Reggiti


Manuel era arrivato nella destinazione prefissata poco dopo.
Non ci aveva messo molto perché dal museo era vicino. Aveva guardato quella palazzina con parecchia malinconia. Era salito per le scale e si era avvicinato alla porta.
Aveva suonato il campanello senza pensarci due volte.

<<Arrivo>>

L'aveva sentito urlare dall'altra parte della porta ed era stato in quel momento che si era tolto dalla tasca un pacchetto di caramelle e aveva tirato su lo sguardo aspettando che i suoi occhi incontrassero quelli della ragazza che stava dietro la porta.

Manuel l'aveva vista aprire la porta e fissarlo come se avesse visto un fantasma. Così lui ci aveva messo poco a iniziare la conversazione <<Che ce l'hai 'na mezzoretta de tempo da passa' co' un vicino de casa, stronzo, che non se fa senti' da quando l'hanno sfrattato insieme alla madre?>>

Manuel aveva provato a dirla così e ad ammettere quanto fosse stato stronzo in quel periodo, cambiando il tono di voce e sottolineando la parola stronzo.
Se c'era una cosa che aveva promesso era di non sparire.

Con Lara ci era cresciuto, era la sua vicina di casa, la sua compagna di disavventure, quella con cui rideva davanti ad un gelato o un pacchetto di caramelle, quella con cui scriveva testi senza senso di spettacoli che mettevano in scena per far ridere loro stessi.
Lara, infatti, aveva poi continuato quella strada scegliendo il DAMS.

Lei era più grande di tre anni eppure avevano sempre parlato e giocato come se l'età non contasse. Passavano pomeriggi interi insieme. Anita spesso era a lavoro e lui - al posto di rimanere solo in casa - correva a suonare il campanello di Lara.

<<Po esse, ma non t'assicuro che sia mezz'ora. Devo vede' quanto stronzo è 'sto vicino de' casa>> Manuel si era messo a ridere a quella risposta, scuotendo poi la testa. Quasi se l'aspettava.
Forse era anche per quello che aveva portato con sé una busta di caramelle.

<<T'ho portato 'e caramelle tue preferite>> alzando il pacchetto vicino al suo viso.

<<Me pare il minimo, non credi?>>

E sì, forse era proprio il minimo, anche perché aveva tanto da dirle ma soprattutto era la persona che più poteva capire la situazione che si era creata con Simone.


*


Erano tutti e tre in cucina - quel pomeriggio - mentre cercavano di prepararsi una cioccolata calda. Tommaso non era arrivato da molto, però sì era presentato con in mano dei mini marshmallow che aveva comprato apposta al centro commerciale. Giulia l'aveva supplicato per messaggio perché aveva visto fare quella cosa più volte - nelle serie tv - e chi era lei per non provarci?

Simone aveva sorriso a quella scena perché sapeva che Tommy avrebbe girato parecchi supermercati pur di trovarli.

Poco dopo si era ritrovato ad alzare lo sguardo dalla cioccolata e guardarli. Entrambi era come se lo stessero guardando in attesa che dicesse qualcosa. A grandi linee, la sera precedente, gli aveva raccontato ciò che era successo ma poi non ne avevano più parlato e questo non gli aveva dato modo di chiedere loro consigli. Perché la loro amicizia era anche quello: ascoltarsi, sostenersi, esserci.

In ogni circostanza.

Era stato così anche l'anno precedente e non credeva di aver mai ringraziato abbastanza.

Così aveva iniziato a parlare poco dopo <<Boh, che poi non è che l'abbia detta con cattiveria, però è finito per crollarmi tutto addosso nuovamente e speravo che cambiando scuola e lasciando indietro tutto la risolvevo o quanto meno fosse più semplice>> perché lui era sicuro di quello. Era sicuro che non ci fosse cattiveria, né che fosse stato detto in tono dispregiativo, però non riusciva e non poteva passarci sopra.

<<E invece te sei ritrovato in casa un cazzone>> aveva risposto Tommaso portandosi il cucchiaino alla bocca.

Simone aveva riso prima di riprendere <<Solo che ora mi ritrovo continuamente a scappare ogni volta che lo intravedo per evitare di espormi o di dover dare delle spiegazioni>>

Era stata Giulia a rispondere <<Lo invitamo a cena e gli avveleno il polpettone, famo così>>. L'aveva detto improvvisamente perché sentiva che l'aria stesse diventando pesante e sapeva quanto sdrammatizzare potesse essere importante e fondamentale delle volte.

<<Il polpettone de tu' madre non se lo merita 'che è troppo bono>> Tommaso si era affrettato a ribattere.

