo sguardo per puntarlo su di lui. «Altrimenti dovrò trovare un'alternativa al futuro che speravo». Ridacchia, ma non c'è granché allegria sul suo viso.

Cazzo, non ho sentito una sola parola. Per una volta sono in compagnia di un ragazzo perfetto e mi faccio distrarre! Ma qual è il mio problema?

Per fortuna, la cameriera mi evita di chiedergli di cosa stava parlando – grazie per l'aiuto! Posa i nostri piatti sul tavolo e va via. Prendo la forchetta e inizio a piluccare l'insalata.

«Tu quali progetti hai per il futuro?» mi domanda, prima di addentare il suo panino.

Uhm... «In realtà, non ho ancora un'idea precisa. Mi sono iscritta all'indirizzo d'Arte perché è stato il percorso di mia madre. Lei è costumista e ho sempre voluto fare il suo stesso lavoro, ma ultimamente non lo so». Mi ha insegnato a cucire e quando rischia di non poter inviare i costumi entro la scadenza, lavoro con lei e la sua equipe per darle una mano. Però non lo vedo più come un obiettivo.

Deglutisce. «Oh, una costumista. Molto bello. Ma come mai non ha scelto un indirizzo di moda?»

«Non tutti hanno le idee chiare sin da giovani, più si cresce e più è probabile provare interesse per altro. Come immagino stia succedendo a me».

Annuisce. «Capisco bene. Mia madre ha lavorato per diversi anni come arredatrice d'interni, poi ha scoperto che le dava più soddisfazione gestire contratti, stipendi e altro per l'azienda in cui lavora mio padre. E per fortuna, o non si sarebbero conosciuti e io e le mie sorelle non saremmo qui». Sorride, inclinandosi un po' a sinistra. Prende il telefono dalla tasca e sospira. «Scusa, devo rispondere. È l'allenatore».

«Tranquillo, non c'è problema».

Si alza. «Torno subito». S'incammina verso l'uscita mettendo il dispositivo all'orecchio.

Mangio un altro boccone d'insalata, rendendomi conto che non vorrei essere qui. Kevin potrebbe essere la persona giusta, ma è arrivato nel momento sbagliato. Forse potremmo risentirci fra qualche mese. Ora come ora mi sento anche in colpa perché non gli sto dando la considerazione che merita.

Si risiede di fronte a me e sollevo lo sguardo su di lui per...

No. Non è Kevin.

«Perciò, mi stai ignorando». Gli occhi blu di Harper mi trafiggono eccome, adesso.

Deglutisco il niente e il tutto. «Ti ho sempre ignorato».

«Stronzate». Il tono secco mi stupisce. «Ora mi stai ignorando».

Non l'avevo mai visto così seccato e un Harper seccato non so gestirlo. Bevo un sorso di birra in aiuto, il mio cuore si agita come se avessi scolato la bottiglia tutta d'un fiato. O due bottiglie.

«Mi sembrava di essere stata chiara».

Solleva un angolo della bocca in un sorriso provocatore. «Oh, lo sei stata eccome mentre mi succhiavi la lingua e le labbra».

Merda.

Le guance si scaldano, fingo di essere interessata all'insalata per chinare un po' il capo. Tanto lo so che sto arrossendo, che palle! «Ero decisamente frustrata per la serata rovinata. Non ti avrà sconvolto un bacetto in un parcheggio, spero?» Lo guardo con sfida, più padrona di me stessa.

Non risponde subito. Mi osserva finché i suoi occhi non cadono sulle mie labbra. D'istinto mordo quello inferiore, lui fa lo stesso, scatenandomi un brivido.

«Se c'è una cosa che l'esperienza mi ha insegnato è che non baci così una persona che non ti piace» dice, puntando lo sguardo nel mio.

Ora sono io a non replicare prontamente. La sua frase vale per me quanto per lui. Un bacio come quello che ci siamo scambiati non è un gesto senza significato.

Ma non importa.

«Ho detto che hai un bel faccino, però non sono lo stesso interessata».

«Perché?»

«Perché no».

Fa una smorfia con la bocca, contrariato. «Non è una risposta».

«È l'unica che avrai» ribatto prima di bere ancora. Questa birra sembra acqua diluita, non mi sta aiutando per niente a mantenere il sangue freddo.

Batte più volte l'indice sul tavolo, sembra nervoso. «Quel tizio lì, il vostro appuntamento, sta andando bene?»

«Benissimo».