Simone si era messo a ridere. <<Grazie>> gli aveva detto guardandoli. L'aveva detto lasciandosi andare completamente. Sperando che - in qualche modo - si capisse tutta la gratitudine che aveva.

<<E de che? Te chiedi e vedi che viene fatto... pure ammazzallo, 'a famo sembra' 'na cosa accidentale>> quando Tommaso aveva finito la frase, Simone aveva riso più del dovuto. Aveva abbassato la testa e l'aveva rialzata poco dopo per rispondere.

<<No, non per quello. Per esserci. Non è scontato>> aveva fatto una pausa e aveva girato il contenuto della tazza che continuava a fumare <<Specialmente gli ultimi periodi>> aveva detto poi.

<<Io 'sto ancora in debito per tutti gli anni che m'hai seguito a nun fa' cazzate pe' sta' appresso a lei>>

<<Fortuna che mo ce stai co' lei>> e Simone non poteva essere più felice di così per quello. Perché tutto quello che era stato fatto da loro, aveva portato a quel risultato. E per lui, Tommy e Giulia, sarebbero stati una coppia eterna.

Dopo poco aveva preso una manciata di marshmallow e aveva buttato fuori la cosa più importante <<La psicologa dice che dovrei dirglielo e forse dovrei dirgli pure quello che mi è successo e che è successo a Pin>> perché su di quello credeva di aver bisogno di un consiglio.

Decisamente.

<<Non credo che al momento sia la cosa migliore>> aveva risposto subito Tommaso.

Giulia invece aveva aspettato un attimo e aveva pensato prima di parlare. <<Io credo che dovresti dirglielo ma aspetta a raccontare quello che è successo. Una cosa per volta>> gli aveva poi stretto la mano prima di sorridergli. Il conforto che aveva generato in lui non sapeva spiegarlo. Sapeva solo che aveva sentito una forza in più che non veniva da lui.

<<Già, una cosa per volta>> aveva ribattuto ricambiando il sorriso.

<<'O vedi? È lei quella saggia. Ascoltala>> era intervenuto Tommaso.

Simone era felice di essere lì - di aver preso quella decisione - in quei giorni. Aveva passato il fine settimana in tranquillità con due persone su cui sapeva di poter contare sempre. In qualsiasi momento. Aveva imparato ad essere grato anche per la più piccola cosa e per chi gli stava attorno per davvero.

Quando era tornato a casa sua - quel lunedì mattina - aveva sentito il cuore più leggero anche se non aveva ancora parlato con Manuel.
Aveva trovato il padre ad aspettarlo in sala; il lunedì mattina lavorava solo le ultime due ore, quindi sapeva di trovarlo a casa.

Era tornato a casa con i mezzi e stranamente si era sentito tranquillo, anche se durante il tragitto aveva chiamato Dante per avvisare e l'aveva presa come scusa per starci al telefono finché non era sceso dall'autobus.


__________


Quel pomeriggio - quando Jacopo l'aveva lasciato al campo da rugby per gli allenamenti - Simone gli aveva detto che sarebbe tornato con i mezzi perché il fratello non si sarebbe fermato per nuotare. Aveva un impegno con loro nonna e non sapeva quando si sarebbe sbrigato.

Il rugby era sempre stato la sua valvola di sfogo. Non l'avrebbe saltato per un semplice imprevisto.

Solo che poi si era ritrovato spiazzato - mentre usciva dallo spogliatoio insieme a Tommaso - a fine allenamento.

Era stato Tommaso il primo a fermarsi. Si era girato verso di lui e <<Che ci fa quello qui?>>

Simone non aveva la minima idea di quale potesse essere il motivo. Con Jacopo era rimasto in un altro modo. Soprattutto era la prima volta in cui aveva rivisto Manuel per davvero. Sì, perché quelle volte in cui si sedevano a tavola per la cena e il momento in cui scappava dal suo sguardo non potevano essere considerati momenti di incontro.

<<Non lo so, Tommy, ma tranquillo non succede niente>> l'aveva detto quasi serenamente. La sua voce era ferma a differenza di quella dell'amico e per quello gli aveva poggiato una mano sulla spalla.

<<No che non so' tranquillo. Ce vado a parla' io>> Tommaso si era scostato dal tocco dell'amico e Simone l'aveva visto partire in quarta, in direzione dell'altro ragazzo.

<<Dove vai? Aspetta! Ci penso io>> Simone aveva rincorso l'altro prendendolo per un polso.

Tommaso aveva precisato  <<Okay, però vengo co' te>> e non aveva ammesso repliche.

Si erano avvicinati entrambi a Manuel e al motorino. Il ragazzo aveva il secondo casco già pronto in mano.