Sbuffa. «Stronzate».

Alzo gli occhi al cielo. Volto il capo verso l'ingresso, oltre i piccoli vetri quadrati vedo Kevin ancora impegnato al telefono.

«Sai che ti dico?» Mi drizzo in piedi. «Vado in bagno. Ho visto che le cameriere sono molto interessate al tuo faccino. Usa le tue doti di gran seduttore con loro, così non ti sentirai più offeso perché con me ti è andata male». Ammicco e mi volto per dirigermi verso il bagno.

In corridoio ci sono tre ragazze prima di me. Trattengo le imprecazioni. Nella foga di andare via, non mi sono portata neanche il cellulare. Cosa faccio adesso? Incrocio le braccia al petto e sbatto la punta del sandalo sul pavimento, veloce, ma ben presto mi faccio trasportare dal ritmo della musica pop in sottofondo.

Più tardi ho le prove. Potrei dire a Kevin che anch'io ho ricevuto una telefonata e devo andarmene perché mi aspettano in palestra. Vorrei chiudere in amicizia, così da poterlo richiamare fra qualche settimana.

Sì, farò così. Non posso restare ancora qui.

È il mio turno. Mi precipito nel bagno e spingo la porta per chiuderla, ma qualcosa m'impedisce di farlo. Un piede. L'uscio si spalanca, Harper irrompe e per lo spavento indietreggio, dandogli l'opportunità di chiuderci insieme.

«Sei fuori di testa? È il bagno delle femmine!» è tutto ciò che riesco a recriminare, colta da un numero esagerato di emozioni diverse.

Sorride strafottente. «Ah, ma allora c'è qualcosa che ti turba».

«Un tizio che entra di forza nel mio bagno turberebbe chiunque! Queste entrate in scena da filmetti per ragazzine sono superate. Ora c'è una cosa che si chiama denuncia, hai presente? Vuoi che te ne mostri una con il tuo nome?»

La verità è che "turbare" è riduttivo. Altre ragazze avrebbero accolto la sua iniziativa balzandogli addosso e temo che lui si aspetti qualcosa del genere. Ma non lo farò mai, tantomeno in un bagno che puzza di urina.

Ridacchia. «Tranquilla, me ne vado subito. Volevo solo verificare una cosa».

«Quale cos...?»

Mi afferra il capo con le mani e mi bacia. Non c'è nulla di lento ed esplorativo com'è successo poco fa con Kevin. C'è solo passione, fame, brividi di piacere che mi bruciano la pelle in ogni angolo. Sbatto i pugni sul suo petto per allontanarlo, ma la mia bocca ha iniziato a ricambiarlo dopo soli due secondi di smarrimento. Voglio che se ne vada, voglio che mi lasci in pace!

Eppure, lo bacio.

Harper mi spinge fino a farmi posare la schiena contro le mattonelle fredde, che mi rubano un gemito. Il successivo è tutt'altro che un suono di stupore. La sua lingua cerca la mia, che non si tira indietro. Lo bacio con rabbia e frustrazione, ma anche con un desiderio che non ho mai sentito per nessuno. Lui continua a tenermi bloccata la testa fra le mani, inclinandola un po' per approfondire questo scambio... Anzi, no. È come se stessimo urlando, pur emettendo solo ansiti sommessi. E non voglio saperne il significato.

Tutto questo è sbagliato. Ma anche maledettamente irresistibile.

Le sue labbra mi sfuggono, non ero ancora pronta a lasciarle andare. Harper, però, indietreggia d'un passo, decretando la fine di quello che non è stato affatto un semplice bacio.

Sorride superbo. «Mi è andata male, hai detto? Io credo tutto il contrario. Impara a essere onesta con te stessa. Tu mi vuoi».

Boccheggio, ancora pervasa dalla sensazione di averlo addosso e sulle labbra. Cazzo, cazzo, cazzo!

Deglutisco. «Il solito narcisista. Ho ricevuto baci migliori. Dovresti allenarti un po' di più, non vorrai deludere chi davvero ti vuole». Ammicco. «Sai invece cosa voglio io? Che te ne vai. Devo pisciare». Incrocio le braccia, come a volergli impedire di vedere il mio petto sussultare per i battiti frenetici che mi stanno facendo girare la testa.

Passa una mano fra i corti capelli ricci, scuote il capo. «Tu sei...» Serra le labbra, prende un lungo respiro dal naso. Sorride, come se un secondo prima non mi avesse mostrato un'espressione irritata. «Sei davvero brava a nasconderti dietro le parole, ma dovresti migliorare la mimica. Anche se hai ricevuto baci migliori, hai stretto le gambe. L'eccitazione è difficile da dissimulare».

Senza che possa impedirmelo, calo lo sguardo sul cavallo dei suoi pantaloni. L'erezione è ben visibile. Mi torna in mente la sera in spiaggia. I brividi che pervadono il mio corpo diventano roventi, il viso va a fuoco.

«Già, parlavo proprio di questo». Indica il mio volto.

Digrigno i denti, infastidita. «Siamo chiusi in un bagno e tu hai un telecomando multifunzione in tasca. Preferivi avessi un conato di vomito? Forse potrebbe succedere a breve».

La boria sul suo viso sparisce un po'. «Bene. Messaggio ricevuto. Divertiti con il tuo amico, io farò lo stesso con le mie». Apre la porta ed esce dal bagno a passo svelto, la prima ragazza della fila guarda sbalordita prima lui e poi me.

«Non ho finito!» esclamo, sbattendo l'uscio.

Poggio entrambe le mani sul legno e prendo lunghi respiri dal naso per calmarmi. Merda, questo bacio è stato ancor più incredibile del precedente. Fa così tanta pratica che affermare il contrario è da stupidi. Ci sa fare e sa come farlo. Capisco perché cadono tutte ai suoi piedi.

Tiro lo scarico anche se non ho fatto nulla, mi lavo le mani e rinfresco un po' il viso – pazienza se rovino il fondo tinta. Inspiro a fondo ed esco dal bagno.

Cammino spedita verso il mio tavolo, dove Kevin mi sta aspettando.

«Scusa, ma ho ricevuto una telefonata urgente e devo andare». Prendo la borsa. Conscia di non avere tasche per il cellulare, aggiungo: «L'ho ricevuta prima di andare in bagno».

Kevin mi osserva dispiaciuto. «Oh, capisco. Ma non hai mangiato nulla». Indica la mia cena quasi intatta.

«Non fa niente. Passo dalla cassa a pagare».

«Ma no, faccio i...»

«Ci penso io» replico con tono troppo duro. «Nei prossimi giorni sarò molto impegnata, ho un esibizione di ballo al Festival. Ci risentiamo più in là, okay?»

Scruta il mio volto con aria spaesata. «Sì, certo...»

«Perfetto. Ciao!»

Mi volto e incalzo il passo fino alla cassa. Pago con la carta – non mi giro neanche per un secondo verso il fondo della sala – e vado via.

Merda. Merda. Merda!



Angolo Autrice

Capitolo lunghetto! Dovete sapere che sto imparando a spezzare un po' di più i capitoli (c'è un sacco di gente che odia i capitoli lunghi), però lo faccio solo se lo ritengo necessario. Mi sembra sciocco interrompere una scena, salvo per creare una certa situazione che precede una "nuova scena". Se dopo l'arrivo di Harper al tavolo di Aki la scena successiva fosse stata più lunga, avrei diviso il capitolo, ma farlo per due-tre paginette non ha senso.

Ciancio alle bande (a volte mi perdo proprio nelle chiacchiere, sorry), veniamo a scoprire perché Ruby odia tanto Aki (e Sun di rimando perché sua amica). Vi eravate chiesti il perché? Ebbene, in questa storia si parlerà spesso di relazioni e comportamenti tossici da evitare. Vance era un ragazzo tossico che ha incolpato Aki per non perdere la fidanzata, la quale era troppo infatuata e troppo sicura di sé per capire. Così ha accusato Aki e da allora ha un'idea ben precisa di lei.

Chi mi conosce sa che odio i triangoli, ma Aki aveva bisogno d'incontrare la persona giusta, quella che è convinta di star cercando, ed ecco qui Kevin (anche perché è impossibile che siano tutti un disastro i suoi appuntamenti!) Il ragazzo giusto, ma al momento sbagliato. Perché lei non riesce a togliersi dalla testa Blake, il quale pare provare lo stesso. Però Aki sa che è pericoloso dargli corda, soprattutto contando l'effetto che le provoca. Come andranno le cose fra loro? Facciamo il tifo per Kevin o Blake?

Aspetto le vostre impressioni!

P.S. All'inizio del secondo pezzo di questo capitolo c'è una scena capovolta che abbiamo vissuto con Sun in CPN. L'avete riconosciuta?


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top