<<Che ci fai tu qui?>> aveva chiesto Simone.

<<M' ha mandato Lapo>> ed era la verità, anche se non se lo aspettava. Tanto che Simone aveva sgranato gli occhi e corrugato la fronte. Per quello si era affrettato a replicare <<Gli avevo detto che tornavo co' i mezzi>>

<<Non te 'ncazza co' me che non c'entro nulla. Vedi come te ne torni a piedi>> Lui era tutto tranne che incazzato, però non voleva sollevare polemiche perché se c'era una cosa che aveva capito in quei mesi era che Manuel - la maggior parte del tempo - faceva battute, non era mai serio.

Solo che si era ritrovato in dovere di rispondere con un <<Hai ragione, scusa>>. Lui faceva una grossa fatica a non chiedere scusa. Era un po' una cosa automatica che gli era rimasta di quell'anno. Sperava sempre che chiedendo scusa - anche quando non doveva - le situazioni che affrontava rimanessero tranquille. Non gli succedeva da molto, in realtà, però sapeva che quello che era successo - la settimana precedente - gli aveva nuovamente fatto mettere in atto meccanismi di difesa e sicurezza che aveva lasciato andare piano, piano.

<<Simo, scusa de che? Guarda che è lui che deve sta' attento a come parla>> Tommaso aveva ribattuto subito e Simone aveva sorriso, perché sembrava proprio che fosse la sua coscienza che lo richiamasse e che gli dicesse cosa fare e cosa no.

<<Qualcuno t'ha interpellato?>> Manuel era scattato in avanti verso l'altro ragazzo. Non si era minimamente preoccupato del fatto che avesse un fisico che era il doppio del suo.

E Simone era intervenuto subito <<Va bene, basta così>> si era messo tra i due, dando le spalle a Manuel e guardando il suo amico <<Tommy, tranquillo, tanto mi deve solo portare a casa, non fiaterà>>. Si era poi girato verso l'altro e aveva chiesto conferma <<Vero, Manuel?>>

<<Seh>> l'altro aveva aggiunto un leggero cenno con la testa e si era seduto nuovamente sul motorino.

Simone aveva salutato l'amico, il quale gli aveva mimato un scrivimi quando arrivi, prima di allontanarsi.

Lui era rimasto fermo davanti a Manuel fino a che l'altro non gli aveva detto qualcosa <<Te posso porta' da una parte?>>. Simone lo aveva guardato negli occhi e aveva cercato di capire se poteva fidarsi di quella richiesta.

Ci aveva messo poco a capire che no, non lo avrebbe fatto. Preferiva prima parlare con lui.

Parlarci davvero per la prima volta.

<<Preferirei di no> aveva risposto semplicemente.

<<Okay>> aveva sussurrato e Simone lo aveva visto abbassare lo sguardo prima di sentirlo parlare di nuovo. <<Salta su, allora. 'Nnamo a casa>>

Simone aveva preso il casco, l'aveva indossato ed era salito sul motorino dietro a Manuel. Aveva appoggiato le mani sulle gambe in attesa che l'altro mettesse in moto e partisse.

C'era stato un momento di silenzio prima che sentisse la mano di Manuel poggiarsi sulla sua e stringerla. Simone si era sentito mancare l'aria in quel momento e non in senso negativo. Anzi, era stato quasi piacevole perché sentiva anche il suo stomaco in subbuglio. Era una cosa così assurda - per lui - sentire tutto quello solo per una stretta di mano.

Quando l'altro aveva poi detto <<Reggiti>> e gli aveva portato il braccio della mano - che stava ancora stringendo - intorno alla sua vita, Simone si era lasciato andare un po'. Aveva sorriso e aveva portato anche l'altro braccio a circondare il busto di Manuel.

Era stato in quel momento che si era convinto che: sì, poteva dirglielo.

Poteva dirgli chi era davvero e forse - un giorno - avrebbe potuto spiegargli anche tutto il resto.

Simone nemmeno se ne era reso conto ma aveva ripreso a respirare in quel momento. 

Aveva sentito - nuovamente - l'aria attraversare ogni parte del suo corpo ed era sicuro che quella settimana sarebbe rimasta solo un ricordo lontano.
In fondo, la psicologa, aveva ragione.
A volte bisogna inciampare per testare i passi in avanti fatti.












Note:
Capitolo un po' corto e di passaggio, questo solo perché volevo lasciare la parte più "corposa" da sola nel prossimo.
Mi trovate anche su twitter con l'account @_Acata_  (una fantasia pazzesca la mia, lol)

Vi ringrazio davvero tantissimo se siete ancora qui a leggere questa storia o se l'avete anche solo aperta per sbaglio.


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